Lentamente muore
Lentamente muore
chi diventa schiavo dell’abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi
Difficile non riconoscere familiarità in questi versi, consueti nell’esprimere la sottile trappola delle piccole morti quotidiane. Si tratta del celeberrimo intro di uno dei componimenti in poesia più famosi al mondo, un accorato appello in lirica sciolta che si fa leggere senza troppe smanie.
La trovi ovunque, Lentamente muore, scritta sui muri dei cavalcavia, dietro le porte delle aule da liceo, sui diari dei ragazzini e nelle scatole aperte del web: dai social più in voga, ai motori di ricerca meno utilizzati, questo testo è, infatti, quasi un passaggio obbligato. Se, però, la poesia non ha bisogno di presentazioni, il vero artefice del sublime e consigliato insegnamento non può certo godere di riconosciuta notorietà.
Come una cattiva abitudine che di schiavi ne ha molti, basta un clic per vedersi attribuita la sopraindicata a Pablo Neruda, poeta cileno e rappresentante legittimo della poesia latino- americana contemporanea, che con questa poesia non ha nulla a che fare. Forse, per alcuni, sarà una delusione, ma è proprio così.
A niente sembrano servire le diciture che ne indicano una falsa attribuzione, equivoco che viene fatto risalire ad un passato tutt’altro che prossimo, puntualmente, però, la firma non è mai quella giusta.
Un errore parecchio diffuso che si scatena a ritmo di condivisione soprattutto nel giorno in cui si celebra la nascita del poeta: nato il 12 luglio del 1904, il grande Pablo, amico di sconosciuti, si ritrova auguri multilinguistici allegati ad un ‘opera non sua.
Dalla pagina ufficiale della Feltrinelli, a testate on- line che sottoscrivono con fierezza un’informazione culturale, è una pratica che, visto il ripetersi sovente, pare non avere rimedio. C’è chi si giustifica con l’errore comune, come se l’atteggiamento di massa fosse garanzia di veridicità e chi,invece, la risolve con una superflua priorità di contenuto.
È chiaro, e non è neppure da puntualizzare, che il valore va riconosciuto all’opera, ma non si può di certo negare l’importanza della paternità artistica. L’arte è sinonimo di libertà, certo, come è vero che ciò che è pubblico appartiene a tutti, ma, oltre al diritto che ha l’ autore di vedersi riconosciuta una propria fatica, è anche una questione di rispetto sensibile, se si considera che, per chi scrive, ma soprattutto per i poeti, la parola è una viscera, un prolungamento del sé, una costola.
Michela Salzillo