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Categoria

Eventi

Claudia
CulturaEventiIn primo piano

Luigi Sacchettino, Claudia Buono e Alessia Fratta: “Dog you like?”

scritto da L'Interessante

Claudia

Di Christian Coduto

E’ domenica mattina. C’è un sole davvero bello, di quelli che solamente a maggio si possono godere. Eppure, un gradevole venticello mi fa compagnia. Attraverso una strada sterrata nei pressi di Maddaloni e arrivo a “Dog you like?”, un bellissimo campo  dedicato all’amico per eccellenza dell’uomo: il cane. La prima impressione è quella di ritrovarsi in un’isola felice. I rumori delle macchine sono lontani, persino l’aria che si respira ha un sapore diverso. C’è molto verde e ti senti immediatamente a tuo agio.

Pace è la parola che ti viene subito in mente … eppure c’è vita e gioia intorno a me: Giotto e il suo proprietario Antonio stanno giocando allegramente ad acchiapparèllo, un altro paio di clienti discutono allegramente, mentre i loro cagnolini esplorano il territorio.

Luigi, Claudia e Alessia mi vengono incontro in maniera festosa. Sono dei professionisti che mettono la loro esperienza al servizio degli utenti, in maniera decisamente produttiva. Amano gli animali, lo percepisci all’istante.

Luigi, Claudia e Alessia danno il via all’intervista

Luigi, parliamo un po’ di “Dog you like?” …

“Dog you like?” nasce come associazione sportiva dilettantistica rivolta agli appassionati di cani e a coloro che vogliono avvicinarsi a questo mondo. E’ il frutto attuale della sinergia di cinque personalità, ciascuna esperta in un diverso settore, proprio per promuovere la cultura cinofila. Il campo è nato un anno fa, si trova a Maddaloni, in Via Starza Lunga. E’ stato creato perché ci siamo resi conto che, nella provincia di Caserta, non esistono dei luoghi dove poter slegare il proprio cane, lasciandolo libero e in completa sicurezza. Tenere il cane slegato e dargli la possibilità di esplorare è uno dei bisogni di base della specie canina. Purtroppo, però, spesso il proprietario non riesce ad appagare in maniera idonea tale necessità. Il campo è diviso in tre differenti sezioni. Funziona 5 giorni a settimana come area verde e 2 giorni a settimana come centro di educazione, di cui mi occupo io nello specifico.

C’è la possibilità di fare degli abbonamenti?

Certo! Sia semestrali sia annuali. Una volta fatto l’abbonamento, il proprietario ha l’accesso alla struttura come socio attivo; gli viene consegnata una chiave per poter accedere tranquillamente. Per l’abbonamento semestrale il costo è di 90€, per quello annuale 180€.

Parliamo ora con Claudia Buono.

Claudia, quali sono i prossimi eventi in programma?

Noi ci stiamo cimentando in attività che possano coinvolgere anche persone che non hanno ancora un cane. Il 2 giugno ci sarà un evento rivolto ai più piccolini. Lo scopo è quello di permettere loro non solo di conoscere i cani, ma soprattutto di conoscerli nella maniera corretta: gestire il cane e rapportarsi in maniera adeguata con lui, senza commettere degli errori grossolani che potrebbero determinarne un atteggiamento aggressivo. E’ un evento supportato da me, che sono psicomotricista, mi occupo della parte legata ai bimbi e da Luigi, che è l’istruttore cinofilo e si occupa appunto della gestione del cane. Ci sarà una parte iniziale di natura teorica: i bambini ascolteranno quelli che sono i rudimenti base della comunicazione dell’animale. A questa seguirà una parte pratica in cui, attraverso i nostri cani (che sono particolarmente tranquilli e già educati e abituati alla socializzazione) faremo delle attività ludiche e di esercizio,facendo sì che il bambino diventi parte attiva: camminata al guinzaglio, percorsi guidati, il modo giusto per accarezzarli e così via.

Durante la seconda settimana di giugno ci sarà invece la Passeggiata a 6 zampe. Il cane e il proprietario verranno condotti da Luigi attraverso un percorso guidato al fine di migliorare la gestione e le relazioni. Il percorso permetterà ai cani di esplorare, perlustrare, annusare. Il tragitto è all’incirca di 3 chilometri.

