Di Luigi Sacchettino
Cari lettori interessati mi capita spesso di osservare sistemiche familiari dove il cane viene vissuto in maniera intensa, rivestendo il ruolo che più confà ai proprietari. Ed è proprio da lì che sovente nascono gli attriti tra questi due mondi: cane e umano. Dalla non presa di consapevolezza, dall’ostinazione e dall’anteporre i bisogni dell’uomo a quelli del cane. Dimenticandosi che è tutto il sistema a dover essere appagato.
Per affrontare l’argomento ho raggiunto Elena Vanin, collega che vive in Lombardia, coi i suoi amici a quattro zampe, I Soci.
Cara Elena, grazie mille per aver accettato la nostra intervista. Partiamo col dire quale forma di professionista incarna?
“La forma che preferisco è semplicemente educatrice cinofila, perché il mio obiettivo non è insegnare (imprimere un segno), né istruire (costruire qualcosa in qualcuno), né addestrare (rendere qualcuno abile nel fare qualche cosa), bensì educare (portare fuori ciò che uno ha dentro) nell’ambito dell’amore verso i cani (cino-filia).
Quello che cerco di fare è trasmettere conoscenze alle persone umane e creare esperienze per i cani, perché attraverso una relazione consapevole e costruttiva, migliori il benessere del cane, e conseguentemente dell’intero gruppo familiare.
La mia non è una ricerca di performance, bensì di armonia”.
Tipologie di relazione
Armonia, ciò a cui ogni professionista dovrebbe mirare nel lavoro di squadra cane- proprietario. Cosa ne pensa di quelle relazioni che comportano la chiusura dell’iniziativa del cane a vantaggio dell’essere “soldatino”?
“La domanda presumo sia retorica, e penso di avere già parzialmente risposto con la domanda precedente: se una persona venisse da me chiedendomi come fare per rendere il proprio cane obbediente sempre e comunque, lo manderei altrove (e dico “altrove” perché sto rispondendo a un’intervista!).
L’obbedienza, in senso stretto, non mi appartiene come concetto e non ho alcun desiderio di insegnarla a nessuno… è più vero il contrario. Penso che nel nostro mondo, sia umano che canino, sia molto più prioritario insegnare – o meglio, per restare sul pezzo con i termini – educare all’indipendenza, alla consapevolezza di sé e degli altri, all’empatia, alla libertà di pensiero.
Una cosa molto molto importante, è capire che chiedere a qualcuno (cane o umano) di fare qualche cosa per noi, NON è sinonimo di obbedienza.
Se chiedo a un amico una cortesia e gli spiego che per me è importante, è altamente probabile che questa persona, se è davvero un amico, farà ciò che gli chiedo, non certo per obbedienza, ma per generosità, gentilezza, amicizia.
Allo stesso modo, se chiedo a un cane, mio amico, mio convivente, mio compagno di vita, di fare qualche cosa per me, e questo non lo fa, ci sono due possibilità: o quello che gli ho chiesto era troppo per lui (troppo difficile, troppo assurdo, ecc.), oppure non ero nella posizione, relazionamene parlando, per potergli chiedere di fare qualche cosa per me.
In entrambi i casi, conviene che io mi faccia delle domande: posto che la richiesta sia stata compresa (e non è così scontato), c’è qualche cosa che non ho capito, per cui sono arrivata a richiedere a un amico qualcosa che non avrebbe potuto fare? O c’è qualche cosa nella nostra relazione per cui il cane non ha ritenuto che fosse una buona idea esaudire la mia richiesta?
Noi umani abbiamo la tendenza a voler “insegnare” al cane, e spesso pretendiamo che il cane si adatti a noi, ma noi, quanto ci adattiamo al cane? Quanto siamo disposti a metterci in gioco per capire un individuo che non è solo una persona diversa da noi, ma è addirittura di una specie differente dalla nostra, sebbene tanto abbia in comune con noi?”
Ritiene che il controllo sul cane faciliti lo sviluppo sereno della sua personalità e il convivere con gli umani?
“Dipende. Mi piacerebbe dire di no, ma sarei poco oggettiva.
Nella nostra società iper-antropizzata e iper-tutelante -e anche un filino cino-fobica-, dove gli spazi sono a malapena a misura di umano – a volte nemmeno quello- e certamente non di cane, e dove lo stato ha formulato delle leggi nel tentativo non sempre riuscito di tutelare gli interessi della maggioranza – maggioranza umana, si intende, non certo quella canina-, a volte è indispensabile gestire determinate situazioni, che se lasciate allo sbando causerebbero pericoli di vario genere.
Premesso questo aspetto sociale della faccenda, per cui alcune regole di civile convivenza si rendono necessarie, a livello familiare io tenderei a limitare il più possibile il controllo attraverso comandi e imposizioni varie.
E’ possibile e secondo me molto auspicabile, all’interno di un gruppo sociale – famiglia in cui c’è comprensione e dialogo, relazionarsi in modo fluido ed evitare di inquadrare la vita altrui in binari troppo rigidi, perché così facendo si rischia non solo di tarpare le ali a un individuo, impedendogli di esprimere il suo potenziale, ma anche di creare una dannosa compressione emotiva che può facilmente sfociare in problemi comportamentali che si ripercuotono sul benessere di tutti, umani inclusi”.
