Sabbia.
Gli sono entrata in casa tante volte. Lui mi lasciava la porta socchiusa, e percorrendo quel piccolo corridoio all’aperto tra gente che fumava l’attesa, entravo in casa sua. Panche di legno chiaro e cuscinetti rossi. Sorridevo a Maria Macri – quando il teatro è donna, bellezza, talento e gentilezza – e aspettavo che la saracinesca si aprisse. L’ho fatto tanto volte. Saracinesca alzata, palcoscenico casa, attori ed emozioni. Applausi e due chiacchiere con il padrone di casa, Michele Pagano. Si, quello che mi lasciava la porta socchiusa. Impressioni condivise, sorrisi e “ci vediamo settimana prossima”.
Lo scorso weekend sembrava più o meno dovesse accadere la medesima cosa. Porta socchiusa, sorrisi, fumavano l’attesa, guardavo il distributore di caffè, saracinesca alzata. Palcoscenico casa e lui. Il padrone di casa non più ospite ma attore. E lo conosco come mai l’ho conosciuto, lo vedo come mai l’ho visto, mi commuove come mai ho pianto.
Sabbia ad Officina Teatro
Sabbia. Una rete ormai sgualcita dal tempo e i ricordi di un ragazzo che ragazzo non è più. Metafore calcistiche per spiegarci la sua vita fatta di mondiali, e Zoff nel cuore fino all’arrivo di Irina. Poi, scusami Zoff ma non c’è più posto per te, c’è Irina per la quale perdere la testa e i battiti, e giù di botte col migliore amico per conquistarla.
Così la storia di un’amicizia indissolubile, e la spiaggia sullo sfondo, e un treno che porta lontano per ben 20 anni sperando che i sensi di colpa per uno sgarro fatto a quell’amico possano sbiadire con il tempo. Ma il tempo non sbiadisce nulla, fa accumulare solo ritardi e occasioni perse, rimpianti e fallimenti.
Sabbia non è uno spettacolo, ma un’esperienza. L’indiscussa bravura ed eccellente esecuzione di Michele Pagano hanno gettato le fondamenta per la costruzione di un flusso di emozioni che si è instaurato tra palcoscenico e platea, tra attore e spettatore, tra i fallimenti e le gioie di un protagonista che hanno fatto riemergere le storie intime e sopite dentro di noi.
Inutile dirlo, una standing ovation ha accompagnato il finale di una storia alla quale nessuno di noi avrebbe voluto mettere il punto. Commozione e mani rosse per applausi che volevano raccontare la gratitudine che questa Caserta un po’ malmessa deve a Michele Pagano, al suo progetto, a questo teatro che offre tanto.
Quando il teatro è pieno fino all’orlo
Quando occorre una fila di sedie aggiuntive
Quando i cuscini vengono posizionati per i più piccini
Quando i fari iniziano a surriscaldare l’aria e nel buio ha inizio la storia…
Quando la partita deve chiudersi prima dei canonici novanta minuti per invasione di campo…
Quando “Lontano, lontano nel tempo…”
E’ semplicemente Magia
Grazie Michele!