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NASA

Sedia
In primo piano

Salim Nasser: l’ingegnere della sedia a rotelle 2.0.

scritto da L'Interessante

Sedia

Di Michela Salzillo

Una carrozzina è per sempre!

Chi vive una condizione invalidante, sia essa acquisita dalla nascita o in età avanzata, lo sa bene. E come nelle migliori relazioni di tutto rispetto, spesso la questione diventa un arduo intrigo d’ amore e odio. Eh sì, perché se è vero che certi ausili sono necessari per limitare gli ostacoli serviti sul piatto di carta pesta dal deficit motorio, e favorire di contro una quotidianità che sia il più possibile autonoma e indipendente, a volte la vita di coppia fra ruote e braccia diventa uno schiaffo alla fatica. In certi casi, il fattore estetico di alcune sedie da stampo paleolitico si rivela un problema non meno influente sull’equilibrio, specie psicologico, della persona con disabilità. Un diamante brutto, diciamocelo, non si è mai visto.  Quelli sobri di solito se la giocano con le punte sbrilluccicanti più egocentriche, ma in nessuno dei due casi la partita è giocata ad armi dispari, non in materia di bellezza almeno. Per le carrozzine il destino è parecchio diverso, dato che pochissime di quelle immesse in commercio, per non dire nessuna, si rivelano proponibili al concorso di Miss rotella senior. Camminare per strada, o anche in casa, con delle sedie a rotelle dal design innovativo non sarebbe per nulla una cattiva idea; la modernizzazione del trono non richiesto faciliterebbe senz’altro l’accettazione di parecchie dinamiche legate al suo utilizzo.

Ma si sa, con l’ostico progressista, bisogna andare cauti e agire per priorità. Chiunque possiede una sedia a rotelle e la utilizza con assiduità non retraibile, conosce l’urgenza della comodità; di carrozzine maneggevoli che congedano almeno dal doppio sforzo. A rispondere alla suddetta volontà, ci ha provato Salim Nasser, l’ingegnere che ha brevettato una carrozzina 2.0.

La Rowheel, sedia a rotelle a risparmio muscolare firmate Salim Nasser

Si chiama Salim Nasser ed è diventato quadriplegico a vent’anni. È un ingegnere della Nasa e ha inventato le Rowheel, sedie a rotelle non elettriche che, attraverso un marchingegno ad alta definizione, rende maggiormente fruibile l’utilizzo quotidiano delle carrozzine. Chi non bazzica nella condizione di disabilità, non può comprendere appieno la fatica che si investe nello spingere manualmente una sedia a rotelle. L’uso prolungato della stessa, spesso provoca lancinanti dolori alla spalla che gravano in maniera incisiva su di una condizione fisica già gracile di suo. Ebbene, il brevetto a due ruote di Nasser, che qualcuno reputa già vecchio per gridare alla novità, nasce proprio per annullare tale incombenza. Il modello d’avanguardia, riduce la quantità di energia da spendere, andando a impegnare principalmente i muscoli più robusti. Grazie a un dispositivo chiamato ”planetary gear”, Nasser ha ridisegnato il cilindro che fa da collo alla ruote, invertendo il senso di marcia delle stesse rispetto alle braccia, detto in parole povere è come remare una barca e procedere in avanti in maniera fluida. Il marchingegno adottato per l’innovazione non è stato procurato sul pianeta Marte, anzi, si tratta di qualcosa che dovrebbe esserci parecchio familiare; è infatti lo stesso dispositivo usato per gli elettrodomestici. Grazie a tale inventiva, tranquillamente rintracciabile per eventuali acquirenti, viene di gran lunga ridotto il logoramento muscolare: se, ad esempio, la carrozzina viene spinta duemila o tremila volte al giorno, con la nuova sedia si possono risparmiare oltre tremila giri di braccia all’anno- almeno così avrebbe detto Salim Nasser. A questo punto, resterebbe da capire se creatività, utilità e convenienza economica siano padroni di una stessa rivoluzione in tali termini. Ma questa è un’altra storia!

