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Sismologia

terremoto
AttualitàIn primo pianoParliamone

Terremoto in Nuova Zelanda

scritto da L'Interessante

Terremoto

di Antonio Andolfi

Uno tsunami di 2 metri è stato registrato lungo la costa nordorientale della South Island, in Nuova Zelanda, dopo che una violenta scossa di terremoto ha colpito il Paese alle 23.02 ora locale (le 12.02 italiane), con ipocentro a 23 chilometri di profondità ed epicentro a 53 chilometri nordest di Amberley e 93 a nord di Christchurch. Il sisma ha avuto una magnitudo di 7.8 della scala Richter. Inizialmente fissata a 7.4 è stata rivista al rialzo dall’istituto geologico statunitense (Usgs).

Il rischio tsunami era stato in un primo momento escluso, poi il ministero per la Difesa civile e le emergenze ha lanciato l’allerta.

Il terremoto è stato percepito in gran parte del Paese. Diverse scosse sono seguite nella zona della città di Christchurch, ad alto rischio sismico: il 22 febbraio del 2011, una scossa di magnitudo 6,3 causò 185 morti, oltre mille feriti, e gravi danni a molti edifici cittadini. Cinque mesi prima, il 3 settembre 2010, una scossa più forte (7.0) aveva provocato solo qualche ferito. L’alto numero di vittime e i danni ingenti nella scossa del febbraio 2011 furono causati anche dal fatto che molti edifici erano stati lesionati dal terremoto precedente. 

Il sisma di domenica 13 novembre può aver scaricato l’energia emessa su faglie vicine che, non si esclude, possono scatenare terremoti ancora più violenti.

Terremoto, attesa una nuova forte scossa.

Era già successo prima del terremoto di Sumatra: nel 2004 una serie di sismi con magnitudo prossima a 8.0 o poco più precedettero quello del 26 dicembre, quando si scaricò il sisma di magnitudo 9.1 e il relativo tsunami che causò la morte di 200.000 persone.

Ora, dopo il terremoto di magnitudo 7.5 che ha colpito la Nuova Zelanda domenica 13 novembre e che ha prodotto anche onde di tsunami di 2,5 metri, si teme che lo stress cui è stata sottoposta la crosta terrestre possa scaricarsi in scosse ancora più violente lungo le faglie che interessano gran parte del Paese.

La Nuova Zelanda si trova dove la placca del Pacifico si scontra con quella australiana: a nord la prima si infila sotto la seconda, a sud avviene il contrario. Lungo tutto il Paese scorre una pericolosa famiglia di faglie (fratture) che di tanto in tanto scaricano energia.

Terremoto: quanto probabile?

Spiega John Ristau, geofisico, GNS Science, società neozelandese di ricerche geofisiche e geologiche: «Al momento stimiamo che ci sia il 12% di probabilità che possa accadere un terremoto con magnitudo 7.0 o più grande entro pochi giorni, mentre le probabilità salgono al 32% se consideriamo i prossimi 30 giorni».

Tuttavia è impossibile sapere se un sisma carica o meno energia su altre fratture: lo stesso ricercatore ammette che terremoti come l’ultimo avvenuto in Nuova Zelanda possono sia aumentare il rischio di un altro sisma nelle vicinanze (e in questo caso potrebbe anche essere più violento), sia diminuirne le probabilità.

La Nuova Zelanda si trova proprio sopra il confine tra le placche tettoniche australiana e pacifica, ed è perciò da considerarsi zona altamente sismica. L’ultimo terremoto ha provocato uno slittamento laterale di una parte dell’isola meridionale. Dopo la scossa principale ci sono state più di 300 repliche, la metà delle quali di magnitudo superiore a 4.0 superiore: la maggiore è stata di magnitudo 6.3.

 

Terremoto in Nuova Zelanda was last modified: novembre 24th, 2016 by L'Interessante
24 novembre 2016 0 commenti
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terremoti
AttualitàIn primo pianoParliamone

Il laboratorio dove si simulano i terremoti

scritto da L'Interessante

terremoti

di Antonio Andolfi

 

A Pavia, in una zona a rischio sismico molto basso, è possibile sperimentare scosse di terremoto di intensità pari o anche superiore a quelle che stanno avvenendo in questi giorni nel Centro Italia e nelle Marche in particolare. Com’è possibile? Grazie ai test che vengono condotti nel TreesLab, un laboratorio della Fondazione Eucentre.

Nel laboratorio di Pavia, dove si simulano i terremoti

A Pavia si può vedere un edificio di quattro piani agitato da potenti scosse di terremoto… Non perché siamo in un territorio sismico, ma perché i tecnici del laboratorio TreesLab della Fondazione Eucentre possono riprodurre questi eventi a piacimento. TreesLab è forse il più avanzato centro europeo per la simulazione in laboratorio degli effetti dei terremoti sulle strutture edilizie.