Aggiunge Luigi:

Il problema è che l’essere umano vive troppo il contesto urbano con il proprio cane. L’idea è quella di far vivere all’uomo un contesto più naturale, step fondamentale per riportare l’intero sistema famiglia ad una dimensione di maggior calma, relax ed agio relazionale. Va da sé che, in una situazione in cui sono presenti più cani, i conflitti possono aumentare. Ecco perché spieghiamo ai proprietari l’importanza delle giuste distanze tra i cani e usiamo degli spazi molto ampi con delle nuove piste olfattive: in questo modo si riduce il livello conflittuale.

Il 24 e il 25 giugno ci sarà un seminario dal titolo emblematico “Chiediti se sono felice” che sarà gestito dal collega Giancarlo Spadacini, che si occupa di una razza molto in voga in questo periodo, il Weimaraner (il bracco di Weimar). Questo seminario nasce proprio dalle difficoltà dei proprietari di questi cani di capirne le esigenze e le caratteristiche di razza.

Durante la terza settimana di giugno ci sarà un evento sui luoghi comuni. Devono essere sfatate le leggende metropolitane o le false informazioni. Giusto per dire: si crede che un anno di un cane equivalga a 7 anni dei nostri e il loro primo anno sia uguale ad 1 dei nostri. Tutto ciò è errato! Un cane raggiunge la sua maturità sessuale nell’arco del primo anno di vita. Basti pensare che una femmina raggiunge il primo calore a 6 mesi; se lo vogliamo paragonare ad una donna siamo all’incirca a 12 anni.

Per ciò che concerne i laboratori, è importantissimo l’apporto della dottoressa Angela Pascarella, psicoterapeuta cognitivo comportamentale- socia fondatrice del campo,  e di Dakota, il suo collie, che ha un’affinità incredibile con i più piccoli.

Passiamo ora ad Alessia Fratta. Mentre risponde alle mie domande accarezza Charlie, uno splendido boxer affettuosissimo.

Alessia, tu sei un architetto. Qual è il tuo contributo in questo contesto, per quanto concerne l’arredamento del campo?

La progettazione degli spazi e degli arredi dei campi è stata organizzata da me, sfruttando le competenze di Luigi. Grazie a lui ho compreso quanto spazio dovesse essere destinato ad ogni settore e che tipi di arredi dovessimo utilizzare, ovviamente a prova di cane. Pertanto la scelta è stata fatta in funzione della compatibilità ambientale, ma è stata fondamentale anche la selezione dei colori, di materiali che fossero solidi nella parte esterna, così come la porzione botanica; sono state scelte delle piante in base alle tolleranze dei cani, ma anche quelle che potessero rispondere in maniera adeguata alle nostre condizioni climatiche e alla mancanza di una cura quotidiana, ma che riuscissero a garantire allo stesso tempo l’ombra giusta al momento giusto.

L’arredo è molto rustico, cosa che si adatta perfettamente all’ambiente circostante, a mio giudizio.

Io mi occupo di cinema. Qual è il film con animali che avete amato di più e perché?

Luigi: “Balto” perché veicola l’idea della diversità di un cane che viene vissuta come un valore. Questo accade raramente poichè molti proprietari danno delle attribuzioni ai loro cani molto falsate. Se capissero che lati diversi del loro cane (rispetto a come noi umani li desideriamo) possono rappresentare talenti, per una relazione equilibrata sarebbe decisamente meglio.

Claudia: “Il re leone” … l’ho visto insieme alle mie figlie e mi è piaciuto tantissimo. Anche “Alla ricerca di Nemo”.  Amo i film di animazione!

Alessia: “La carica dei 101” senza ombra di dubbio! E’ l’immagine della loro vitalità, della loro tenerezza, della loro capacità di vivere in gruppo e insieme a noi umani, insegnandoci tantissimo.

Le risposte all’ultima domande mi lasciano sorpreso: possibile che a nessuno sia piaciuto, che so, un “Hachiko” o un “Io & Marley”?

“Giamma!” rispondono all’unisono “I film in cui gli animali sono usati come marionette non li concepiamo in nessun modo, così come il circo!”

… Giusta affermazione, in bocca al lupo ragazzi!

