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Violenza

vietato
In primo pianoMusica

Vietato morire: la libertà da Gaber a Ermal Meta

scritto da L'Interessante

Vietato

 

 

Di Michela Salzillo

La libertà non invecchia mai. E il diritto  alla sua difesa è sempre materia prioritaria. Forse perché è ancora così lontana, forse è un vizio che abbiamo paura di dimenticare, di confondere con il resto, e allora cerchiamo di raccontarcela, per non farla morire. Per non lasciarci morire. La libertà è partecipazione, scrive Gaber, non è lo spazio libero e neanche il volo di un moscone.  E’ muoversi dunque, è cogliersi ed accogliersi, è rispettarsi prima di rispettare, come fa il bambino appena nato che cammina dentro un bosco con la gioia di inseguire un’avventura.  Perché forse è così che bisogna fare. Per insegnarci il coraggio di essere liberi non abbiamo bisogno della sapienza, non quanto l’ ingenuità di chi è così tanto decostruito da sposare ogni forma di apertura e ribellione come la cosa più naturale del mondo.

La libertà non aspetta il destino, non la fa passare liscia a nessuna regola  e non  c’è nulla che sia più anarchico di questo. Essere libero vuol dire avere la forza di cambiare le stelle, se ci provi riuscirai, conferma qualche passo più avanti Ermal Meta, che se a Sanremo arriva al terzo posto, sul podio delle nostre riflessioni guadagna sicuramente una posizione di testa, perché lo sappiamo benissimo che morire da vivi è una condanna che ci infliggiamo troppo spesso. Sappiamo quanto è difficile capire l’amore per noi stessi e quanto sia proporzionale l’esistenza di ciascuno fra ciò che siamo in grado di donare e la libertà che il dare insegna.

 

Vietato morire: una canzone che educa al  valore della disobbedienza.

Se per Gaber votare è disobbedire ad ogni forma di mancata democrazia, con Ermal Meta la libertà arriva trasgredendo ogni tipo di schema, non in materia di politica ma in termini di vita negata; dal fare più semplice a quello più complesso. C’è da dire che quando nell’ inciso Ermal canta: figlio mio, ricorda bene che la vita che avrai non sarà mai più grande dell’amore che dai, e prima ancora lascia intendere che quel messaggio sia scritto ad una madre, la sua, che da un libro di odio gli ha insegnato l’amore, tutti cadono nel tranello della canzone denuncia che parla di violenza.

Ma la smentita arriva dall’autore stesso, che dichiara: “ la violenza, in questa canzone, è soltanto la fionda. Il sasso che dovrebbe colpire il messaggio che ha dentro, cioè la disobbedienza. Bisogna imparare a disobbedire ricominciando a usare la propria testa.”

È come un martello, per Ermal, la capacità di disobbedire, che se usato nella maniera giusta può aprire dei varchi importanti verso una vita più felice. Dire di no, dunque. Dirlo ogni volta che qualcosa influisce negativamente sulle personali volontà e la rispettiva serenità. Vietato morire è una canzone che parla anche di violenza, quindi, ma non solo, perché ci sono molte forme di stupro capaci di annientare, a volte anche invisibili,  per questo urge riconoscere che rimandare non è mai il momento giusto per ribellarsi a qualcosa che non ci rappresenta, perché la vita preferisce sempre il qui ed ora al domani qualunque, che rischierebbe di arrivare in ritardo all’ appuntamento con quello che vogliamo ottenere ed essere, per diventare  a tutti gli effetti padroni delle nostre vite ed evitare la morte a piccole dosi.

Vietato morire: la libertà da Gaber a Ermal Meta was last modified: marzo 5th, 2017 by L'Interessante
5 marzo 2017 0 commenti
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Violenza
CuriositàDall'Italia e dal MondoIn primo piano

La violenza umana (e non solo) ha radici antiche

scritto da L'Interessante

Violenza.

di Antonio Andolfi

Uno dei dibattiti più accesi degli ultimi secoli riguarda l’origine della violenza e delle uccisioni all’interno di una specie. L’uomo è naturalmente cattivo o sono le condizioni che scatenano la violenza? La nostra natura o la nostra cultura sono alla base delle guerre, delle lotte e degli omicidi?