 

Salim Nasser: l’ingegnere della sedia a rotelle 2.0. was last modified: marzo 12th, 2017 by L'Interessante
12 marzo 2017 0 commenti
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NASA
AttualitàIn primo pianoNotizie fuori confine

NASA. 7 pianeti attorno ad unica stella

scritto da L'Interessante

NASA

Di Antonio Andolfi

Dopo giorni di attesa, speculazioni e anticipazioni a proposito della “conferenza stampa straordinaria” indetta dalla Nasa, l’annuncio è stato finalmente dato: nell’orbita di Trappist-1, una nana rossa ultrafredda a una distanza stimata di circa 40 anni luce da noi sono stati scoperti in totale 7 piccoli pianeti rocciosi, cioè con caratteristiche simili a quelle della Terra. Detto in altre parole: gli astronomi della Nasa (e non solo) hanno trovato ben 7 pianeti quasi gemelli della Terra, non uno solo!

L’annuncio della NASA: Trappist – 1 e i suoi pianeti

Le osservazioni, iniziate nel settembre del 2015, sono state effettuate utilizzando un insieme di strumenti: il telescopio TRAPPIST-South (ESO, Osservatorio Europeo Australe, La Silla, Cile), il Very Large Telescope (ESO, Cerro Paranal, Cile), il telescopio spaziale Spitzer (Nasa, in orbita a 568 km) e altri telescopi attorno al mondo.

Osservabile nella costellazione dell’Acquario, è molto “piccola” (poco più grande di Giove) e di massa stimata nell’8% di quella del Sole.

 Tutti i suoi pianeti, chiamati rispettivamente Trappist-1 b, c, d, e, f, g, h (dal più vicino al più lontano), hanno dimensioni simili a quelle del nostro pianeta: le dimensioni, la possibile composizione e le orbite sono state desunte dalle variazioni di luminosità della stella causate dal passaggio dei suoi pianeti tra noi e la stella stessa: eventi che in astronomia sono noti come transiti.

Il coordinatore della ricerca, Michaël Gillon (istituto di astrofisica di Liegi, Belgio), afferma che «ci troviamo di fronte a un sistema planetario incredibile, non solo perché abbiamo trovato così tanti pianeti insieme, ma soprattutto perché sono sorprendentemente simili per dimensioni alla Terra».

 Da tempo gli astronomi ipotizzavano che stelle con dimensioni affini a quella di Trappist-1 (che per tipologia è la più diffusa nell’Universo, probabilmente tra il 70 e l’80%) possono avere attorno molti pianeti rocciosi di dimensioni simili alla Terra. Trappist-1 è la prima a essere stata sottoposta a osservazioni così prolungate e approfondite, tali da permettere la scoperta di “b”, “c” e “d” già nel 2015 e infine gli altri quattro.

Questi pianeti, o almeno alcuni di essi, se orbitano in modo regolare e alla distanza “giusta” potrebbero sostenere forme di vita.

 Amaury Triaud, co-autore della ricerca, sottolinea che «la quantità di energia emessa da stelle come Trappist-1 è molto inferiore rispetto a quella emessa dal nostro Sole. Per avere acqua liquida in superficie sui loro pianeti, questi devono orbitare a distanza ravvicinata, molto più vicini alla loro stella di quanto la Terra sia dal Sole. Sembra che questo tipo di configurazione compatta sia proprio quella che caratterizza Trappist-1».

 

Tutti e sette i pianeti, infatti, orbitano a una distanza inferiore di quella tra il Sole e Mercurio (circa 58 milioni di chilometri) e, proprio a causa della bassa energia della stella, tutti potrebbero ricevere una quantità di energia analoga a quella che irradia sui pianeti interni del Sistema Solare (Mercurio, Venere, Terra e – a seconda dei criteri utilizzati – Marte).

Anatomia dei pianeti scoperti dalla NASA.

