Sebastiano
Di Christian Coduto
Nel momento in cui scende dal treno, armato solo di un trolley piccolino e molto pratico, impegnato in un’animata telefonata al cellulare, ti rendi conto di trovarti di fronte ad un ragazzo che non ama perdere tempo. Un giovane manager, che sfrutta le ore in maniera proficua. Non è uno di quelli che si adagia sugli allori, non se lo può permettere. Nessuno, in realtà, dovrebbe. Trasuda sicurezza da tutti i pori, ma senza apparire mai distaccato o antipatico. E’ solo concentrato su ciò che deve fare. Nel corso dell’intervista, armeggia in continuazione con un organizer: segna orari, appuntamenti, memo di varia natura. E’ uno che ama la perfezione, nella vita e nel lavoro. Spesso, si è soliti dire che la precisione sfoci nella freddezza, ma non è questo il caso. Sebastiano Gavasso è un attore forte, vibrante. Ho avuto la fortuna di vederlo sul palco in diverse occasioni. Ha una capacità di immedesimazione nel personaggio che interpreta che lascia sgomenti. La prima volta che lo vidi interpretare il “Tra le pietre” in Dignità autonome di prostituzione, gli scoppiai a piangere in faccia. Appena mi vede, sorride con la sua solita affabilità. L’attore è attualmente in Campania per le prove dello spettacolo “Il giocatore”, uno spettacolo importante, che avrà di certo grande risonanza. “Dove andiamo a mangiare?” mi chiede; in effetti l’ora di pranzo è vicina. Gli dico che la zona non la conosco … sfodera il suo amato cellulare: dopo un paio di minuti tira fuori il nome di un ristorante. “Ha detto un mio amico che lì si mangia benissimo”, mi informa.
La sua praticità è ammirevole. Appare in forma, rilassato, pronto ad affrontare una nuova avventura con molto entusiasmo. Parla a ruota libera. Ogni tanto utilizza, a sorpresa, qualche parolina in dialetto romano: proprio perché inaspettata, la cosa te lo fa apparire ancora più simpatico.
Mentre lanciamo un’occhiata al menù, inizio a riempirlo di domande.
Sebastiano Gavasso risponde alle domande de “L’interessante”.
D: Domanda introspettiva: chi è Sebastiano Gavasso?
R: Potrei risponderti in molti modi. Per esempio: “Credo che trovare la risposta a questa domanda sia la ragione principale per cui faccio questo mestiere.” Ma preferisco rispondere più seriamente: un trentacinquenne, nato a Roma da un veneto ed una greco-romana, che ama recitare, nuotare e mangiare frutti di mare.
D: Una tua definizione della parola recitare. Cosa significa per te?
R: Giocare con la consapevolezza di sé, per conoscersi meglio e per condividere col pubblico questo piccolo tentativo di conoscenza.
D: Sei così serio e rispettoso sul palco, ma anche molto ironico nella vita di tutti i giorni. Il tuo JesVlog – Il Vlog di Gesù di Nazareth è un concentrato di battute esilaranti. Com’è nata l’idea di questo progetto?
R: L’idea è nata 2017 anni fa. Ha subito un piccolo stop di tre giorni nel 33 d.C. ma poi è ripartita alla grande (ridiamo di gusto). Noi tre (nel senso di autrice, regista e interprete) abbiamo voluto raccontare un Gesù diverso dal solito, ma non così lontano dai vangeli apocrifi. Una buona novella … non troppo buona … nell’alto dei clouds e su YouTube.
D: Lavori tanto sia in Italia sia all’estero, avendo vissuto e studiato per un lungo periodo di tempo a Perth. Quali differenze hai trovato nell’approccio alla recitazione?
R: A Perth ho avuto la fortuna di studiare con la talent scout di Heath Ledger, posso dire che in generale c’è una maggiore ricerca di verità (grossa parte degli spettacoli teatrali che ho visto lì sono recitati come se si stesse su un set cinematografico). La verità scenica però è una cosa diversa, e non credo dipenda solo da quel tipo di ricerca di verità. Ad ogni modo credo che esistano solo tue tipi di recitazione: quella che comunica ed emoziona, e quella che non lo fa. La prima fa bene all’attore, al teatro e al pubblico. La seconda no.
D: Gli amanti del buon teatro ti conoscono per “Dignità autonome di prostituzione” di Luciano Melchionna, uno spettacolo decisamente fuori dal normale …
R: Ecco parlando di verità e verità scenica DAdP è l’esempio perfetto, e Luciano un maestro. La sua indicazione prima di ogni replica è “Il pubblico non deve uscire dalle stanze pensando a quanto sia bravo questo attore ma con la sensazione di aver assistito a qualcosa di extra-ordinario”. Per farlo l’unione di verità e arte è fondamentale. A tal proposito, Caravaggio diceva: “Tutte le cose non sono altro che bagatelle, fanciullaggini o baggianate – chiunque le abbia dipinte – se esse non sono fatte dal vero, e nulla vi può essere di più buono o di meglio che seguire la natura”. Noi dipingiamo anime vive, ma vale lo stesso concetto.
Ha pronunciato la citazione con un fare più serio, in netto contrasto con l’atmosfera leggera che si è creata nel frattempo e l’effetto è decisamente suggestivo. E’ così: è responsabile, ma ama prendersi in giro. E’ un continuo alternarsi di dinamiche, destabilizza e ti coinvolge nel suo essere.
