Vesuvio: il gigante buono
Stamani, come da sei mesi a questa parte, mi sono risvegliata sotto la protezione di un “gigante buono”, qui lo chiamano Vesuvio
Fa da sfondo ad una città multicolore, continuamente martoriata dai mass-media.
È facile amare Napoli se si è napoletani, ma amare Napoli da estraneo può significare molto di più. Grazie a Napoli ho scoperto che ci si può considerare figlio di una città anche se non ti ha dato i natali. Non sono ancora riuscita a pagare un caffè di tasca mia, perché puntualmente lo sconosciuto con cui ho scambiato quattro chiacchiere ha offerto tutto. L’odore di salsedine mi accarezza il viso quando corro sul lungomare di Mergellina, mi lascio travolgere da un forte languorino nel percorrere via dei Tribunali, e mi sorge spontaneo un sorriso quando nei quartieri più malfamati vedo bambini giocare a calcio come se non desiderassero più niente dalla vita. Ed eccomi qui, alla stazione Garibaldi, che aspetto il treno che mi porterà via da Napoli. Per un secondo spero che quel treno non passi più, perché ancor prima di obliterare il biglietto, lo sfondo di quel “gigante buono” mi manca già.
Mariagrazia Dell’Angelo