Luigi Sacchettino, Claudia Buono e Alessia Fratta: “Dog you like?” was last modified: maggio 16th, 2017 by L'Interessante
16 maggio 2017 0 commenti
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Gianni
CinemaCulturaEventiIn primo piano

Recensione: “La Tenerezza” di Gianni Amelio

scritto da L'Interessante

Gianni

Di Christian Coduto

La Tenerezza (Italia, 2017)  *

Regia: Gianni Amelio (5/6)

Con: Renato Carpentieri (8), Elio Germano (6), Giovanna Mezzogiorno (6), Micaela Ramazzotti (6), Maria Nazionale (6/7), Greta Scacchi (5/6)

La trama del film di Gianni Amelio

Lorenzo è un uomo piuttosto anziano. Ha un importante trascorso da avvocato e un presente rivolto alla solitudine: ormai vedovo, ha infatti un rapporto di grande freddezza con Elena e Saverio, i suoi figli. Dopo essere uscito indenne da un infarto (con tanto di ricovero in ospedale e una conseguente evasione alla Harrison Ford ne “Il fuggitivo”), l’uomo decide di tornare a vivere nella sua bella magione, intrecciando sporadici rapporti con pochi esseri umani. A Lorenzo piace osservare le persone, cerca di capire tanto di loro, ma non è in grado di esternare le sue emozioni.

Una serie di coincidenze fortuite lo porta ad interagire con Fabio e Michela, i suoi nuovi vicini di casa, genitori di due figli decisamente irruenti e (leggermente) maleducati …

Lo dico subito: è davvero doloroso, in questa recensione, parlare male de “La tenerezza”, ma da un regista del calibro di Gianni Amelio, che ci ha regalato gioellini come “Il ladro di bambini”, “Porte aperte” (con uno straordinario Gian Maria Volonté) e “Lamerica” era lecito aspettarsi un po’, per non dire molto, di più.

Il film ha una serie di difetti assolutamente imperdonabili, che saltano immediatamente all’occhio: la sceneggiatura, in primis, è priva di ogni qualsivoglia tipo di pathos narrativo. Non si riesce mai a provare empatia nei confronti dei protagonisti della vicenda. E’ costruita (dallo stesso Amelio e Alberto Taraglio) su sequenze fini a se stesse. Non c’è sequenzialità. Si ha l’idea di una serie di riempitivi per portare il film alla lunghezza minima necessaria.

Lorenzo  e Fabio camminano. Tanto. Troppo. Che cosa stanno provando? Non è dato saperlo.

I dialoghi sono quanto di più limitativo ed irritante si possa immaginare: soggetto, predicato e complemento. Stop.

È pur vero che i personaggi principali della vicenda sono tutti disadattati, infelici, insoddisfatti, ma allo spettatore non arriva nulla, se non una successione infinita di attimi di freddezza.

Alcuni personaggi compaiono e scompaiono senza motivo: che fine fa Aurora, la mamma di Fabio, ad esempio?

Quale significato attribuire alla sequenza conclusiva (che, ovviamente, non rivelerò)? Possibile che i 103 minuti di proiezione avessero come unico scopo quel (ridicolo) finale?

Amelio, in una recente intervista, ha rivelato che il suo sogno era quello di ambientare un suo film a Napoli, una città che ama moltissimo. Scegliere le zone meno curate e in completo restauro (vedasi la sequenza ambientata nella Galleria Umberto I, sinceramente un po’ forzata tra le altre cose) non ha reso giustizia ad una delle città più belle del mondo.

Anche l’occhio meno esperto non avrà difficoltà a notare evidenti errori di montaggio.

E’ mia ferma opinione che il realizzare un’opera cinematografica non sia necessariamente un fatto obbligatorio. Se le idee mancano, è preferibile un dignitoso silenzio, soprattutto tenendo conto del passato importante del cineasta.

Altrettanto doloroso è, infine, constatare la deludente performance di un cast di tale caratura: Elio Germano, Micaela Ramazzotti, Giovanna Mezzogiorno e Greta Scacchi appaiono in difficoltà, danneggiati da dialoghi al limite del ridicolo e da una scarsa caratterizzazione dei personaggi che gli sono stati affidati.

Un applauso a Maria Nazionale che affronta, invece, in maniera spigliata e realistica il suo compito, regalando alla sua Rossana la giusta dose di veracità. Vincente l’intonazione, convincente la postura.

“La Tenerezza” è però, a tutti gli effetti, un film con Renato Carpentieri: l’attore recita con il corpo, la voce e gli occhi. I segni del tempo sul suo viso aggiungono espressività ad un solido professionista, troppo spesso sottovalutato.

Aspettiamo Gianni Amelio con un ritorno in grande stile dopo questa pellicola che speriamo sia un caso unico nella sua bella carriera.

Termino con una domanda: perché dare così tanto spazio, sulla locandina, alle figure di contorno di Germano, Mezzogiorno e Ramazzotti, quando il protagonista della vicenda è, al contrario, Lorenzo?

