Cane
Di Luigi Sacchettino
Cari lettori interessati l’altro giorno sono stato chiamato per svolgere una consulenza in un sistema famiglia- cane dove quest’ultimo manifestava comportamenti aggressivi verso gli ospiti di casa
All’ingresso una gentile signora si stupisce della mia età ed aggiunge “pensavo arrivasse un omone vestito in mimetica”.
Continuo la raccolta dei dati ed emergono informazioni chiave per noi tecnici: allontanamento dal gruppo sociale, strattonate, spintoni, punizioni fisiche e psicologiche. Zero gioco. Solo comandi. Scarsi rituali di condivisione. Concetti di dominanza e controllo tessono le conversazioni.
Della serie “o’ can’ addà fa chell’ che dic’ io”.
Respira Luigi, respira. Loro non sanno quel che fanno, hanno solo usato le risorse che avevano a disposizione finora- mi dico.
Torno a casa, apro facebook e trovo un post dello stimato collega Attilio Miconi.
Un segno.
“Nell’oltre il 95% dei casi il cane che morde è un cane con una soglia emotiva fuori controllo.
Questo significa che potrebbe mordere per paura perché è un fobico, oppure mordere quando si sente come dentro un frullatore di emozioni perché iperattivo.
In entrambi i casi possiamo affermare di trovarci di fronte a cani ipersensibili, con tanta necessità di essere compresi, quindi curati”.
Questo però presupporrebbe un domandarci il perché di tale comportamento. Interrogandosi sulla semantica e pragmatica ed andando oltre la mera dicotomia cattivo vs buono, dispetto vs approvazione.
“Dopo questa premessa vi domando e mi domando: le punizioni corporali o le sgridate possono migliorare la loro ipersensibilità e quindi annullare le aggressioni?
Io dico di No! Le punizioni inferte al cane, che siano esse fisiche o psicologiche, inducono in lui un ulteriore stato di disagio”.
Bisognerebbe tatuarsi queste parole. Punizioni e disagio, strettamente correlate. Insieme. Te le trovi in un rapporto a volte per sempre.
“Anche se si si può manifestare una momentanea regressione, per ulteriore paura, della fase reattiva di qualunque comportamento “aggressivo”, in realtà, è verosimile osservare come dopo alcuni mesi si manifesteranno comportamenti di aggressione da parte del cane in modo ancora più imprevedibile, addirittura constatando un peggioramento rispetto alle condizioni iniziali, prima delle punizioni inferte all’animale”.
Nell’ immediato quindi l’azione della violenza può anche sembrare d’aiuto: ma dove si anniderà tutto quel disagio? Come un virus presente ma latente, quali saranno i suoi effetti?
Vi sarà capitato di essere stati zittiti da qualcuno per interrompere una discussione: l’emozione si placava nel momento in cui vi chiedevano di tacere e reprimervi?
“Così, è capitato a molti proprietari, che tornando sconfortati e spaventati da chi aveva loro suggerito di essere i capo branco dominando il cane, da questi vi sono sentiti rispondere di non essere stati abbastanza autoritari nell’inibire il cane a sufficienza”.
Certo, perché c’è sempre la possibilità di essere più violenti e vessatori, soprattutto quando precedentemente si è stati un po’..mollacchiosi; vuoi mettere due strattonate a paragone con una? E se non ne bastano due, si passa a tre, finché quel soggetto non si piegherà.
E cosa ci faremo poi con un soggetto piegato emotivamente?
In risposta a questa domanda interviene la scienza, con uno studio “Survey of the use and outcome of confrontational and non-confrontational training methods in client-owned dogs showing undesired behaviors” (Meghan E. Herron, Frances S. Shofer, Ilana R. Reisner. Applied Animal Behaviour Science, Volume 117, Issues 1-2, February 2009, Pages 47-54) in cui si rivela che il proprietario coercitivo può favorire l’aggressività del proprio cane.
Lo studio ha valutato gli effetti sul comportamento e i rischi per la sicurezza delle tecniche storicamente utilizzate dai proprietari di cani in presenza di problemi comportamentali.
A tutti i proprietari dei cani ricevuti presso un consultorio comportamentale nel corso di un anno è stato somministrato un questionario comportamentale riguardante gli interventi comportamentali precedentemente adottati.
Per ogni intervento applicato, al proprietario si chiedeva di indicare se si otteneva un effetto positivo, negativo o nullo sul comportamento del cane, e se si osservava un comportamento aggressivo in associazione al metodo utilizzato. Si chiedeva inoltre ai proprietari la fonte del consiglio comportamentale.
Risultavano completati 140 sondaggi. Le più comuni fonti dei consigli comportamentali erano “se stessi” e “l’addestratore”. Numerose tecniche basate sul confronto come “colpire” o dare calci al cane per un comportamento indesiderato” (43%), “gridare contro il cane’’ (41%), ‘’forzare fisicamente l’animale a lasciare un oggetto dalla bocca’’ (39%), “alpha roll” (ruolo del cane alpha, dominante) (31%), ecc. inducevano una risposta aggressiva in almeno un quarto dei cani su cui erano utilizzati.
I cani visitati perché avevano manifestato aggressività verso una persona familiare avevano maggiore probabilità di rispondere in maniera aggressiva ad “alpha roll” e al “no” urlato, rispetto ai cani che avevano altri problemi comportamentali.
Le tecniche basate sul confronto adottate dai proprietari prima del consulto comportamentale, concludono gli autori, erano in molti casi associate a risposte di aggressività.
Siamo dei modelli per i nostri cani, e come tali siamo imitabili.
Una volta presa coscienza di ciò si può decidere quale stile di relazione adottare: autorevole- come un leader sa essere, o autoritario- come un capo.
Non meravigliamoci però se nel secondo caso c’è distanza emotiva e il cane non ci ascolta.