Matthias Canapini
Esiste un posto che non è un luogo, in cui la meta é il viaggio e partite è sempre una scoperta.
Si chiama Il volto dell’altro ed è un progetto di Matthias Canapini, un giovane reporter di origini marchigiane che con una macchina fotografica tra le mani ed un taccuino in tasca, racconta le storie dimenticate del mondo.
Nata nel 2015, fra le pieghe di uno spiccato interesse sociale, l’idea si presenta come una narrazione itinerante, realizzata marciando il mondo via terra, attraverso l’utilizzo di modici treni o autobus. I suoi resoconti, udibili anche mediante video scannerizzazioni, poi caricate su un canale youtube, sono alla portata sia di adulti che di bambini.
I viaggi di Matthias
Dall’ Italia al Vietnam, il fotografo e scrittore ventitreenne, scivola fra le strade di tantissime realtà difficili: racconta delle mine antiuomo in Bosnia e dei campi sfollati in Siria; delle proteste di Gezi Park in Turchia e i meccanismi delle adozioni in Kosovo.
La realizzazione dell’iniziativa è stata possibile grazie ad una raccolta fondi, effettuata con il metodo del crowdfunding, un microfinanziamento dal basso che ha mobilitato il sogno di Matthias sulle sponde più alte del disagio mondiale. Il viaggio, cominciato il 10 gennaio dello scorso anno, oltre che a raccontare, mira a creare contatti con le associazioni che lavorano sui vari territori, al fine di spalleggiarsi reciprocamente.
Matthias è cresciuto viaggiando in Europa insieme alla sua famiglia, già all’età di cinque anni cominciarono le prime scorribande in macchina, fino alla punta estrema della Scozia e lungo le campagne della Normandia. Lo spirito di quelle escursioni era all’insegna dell’essenziale: si partiva con prime necessità, qualche coperta e un po’ di cibo. “Spesso dormivo nel baule, assieme alle scatolette di tonno e il sacco a pelo”, racconta.
All’età di quindici anni ha cominciato a leggere Terzani e tutti i libri sui generis che gli capitava di incontrare, questo tipo di narrazione – per sua stessa ammissione- lo influenzò parecchio, ma riconduce l’inizio della vera svolta al dicembre di tre anni fa.
Durante un pranzo di Natale, in un discorso sorto dal nulla, si cominciò a discutere della Bosnia ed Erzegovina. “Mio zio mi disse: quella guerra mi fece talmente schifo che spegnevo la tv pur di non guardare. È stato un attimo…ho sentito qualcosa dentro”, dice.
Quello stesso inverno, abbandonò l’università e con uno zaino in spalla cominciò il suo vagabondaggio, per scoprire di più su quella guerra di cui non conosceva niente e che era avvenuta alle porte di casa. Quest’esperienza gli ha insegnato che gli piace viaggiare ma, al tempo stesso, adora sensibilizzare la dimensione culturale del suo Paese. Secondo Matthias, il compito di un reporter non è solo quello di scattare foto, immortalando sguardi o sensazioni. Preferisce organizzare eventi con le persone che incontra, essere la matrice stessa dello scambio, imballare scatoloni, sporcarsi le mani. La scelta, anche se non sempre si rivela facile, di creare dei ponti materiali con le associazioni, la fece durante il viaggio in Siria: in questa occasione, infatti, sentì l’esigenza di sollecitare una raccolta di cibo, vestiti e giochi a sostegno dei profughi Siriani, e da lì non si è più fermato.
Nel libro verso est, in cui racconta tutti i dettagli e le dinamiche da cosmopolita curioso, Matthias scrive che preferisce viaggiare usando l’istinto, senza sfogliare alcuna guida che gli dica dove trovare l’ostello più economico o la tipologia dei mezzi da usare per spendere di meno.
“Preferisco non avere iphone con me, mi piace comunicare con la gente del posto, anche a gesti, farmi consigliare, camminare e sudare per raggiungere un angolo dove poter riposare. Per questo motivo ho un vecchio cellulare Nokia, utile per stappare le birre ma non di certo per trovare scorciatoie.”
Secondo la sua filosofia di conoscenza e integrazione culturale, relazionarsi con le persone del posto è la base per conoscere davvero un luogo. Verso est non è solo un libro di viaggio, ma anche da viaggio: in poco tempo si assaporano gusti esotici, passando dalla Turchia all’Armenia. Intraprendendo questa esplorazione totale, Matthias ha imparato a sentirsi parte integrante del mondo, cosa di certo non facile per la naturale tendenza dell’ uomo ad elaborare giudizi e creare differenze. Per un ragazzo giovane come lui è complicato non perdere fiducia nell’umanità, eppure difende con tutto sé stesso l’idea che se anche un pugno di persone riesce a tenere testa allo schifo della nostra società, vuol dire che c’è ancora qualcosa di recuperabile. Il coraggio, secondo lui, non è andare in Siria a fare fotografie, ma avere la forza di seguire la propria strada, qualunque essa sia. Oltre le definizioni, Canapini vive il presente senza ruoli né aspettative, con la sola certezza di voler continuare a crescere negli occhi degli altri, un ragazzo che con semplice curiosità sta tentando di raccontare il mondo, provando a ritornare alle origini, passando per la natura e il rapporto con gli altri
Michela Salzillo