Meditate gente, meditate …

Recensione: “La Tenerezza” di Gianni Amelio was last modified: maggio 11th, 2017 by L'Interessante
11 maggio 2017 0 commenti
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Emilio
CulturaCuriositàEventiIn primo piano

Emilio Porcaro: l’acchiappapensieri

scritto da L'Interessante

Emilio

Di Christian Coduto

A Napoli ci si ingegna. Si crea arte, si trasmettono emozioni, si dona calore in mille modi.

Le nuove generazioni sfruttano canali più recenti, ma sono in grado di riutilizzare anche vecchie forme di comunicazione, regalando loro nuova linfa vitale, reinventandole.

Oggi incontro Emilio Porcaro, un ragazzo giovanissimo. Egli è il fondatore di “Io penso che …”.

A lui piace esprimere impressioni attraverso la fotografia.

L’elemento caratteristico di questo lavoro è quello di donare alle persone fotografate, un foglio su cui ognuno può scrivere un pensiero, un concetto, uno stato d’animo. Lo stesso foglio diventa poi parte integrante (anzi, fondamentale) della foto che verrà scattata.

Ci diamo appuntamento al Nuovo Teatro Sanità, a Via San Vincenzo 1, dove c’è una mostra permanente di “Io penso che …”. Dopo un saluto a Mario Gelardi, il direttore artistico del teatro, mi soffermo a guardare gli shooting fotografici opera di Emilio e dei suoi collaboratori: immagini che straripano di vita, di gioia. Talvolta si evidenziano degli attimi di leggera malinconia (forse, per qualcosa che non è stato detto o fatto a tempo debito). Non sono scatti freddi: trasudano energia, si rimane incantati, sono vivi.

Emilio mi raggiunge poco dopo, con un sorriso contagioso. Sembra molto più piccolo dei suoi trenta anni (che sono già pochissimi, di per sé N.d.R.). Poi, quando inizia a parlare, rimango colpito dalla profondità delle sue parole.

Emilio Porcaro racconta il suo percorso artistico.

La prima domanda è d’obbligo: chi è Emilio Porcaro?

Allora (corruga le sopracciglia) … Emilio è un architetto di 31 anni che vive a Napoli. Ho vissuto a Londra per 5 mesi e a Firenze per un anno e mezzo. Solitamente, sfrutto il mio tempo libero per scattare fotografie.

Quando nasce la passione per la fotografia?

E’ nata quando ho iniziato l’università, intorno al 2006. All’inizio fotografavo paesaggi e tutto ciò che fosse relativo alle materie che stavo studiando (palazzi, strutture e via dicendo). Con la fotografia sono riuscito a comunicare. Intendo: La comunicazione verbale è bellissima, ma le fotografie mi permettono di sentire quel quid in più, proprio nel momento in cui scatto. Percepisco il luogo e le cose che mi circondano. Riesco così a catturare il tutto. E’ un discorso di empatia: se non riesci a cogliere ciò che gli ambienti e gli oggetti ti trasmettono, lo scatto risulterà freddo.

Sei il fondatore di “Io penso che …”, che è diventato un vero e proprio caso virale. Ti va di parlarcene?

Certo! Adesso parliamo di un vero e proprio collettivo: un foto progetto che è cresciuto nell’arco di soli due anni. Si è sviluppato in tutta Italia, grazie alla presenza di tanti fotografi che vanno da Palermo fino ad arrivare a Genova. E’ un progetto nato quasi come un gioco, durante il mio soggiorno a Firenze. Una sorta di controreazione alla fine della mia ultima storia. Non potevo credere che tutti gli esseri umani fossero portati a basare la propria vita sulla falsità, a non dire la verità. Avevo bisogno di capire se le persone fossero in grado di comunicare realmente. Siamo abituati a comunicare attraverso una patina  data dal digitale e poco de visu. Quindi, nel tempo, il target di “Io penso che …” ha assunto una forma più definita: quella della comunicazione sentita, reale.

Ha una sensibilità incredibile. Le sue parole hanno un peso. Glielo sta dando il ricordo di un dolore, un’esperienza che ha vissuto. Non c’è costruzione … solo tanta, tanta onestà. Si sta aprendo, mettendo a nudo di fronte ad una persona che non ha mai né visto né sentito prima. Ci vuole coraggio da vendere, gliene rendo davvero atto.

I protagonisti delle foto di “Io penso che …” sono attori di teatro, gente del mondo dello spettacolo, ma anche studenti, persone che girano per la città e così via. Come vengono scelti? Come affrontano il loro momento da “fotomodelli”?

