Sociologo
Di Vincenzo Piccolo
E’ morto a 92 anni Zygmunt Bauman: una delle menti più illuminate del XXI secolo, uno dei più grandi saggi del ‘900. Nato a Poznan nel 1925, di origine ebraica Bauman scappò in Urss dopo l’invasione nazista; tornato a Varsavia, si trasferì poi in Gran Bretagna, dove ha insegnato sociologia a Leeds (dal 1971 al 1990). Di stampo marxista, ha studiato il rapporto tra modernità e totalitarismo, con particolare riferimento alla Shoah e al passaggio dalla cultura moderna a quella postmoderna. Tra le sue teorie più note vale la pena ricordare il concetto di “Società Liquida” dove il teorico cerca di spiegare la postmodernità inscenando, metaforicamente, un passaggio di stato fisico della modernità, che è liquida e solida. Nei suoi scritti ripercorre l’incertezza che tormenta la società moderna e i suoi protagonisti che da produttori diventano consumatori. Nello specifico, lo studioso lega tra loro i concetti di consumismo e di creazioni di, cosiddetti, “rifiuti umani”, la globalizzazione e l’industria culturale, la distruzione dei concetti cardini sulla quale si poggia la società e la loro rispettiva sicurezza. Risale così alla costruzione di vita liquida, frenetica e adattata ai ritmi nella massa, del gruppo, per non esserne esclusi e così via. Chi, per il sociologo, riuscirà a superare questo alienamento, questi problemi che notoriamente la vita di gruppo ci pone dinanzi, troverà la felicità. “Si raggiunge la felicità quando ci si rende conto di riuscire a controllare le sfide poste dal fato, ci si sente persi se aumentano le comodità”, afferma Bauman in un intervista del 2016.
LE POSIZIONI DEL SOCIOLOGO IN MERITO ALL’ERA POST-MODERNA
Una svolta epocale nelle relazioni post-moderne è stata data, per lo studioso, dalla nascita dei social-network. Disse, infatti, a tal proposito nel 2014 “Mark Zuckerberg ha capitalizzato 50 miliardi di dollari puntando sulla nostra paura di essere soli, ed ecco Facebook: mai nella storia umana c’è stata così tanta comunicazione, la quale però non sfocia nel dialogo, che resta oggi la sfida culturale più importante”. La sua ricerca è sempre stata modellata sul mutamento relazionale che hanno avuto i legami affettivi tra gli individui post-moderni, ”In questo contesto di precarietà e di legami che si dissolvono, sta crescendo la necessità di qualcosa di solido – aveva spiegato – che può essere ricercato nella comunità.”. Più in generale Bauman sosteneva: ”siamo in una fase di interregno, di passaggio, dove tutto è ancora incerto. Stiamo assistendo a un divorzio tra le istituzioni pubbliche, che non sono più in grado di offrire certezze, e il cittadino, che si è accorto di queste mancanza e quindi protesta”. In questo cambiamento universale, Bauman vedeva di buon occhio ”i movimenti popolari arabi, perché’ formati da persone intelligenti che hanno capito che lo stato nazionale non poteva più garantire loro alcuna certezza e sono scesi in piazza con la volontà di creare nuove forme di potere politico ”. Previsione molto discussa, che accompagna anche la sua visione sull’Europa e l’immigrazione, ”Se l’Europa non accoglierà nei prossimi trent’anni almeno altri 30 milioni di immigrati – aveva detto sempre nel 2011 -, il vecchio continente andrà incontro a un calo demografico che provocherà il crollo della civiltà europea”. E a chi gli chiedeva “di cosa si ha paura oggi?”, l’autore rispondeva la paura liquida è quella di ‘’non esser notati e si confonde la vita su Facebook con quella vera’’. Beh, caro maestro, tu non avere paura. La tua vita è stata più solida e vera che mai!