L’analisi della nostra storia ha portato a posizioni le più varie, da quella di homo homini lupus (l’aggressione è connaturata all’uomo) a quella del “buon selvaggio” (la cultura occidentale rende tutti più violenti), non riuscendo a chiarire la questione. Un gruppo di studiosi spagnoli di varie università ha preso il toro per le corna e ha esaminato non solo la storia della violenza umana, ma quella di tutto il gruppo animale di cui facciamo parte, i Mammiferi.

L’albero della violenza

In un articolo pubblicato sulla rivista Nature , gli scienziati hanno usato i metodi della biologia evolutiva per ricostruire uno schema filogenetico della violenza letale nei mammiferi. Hanno così elaborato la causa di 4 milioni di uccisioni avvenute nella storia dei mammiferi, basandosi su comportamenti e analisi storiche che riguardano 1.024 specie, la nostra compresa, appartenenti a 137 famiglie. Secondo gli autori, nei primissimi mammiferi solo una morte su circa 300 (0,30%) era causata da membri della stessa specie. Con l’andare del tempo, la differenziazione e la vera esplosione evolutiva tra vari ordini ha portato a stili di vita del tutto differenti, e quindi anche diversi comportamenti per quanto riguarda il rapporto con gli altri.

 Primati di uccisioni

Man mano che passava il tempo e ci si avvicinava ai nostri antenati, seppure lontani, la violenza letale aumentava. E raggiungeva il 2,3% circa negli antenati di primati e tupaie (insettivori del sud-est asiatico, simili a grossi toporagni ma lontani parenti dei primati) e all’1,8% nei veri primati. All’origine della nostra specie questa percentuale era di circa il 2%. Altri animali, come pipistrelli e balene, sembrano molto più pacifici, e hanno una percentuale di uccisioni molto più bassa.

Scritto nei geni? Non solo.

Gli autori concludono quindi che la violenza non è caratteristica di una specie o di un’altra, ma ha basi genetiche (anzi, filogenetiche) che devono essere prese in considerazione, anche quando ci sono stati profondi cambiamenti nello “stile di vita” delle specie. In generale, per esempio, i carnivori sono più violenti degli erbivori. Ma soprattutto contano gli stili di vita. Le cause di questo aumento di percentuale di morti per violenze interne alla specie sono state, infatti, la nascita in mammiferi più vicini a noi di comportamenti complessi, come la territorialità e la vita di gruppo. Vivere assieme e dover difendere le risorse, alimentari o meno, oppure cercare di invadere territori altrui, come fanno oggi gli scimpanzé, ha portato a un aumento del numero di scontri tra animali simili, e quindi a morti causate da questi scontri. Le cose si sono complicate quando nella nostra specie è subentrata la cultura, che ha fatto diventare più complessi ed estremamente diversificati i rapporti tra gli uomini. Per chiarire il quadro, il gruppo di ricerca ha cercato di capire come fossero andate le cose anche nel Paleolitico (da 2,5 milioni a 10.000 anni fa), nel Mesolitico (dal 10000 all’8000 a.C.) e in altri periodi anche recenti. Il risultato è che la percentuale di violenza varia moltissimo nel tempo, e può arrivare al 15-30% tra i 3.000 e i 500 anni fa. Per diminuire poi quando il compito di usare la violenza, se necessaria, è stato assunto dagli Stati e dalla polizia. Anche se l’idea è interessante, ci sono molte obiezioni a questo studio. Una prima è del tutto intuitiva: non è facile stabilire quale fosse la percentuale di morti ammazzati qualche migliaio di anni fa, e in specie lontane da noi nel tempo e nello spazio. Una seconda obiezione riguarda la pesante influenza nella specie umana della cultura, che può variare di molto la percentuale di omicidi da una società a un’altra, anche se vicine, e da un’epoca alla successiva. Nonostante i dubbi, però, uno studio che faccia notare come la violenza all’interno della linea filetica cui appartiene una specie sia un fattore da tenere in considerazione quando si studiano le società animali, e umane, è estremamente interessante e innovativo.