D: Parliamo di “D5, Pantani”, al quale so che sei molto legato …
R: Uno spettacolo che mi è entrato nel cuore e che porta con sé una grande battaglia: restituire a Marco Pantani, alla sua famiglia, ai tifosi dell’uomo e dello sportivo la dignità e il rispetto che hanno provato a togliergli. Abbiamo debuttato a Dozza (BO) lo scorso dicembre dopo oltre un anno di prove e abbiamo avuto l’onere e l’onore di utilizzare in scena una delle biciclette di Marco. L’emozione a fine spettacolo era tangibile: commozione e consapevolezza di fare qualcosa di grande e di giusto. A maggio con lo spettacolo seguiremo le principali tappe del Giro d’Italia del Centenario. Debutteremo a Reggio Calabria il 5 maggio e chiuderemo a Milano al Teatro della Cooperativa il 28 maggio. Una grande vittoria fatta di salite, fatica e cuore. Con Marco, per Marco, sempre.
Dopo l’ultima frase, resta in silenzio per un attimo. L’osservo con attenzione: è visibilmente emozionato. Orgoglioso di quello che ha messo in atto. Avevamo parlato da tempo di questo progetto e so quanto per lui sia stato importante essere riuscito a realizzarlo.
D: Cinema e teatro , un legame interessante. Sei uno dei drughi di “Arancia meccanica” diretto da Gabriele Russo …
R: Un sogno che si è realizzato e mi ha cambiato la vita. Il Teatro Bellini è una famiglia che mi ha accolto, stimato, spronato. Uno spettacolo per “atleti del cuore”, che necessitava di una grande preparazione emotiva e fisica. Uno spettacolo meraviglioso. Un onore poter essere un drugo, oltre a un obiettivo da quando avevo 11 anni. Ora la nostra famiglia di drughi e malcicke di Arancia Meccanica sta lavorando ad un altro spettacolo che promette meraviglie: Il Giocatore di Dostoevski. La regia è sempre di Gabriele, e oltre agli aranciameccanici Daniele Russo, Alfredo Angelici, Paola Sambo, Martina Galletta e Alessio Piazza può contare su due nuovi diamanti: Marcello Romolo e Camilla Semino Favro. Con una squadra così è un piacere essere un Giocatore! Debuttiamo il 14 Marzo al Teatro Bellini!
Nel frattempo, arrivano due primi strepitosi. In effetti il suo amico aveva ragione … Sebastiano mangia di gusto, si sta rilassando e sorride di più.
D: Nel 2012 sei stato il protagonista di “L’ultimo sogno di Howard Costello” di Michele Diomà, un’opera molto coraggiosa e riuscita, in cui reciti solo con lo sguardo e i gesti. E’ stato difficile completare un progetto così ambizioso?
R: E’ stato un progetto magico, che si è nutrito di sogni e che ha fatto sognare. Nei sogni tutto accade con naturalezza, le difficoltà nascono solo quando si smette di sognare.
D: La bravissima Laura Morante ti dirige in “Assolo”, in un cast di attori notissimi. Cosa ti affascina della visione registica femminile?
R: Non noto differenze di visioni registiche. Anche quei vale quel che vale per gli attori: chi comunica ed emoziona, e chi no. Maschile, femminile, nell’arte e nella vita, sono termini decadenti. Laura è attuale. Comunicativa. Capace di emozionare. Delicata, decisa e capacissima di dirigere. Anima e donna splendida.
D: Nel 2016 “Zeta” di Cosimo Alemà è record di incassi nelle sale italiane. Che ricordi hai di questa esperienza? Che rapporti hai con la musica rap?
R: Un’esperienza molto formativa, un film fatto di cuore e musica, di parole capaci di tagliare. Non è un film comodo, questa è la sua forza. Vola come una farfalla, punge come un’ape … come il rap … ed è deciso, umano, schietto e diretto, come Cosimo.
D: A proposito di musica … ci parli un po’ dei videoclip musicali di cui sei protagonista?
R: Il primo videoclip l’ho girato in Australia, è una forma artistica che mi piace molto: pensieri, parole, immagini, storie che si fondono con la musica. In Italia sono particolarmente legato a Rocker carbonaro di Mezzala (diretto da Antonella Sabatino) e Parlo all’infinito di Jacopo Ratini (diretto da Federico Malafronte) con cui abbiamo vinto il Roma Videoclip 2015 e in cui recito con la mia compagna Martina Galletta: una coppia nel video, in scena e nella vita! Il mio vero Oscar!
D: Prima di salutarci, un’ultima domanda : Cosa si augura Sebastiano Gavasso da questo 2017?
R: Mi auguro di fare sempre meglio e raggiungere gli obiettivi umani, professionali ed artistici che inseguo. Passo dopo passo. Tappa dopo tappa. In salita verso la vetta. Soprattutto mi auguro di essere un buon compagno, un buon fratello, un buon figlio, un buon amico … ma soprattutto un buono zio! Auguri piccolo Dario sei la mia rivoluzione!
D: Ciao e grazie di tutto!
R: Grazie a te amico mio è sempre un piacere! Ci vediamo a teatro!