Peppe Lanzetta
Di Roberta Magliocca
Da Napoli in Francia, passando per Vietri sul Mare e la Siria, da Zia Titina a Varoufakis, con Giggino e la Merkel. Un libro che non è un libro, una storia che non è una storia.
“Zia Titina e L’Isis” di Peppe Lanzetta – edito dalla Tullio Pironti Editore – è un sorso d’acqua, che verso le ultime pagine diventa veleno per coscienze aride.
Giggino l’elettrauto è scuro di carnagione e con la barba nera. Un giorno è lì che fa la spesa quando viene scambiato per un terrorista. Ritenuto potenzialmente pericoloso, viene trascinato in questura: <<Risultava una somiglianza bestiale con un Foreign Fighter che si chiamava Abdul Abdal Abdel Abdol Luigi, nato ad Aleppo e residente a Caivano, in via delle Rose […]>>.
Questo si legge nella seconda di copertina. Da questa breve introduzione e per chi conosce la penna di Peppe Lanzetta, è facile intuire l’ironia di quanto si sta per raccontare, il pizzico di sarcasmo che rende tutto un po’ più irriverente e satirico. Perchè non si può definire comico questo libro. E’, piuttosto, drammaticamente brillante, storicamente vero e purtroppo senza alcuna vena di esagerazione tipica di chi vuole raccontare la realtà facendo sorridere.
E si sorride leggendo queste pagine, a volte si ride davvero. Ma la risata lascia quel retrogusto amaro di verità e tristezza. Quello che si legge, oltre alla storia dello sfortunato Giggino, è la paura post attentati. Charlie Hebdo prima, il Bataclan poi hanno innescato questa bomba chiamata odio in primis, paura subito dopo, diffidenza sempre. Traducendo tutto il mondo in un contesto napoletano euforico e senza filtri, Lanzetta ci serve su un piatto d’argento la nostra incapacità di fidarci, di aprirci e di conoscere. Ci siamo chiusi nella paura e nel luogo comune, dei clichè ne abbiamo fatto posti sicuri dove vivere. E diciamolo, il terrore generale lo si è usato spesso come scusa per giustificare razzismo ed odio, per una lotta tra poveri, per portare voti ad un partito.
Ma nessun dito puntato, nessun giudizio. C’è solo una tenace zia Titina che proprio non ci sta a vedere il proprio nipote in prigione. Ma nelle ultime pagine del libro c’è una guerra nel mondo che non fa ridere. C’è un Natale che commuove. C’è una scelta di vita.