Per me tutte le persone sono uguali, visto che il centro del progetto è il pensiero. Ho notato che, da tempo, si tende a dare troppa importanza alla notorietà, se uno è in grado di stare su uno schermo oppure no. “Io penso che …” permette alle persone di esprimere ciò che pensano, in maniera concreta. Senza fregarsene dei like che possono eventualmente ottenere. Si crea una sorta di rapporto di amicizia, un’empatia tra il fotografato e il fotografo.

Come scelgo le persone? Guarda, io osservo tanto. Deve colpirmi un viso, un particolare dell’abbigliamento, un atteggiamento.

La reazione delle persone coinvolte è quasi sempre positiva, anche se capita di incontrare qualcuno che non ama o non vuole essere fotografato. 

Non parlerei di fotomodelli. Prima di scattare la foto, cerco di far capire alle persone il vero significato del progetto, che la popolarità non c’entra nulla!

Le foto sono in bianco e nero, cosa che adoro perché il tutto aggiunge fascino al progetto. Gli altri colori sono “banditi”, se escludiamo qualche deliziosa comparsata di un blu, ad esempio, tra le imbracature di alcune acrobate o il rosso e il verde dei pensieri che vengono trascritti sui fogli. Perché questa scelta?

Sì c’è sempre un colore che varia, che è quello della scritta. La scelta è legata al fatto che l’occhio umano è attratto, in primis, da tutto ciò che è colorato. Poiché il progetto deve dare importanza ai pensieri, sono proprio le parole che devono risaltare, devono rimanere impresse. Tutto il resto rimane in bianco e nero perché passa in secondo piano. La foto, in effetti, può essere letta a tre livelli: la parte scritta, l’inquadramento della persona e, infine, il contesto, la location. Talvolta qualcuno mi dice “No, forse quello che voglio scrivere è banale, non è il caso”. Non sono d’accordo: se una cosa è sentita, se è reale, non sarà mai banale. Ovviamente, chi leggerà quella scritta, quel pensiero, potrà avere una reazione positiva o negativa. E questa è una dinamica che mi affascina molto.

Tanti i partner di questo progetto, tra i quali l’Assessorato alla cultura e Assessorato ai giovani del comune di Napoli …

Guarda, colgo l’occasione per ringraziare l’Assessore Alessandra Clemente, che ha creduto sin dal principio al mio progetto; mi ha dato spazio, lo ha pubblicizzato. Alessandra è una persona che ama chi ha voglia di fare.

Continuiamo a collaborare anche con il Teatro Bellini, il Nuovo Teatro Sanità, L’Ente Cassa Risparmio Firenze, il progetto “Siamo Solidali” sempre a Firenze … è un progetto no profit, mi preme ricordarlo. Quando c’è un’idea che viene vista e apprezzata, le persone sono ben liete di partecipare.

Le foto vengono “ritoccate” o lasciate tal quali?

Le foto non vengono mai ritoccate. Non ci sono modifiche dei tratti somatici delle persone. C’è il bianco e nero, ma la foto rimane quella. Sarebbe un’alterazione della realtà e non lo accetterei. Per me è necessario mostrare la realtà dei fatti.

Un fotografo deve essere in grado di cogliere l’attimo: quanto tempo richiede uno scatto? Sembra una domanda banale, vero?

Nel mio caso, tanto pochi minuti quanto una mezz’ora complessiva. E’ cambiato il mio modo di fotografare: all’inizio, le persone tenevano in mano il foglio con la scritta. Ora, invece, metto il cartello vicino alle persone, al fine di avere una composizione maggiore. Mi piace molto studiare le posture. A volte tendo a dare un’interpretazione di ciò che è stato scritto proprio in base al linguaggio del corpo. Spesso mi dicono che riesco a catturare l’attimo, l’emozione. E’ una cosa che mi gratifica, mi rende felice. Significa riuscire ad agguantare l’essenza del soggetto immortalato.

Architetto, fotografo e (inconsapevole) psicologo. Mica male eh?

Hai vissuto per un po’ a Londra. Cosa ti ha lasciato quel periodo in termini di comunicazione ed eterogeneità culturale?

Londra mi ha formato completamente. E’ una realtà così varia e variegata, ti dona tanti input, ti elasticizza la mente. Tutti dovrebbero vivere per un po’ al di fuori della propria realtà quotidiana. Non esiste il luogo perfetto. Siamo propensi a credere che il posto migliore sia quello in cui viviamo o siamo cresciuti, ma non è affatto così. Le realtà sono varie, ci sono tanti tipi di comunicazioni differenti. Si viene a contatto con molteplici culture; ciò ti permette di crescere.