Affidandosi alle esperienze californiane e giapponesi, i tecnici hanno messo in piedi questo centro dove imponenti apparati strumentali e modelli al computer simulano gli effetti di violenti terremoti. I clienti del TreesLab sono coloro che sviluppano tecnologie antisismiche, e vengono qui a testarle. Ma anche le grandi compagnie di riassicurazione che vogliono stabilire scenari credibili sui danni che un terremoto causerebbe in una certa zona. Gli edifici, a dimensione reale o in scala 1:2, vengono posti su una piattaforma vibrante che simula l’oscillazione dovuta alla scossa sismica. Una rete di sensori misura le sollecitazioni puntuali sulle strutture. Una volta simulato il terremoto, si controllano i danni, anche quelli che in una situazione normale non sarebbe facile osservare .

I test misurano la reazione al sisma degli edifici realizzati in cemento armato e muratura. Un edificio, alto circa 5,50 metri e con una pianta di 20 metri quadrati, in scala 1:2 per riprodurre un’abitazione di 11 metri d’altezza,  è stato sottoposto a una scossa con un’accelerazione di gravità di circa 0,6 g, simile a quella fatta registrare dal sisma dell’Aquila che è stata di 0,65 g.

L’accelerazione genera la forza con cui il terremoto scuote gli edifici con oscillazioni orizzontali. Un’accelerazione di 0,6 g significa che l’abitazione riceve alla base spinte orizzontali la cui forza è superiore al 60% del peso dell’edificio.

Grazie all’analisi dei danneggiamenti subiti dall’edificio, gli ingegneri potranno conoscere più a fondo la vulnerabilità al sisma delle strutture costruite così. In prospettiva la ricerca in questo ambito consentirà di valutare come le costruzioni di questo tipo già esistenti possano essere rinforzate o ristrutturate al meglio.

Eucentre è una fondazione creata nel 2003 dal Dipartimento della Protezione Civile, dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, dall’Università degli Studi di Pavia e dalla Scuola Superiore Universitaria IUSS di Pavia. Obiettivo di Eucentre è promuovere la ricerca e la formazione nel campo della riduzione del rischio sismico. I sistemi di costruzione antisismica sono ben conosciuti e diffusi soprattutto nei Paesi più sviluppati, come il Giappone, ma mantengono comunque costi elevati. I più moderni grattacieli di Tokyo hanno resistito egregiamente, nel marzo 2011, al forte terremoto che ha provocato lo tsunami e il disastro della centrale nucleare di Fukushima. In quell’occasione la scossa più potente fu del nono grado della scala Richter. La vera sfida, però, è realizzare edifici antisismici a basso costo.

Il laboratorio dove si simulano i terremoti was last modified: novembre 10th, 2016 by L'Interessante
10 novembre 2016 0 commenti
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terremoti
AttualitàIn primo pianoParliamone

Il contagio dei terremoti

scritto da L'Interessante

terremoti

di Antonio Andolfi

Un nuovo terremoto ha colpito l’Italia centrale. Secondo l’INGV la sua Magnitudo è stata di 6.5, mentre per il Servizio Geologico degli Stati Uniti di 6.6. Decine di scosse hanno seguito l’evento principale e certamente altre centinaia ce ne saranno nelle prossime ore e nei prossimi giorni. Ma come è possibile questa catena di terremoti che sembra infinita? In realtà va detto che ogni volta che si verifica un sisma una fetta di crosta terrestre appenninica si comporta come se si rilassasse, approfondendosi, e questo scarica energia a volumi di roccia adiacenti. È possibile che se tali volumi di roccia si trovano anch’essi in uno stato di elevato stress, ricevendo una dose di energia molto forte cedono anch’essi, ossia si spaccano, e questo genera nuovi terremoti che possono essere molto violenti. Sono numerosi i casi in cui si ha una specie di “contagio laterale” della sismicità: ne sono stati osservati in altre aree sismiche della Terra come per esempio in Turchia, California e Haiti.

Tutti i terremoti sono collegati

Questo fenomeno starebbe alla base di quanto sta succedendo in Appennino centrale in questi mesi. Il primo terremoto si verificò vicino ad Amatrice, l’energia che venne rilasciata intaccò in modo particolare le aree a nord, quelle di Visso e Ussita. Qui un nuovo terremoto, quello del 26 di ottobre, riportò verso sud, nell’area di Norcia, nuova energia che ha innescato il terremoto di oggi. Nessuno è in grado di stabilire quanto tempo passa tra un terremoto, il trasporto di energia in un’area adiacente e il terremoto successivo. Possono trascorrere poche settimane ma anche mesi o anni. Cosa succederà nei prossimi giorni, settimane, mesi comunque, non è possibile stabilirlo.

