Il richiamo
Cari lettori interessati, ieri pensavo a voi durante una consulenza e a quali pensieri condividere. Poi il proprietario con cui stavo parlando mi ha spianato la strada:
“senti Luigi quando richiamo il mio cane non torna mai- eppure io lo faccio con tono deciso ed imperativo”.
Vabbè. Partiamo.
Il richiamo
Il richiamo è uno dei comandi gestionali più utili che si possa insegnare ad un proprietario, proprio perché molte delle attività partono da un “vieni” che rappresenta l’invito al congiungersi: vieni per la pappa, vieni che usciamo, vieni che ci coccoliamo e così via. Vieni che c’è un pericolo.
E detta così qualsiasi cane tornerebbe.
Il problema è che ci sono molte dinamiche che allontanano completamente il cane dal ricongiungersi al proprietario.
Il proprietario ansioso. Questo proprietario richiama il cane appena slegato- per timore che possa scappare, allontanarsi o finire nei guai- creando lo stesso effetto di bambini al luna park che emozionati si sentono dire : “Ok, vieni”. “Ma come? Nemmeno il tempo di assaporare l’idea della libertà”- pensa il cane.
Il proprietario poco attento. Molti proprietari richiamano il cane nel momento in cui è affaccendato in una propria attività- come annusare l’odore di una preda o la pipì di un cane che gli sta simpatico. In questi momenti i cani sono molto concentrati sulla loro attività e riducono l’attenzione rispetto a qualunque altro evento, compreso il richiamo da parte del proprietario. Un po’ come noi quando siamo assorti nella lettura di un libro. Quasi come se avessimo delle cuffiette nelle orecchie.
Il proprietario noioso. Lo riconosci al parco perché richiama il cane, il quale arriva tutto contento dal proprietario e cosa succede? Nulla. Il proprietario non propone alcunché. E mi ricorda molto quei momenti in cui ero in camera a studiare, mia madre mi chiamava dalla cucina, le rispondevo “Cosa c’è?” e lei non parlava. Il tempo di tre “Cosa c’è” andati a male e quel suo richiamo non otteneva più attenzione.
Il proprietario militare. Stile punitivo che al richiamo aggiunge il rimprovero fisico e non, e ancora un “seduto”. In pieno stile militare.
Torna. Stai seduto. Ora fai la bella statuina.
Francamente anch’io se arrivo in ritardo ad un appuntamento e ottengo uno scappellotto da un amico, farò fatica la prossima volta ad uscire nuovamente insieme a lui.
Il proprietario esca. E’ quello che al parco gira con un premio o pallina in mano e prima dice “Guarda che ti do” e poi richiama il cane. Un po’ come se vi dicessi: “Vi do cento euro, uscite con me?”
Il richiamo deve mostrare al cane la piacevolezza del ricongiungersi, e come tale andrebbe sempre collegato ad attività piacevoli fatte insieme. Andrebbe sempre premiato, anche quando il cane torna dopo un po’ dal richiamo stesso. E sempre fatto con gioia, pazienza, usando i movimenti del nostro corpo che tanto incuriosiscono i nostri cani.
La loro curiosità è vivida, perché non alimentarla andando a cercare insieme un nuovo gioco? O una pista olfattiva interessante?
Perché non richiamarlo e godersi insieme un momento di coccole come piace a lui?
Perché non richiamarlo facendogli trovare una scatola chiusa in cui sono stati riposti dei premi di cui è ghiotto?
Bisogna un po’ meritarsi che i cani si ricongiungano a noi. Soltanto perché siamo noi a deciderlo, non per dovere.
Bisogna essere autorevoli, non autoritari.
Ai cani non piace il regime dittatoriale.
Luigi Sacchettino