In particolare, Trappist-1 c, d, f ricevono quantità di energia vicine a quelle che arrivano, rispettivamente, su Venere, Terra e Marte. Le misure sulla possibile densità dei singoli pianeti suggeriscono che almeno i primi sei sono di tipo roccioso.

 

Tutti e sette potrebbero potenzialmente avere acqua allo stato liquido in superficie, anche se per alcuni la probabilità sembra più elevata: “e”, “f” e “g”, per esempio, sembrano avere tutte le carte in regola per mantenere questa condizione – l’acqua liquida – che dal nostro punto di vista è anche condizione indispensabile per un eventuale sviluppo di forme di vita.

In base ai modelli utilizzati, i pianeti “b”, c” e “d” potrebbero avere acqua, ma forse solo in piccole regioni, mentre per “h” – il più distante – l’ipotesi è che, se c’è acqua, è allo stato solido. Sarà però purtroppo solamente con la prossima generazione di telescopi, come l’European Extremely Large Telescope (ESO) e il James Webb Space Telescope (Nasa/Esa) che potremo saperne di più.

NASA, I commenti a caldo.

Questa scoperta è importante non solo dal punto di vista scientifico, ma anche culturale: sapere con sempre maggiore sicurezza che oltre il nostro Sistema Solare ci sono luoghi potenzialmente favorevoli alla vita è semplicemente affascinante. La ricerca di pianeti extrasolari è uno degli ambiti in cui l’Istituto Nazionale di Astrofisica è profondamente coinvolto a livello internazionale, con l’eccellenza dei suoi scienziati, strumenti d’avanguardia come il Telescopio Nazionale Galileo e importanti partecipazioni in missioni spaziali di frontiera.

 

Il sistema multiplo di pianeti terrestri transitanti individuato attorno a Trappist-1 è straordinario sotto diversi aspetti. Innanzi tutto è il primo sistema con pianeti di tipo terrestre nella fascia di abitabilità (quell’intervallo di distanze da una stella entro il quale un pianeta di tipo roccioso con un’atmosfera può potenzialmente avere acqua allo stato liquido sulla superficie) per i quali sia stato possibile determinare, sia pure in modo preliminare, la densità, e quindi la composizione interna, scoprendo che sono probabilmente rocciosi come la nostra Terra.

 

In secondo luogo, tre dei sette pianeti del sistema sono soggetti a livelli di irraggiamento simili a quelli che Venere, la Terra e Marte ricevono dal nostro Sole, e se posseggono un’atmosfera di tipo terrestre potrebbero avere oceani sulla superficie. Inoltre, la bassissima luminosità e le dimensioni della stella, paragonabili al nostro Giove, rendono gli eventi di transito dei pianeti in fascia abitabile frequenti e facili da rivelare, aprendo la possibilità della caratterizzazione dettagliata delle loro proprietà atmosferiche con strumentazione di punta già esistente (come l’Hubble Space Telescope) o pronta nel futuro prossimo (come il James Webb Space Telescope).

 

I pianeti rocciosi potenzialmente abitabili attorno a stelle molto più piccole e fredde del Sole, quali Trappist-1, costituiscono dei laboratori eccezionali dove studiare l’impatto sulle proprietà atmosferiche (e sul concetto stesso di abitabilità) di questi oggetti con storie evolutive molto diverse da quelle da cui ha avuto origine la nostra Terra.

 

In ultima analisi, l’esistenza del sistema planetario di Trappist-1 e, in generale, il successo della strategia della ricerca di pianeti terrestri attorno a stelle di piccola massa, rende se possibile ancora più urgente moltiplicare gli sforzi per la scoperta e la caratterizzazione delle proprietà fisiche e delle atmosfere di veri gemelli della nostra Terra, cioè pianeti di tipo terrestre nella regione di abitabilità di stelle più simili al nostro Sole.

NASA. 7 pianeti attorno ad unica stella was last modified: febbraio 23rd, 2017 by L'Interessante
23 febbraio 2017 0 commenti
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