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Referendum: schiacciante la vittoria del NO
Gli italiani si sono espressi sul quesito referendario. Non hanno creduto nel paventato cambiamento, non hanno ritenuto giusto fare un salto nel buio. L’affluenza alle urne, 68,5%, è la prova dell’importanza di questo voto. Il no ha sfiorato il 60% dei consensi. Ma gli italiani all’estero hanno invertito questo dato. Significherà qualcosa?
Tutti hanno compreso quello che andavano a votare?
Non era facile esprimersi. Non era facile scegliere. Ma per scegliere bene ci sarebbe voluta una spiegazione chiara, comprensibile e facilmente intellegibile. Ma soprattutto non faziosa. Mera utopia. E allora si sarebbe dovuto avere fiducia nell’interlocutore di turno. Ancora più utopistico. Un vecchio scritto a Boccadasse, a Genova, recita: “stavo bene per stare meglio, mi trovo qui”. Il significato è fin troppo chiaro. Non avendo certezza dell’auspicato miglioramento, gli italiani hanno giocato in difesa. Cambiare tanto per cambiare, per vedere cosa succede. No, troppo semplicistico e troppo rischioso. Fiducia nei politici? Neanche a parlarne. I fautori del no? Forse hanno ragione, ma anche la tesi del si non è da buttare. E mentre gli italiani, poveri illusi, si sforzavano di comprendere il significato del quesito referendario e di intendere, nel giusto modo, tutti gli aspetti e le modifiche oggetto del voto, ecco accendersi la bagarre politica.
Niente referendum. Solo politica
Il voto? Solo un modo per esprimere il proprio credo politico. Renzi: dimissioni rimandate
More solito. Il politichese non è chiaro. C’è sempre dietrologia. E la dietrologia… fa male. Ma il cittadino italiano, oramai, ci è abituato. Una sorta di assuefazione. E allora? Gli italiani hanno detto chiaramente che la costituzione non va toccata. Chissà se per vera convinzione.
Da quesito referendario è diventata battaglia politica e il premier Matteo Renzi ha sicuramente errato nel personalizzare la battaglia e nel far ricadere su di se le eventuali conseguenze. In questa ottica appaiono giuste le sue dimissioni. Nella notte, immediate, a caldo. Salvo, poi, rimandarle, su input del presidente della Repubblica Mattarella, fino a quando non sarà approvata la Legge di Bilancio.
E’ diventata in campagna elettorale ed è una battaglia politica, becera, senza esclusione di colpi bassi e non. E il quesito referendario? E’ passato già in second’ordine.
Ma ha vinto il NO?
Il responso delle urne apparentemente è chiaro. Ma già, come sovente capita, ognuno lo interpreta soggettivamente. Alcuni già hanno affermato che gli italiani, con questo voto, chiedono un cambio ancor più radicale della costituzione che miri al presidenzialismo.
Quindi, che si sia votato si o no verrà modificato il tiro e mischiate le carte per raggiungere lo scopo politico più vantaggioso.
Dopo che le dimissioni del premier saranno ratificate, ad approvazione avvenuta, si aprirà una fase di instabilità politica comunque dannosa per il paese e manna per gli speculatori.
E l’andamento altalenante dei mercati finanziari, nella giornata odierna, ne sono la testimonianza più evidente.
Ora la speranza si chiama legge elettorale. Ma l’italiano medio sa bene che non potrà mai coronare il sogno di votare in piena libertà, con un vero criterio democratico.
Gli italiani hanno detto che la costituzione non va toccata e deve continuare ad essere lo strumento che garantisce il rispetto delle regole. Ma siamo convinti che le regole e le leggi costituzionali sono state sempre rispettate?
Tutti, si e no, a ripetere che ha vinto la democrazia. Belle parole. Di circostanza.
L’unico exit poll confermato è sempre lo stesso: non ci sono né vincitori né vinti. A perdere sempre noi italiani. Ma tanto avevamo già perso.