Caserta
Caserta, Viale Carlo III. L’hanno definito il Far West del vialone, uno scontro fra italiani e stranieri
Come se fosse importante passare dai titoloni per rendere più degna la denuncia del fatto, una triste realtà che da sola richiama un danno sociale incontenibile.
Come un uragano senza sosta, l’attrito che coinvolge da tempo viale Carlo III aumenta a dismisura. Circa un mese fa, una nostra collega, reduce da un tentativo d’aggressione, aveva poi sfruttato il potere della comunicazione per esprimere il suo disappunto, insieme ad un innegabile sentimento di legittima paura. Dista, da oggi, poco più di una settimana l’ennesimo fatto increscioso: questa volta la vittima ci aveva rimesso un ricovero in ospedale, meritandosi, dai colpevolisti per difetto, qualche accusa di troppo che lo condannava a presunto provocatore della colluttazione.
Da qui ha avuto origine la lite che qualcuno ha definito, incautamente, una minuscola battaglia tra fazioni etniche. Risale a sabato scorso la rivolta degli automobilisti riservata ai lavavetri della zona in questione. È bastata un’insistenza in più per far ribaltare la situazione, stavolta sono stati i conducenti a scendere dalle autovetture muniti di cattive intenzioni.
Ci ha rimesso un ragazzo senza permesso di soggiorno, l’aggredito è stato braccato da tre persone a suon di calci e pugni. Il punto dello scontro è stata, l’ormai tristemente nota, area del vialone in cui confluiscono i pochi semafori rimasti. Appena scattato lo stop, due lavavetri si sono avvicinati alla vettura senza che ne fosse stata richiesta la presenza. Una scena innocua, se non fosse per le imposizioni poco contestabili a cui ci hanno abituato le cronache dell’ultimo periodo. È accaduto tutto in pochi minuti sotto lo sguardo passivo degli altri passanti.
Di fronte ad una tensione del genere, forse, parlare di razzismo diventa riduttivo dal lato della poca obiettività. Il problema dell’integrazione, per quanto urgente sia, non può essere confuso con la cattiva gestione dei fatti di delinquenza simili. È una routine così affermata che rischia di non fare neppure più notizia, una corda che si sta tirando da troppo tempo e rischia di spezzarsi in occasioni di conflitto ancora più gravi. Nonostante se ne parli tanto, le soluzioni rispetto al problema sembrano non voler arrivare e non si capisce per quale ragione. La violenza non va giustificata, e questa è un’ovvietà, né dall’una né dall’altra parte. Il cittadino è, però, innegabilmente abbandonato a se stesso, invasa da un’ illegalità che non ha nulla a che fare con la coesistenza civile, dinanzi a cui le autorità dovrebbero smetterla di elaborare inattività omertosa.
Michela Salzillo