Avetrana
Di Carmen Giaquinto
Nella mite giornata del 21 febbraio scorso, la Corte di Cassazione ha accolto la richiesta dell’accusa, confermando la sentenza in primo e secondo grado per l’omicidio di Sarah Scazzi, la quindicenne uccisa il 26 agosto 2010. Dopo sette anni di azioni giudiziarie e mediatiche, è stata restituita giustizia alla famiglia di Sarah, costretta a brancolare nel buio in questi tortuosi anni nei quali si sono susseguite versioni contrastanti ma che hanno sempre fatto capo alla famiglia Misseri.
La vita di questa ragazza dai lunghi capelli biondi e dal sorriso timido ma avvolgente è stata stroncata in un torrido pomeriggio estivo. Secondo una prima ricostruzione, Sarah si stava recando dalla cugina Sabrina Misseri per trascorrere insieme qualche giorno di mare ma sparisce inspiegabilmente nel nulla. Un mese dopo, Michele, padre di Sabrina e zio di Sarah, rinviene nei campi il telefono semibruciato della ragazzina. La figura enigmatica di questo anziano, dalla personalità debole e frammentaria, incuriosisce subito gli inquirenti, i quali riescono, di fatto, dopo un lungo interrogatorio durato ore, a farsi indicare dal Misseri il luogo in cui giace la nipote senza vita, purtroppo: un pozzo in contrada Mosca. Da quel momento, l’uomo cambia più volte versione, fino ad ammettere il coinvolgimento della figlia Sabrina, la quale si proclama da subito innocente. L’anno successivo viene arrestata la madre di Sabrina, Cosima Serrano, con l’accusa di concorso in omicidio volontario. D’altronde le parole che Sarah riserva alla cugina, nei suoi diari segreti, lasciano poco spazio all’immaginazione.
Il movente del delitto di Avetrana
La furia omicida di Sabrina nei confronti della cugina scaturisce da una folle gelosia che prova per Ivano, un ragazzo del paese, suo coetaneo e conoscente, che ha più volte rifiutato l’amore della cugina più grande, dichiarandosi non interessato ma che si presta ben volentieri a qualche attenzione in più nei confronti della dolce Sarah, coccolandola ed apprezzando molto anche la sua stessa compagnia. Un omicidio passionale, dunque. I diari in cui Sarah lamentava la gelosia della cugina vengono studiati attentamente dalla Corte d’assise di Torino che nell’aprile del 2013 condanna all’ergastolo Sabrina e Cosima, mentre riduce la pena a otto anni a Michele, per concorso in soppressione di cadavere. Per lo stesso reato vengono inflitti sei anni ciascuno a Carmine Misseri e Cosimo Cosma (morirà nel 2014), fratello e nipote di Michele.
Giustizia ad Avetrana
Il 21 febbraio scorso vengono, finalmente, rigettati i ricorsi degli imputati e confermate le condanne definitive. All’udienza hanno preso parte il fratello di Sarah, Claudio Scazzi ed il padre Giacomo. Assente, invece, la mamma della vittima, Concetta Serrano Spagnolo, in contatto telefonico con gli avvocati che la rappresentano come parte civile al processo. Così si è espresso il pg Fulvio Baldi, durante la requisitoria in Cassazione: «Sono convinto della ricostruzione colpevolista adottata nella sentenza d’appello» e sottolinea che Sabrina, il giorno dell’omicidio, «è in uno stato di nervosa frustrazione perché addebita a Sarah la fine della relazione con Russo Ivano e la diffusione di notizie su di loro. Cosima Serrano prende le parti della figlia e finisce per immedesimarsi in lei: le due prima rimproverano Sarah, poi, quando la ragazzina vuole tornare a casa, la rincorrono e la portano nel loro appartamento per darle la lezione che merita, uccidendola.»
Una condanna che ha il sapore di giustizia per la giovane e timida ragazza, con tanti sogni che non potranno mai avverarsi. Da sottolineare il coraggio e la determinazione della madre stessa, sempre pronta a cercare la verità, scavare nelle viscere di un rapporto famigliare complesso tra le due cugine, Il suo ultimo atto è stato caratterizzato da una lunga e accorata lettera che ha scritto a suo cognato Michele, esortandolo ancora una volta a dire finalmente una verità che abbia tale fisionomia e che lasci riposare, una volta per sempre, il dolce angelo biondo di nome Sarah Scazzi.