Spesso troviamo agli antipodi quei proprietari che vogliono che il loro cane resti sempre il piccolino da accudire, il bamboccione libero di esprimersi anche in maniera esagerata: a suo avviso, possono essere felici quei cani?
“Prenderò anche questa domanda un po’ più alla larga. Una delle maggiori cause di problemi comportamentali nei cani, esattamente come negli umani, è lo stress: sia lo stress acuto, che si sviluppa in una certa situazione e ci carica di una pressione tale da far vacillare il nostro equilibrio psichico, portandoci a scenate, crisi isteriche, aggressività, o altro; sia lo stress cronico, quello che si accumula giorno dopo giorno a causa di una vita che non rispecchia per niente le nostre esigenze, come accade, ad esempio, se prendiamo una persona creativa ed estroversa, e la mettiamo a fare un lavoro isolato, monotono e alienante, per cinque giorni a settimana.
Lo stress cronico è insidioso e subdolo perché logora pian piano, si accumula ma spesso chi ne soffre non se ne rende conto, perché è abituato a considerare certe condizioni di vita la normalità, e non immagina nemmeno, nel concreto, che possa esserci per lui o lei qualche cosa di meglio.
Premesso questo, una vita priva di esperienze di crescita, della possibilità di confrontarsi con dei limiti imposti da regole sociali (purché sensate), priva dell’occasione di misurare se stessi e acquisire consapevolezza delle proprie capacità così come dei propri limiti, è una vita che lascia un individuo, biologicamente adulto, in una condizione di drammatica immaturità mentale ed emotiva.
Generalizzando un individuo emotivamente e mentalmente immaturo non ha gli strumenti psicologici per affrontare le situazioni della vita, a volte nemmeno le più banali, per cui ci ritroviamo con cani anagraficamente più che adulti, che perdono completamente lucidità nelle situazioni più banali, come incontrare altri cani, o accogliere un ospite in casa, o cose di questo genere.
Oltre alle oggettive difficoltà che a volte creano queste situazioni agli umani, pensiamo alle tensioni che possono portare in famiglia, e di cui i cani risentono moltissimo. Pensiamo anche a quante volte un certo cane dovrà essere rinchiuso in una stanza perché arrivano ospiti, o lasciato a casa perché impossibile da gestire in certe situazioni sociali.
Non solo un cane “bamboccione” risente dello stress di non riuscire a gestire quotidianamente le proprie emozioni di fronte a esperienze che dovrebbero essere assolutamente normali, ma
ogni volta che c’è un conflitto nel gruppo familiare, e ogni volta che per non creare una tensione o un conflitto, viene escluso dalle esperienze del gruppo stesso, si crea per il cane un dispiacere, che comporta un aumento del suo livello di stress. Non mi voglio mettere su un pulpito, perché io per prima mi rendo conto che a volte mi è molto difficile conciliare tutto, e mettere i miei cani nelle condizioni di fare le esperienze di cui avrebbero bisogno, ma al contempo tutelarli, e contemporaneamente tutelare anche le persone sconosciute che possiamo incontrare, ma ci tengo a dire che sono assolutamente convinta che far fare esperienze di crescita ai nostri cani, comprese quelle che possono insegnargli dei limiti sociali, non tramite il controllo, bensì tramite appunto l’esperienza vissuta, sia di importanza capitale per il benessere dei cani e di conseguenza delle famiglie in cui vivono.
Per far ciò, se non si ha idea di dove iniziare, meglio considerare l’aiuto di un professionista, che lavori insieme ai cani basandosi prima di tutto sul rispetto della loro etologia e delle loro caratteristiche individuali. Io stessa continuo a fare corsi di formazione e a frequentare colleghi più esperti, per aumentare le mie competenze e per avere una guida esterna che mi dia indicazioni sugli aspetti che, dall’interno della relazione con i miei cani, faccio fatica a vedere”.
A volte i proprietari ci raccontano di agire nell’interesse del cane: com’è possibile ottenere delle dimensioni di relazione equilibrate senza proiettare molto dell’umano sulla specie cane?
“Mi viene da sorridere. A questa domanda posso dare solo una risposta: imparando il più possibile sulla specie cane!
Tra cani e umani ci sono molte analogie, e sono le caratteristiche etologiche che hanno permesso alle nostre due specie di co-evolversi per decine di migliaia di anni, sempre insieme, collaborando per affetto & profitto.
Siamo animali sociali, la cui unità sociale tipica è la famiglia, in senso ampio: genitori e figli, ma anche zii e zie, nipoti, nonni, ecc.
I branchi dei cani(di) sono composti nello stesso modo: quando c’è abbondanza di risorse, le famiglie possono essere numerose e raccogliere parenti di diversi gradi, che sono uniti da legami di collaborazione, ma anche affettivi, oltre che ovviamente di sangue.
Ci sono però differenze profonde nel nostro modo di comunicare, per le evidenti differenze morfologiche fra la specie umana e quella canina, e altre differenze nel modo in cui si esprimono i nostri istinti più atavici, che ci portano a volte a comportamenti che consideriamo incomprensibili, o imprevedibili.
Non c’è niente di imprevedibile, se ci prendiamo la briga di investire il nostro tempo, la nostra intelligenza e le nostre energie, per imparare a capire noi stessi come esseri Umani, e loro, nel loro essere Cani”.
Armonia. Investimento. Comprensione.