Le mostre fotografiche dedicate a “Io penso che …” sono tantissime, tra Napoli, Torino e Firenze (alcune delle quali, permanenti!). E’ una realtà che interessa tante città italiane, oltre a quelle che ho citato prima, anche: Milano, Torino, Roma, Palermo e Genova. Un risultato impressionante. Quanto lavoro ha alle spalle?

Ci sono due mostre permanenti: una al teatro Bellini e un’altra al Nuovo Teatro Sanità. “Io penso che … “ funziona per un semplice motivo: il pensiero è ovunque, non è legato ad un singolo luogo. Non ho mai amato la territorialità, non mi sono mai sentito solo partenopeo, quanto piuttosto un cittadino italiano o, volendo enfatizzare, un cittadino del mondo (sorride). La territorialità fa sì che le cose vengano fatte esclusivamente “di pancia”. Sarebbe necessario invece ragionare con la mente, il cuore e la pancia. Solo così si crea un qualcosa che può essere usato e che non sia legato ad un contesto. Con questo foto progetto siamo stati a Londra, Madrid, Berlino e Monaco. Abbiamo studiato i pensieri degli italiani che vivono all’estero.

Il lavoro alle spalle è immenso. Un grazie va ovviamente ai ragazzi che lavorano con me. Sono tutti incredibili, soprattutto Guglielmo Verrienti e Mario Falco, che sono amici da una vita e mi danno una mano in maniera assidua.

A tal proposito: questo è il sito del nostro progetto: http://www.iopensoche.altervista.org/

Il pensiero n.499 vede come protagonista proprio te

Questa foto è stata scattata da Federica Cilento. “Io penso che … bisogna capire per cosa vale la pena attendere” che è poi il mio modus vivendi. E’ una frase ricorrente nella mia vita: spesso mi sono ritrovato a dover capire per cosa valesse la pena attendere. Il che, nel tempo, mi ha reso molto paziente. Prendo le cose a mano a mano, così come vengono. Cerco di concentrarmi su ciò che mi sono prefissato; non mi arrendo facilmente. Se hai la pazienza di coltivare le cose, ottieni i giusti frutti.

“Io penso che …” è sicuramente un gran bel lavoro di gruppo. Quali sono gli altri membri dello staff?

Marco Rinaldi (Palermo), Anna Rita Cattolico (Roma) Eleonora Litta (Firenze) Baldassare Tudisco (Torino), Jacopo Ardolino (Milano) e Roberto Palombo (Genova). Poi c’è la “squadra napoletana”, come la chiamo io: il fotografo Guglielmo Verrienti, il web master Mario Falco, la video maker Linda Russomanno e la fotografa e press office Federica Cilento. Come già dicevo prima, soprattutto Mario e Guglielmo sono dei collaboratori incredibili, oltre che amici fraterni.

Io mi occupo di cinema. La fotografia e il cinema hanno tanto in comune, essendo due meravigliose forme d’arte. Qual è il film della tua vita?

“The terminal” con Tom Hanks. In questo film lui interpreta un uomo che cerca di comunicare, di farsi comprendere, nonostante le difficoltà iniziali. Anche io sono così, in alcune occasioni. Per errore mio, forse, o per sensibilità differenti. Il problema spesso è proprio questo: la capacità di sentire. Non tutti ne sono in grado, ne hanno voglia. A volte è necessario trovare delle nuove chiavi di lettura per interagire con le persone. Con altri, invece, tutto è più spontaneo, immediato. Quando accade, è una cosa meravigliosa.

Cosa dobbiamo attenderci da Emilio Porcaro per questo 2017?

Spero tantissime cose. Il progetto “Io penso che …” proseguirà ancora a lungo; lo affronto con grande passione, con un gruppo davvero coeso e compatto. Mi auguro di fare ancora tante mostre e di far capire alle persone che è importante essere se stessi. Questa è l’unica chiave che permette di andare avanti. Non sono un Guru e non mi reputo tale, sia chiaro, però con questo progetto posso non solo donare, ma anche ricevere dagli altri. Un interscambio necessario per crescere, ascoltando storie sempre diverse.

 

Fatti una domanda e datti una risposta …

“Perché continui a fare tutto questo?” “Perché, nonostante tutto, ne vale davvero la pena!”