Terremoti nel Mar Tirreno

L’unico sisma da non collegare con questi terremoti è quello avvenuto il 28 ottobre nel Mar Tirreno.  

A differenza dei sismi appenninici, infatti, il cui epicentro è sempre stato localizzato a non oltre la quindicina di chilometri di profondità, il sisma del Tirreno si è verificato a circa 470 km al di sotto della superficie. La causa principale di quel terremoto è da imputare alla subduzione del Mare Ionio sotto l’arco Calabro e il Tirreno meridionale, in altre parole al fatto che il Mar Ionio va al di sotto di questi ultimi.

 

 

 

 

 

 

Il contagio dei terremoti was last modified: novembre 3rd, 2016 by L'Interessante
3 novembre 2016 0 commenti
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terremoto
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TERREMOTO IN ITALIA CENTRALE

scritto da L'Interessante

Terremoto

di Antonio Andolfi

Nella notte del 26 ottobre e la mattina del 27 ottobre, la terra è tornata a tremare. Dopo quela del 24 agosto, si è mossa una nuova faglia, alle 5:45 ha generato una scossa di Magnitudo 5.9. Stando alle indicazioni del Servizio Geologico degli Stati Uniti l’intensità del terremoto è stata di magnitudo 5.5 con ipocentro a 10 Km di profondità. Un sisma relativamente forte dunque, e poco profondo, che può aver portato in superficie una notevole quantità di energia. Anche per questo terremoto la causa principale è da ricercarsi nella Placca Adriatica, nota come Placca Apula , una zolla della crosta terrestre piuttosto piccola, che comprende parte del Mar Ionio, dell’Adriatico e i settori settentrionale e orientale della Pianura Padanae alcune aree delle Alpi meridionali ed orientali. Questa placca si sta muovendo verso nord nord ovest e contemporaneamente ruota in senso antiorari. Si tratta di una parte della Placca Africana, dalla quale l’Apua si è staccata durante il Cretaceo, grosso modo attorno a 100 milioni di anni fa: attualmente si sta muovendo al di sotto della placca che comprende parte degli Appennini e parte del Mar Mediterraneo, sta cioè andando in subduzione.

Terremoto del 26 Ottobre: la propagazione delle onde sismiche

L’INGV ha realizzato il video dell’animazione della propagazione sulla superficie terrestre delle onde sismiche generate dai terremoti di Magnitudo 5.9. Le onde di colore blu indicano che il suolo si sta muovendo velocemente verso il basso, quelle di colore rosso indicano che il suolo si sta muovendo verso l’alto. L’intensità del colore è maggiore L’intensità del colore è maggiore per spostamenti verticali più veloci. Ogni secondo dell’animazione rappresenta un secondo in tempo reale. Sono rappresentati i primi 85 secondi a partire dall’origine dell’evento sismico. La simulazione in questa animazione è relativamente “a bassa frequenza”, visualizza cioè le frequenze delle onde fino a 0.5 Hz. Questo significa che il fronte d’onda “vede” oggetti delle dimensioni di 1.5-2 km. La risposta sismica locale è quindi limitata agli effetti di strutture geologiche di queste dimensioni. Aumentando il contenuto in frequenze, si evidenzierebbero dettagli più piccoli e, ad esempio, l’amplificazione dovuta ai sedimenti. I primi 30 secondi sono però ottenuti con una simulazione più alta frequenza (fino a 2 Hz), per ragioni visive la topografia è stata aumentata di 3 volte.

Terremoto del 30 Ottobre: che cosa sta succedendo nel Centro Italia

 

Domenica mattina, vicino a Norcia in Umbria, c’è stata la più forte scossa di terremoto in Italia dal 1980, quando ci fu il terremoto in Irpinia: una scossa di magnitudo 5.6 che è stata avvertita in molte zone della Penisola.

Che cosa sta succedendo nel centro Italia? Proviamo a fare un po’ di chiarezza.

Ogni volta che si sviluppa un terremoto lungo una superficie di faglia, la zona ipocentrale si scarica (rilassamento) e vengono caricati i volumi adiacenti (lateralmente) alla faglia stessa. Tali volumi, sottoposti a un nuovo stato di stress, possono cedere (rompersi) e generare terremoti a loro volta. Sono processi di propagazione laterale della sismicità (contagio) relativamente frequenti, già osservati in altre aree sismiche della Terra come per esempio in Turchia, California e Haiti. Questo processo sta coinvolgendo l’Appennino centrale in questi mesi.