 

La violenza umana (e non solo) ha radici antiche was last modified: gennaio 23rd, 2017 by L'Interessante
23 gennaio 2017 0 commenti
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cane
CuriositàDall'Italia e dal MondoIn primo piano

Può un proprietario punitivo incrementare l’aggressività del cane? La scienza si esprime

scritto da L'Interessante

Cane

Di Luigi Sacchettino

Cari lettori interessati l’altro giorno sono stato chiamato per svolgere una consulenza in un sistema famiglia- cane dove quest’ultimo manifestava comportamenti aggressivi verso gli ospiti di casa

All’ingresso una gentile signora si stupisce della mia età ed aggiunge “pensavo arrivasse un omone vestito in mimetica”.

Continuo la raccolta dei dati ed emergono informazioni chiave per noi tecnici: allontanamento dal gruppo sociale, strattonate, spintoni, punizioni fisiche e psicologiche. Zero gioco. Solo comandi. Scarsi rituali di condivisione. Concetti di dominanza e controllo tessono le conversazioni. 

Della serie “o’ can’ addà fa chell’ che dic’ io”.

Respira Luigi, respira.  Loro non sanno quel che fanno,  hanno solo usato le risorse che avevano a disposizione finora- mi dico.

Torno a casa, apro facebook e trovo un post dello stimato collega  Attilio Miconi.

Un segno.

“Nell’oltre il 95% dei casi il cane che morde è un cane con una soglia emotiva fuori controllo.

Questo significa che potrebbe mordere per paura perché è un fobico, oppure mordere quando si sente come dentro un frullatore di emozioni perché iperattivo.

In entrambi i casi possiamo affermare di trovarci di fronte a cani ipersensibili, con tanta necessità di essere compresi, quindi curati”.

Questo però presupporrebbe un domandarci il perché di tale comportamento. Interrogandosi sulla semantica e pragmatica ed andando oltre la mera dicotomia cattivo vs buono, dispetto vs approvazione.

“Dopo questa premessa vi domando e mi domando: le punizioni corporali o le sgridate possono migliorare la loro ipersensibilità e quindi annullare le aggressioni?

Io dico di No! Le punizioni inferte al cane, che siano esse fisiche o psicologiche, inducono in lui un ulteriore stato di disagio”.

Bisognerebbe tatuarsi queste parole. Punizioni e disagio, strettamente correlate. Insieme. Te le trovi in un rapporto a volte per sempre.

“Anche se si si può manifestare una momentanea regressione, per ulteriore paura, della fase reattiva di qualunque comportamento “aggressivo”, in realtà, è verosimile osservare come dopo alcuni mesi si manifesteranno comportamenti di aggressione da parte del cane in modo ancora più imprevedibile, addirittura constatando un peggioramento rispetto alle condizioni iniziali, prima delle punizioni inferte all’animale”.

Nell’ immediato quindi l’azione della violenza può anche sembrare d’aiuto: ma dove si anniderà tutto quel disagio? Come un virus presente ma latente, quali saranno i suoi effetti?

Vi sarà capitato di essere stati zittiti da qualcuno per interrompere una discussione: l’emozione si placava nel momento in cui vi chiedevano di tacere e reprimervi?

“Così, è capitato a molti proprietari, che tornando sconfortati e spaventati da chi aveva loro suggerito di essere i capo branco  dominando il cane, da questi vi sono sentiti rispondere di non essere stati abbastanza autoritari nell’inibire il cane a sufficienza”.

Certo, perché c’è sempre la possibilità di essere più violenti e vessatori, soprattutto quando precedentemente si è stati un po’..mollacchiosi; vuoi mettere due strattonate a paragone con una? E se non ne bastano due, si passa a tre, finché quel soggetto non si piegherà.

E cosa ci faremo poi con un soggetto piegato emotivamente?