Prima di salutarci, Emilio mi chiede se può scattarmi una foto da inserire nel progetto. Accetto con entusiasmo e molto piacere. “Sai già cosa scrivere?” mi chiede. Ci penso un attimo, prendo in mano un pennarello di colore blu e completo la frase “Io penso che … cadere, farsi un po’ male e rialzarti (un po’) più forti di prima … sia l’essenza della vita!”

Ph. Daniela Affinito

Emilio Porcaro: l’acchiappapensieri was last modified: maggio 6th, 2017 by L'Interessante
6 maggio 2017 0 commenti
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Giulia
CulturaEventiIn primo pianoLibri

Giulia Sangiuliano e il suo (Ph)enomena all’ Accademia FortePiano

scritto da L'Interessante

Giulia

Di Michela Salzillo

Immaginate una domenica pomeriggio, di quelle pigre, piene zeppe di divano, telecomando e qualche sbuffo qui e là, poi resettate tutto e ricominciate dall’inizio. Pensate alla primavera che c’è e non c’è. Quella che vi fa litigare con l’armadio fino a dieci minuti prima di uscire di casa; alla stagione mite, un po’ nostalgica, che vi riporta al desiderio di ancora qualche minuto di tepore, stretti fra una chiacchiera, una tazza di tè e, perché no,  un buon libro.

È una cosa semplice, una cosa vera, che se per molti è già successa, per altri resta una sorpresa da scoprire. È un desiderio che quei posticini piccoli piccoli ma pieni di sogno e voglia di raccontarsi ti insegnano a cercare.  Tra questi c’è sicuramente da annotare l’ Accademia Fortepiano di San Prisco che, per il ciclo “un libro per Tè”, domenica scorsa,   ha ospitato

(Ph)enomena,  l’ intensa storia firmata dalla giovanissima psicologa Giulia Sangiuliano.

A moderare la presentazione, intervallata da musica dal vivo e una piccola trasposizione teatrale, a cura di Corrado Del Gaizo, sintetizzante il tema centrale del libro, è stata la psicoterapeuta Valentina Masetto che, sin dalle premesse, ha inteso (Ph)enomena come un libro che si muove sulla chiave profonda della sofferenza. Dal suo canto, l’autrice ha confermato a pieno consenso tale intuizione, sottolineando, non raramente, quanto l’esperienza personale l’abbia aiutata a scrivere un testo del genere. Il sé è dunque stato il motore primo per poter mettere nero su bianco il canovaccio del romanzo. Si tratta infatti di un libro semi- autobiografico.

 (Ph)enomena la storia di Giulia Sangiuliano che grida riscatto

Noterete – ha detto la  Sangiuliano- che alcuni episodi descritti nel testo sono stati realmente espediti, realmente vissuti da me stessa- . Come in ogni libro ben strutturato, anche in questo caso, l’equilibrio fra il personale e l’intreccio inventato non conosce dislivello. A dirlo è l’autrice stessa, che in uno dei personaggi perno della narrazione, qual è il dottor Clerck, ritrova di sé stessa la parte estremamente razionale. Un elemento che, nel romanzo così come nella vita dell’autrice, si scontra con quello sensibile, la parte dell’ intimo, a tutti necessaria, che troppe volte, spesso per difesa, siamo costretti ad accantonare in un angolo.

 Ma non è mai troppo tardi per rinascere, anzi! Per chi trova il coraggio di attraversare il dolore, la sofferenza, il secondo embrione- quello scelto da noi stessi – la risalita diventa quasi una diretta e dovuta conseguenza.

 La malattia, in (Ph)enomena, è difficoltà e ricchezza assieme. Lo insegna chi questa storia la scrive e lo ricorda il personaggio principale del romanzo. Verità e finzione, infatti, si incontrano nel punto della convivenza, difficile ma al tempo stesso restituente, con la disabilità mentale. Vittoria, la co-protagonista del libro, e Giulia, l’autrice, hanno entrambe una sorella con cui sperimentano, nel tempo, un legame fortissimo. Un legame che, però, non può prescindere, purtroppo, e forse col senno di poi anche per fortuna, dalla problematiche legate a un ritardo psichico.

Riportare questo tipo di esperienza- dice Giulia- è stato un atto d’amore, ma anche un momento parecchio catartico: “ ho fatto un salto indietro bello ampio, legato all’elaborazione interiore di tutto ciò che ho vissuto, ma anche un grande salto avanti, perché sono riuscita ad acquisire maggiore consapevolezza delle mie esperienze che, ovviamente, in adolescenza, rispetto all’età adulta, si vivono in maniera un po’ più complicata.”