Il terremoto si è spostato da Amatrice verso nord, nell’area di Visso e Ussita, e da questi luoghi oggi nuovamente verso sud nell’area di Norcia, dove il terremoto di Amatrice di agosto si era arrestato. Gli intervalli di tempo tra un terremoto forte e una altro forte adiacente possono essere di anni o decine di anni, ma anche giorni o mesi come sta accadendo oggi nell’Appennino centrale. Purtroppo non siamo in grado di prevedere quando e come tale sequenza sismica andrà a scemare, né possiamo in linea teorica escludere altri terremoti forti come e più di quelli avvenuti fino a oggi in aree adiacenti a quelle colpite in questi mesi. Va però detto che se da una parte questa sequenza è fortemente preoccupante, dall’altro lato la propagazione laterale fa sì che si verifichino una serie di terremoti forti ma non fortissimi.

Molto peggio sarebbe se tutti questi segmenti della faglia (Amatrice, Visso, Norcia) si fossero mossi tutti insieme generando un terremoto di magnitudo almeno 7.0.

 Perché i dati sulle magnitudo sono diversi?

Come nel caso del sisma del 24 agosto scorso, anche oggi c’è chi accusa l’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) di aver corretto “al ribasso” le stime sulla magnitudo del terremoto, per evitare che lo Stato debba pagare i danni delle scosse. Si tratta di una bufala bella e buona: ecco perché.

Tanto per cominciare: le misurazioni iniziali dell’Ingv parlavano di 6.1; il dato è stato poi rivisto a 6.5 (quindi non declassato: semmai, alzato) ed è ancora suscettibile di modifica. Perché la misura della magnitudo del sisma non è arrivata subito?

Come ha spiegato  il geologo Carlo Meletti, responsabile del Centro Pericolosità Sismica dell’INGV, quando si valuta la magnitudo di un terremoto, non ci si può fidare dei dati disponibili in 1-2 minuti, come invece fanno l’Usgs, il servizio geologico statunitense, o il CSEM, l’European-Mediterranean Seismological Centre. Questi enti danno infatti dati sulle magnitudo in modo automatico, mentre quelli dell’INGV sono ricavati in modo più capillare sul territorio italiano, incrociando i dati delle stazioni che registrano il sisma, che possono essere anche centinaia. Ecco perché i dati dell’INGV escono dopo gli altri.

In 2 minuti dalla scossa escono i dati preliminari e automatici sulla sua localizzazione e intensità provenienti dalle stazioni sismiche più vicine; in 5 arrivano quelli registrati da tutta la rete nazionale. A questo punto i sismologi, “analizzano i dati, individuano i tempi con cui le onde P ed S arrivano alle diverse stazioni ed elaborano una localizzazione ed una magnitudo estremamente precise che vengono comunicate al Dipartimento della Protezione Civile entro 30 minuti dall’evento (in media dopo circa 10-15 minuti)“. L’informazione viene a questo punto diffusa ai cittadini. 

 Oltre al fattore tempo, un altro motivo delle apparenti incongruenze nelle misurazioni dei vari istituti riguarda anche la scala di magnitudo utilizzata. L’Ingv utilizza la magnitudo Richter, oggi definita anche magnitudo locale (Ml): è un metodo di interpretazione dei dati dei sismografi semplice da usare, rapido e molto affidabile in particolare se il sisma avviene entro un raggio di 600 km rispetto alle stazioni di rilevamento. È un metodo semplice perché necessita del solo valore dell’ampiezza delle oscillazioni di un sismogramma.

L’Usgs usa invece la magnitudo momento (Mw), che utilizza tutte le frequenze emesse da un sisma, che si possono propagare anche a grandi distanze. È più precisa della magnitudo locale per terremoti di forte intensità, come quelli che colpiscono Cile e Giappone, superiori a quelli che generalmente avvengono in Italia. Ecco perché sulla stampa internazionale si leggono a volte misurazioni dei nostri terremoti leggermente diverse. In realtà l’INGV calcola poi anche la magnitudo momento, e a volte, come nel caso del sisma dello scorso 24 agosto, il valore coincide comunque con quello Richter e non con quello dell’Usgs, perché il modello geologico del nostro territorio usato dagli italiani per questo calcolo è diverso, e più preciso, di quello usato dall’ente americano.

Infine, quando si parla di terremoti non bisogna confondere magnitudo e intensità. La scala Richter, che classifica la magnitudo di un sisma, consente di conoscere la quantità di energia liberata dalla scossa e la sua distruttività. Si ottiene misurando l’ampiezza delle oscillazioni del suolo registrate dai sismografi.

La scala Mercalli classifica invece l’intensità di un terremoto in base ai suoi effetti visibili sulle costruzioni. La normativa Monti per il risarcimento dei danni conseguenti a un terremoto fa riferimento solo alla scala Mercalli.

 

TERREMOTO IN ITALIA CENTRALE was last modified: novembre 1st, 2016 by L'Interessante
1 novembre 2016 0 commenti
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