Lovers
Sono una donna
capelli lunghi, smalto rosso,
tacco 100, pensieri confusi.
Sono una donna
e ho imparato quanto questa
sia la mia forza e la mia condanna.
Sono una donna,
l’oggetto del desiderio,
un oggetto che diventa di possesso
per quell’uomo che tanto uomo,
alla fine, poi non è.
E così non sono più una donna,
ma la sua donna,
ricattabile con promesse d’amore,
la sua donna che mai potrà essere di nessun altro.
Ero una donna.
Quell’uomo che tanto diceva di amarmi
mi ha uccisa senza amore alcuno.
Lovers, in scena questo fine settimana ad Officina Teatro per la regia del direttore artistico Michele Pagano.
In scena 5 donne, portatrici sane di amore e tragedia, storie trascinanti un qualcosa che logora e che dovrebbe squarciare le menti e le anime.
Lovers è un pugno dritto allo stomaco, un camion che ti passa addosso.
Lovers sono occhi, mani, pensieri che non possono lasciare indifferenti. Cinque storie, cinque donne, cinque bambine con i propri sogni puntualmente disattesi con il passare del tempo.
E se il telegiornale ci abitua ai nostri italianissimi bollettini di guerra, con statistiche che dovrebbero inorridire – una donna uccisa ogni due giorni – conoscere i nomi e le storie, indipendentemente dai numeri, ti fa mancare l’aria, ti fa sentire appartenente ad una razza – quella umana – che ha profondamente qualcosa di sbagliato.
Antonella, 21 anni. Fabiola, 45 anni. Stefania, 39 anni. Daniela, 8 anni. Sono solo alcune delle 121 donne uccise solo in un anno. Un numero impressionante, soprattutto se si pensa che sono donne uccise da uomini che non solo le conoscevano, ma che un giorno le avevano giurato amore. Sono padri, mariti, fidanzati, amanti.
Tutti protagonisti di un sentimento malato che non riesce ad accettare la parola “fine”.
Ricordo bene quando avevo 12-13 anni, le prime uscite con le amiche e le raccomandazioni dei miei genitori: “Non dare confidenza agli sconosciuti”. Mai avrebbero pensato che di lì a qualche anno avrebbero dovuto mettermi in guardia da chi conosco bene, da chi mi ama, da chi condivide con me la vita. Perché è questo che sono costretti a fare i genitori di oggi. Gli sconosciuti nel XXI secolo non fanno paura quanto chi vive con noi il nostro quotidiano.
Cosa scatta nella mente di chi amiamo per portarlo a questo folle gesto? Non si è ancora ben capito. Follia, dicono. Perdita di lucidità, forse. Amore malato, sicuramente, trauma. Non so. Resta il fatto che se quella donna che tanto amano, non può essere loro, allora, non sarà di nessun altro. E con lei, anche il mondo che le appartiene deve finire. Ed ecco che muoiono suocere, cognate, nuovi compagni, addirittura gli stessi propri figli.
Si può, allora, ancora parlare di AMORE? L’amore non dovrebbe essere un augurarsi la felicità dell’altra persona, anche se questo significa vederla lontana da noi? Non sarebbe più giusto chiamarla OSSESSIONE?
Si dovrebbe parlare di umanità. E una donna uccisa ogni due giorni è una statistica disumana. Quella che soffoca l’italia inquesto periodo non è soltanto crisi economica. Ma morale. Etica. Educativa. Ma soprattutto carenza di giustizia e protezione. Gridiamo al diritto di essere libere, di essere padrone assolute della nostra vita. Libere di amare e di lasciare. Libere. Questa libertà, per noi, non c’è. Siamo tornati al Medioevo? No, non credo. Forse età più scura di questa le donne non l’hanno mai vissuta.
E ricordo ancora quando mio nonno diceva: “Le donne non si toccano nemmeno con un fiore”.
Ora, gli unici fiori sono quelli che troneggiano sulle lapidi di donne che per amore hanno dato tutto. Anche la vita.
Roberta Magliocca