supplenti
Non solo capodanni innaffiati di alcool e buoni propositi disattesi già qualche minuto dopo la mezzanotte. Ci sono dei fine d’anno che non hanno nulla a che vedere con i Dicembre imbiancati, cappotti abbottonati e lucine intermittenti.
Qualche fine d’anno arriva più silenziosa, più amara, più calda e decisamente meno rilassata.
É la fine d’anno degli insegnanti, quelli che tanti esami all’università non bastano, quelli del tfa per saggiare una preparazione che avrebbe già dovuto essere palese nelle due discussioni di tesi, quelli che post tfa anche il concorso perchè Dio non voglia non conoscano quanti anni abbia avuto Catullo quando ha contratto la varicella.
Sono gli insegnanti che vorrebbero solo stare con i ragazzi aldilà di qualunque demagogia spicciola e psicologia fai da te.
Ma come fanno ad insegnare ai nostri figli la speranza del futuro se non si da prima a loro la possibilità di crearselo un futuro. Come possono – come vorrebbero – gridare tra i banchi di scuola “Ehi, la cultura è importante”, quando gli anni ed anni di cultura che hanno alle spalle sta portando loro solo tanta precarietà e confusione.
Ci ha scritto una tra gli eterni supplenti:
Oggi era (quasi) l’ultimo giorno di scuola di un anno a dir poco paradossale. Un anno fatto di nuove esperienze, nuove colleghe, nuove conoscenze nella giungla dei punti e dei meccanismi della scuola pubblica. Posso dire di esserne uscita indenne, ma non riesco a gioire come alla fine degli altri anni scolastici. Si perché, questo 2015/16 mi ha lasciato un vuoto relazionale come nessun altro, un vuoto fatto di belle facce di circostanza con le colleghe non potenziatrici, con le veterane, con tutti coloro che pensano che noi dobbiamo solo ringraziare per essere entrate. Nessuno di loro si è preoccupato della frustrazione di girare classe ad ogni ora, di tenere testa a bambini per i quali sei più sconosciuta del collaboratore. Nessuno ha tenuto conto della orribile sensazione di essere l’eterna supplente senza collocazione, senza materia, senza registro, senza programmazione, sempre ospite. Ma la mancanza più dolorosa è stata quella di gruppo: non avere amiche con cui ridere, confrontarsi, inciuciare e chiacchierare senza diplomazia è stato il “regalo più grande di questa bellissima fase”
Eppure dovremmo essere lungimiranti. Perchè solo gli insegnanti possono uccidere le mafie, combattere il terrorismo, abbattere i muri. Solo loro. Se solo questo paese gli permettesse di farlo.