Giorgio Olmoti
Giorgio Olmoti è uno che con le parole ci sa fare. On the road again, il suo libro, lo dimostra
Ma se On the road again dimostrasse solo questo, non ci sarebbe nulla da dire, nulla da obiettare vostro onore, nulla per cui varrebbe la pena spenderci del tempo o impiegarci una risata. Di gente che scrive ne è pieno il mondo; di gente che sa scrivere un po’ meno, ma non è questo il punto. On the road again (Round midnight edizioni) ci porta in giro per l’Italia e per la vita che, lo si sa, a volte ti fa cadere in un mare di merda di maiale e addio calzoncini corti e belle speranze. Sarà che lui l’arte la vede un po’ a 360 gradi, partendo dal cinema, passando dal fumetto fino alla fotografia, ma se leggi Giorgio Olmoti le cose le vedi e quasi ne senti l’odore (e, ovviamente, la puzza nel caso della merda dei maiali). Quando leggi On the road again ci vai davvero al castagneto ad aiutare Artos, che vedi sul serio davanti a te mentre sta attento a non spostare le pietre perché da sempre quelle pietre sono nello sguardo di tutti e, se ne sposti una, sposti la memoria di un’intera famiglia, il segno minimo di un passaggio di vita. Si, chi legge On the road again in un attimo diventa amico di Artos, omone con mani grosse per piccole meravigliose attenzioni. E pagina dopo pagina ti ci perdi in quella scrittura così particolare e al tempo stesso così semplice. Una penna che i più grandi nomi della letteratura e della poesia forse non capirebbero e forse accantonerebbero perché priva di auliche intenzioni. Ma credo proprio che On the road again, di piacere ai più grandi nomi della letteratura non ne abbia la benchè minima intenzione. Giorgio Olmoti è lì, con le sue città che portano ognuna un pezzo della sua storia, dentro i bar, trattorie, osterie della propria esistenza, tutte case sue, che però per fortuna non sono case tassate. E allora ecco cos’è On the road again, una passeggiata con un cane, tra le storia di una vita e mille vite, mille vite come se ne fossero cento, cento come se ne fossero un milione, tutte diverse e tutte semplici, come semplici e meravigliose sono le vite comuni. E ti ritrovi a ridere davanti a dei ragazzini che, non conoscendo il dentifricio, lo spalmano sul pane come se fosse una deliziosa crema e subito dopo a trarre riflessioni da un uomo il cui lavoro in fabbrica gli fa dimenticare il mare e gli fa dire “Poi è venuta la fabbrica e non ho più niente da ricordare. Mi dispiace” . E chi mai potrebbe definire On the road again, chi riuscirebbe mai a catalogarlo o ad etichettarlo secondo una categoria piuttosto che un’ altra. Ma, soprattutto, perché mai dovrebbe esserci la necessità di farlo?! In fondo, nei libri, non c’è da rendere conto a nessuno e ci si può permettere la libertà totale dei pensieri e delle associazioni.
Roberta Magliocca