In risposta a questa domanda  interviene  la scienza, con uno studio “Survey of the use and outcome of confrontational and non-confrontational training methods in client-owned dogs showing undesired behaviors” (Meghan E. Herron, Frances S. Shofer, Ilana R. Reisner. Applied Animal Behaviour Science, Volume 117, Issues 1-2, February 2009, Pages 47-54) in cui si rivela che il proprietario coercitivo può favorire l’aggressività del proprio cane.

Lo studio ha valutato gli effetti sul comportamento e i rischi per la sicurezza delle tecniche storicamente utilizzate dai proprietari di cani in presenza di problemi comportamentali.

A tutti i proprietari dei cani ricevuti presso un consultorio comportamentale nel corso di un anno è stato somministrato un questionario comportamentale riguardante gli interventi comportamentali precedentemente adottati.

Per ogni intervento applicato, al proprietario si chiedeva di indicare se si otteneva un effetto positivo, negativo o nullo sul comportamento del cane, e se si osservava un comportamento aggressivo in associazione al metodo utilizzato. Si chiedeva inoltre ai proprietari la fonte del consiglio comportamentale.

Risultavano completati 140 sondaggi. Le più comuni fonti dei consigli comportamentali erano “se stessi” e “l’addestratore”.  Numerose tecniche basate sul confronto come “colpire” o dare calci al cane per un comportamento indesiderato” (43%), “gridare contro il cane’’ (41%), ‘’forzare fisicamente l’animale a lasciare un oggetto dalla bocca’’ (39%), “alpha roll” (ruolo del cane alpha, dominante) (31%), ecc. inducevano una risposta aggressiva in almeno un quarto dei cani su cui erano utilizzati.

I cani visitati perché avevano manifestato aggressività verso una persona familiare avevano maggiore probabilità di rispondere in maniera aggressiva ad “alpha roll” e al “no” urlato, rispetto ai cani che avevano altri problemi comportamentali.

Le tecniche basate sul confronto adottate dai proprietari prima del consulto comportamentale, concludono gli autori, erano in molti casi associate a risposte di aggressività.

Siamo dei modelli per i nostri cani, e come tali siamo imitabili.

Una volta presa coscienza di ciò si può decidere quale stile di relazione adottare: autorevole- come un leader sa essere, o autoritario- come un capo.

Non meravigliamoci però se nel secondo caso c’è distanza emotiva e il cane non ci ascolta.

Può un proprietario punitivo incrementare l’aggressività del cane? La scienza si esprime was last modified: dicembre 16th, 2016 by L'Interessante
16 dicembre 2016 0 commenti
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Telefono Donna
CulturaEventiIn primo piano

Telefono Donna: premio di poesia

scritto da Roberta Magliocca

telefono donna

Di Roberta Magliocca

Troppe. Anche quest’anno ne sono troppe. E se anche una persona che perde la vita è già troppo, più di settanta donne uccise dall’inizio dell’anno avendo come origine il medesimo motivo è un qualcosa di più di una tragedia. E’ una guerra. Una dichiarazione di guerra gridata a noi da chi prima ci dice ti amo e poi ci uccide senza amore alcuno.

Noi, donne colpevoli di volere libertà, parità dei sessi, diritti che nel 2016 dovrebbero essere garantiti e che invece vengono pagati con il sangue. 

Ecco perchè campagne come il #FertilityDay devono essere combattute con eventi per sensibilizzare donne e uomini su un tema tanto tragico, quanto attuale.

Tra questi, il Premio Internazionale di Poesia ” Telefono Donna “– giunto alla seconda edizione – promosso dall’associazione di Foggia “Impegno Donna”

Approfittiamone: diamo al mondo uomini migliori.

Tutti i dettagli del conocrso, qui.

 

Telefono Donna: premio di poesia was last modified: settembre 8th, 2016 by Roberta Magliocca
8 settembre 2016 0 commenti
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Froci, Le Cronache
CronacaIn primo pianoParliamone

Froci violentano diciassettenne. Il giornalismo è un’altra cosa

scritto da L'Interessante

Froci

Froci e pervertiti violentano diciassettenne

Se fosse una bufala ci sarebbe da piangere, ma è la realtà e c’è ben poco da ridere. Nessun eccesso o fraintendimento, si tratta di una notizia, anzi, di una prima pagina, quella de Le Cronache, il quotidiano salernitano diretto da Tommaso D’angelo.

