Pino
Di Maura Messina
È tempo di novità per L’interessante, che oggi si appresta ad inaugurare una nuova rubrica. L’abbiamo pensata per tutti coloro i quali vogliono sentir parlare di libri, di novità, storie e curiosità in maniera veloce ma non superflua. È Un format che calza a pennello sulle esigenze dei lettori più pigri. 10?II ( dieci domande per l’ intervista interessante) è un focus veloce sulla letteratura e gli scrittori contemporanei. Curato da Maura Messina, ospiterà ogni volta libri e autori differenti. A tagliare il nastro è lo scrittore partenopeo Pino Imperatore che, in una fluida scala da uno a dieci, ci ha raccontato di sé e del suo nuovo libro.
Buona lettura!
Dieci domande per l’ intervista interessante a Pino Imperatore
1) Un rigo per presentarti.
Mi chiamo Pino Imperatore, sono un uomo del Sud e scrivo per donare sorrisi e pensieri in libertà.
2) Due righe per scoprire il titolo e un accenno alla trama di un tuo libro.
Il romanzo “Questa scuola non è un albergo”. Le vicende private, le avventure scolastiche, le speranze e il coraggio di un diciottenne che ama intensamente la vita.
3) Tre righe dedicate al protagonista.
Angelo D’Amore abita nel quartiere napoletano di San Giovanni a Teduccio, ha una famiglia stravagante, è orfano di madre, frequenta l’ultimo anno di un istituto alberghiero, ha i compagni di classe e i professori più strampalati del mondo, è bello, simpatico e generosissimo.
4) Quattro righe per il personaggio al quale ti senti più legato.
Cico, il pappagallo parlante di casa D’Amore. Anarchico, curioso, indisponente, mette il becco in tutti i fatti e misfatti che coinvolgono Angelo, i suoi familiari e i suoi amici. Ha un’intelligenza straordinaria, va spesso a caccia di pennute disponibili e consenzienti e conosce varie espressioni; la sua preferita è: «Pappa subito!».
5) Cinque righe per commentare il tuo libro preferito.
“L’amore ai tempi del colera” di Gabriel García Márquez. Il romanzo perfetto. Un capolavoro assoluto, scritto con uno stile leggiadro e sublime. Non solo una meravigliosa storia d’amore, ma il ritratto di un’epoca e di un mondo. Florentino Ariza e Fermina Daza sembrano pennellati – insieme a tutti i personaggi comprimari dell’opera e ai luoghi in cui interagiscono – da una mano divina; la stessa che ha creato un’altra meraviglia della letteratura come “Cent’anni di solitudine”.
6) Sei righe per raccontarci come nasce la tua passione per la scrittura.
La mia passione per la scrittura è figlia della mia passione per la lettura. Sono un divoratore di libri, riviste, quotidiani, fumetti, parole. Da sempre. Anche il foglietto illustrativo di un farmaco può incuriosirmi. Le mie più remote prove di scrittura risalgono al periodo adolescenziale: elaboravo poesie, aforismi, battute, racconti. Poi il mio interesse si è decisamente spostato sulla letteratura comica e umoristica, e sono arrivati i primi premi letterari, i primi libri, i romanzi, le opere teatrali. Una lunga semina di sorrisi e risate, che spero duri ancora a lungo.
7) Sette righe per rivelarci altre tue passioni.
Tante. Il teatro, non solo quello comico: Ionesco, Beckett, Pirandello, Osborne, Pinter, De Filippo, Brecht, García Lorca, Sarah Kane. Il cinema, soprattutto quello comico: Totò, Troisi, Chaplin, Laurel & Hardy, i fratelli Marx, Jacques Tati, Mel Brooks, Peter Sellers, John Belushi, Gene Wilder, i Monty Python, Woody Allen. La musica rock, tutta. Il cabaret, in particolare nella forma della stand-up comedy. La filosofia strutturalista, da Lévi-Strauss a Foucault, da Althusser a Lacan. L’arte surrealista, da Magritte a Dalí, da Miró a Max Ernst. E poi la psicologia, le neuroscienze, l’antropologia, la ludolinguistica. E poi Napoli, città infinita e mia sconfinata passione.
8) Otto righe per ritornare al tuo libro: chi vorresti lo leggesse?
Soprattutto i ragazzi, che possono scoprire tra le sue pagine sia episodi divertenti sia spunti di riflessione utili alla loro crescita personale. Ma è un romanzo adatto anche agli adulti desiderosi di richiamare alla memoria la loro adolescenza, la loro giovinezza, i momenti trascorsi sui banchi di scuola. Nei fatti è già così: “Questa scuola non è un albergo” è stato finora apprezzato da migliaia di lettori di tutte le età e adottato da tanti istituti scolastici. Per mia precisa volontà, l’ho arricchito di varie tematiche di attualità: il sistema educativo, i rapporti familiari, la mancanza di lavoro, le relazioni amorose, l’amicizia, il bullismo, l’uso e l’abuso dei social media, il rispetto per l’ambiente in cui si vive, l’importanza della cultura. La trama e i personaggi evocano numerose suggestioni.
9) Nove righe per salutare i lettori e convincerli a leggere tutto fino alla fine… perché il più bello, si sa, arriva alla fine.
Il bello arriva alla fine solo se si è lavorato sodo, con impegno e sacrifici, per costruire un percorso solido, sincero, credibile. «La cosa più difficile che ci sia al mondo è scrivere una prosa assolutamente onesta sugli esseri umani», diceva Hemingway. Io quando costruisco le mie storie cerco di trovare il giusto equilibrio fra ragione e sentimento, fra cervello e cuore, prendendo spunto dalla realtà. E ogni volta è il cuore a vincere. I pensieri, le idee, le invenzioni puntano sulla velocità; i battiti, invece, si fondano sulla resistenza e procurano emozioni forti e durature. È per questo che amo i colori caldi: il rosso, il giallo, l’arancione; danno vivacità alla vita, la rendono piacevole e brillante. Ed è per lo stesso motivo che non amo chi vede sempre il bicchiere mezzo vuoto: mi fa tristezza e pena. Viva l’allegria, viva la gioia! Senza di esse si precipita nella vacuità delle ombre.
10) Dieci righe per citare uno stralcio della tua opera.
«Un tempo San Giovanni era una zona industriale. Fabbriche, cantieri, laboratori artigianali. Non è rimasto quasi nulla. Molti capannoni sono abbandonati da decenni. Da piccolo ci andavo a giocare con altri bambini; inventavamo storie, mestieri, strumenti di lavoro; io ero il capomastro. Un pomeriggio in un cantiere in disuso trovammo dei martelli e dei chiodi, recuperammo un po’ di assi di legno e in una settimana costruimmo una barca. Ci procurammo dei barattoli di vernice e dei pennelli e la dipingemmo di rosso e di blu. Con un’asta facemmo l’albero maestro e ci piazzammo sopra la bandiera dei pirati. Poi scrivemmo su dei pezzetti di carta i nostri desideri, li sistemammo a prua in una scatola di latta, portammo la barca sulla spiaggia e la mettemmo in mare. Ho ancora in mente la scena: noi allineati sulla riva, impettiti e orgogliosi, e la barca che pian piano prendeva il largo. Portando verso l’orizzonte i nostri sogni».