Terremoti in Italia
Terremoti in Italia
Di Michela Salzillo
Ogni volta è la prima, come se il passato non facesse mai da scudo. Ogni volta è accaduto come se fosse sempre colpa di una terra stanca di ordinarsi i giri, ogni volta, quando la natura smette le regole della civile convivenza, non è mai quella giusta, perché contare i morti non è una cosa per cui si può giocare ad essere pronti.
L’Italia, vecchio stivale scucito in smisurate occasioni, ha vestito i piedi di macerie che, negli anni, sono state in grado di ferire a morte milioni di vittime. Dall’Irpinia all’Aquila, la scia di case che hanno tremato sotto il nostro cielo è tremendamente incancellabile, eppure sembra non essere abbastanza netta per poterci difendere dalle stragi destinate e fare memoria. Ci sono date che si muovono a metà fra la scala Mercalli e quella Richter, sono le tristi ricorrenze che il calendario della storia italiana fa scadere puntuali, segnando i danni che furono e la potenza degli impatti che si verificarono.
Era il 28 dicembre 1908 quando ci appuntavamo gli effetti del terremoto dello Stretto, il più forte degli ultimi 200 anni, che con 7,1 gradi Richter, rase al suolo Messina e Reggio Calabria con scosse avvertite fino a Napoli, lasciando ai memoriali un bilancio che si muove fra le sessantamila e le ottantamila vittime
Risale a poco più in là da quella data la traccia di un destino che sembrò accanito ai danni della Sicilia, si tratta del terremoto nella Valle del Belice del 15 gennaio 1968, questa volta la scala segnava 6.1 gradi, per un sisma che colpì le province di Trapani ed Agrigento, rasando al suolo Montevago e Gibellina, con danni ingenti da Santa Ninfa a Sciacca e Calatafimi. I morti furono quasi quattrocento e settemila gli sfollati.
Arriva poi il 6 maggio 1976 e la cronaca fa eco sul terremoto del Friuli, calamità che coinvolse tragicamente le comunità di Gemona ed Artegna. Una settantina furono i comuni colpiti, quarantacinque dei quali, secondo dati comuni ed ufficiali, furono completamente distrutti. In questa occasione si contarono 990 morti.
Come una ago che ha fatto da traiettoria per gli eventi che accaddero prima dopo e durante, è stata la notte del 23 novembre 1980, con il terremoto dell’Irpinia battezzato tragicamente dai 6,9 gradi Richter, numeri ma non solo dati che produssero un evento devastante, coinvolgendo oltre l’Irpinia anche Vulture, l’intera Campania, la Basilicata e la Puglia occidentale. Trenta città furono dichiarate ufficialmente disastrate, circa tremila i morti e duecentocinquantamila senza tetto.
Quello del 26 settembre 1997 che colpì invece Colfiorito, coinvolgendo Umbria e Marche, è passato ai posteri come un evento oscuramente straordinario, si trattò infatti di uno sciame di scosse durate per un anno intero. Furono resi noti undici morti e trentaduemila i dichiarati senza tetto.
È stata soprattutto la tragedia degli studenti fuori sede quella del 6 aprile 2009. Chi non ricorda il terremoto dell’Aquila che rase al suolo la casa dello studente, lo stesso che, ricorderete, mosse una catena di solidarietà ed assistenza da parte degli artisti italiani; in quella circostanza, le voci per l’Abrizzo,con il singolo “ Domani,” espressero vicinanza morale e concreta ad una città piegata in due dall’ accaduto. Fu il caso di una lunga sequenza di scosse che produsse devastazioni irrecuperabili. La strage riguardò anche il Lazio e fu avvertita a Roma , con danni ad Amatrice, Accumoli, e Borgorose. 308 morti e almeno cinquantamila senzatetto contati.
Il 20 maggio 2012 è l’ultima data prima di oggi , il sisma rilevato fu di 6 gradi Richter e venne localizzato nei pressi di Finale Emilia protagonista di fratture e crolli. Molti furono i danni registrati anche a S. Felice sul Panaro ed a Mirandola.
Un ciclo che si ripete, così appare questo percorso di tempo in numeri, un viaggio che documentato in questa misura sembra essere breve e persino qualcosa che assomiglia al non più di tanto, ma sappiamo certamente tutti che la realtà prosegue oltre quanto si possa scrivere o documentare. Non è difficile individuare una trama che produce scenari simili e uguali, che cambia luoghi, numeri e volti, ma rivela sempre gli stessi finali di impotenza, quelli pronti ad avvalersi della facoltà di provocare rabbia, dolore e compassione. Sentimenti che si muovono in noi, perfetti stranieri al cospetto di certe leggi, e ci fanno ricordare quanto siamo piccoli, richiamando l’attenzione anche su eventuali colpe umane. Ce lo ricordano le persone che sono ancora ospiti dei container, oltre a quelle morte, quello che potremmo fare e ciò che continuiamo a sbagliare. Perché è così. Se è vero che la natura morta esiste solo nei quadri, quello che si muove è qualcosa di vivo, ed è per questo che agisce e reagisce naturalmente. Quindi, forse, se qualcosa continua ad andare storto, vuol dire che bisogna raddrizzare un po’ il rapporto con la terra, luogo su cui, stampiamolo da qualche parte, siamo semplici ospiti.