L’intestazione si riferisce a tizi, indiscutibilmente stigmatizzabili, che avrebbero violentato e filmato un ragazzino di quattordici anni in un centro massaggi di Cava. La scelta di stampa, difficilmente condivisibile, è stata fortemente attaccata: prima dal direttore de La città di Salerno, Stefano Tamburini, che, in un editoriale senza equivoci, ha preso le distanze da questo singolare modo di intendere il giornalismo, e poi da Il Fatto Quotidiano, la realtà d’informazione fondata nel 2009 da Antonio Padellaro, che ha lasciato lo sgravo mediatico alla penna di Selvaggia Lucarelli. La testata incriminata fornisce all’utenza una duplice versione. È reperibile infatti, sia online che in formato cartaceo, questo, inizialmente, aveva dato spazio a seri dubbi sulla veridicità di un’impaginazione simile, e non certo per ambedue le diffusioni.

 Si sa che il web maciulla più della carta stampata, ormai, e pertanto, le prime condivisioni su internet, riconducevano il testo ad una probabile e ultima trovata da hacker senza scrupoli. Purtroppo, però, l’audacia linguistica di D’angelo non solo è stata confermata, ma si è meritata una replica forbita e attenta dallo stesso direttore, il quale ha sentenziato contro il suo primo citante.

“Devo ritenere che la parola frocio che lo ha tanto sconvolto deve averlo particolarmente colpito, forse per gusti personali, non lo so. Di certo non sono problemi suoi se davanti ad una squallida vicenda come quella di Cava, dove ci sono tanti giovani vittime dei due froci e pervertiti e dei loro complici, che mi auguro vengano arrestati al più presto, assumiamo una posizione forte e senza equivoci.” Così ha detto il redattore de Le Cronache.

È evidente, anche ad un occhio distratto, lo sfondo omofobo di questa rincarata che non ha nulla da invidiare alle sue origini. Tommaso D’angelo, infatti, insinua a chiare lettere che il ritegno mostrato dal collega abbia un qualche legame con una presunta omosessualità, confondendo ancora una volta linguistica, fatto e imparzialità, un contrasto che, con tutto il rispetto, nessun giornalista dovrebbe permettersi, figuriamoci un direttore di testata. Non c’è dubbio sul fatto che la vicenda di uno stupro sia squallida, anzi, è senz’altro qualcosa di più, ma cosa c’entra questo con appellativi a sfondo diffamatorio in direzione di certi pregiudizi già abbastanza radicati per conto proprio? Per carità, di fronte a simili vicende, è comune un po’ a tutti l’utilizzo di improprie definizioni; magari dettate dalla rabbia e il disgusto. Ma l’istinto si libera a casa propria, non al lavoro, specie se si ha il compito di preservare una comunicazione informativa che sia lineare e non fuorviante. Non sarà un problema di Stefano Tamburini la posizione assunta da Tommaso D’Angelo, ma lo potrebbe essere per molti altri.

È ovvio che il titolo e i fatti sono due cose completamente differenti. È possibile indignarsi per il titolo e per lo stupro e affrontare le due questioni separatamente, senza che l’una tolga peso all’altra. Come è chiaro che l’omofobia, come tutte le forme di intolleranza socio-culturali provengono da un concetto sbagliato e non da termini confusi, ma chi lavora con le parole, dovrebbe imparare a passare dalla superficie per arrivare sul fondo, senza trattare con sufficienza il taglio che, a volte, può avere un certo tipo di lemma.

Il punto non è essere “amici dei gay”, categoria nella quale D’angelo si inserisce senza preoccuparsi se la volontà sia reciproca, ma non riuscire a comprendere la differenza fra il confine e l’oltre.

