Fuocoammare
Come l’ultima preghiera alla Dea della speranza, Lampedusa è per centinaia e migliaia di migranti il futuro incerto a cui si aggrappa la voglia di una vita dignitosa: è il paradiso che, troppo spesso, accoglie l’inferno di destini rubati al coraggio di provare a stare al mondo.
Numeri troppo grandi e facce troppo sconosciute per essere ancora un’emergenza. Una routine di disperazione che non accenna passi falsi o ritrosie. Sono destinazioni lontane quelle che attraccano in Sicilia, storie che provengono dalla parte del mondo che non conosciamo abbastanza e per questo, a volte, è come se non ci riguardassero affatto.
Vite e morti che ,ormai, straboccano da un pezzo di geografia troppo piccolo per l’agonia di volti smarriti in cerca di una nuova identità.
È in questa frattura di lutto e miracolo che si insinua la storia Gianfranco Rosi, il regista italiano che con “fuocoammare” ha ottenuto l’orso d’oro al festival di Berlino. Un capolavoro di risonanza mondiale, che da martedì 5 a sabato 9 aprile, arriva al Duel Village di Caserta.
Per lavorare alla sceneggiatura del documentario, Rosi si è trasferito per più di un anno sull’isola di Lampedusa, cercando di immergersi nel significato reale del vivere sul confine vessillo d’Europa. Racconta i diversi destini di chi sull’isola ci abita da sempre, i lampedusani, e chi ci arriva per andare altrove, i migranti.
Fuocoammare: la trama
Samuele,12 anni, ama tirare con la fionda, che si è costruito da sé, e andare a caccia. Preferisce la terraferma, anche se tutto intorno a lui parla del mare e di uomini, donne e bambini che cercano di attraversarlo per raggiungere la sua isola. Samuele e i lampedusani sono i testimoni a volte inconsapevoli, a volte muti, a volte partecipi, di una tra le più grandi tragedie umane dei nostri tempi.
Michela Salzillo