Cani
Cani
Di Luigi Sacchettino
Cari lettori interessati questo articolo nasce come spunto di riflessione dopo una cena con amici, in cui si sono affrontati discorsi “maschi”. Quelli virili. Quelli testosteronici.
Essì, perché uno degli argomenti della cena è stata la castrazione del proprio cane, e i relativi bisogni non appagati.
La tesi dei “conservatori”- quasi sempre proprietari di cane maschio intero- verteva su: “mi sembra di fare un torto nel toglierle; qualcosa di contro natura”.
Con trasporto emotivo ed arringhe intense, come se fossero le proprie ad essere in pericolo.
L’intervento di castrazione è un atto medico e come tale deve essere il clinico di riferimento a valutare quando e se opportuno effettuare questa procedura. Come cura o prevenzione di patologie che potrebbero minare la salute del nostro cane. Stabilire se effettuare una metodica di chirurgia o chimica; sì, esiste anche una castrazione transitoria, indotta chimicamente, che mediamente dura sei mesi dopo i quali il cane riprende la piena funzionalità riproduttiva.
Sotto l’aspetto comportamentale spetterebbe invece al medico veterinario esperto in comportamento dare indicazioni dopo attenta visita effettuata con scienza e coscienza, tenuto conto che in passato si è avuto la tendenza a castrare a tappeto quando ci si trovava di fronte a qualsiasi alterazione del comportamento.
Per intenderci, il tuo cane è aggressivo coi cani? Togliamogliele. E’ aggressivo con le persone? Togliamogliele.
Manifesta comportamenti iperattivi? Zacchette. Esprime diversi stati fobici? Migliorerà castrandolo.
Come se il comportamento risiedesse esclusivamente nelle…gonadi.
Certo, gli ormoni influenzano il comportamento, questo è chiaro. Ma il come e il quanto è da valutare soggettivamente.
Gli ultimi studi ci dicono infatti che la castrazione può avere delle influenze assai antitetiche tra loro- positivamente o meno sul comportamento di un cane: per questo andrebbe valutata scrupolosamente soggetto per soggetto.
I dubbi che invece sollevavo io riguardavano l’appagamento dei bisogni; quanto un maschio intero soffre nell’avere un organo funzionante, nell’avere degli slanci ormonali, nell’essere sollecitato dai sensualissimi feromoni sessuali lasciati da una femmina in estro, non potendo esprimersi? Quanto sclereremmo noi umani nella medesima circostanza? Soprattutto quanto riusciamo a metterci nei loro panni- di chi li vuole tutelare- senza pensare davvero che un maschio castrato sia un maschio..incompleto?
A volte mi sembra di notare che non esiste la medesima ritrosia nei confronti dell’intervento di sterilizzazione di una femmina. La si affronta con una minore difficoltà, resistenza. E qual è la differenza? Pur sempre di gonadi stiamo parlando.
Bisogna raccontarsela tutta: il fatto è che noi maschi non vogliamo essere feriti nell’orgoglio e nella virilità. Lo sanno bene gli americani che post castrazione facevano applicare una protesi nello scroto ormai vuoto. Almeno dall’esterno non si vedeva nessuna..mancanza.
Per me laddove ci sia uno stato di disagio conclamato, sostenuto e alimentato dalla componente ormonale è opportuno chiedere un consulto agli esperti suddetti per capire ciò che può mettere più in agio i nostri cani.
Ad esempio molti cani maschi smettono di mangiare durante il periodo rosso delle femmine; ululano tutta notte, diventano più reattivi e nervosi anche in altri contesti, in passeggiata tirano come gli ossessi per raggiungere la traccia odorosa e così via.
Gli abbiamo chiesto di mangiare lo stesso pasto tutti i giorni, di girare legati ad una corda, di fare passeggiate brevi e poco appaganti, di costiparsi nella comunicazione con il cane del vicino che gli sta antipatico; li abbiamo umanizzati. Bene, faccio appello proprio all’”umanizzazione- assunzione o conferimento di natura o dignità umana”: voi umani come vi comportereste dinanzi ad una donna- o uomo- che tanto vi piace, nel vedere senza poter mai toccare?
Io impazzirei.