Michela Salzillo

Froci violentano diciassettenne. Il giornalismo è un’altra cosa was last modified: luglio 23rd, 2016 by L'Interessante
23 luglio 2016 0 commenti
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La violenza
CinemaCulturaEventiIn primo piano

La Violenza nelle relazioni affettive – Il convegno

scritto da L'Interessante

La violenza

La violenza nelle relazioni affettive:le strategie di cambiamento e la costruzione di politiche integrate, questo il titolo del convegno in programma giovedì 12 maggio a partire dalle ore 16 al Duel Village di Caserta 

Ore 16.00 registrazione
Ore 16.30 saluti istituzionali
Ore 17.00 introduzione Dott.ssa Dominique Pontoriero e Angelo Antonucci regista del film ‘Con tutto l’Amore che ho’
Ore 17.30 proiezione del film ‘Con tutto l’Amore che ho’
Ore 19.00 tavola rotonda
Partecipanti:
Dott.ssa Chiara Marciani Assessore regionale pari opportunità
Avv. Luigi Bosco Consigliere regionale Campania
Prof.ssa Annamaria Rufino, Ordinaria in Sociologia Università Federico II di Napoli
Dott.ssa Maria Lurini Sociologa Sert Maddaloni
Dott.ssa Anna Falco Psicologa
Avv. Giuseppe Maccauro
Prof. ssa Adele Vairo Dirigente Liceo Manzoni Caserta
Dottor Silvestro Marino, produttore del film ‘Con tutto l’amore che ho’

Modera i lavori Dott.ssa Francesca Nardi Direttore Tv Luna

Il convegno, organizzato dal Duel Village in collaborazione con l’associazione di promozione sociale ‘Il sole sempre’ , è patrocinato dalla Regione Campania.

Il Trailer: clicca qui 

La Violenza nelle relazioni affettive – Il convegno was last modified: maggio 7th, 2016 by L'Interessante
7 maggio 2016 0 commenti
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Caserta - Aggressione al semaforo
CronacaIn primo piano

Caserta – Aggressione al semaforo. La testimonianza diretta

scritto da L'Interessante

Caserta. Venerdì sera, ore venti circa.

Esco per incontrarmi con delle amiche, senza nessuna grande pretesa, solo la voglia di passare una serata tranquilla.

Ma sulla mia strada c’è un ostacolo: un semaforo rosso.
Che poi il problema non è il semaforo in sé, il problema sono i cinque ragazzi che mi circondano per lavarmi il parabrezza.
Rifiuto gentilmente dico no, che quei quattro spiccioli racimolati mi servono per pagare il parcheggio che sarà per la prossima volta, che per favore mi lascino in pace.

Ed uno particolarmente insistente allora mi spezza il tergicristallo. Cosa faccio, scendo? Non sia mai mi mettono le mani addosso.
Allora cosa faccio? Come li allontano? Loro sono troppi ed io sono solo una, neanche particolarmente forte o massiccia.

Mi arrendo, aspetto che smetta di insistere  dicendo qualcosa in una lingua a me inconmprensibile, mentre le altre macchine dietro suonano inferocite perché ormai è verde e a nessuno importa che io sia sola in una situazione del genere.

Affranta faccio il conto di quanto mi costerà aggiustarlo, rovinando un Venerdì sera iniziato bene.

Però stavolta non voglio stare zitta; e dico stavolta perché questi episodi accadono quasi ogni giorno, e vanno solo peggiorando.
Chiamatemi razzista, xenofoba, come vi pare ma questa situazione deve cambiare.

Il fenomeno delle aggressioni ai semafori a Caserta sta diventando, in particolar modo sul Viale Carlo III, un qualcosa di sempre più presente e feroce, quasi incontrollabile.

Più e più volte sono state prese di punta ragazze e signore con la conseguenza di danni gravi e costosi.

Non c’è tutela, non c’è sicurezza si va affidandosi al caso e alla fortuna pregando che il semaforo sia verde e che non si debba iniziare una nuova lotta.

Maria Rosaria Corsino

Caserta – Aggressione al semaforo. La testimonianza diretta was last modified: aprile 23rd, 2016 by L'Interessante
23 aprile 2016 1 commento
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