Giornata internazionale della felicità
“Buttate tutto all’aria, i cassetti, i comodini che c’avete dentro,
vedrete che esce fuori, c’è la felicità.
Provate a voltarvi
di scatto, magari la pigliate di sorpresa,
ma è lì:
cercatela la felicità, tutti i giorni,
continuamente.
Giornata internazionale della felicità
Come una primavera delle prioritarie opportunità alla base del miglioramento del tempo per sé e gli atri, la giornata della felicità, diventa sinonimo di ricerca spirituale e non solo.
È una ricorrenza istituita dall’Onu nel 2012 e, come una festa sensibile, si celebra, ogni anno, il 20 Marzo. Si tratta di un appuntamento che ognuno può intendere come vuole, purché sia uno spazio da riempire con tutte le cose, i verbi, le persone e le eccezioni alla regola che abbiano a che fare con la voglia di rinascita. È chiaro che lo stare bene è un concetto che non dovrebbe essere tradotto o sintetizzato in una cifra sul calendario, ma è altrettanto innegabile che -troppo spesso -dimentichiamo di passare al setaccio convinzioni sbagliate relative a ciò che crediamo di meritare.
La felicità è come un fiume, un mare da navigare, un esercizio a cui abituarsi: ci vuole coraggio e dedizione. A volte, per imparare a galleggiare, bisogna trattenersi l’acqua alla gola e tenere i piedi sul fondo, lasciare andare, piuttosto che arginare. Non è il quarto d’ora d’attesa dal dolore, ma la capacità di guardarla come fosse una parte del puzzle, un momento non detraibile all’esistenza.
A volte passa attraverso domande, altre invece , coincide con una timida certezza, ma non dovrebbe mai fermarsi ad aspettarci negli altri: La felicità ci deve appartenere, un qualcosa che attraverso l’esterno, si faccia modellare o ritrovare quando scordiamo il suo indirizzo.
In un’epoca in cui tutto è diventato sinonimo di istantaneo, sembra un chimera la voglia di concedersi del tempo: è da lì che nasce la felicità, dalla voglia di andare lenti, dall’intelligenza di capire che quello che si conquista in maniera celere non può attraccare su territori fertili.
Un tempo non può esser scandito di ore felici, se scorre al netto della condivisione, come non può diventare felice un amore, se è un corsa verso la compagnia di chiunque, anziché una scelta consapevole e graduale.
La felicità è anche qualcosa che non esiste più, è quello che invecchia dentro di noi e piano piano si allontana. È la certezza che le cose iniziano per finire e che non sempre, quando il momento arriva, è quello infelice. Bisogna lasciarsi accadere nelle trasformazioni per inseguire la felicità, perché è nella capacità di rinnovarsi che nasce l’idea di eterno: non si tratta di accontentarsi, bensì di capire che la metamorfosi ( anche quella personale)è molto più vera della staticità, e dunque molto più viva.
Che sia oggi o domani il nostro giorno felice, appuntiamoci il compito di riflettere sul fatto che perdere tempo per noi stessi, a volte,vuol dire acquistarne nella vita degli altri: da questa verità allo squillare del giorno sublime il passo è breve.
Michela Salzillo