Alla sorella Giulia  non dedica solo il libro, diventato oggi un valido progetto editoriale a cura di Eretica Edizioni, ma riconosce a lei la sua personale primavera di cui, tutt’ oggi, va fiera e orgogliosa.

Giulia Sangiuliano e il suo (Ph)enomena all’ Accademia FortePiano was last modified: marzo 30th, 2017 by L'Interessante
28 marzo 2017 0 commenti
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Teatro
CulturaEventiIn primo piano

Teatro civico 14: arriva Magic People Show di Giuseppe Montesano

scritto da L'Interessante

Teatro

 

Enrico Ianniello, Tony Laudadio, Andrea Renzi e Luciano Saltarelli sono i protagonisti del divertente avanspettacolo pop firmato da Giuseppe Montesano in scena al Teatro Civico 14 di Caserta, da venerdì 31 marzo (ore 21) a domenica 2 aprile (ore 19).

 Teatro Civico 14: che cos’è Magic People Show?

Magic People Show ritorna sulle scene con una nuova versione del comico, feroce e colorito spettacolo dell’Italia malata di questi ultimi anni. Su un ritmo vertiginoso da commedia nera Giuseppe Montesano chiama in scena il suddito televisivo, il consumatore globale, l’uomo medio assoluto, lo schiavo della pubblicità, e poi i risanatori dell’economia nazionale, i venditori di spiagge, i venditori di aria da respirare, i venditori e i compratori di anime. Un comico, feroce e colorito avanspettacolo pop, dove gli attori scoprono le piaghe di una modernità livida e terribile, dove il caldo è soffocante e i black out continui. In un crescendo che mescola l’opera buffa e il dramma si scoperchia allora il formicaio brulicante di questo show postmoderno, dove vive un Popolo Magico fatto di ridicoli mostri drogati dal sogno del denaro, di prigionieri illusi di essere liberi, di gaudenti che hanno seppellito la passione e l’amore.

“Quello che volevamo – sottolinea l’autore del testo Giuseppe Montesano – era restituire il senso di nevrotico sovraffollamento del condominio globale, il pullulare comico di personaggi messi a cuocere in una stessa pentola a pressione demenziale, le vite non più protette dall’intimità dell’at home ma sempre sotto l’occhio di tutti, e con un ritmo che voleva sposare i Simpson e Aristofane, Eduardo e Woody Allen, i Soprano e la Commedia dell’Arte, Quevedo e l’Avanspettacolo, Totò e Godot: come farlo con soli quattro attori? E qui la loro idea straordinaria fu di recitare su un tavolino da salotto, gomito a gomito come sardine in una scatola mentale, ricreando la sensazione della mancanza di spazio interiore del condominio coatto. E poi, attinta alle radici stesse del teatro popolare napoletano e ai Maestri della Farsa, la trovata del travestimento: solo quattro attori si trasformavano e si moltiplicavano, con pochissimi trucchi, in maschi e femmine e bambini, in una folla di personaggi, in una sorta di avanspettacolo postmoderno. Era nato Magic People Show. Si può ridere su cose drammatiche? Si può fare ironia su ciò che ci sta strangolando? Magic People Show parla di come stiamo diventando servi del mediatico e del denaro, ma si rifiuta di usare le categorie della politica; parla di come la politica abbia invaso le anime, ma non la nomina mai; parla di come la cara e amata vita quotidiana, sia modificata e deformata dallo strapotere dell’Economia, ma senza scrivere trattati asserviti alle ideologie vecchie e nuove. Non si possono più usare innocentemente le parole che i nemici dell’umano hanno deformato nella menzogna, e se si vuole restare vivi bisogna provare a smascherare quelle menzogne: ma come? Non resta che dare la parola a loro, ai mutanti di quella che è già da tempo la ex società del benessere: facendo confessare a loro stessi la propria vergogna e assurdità, la mancanza d’amore, la banalità nel male. Allora bisogna far salire in scena Lallo e Gegè, la signora madre Torza e la signorina figlia Torza, l’osceno avvocato Morfo e l’ultimo resistente, il dottor G.: e bisogna lasciarli liberi di sproloquiare, lasciare che i mostriciattoli si esprimano in tutta la loro ridicola e ripugnante miseria, per vedere ciò che troppo spesso è nascosto dall’abitudine e dal così fanno tutti quindi è normale fare così. Non è vero: diventare disumani e cretini e servi e morti in vita non è normale, e non tutti lo fanno: e quindi è normale essere umani, e miti, e gentili, e liberi, e poetici, e vivi.”

INFO E PRENOTAZIONI

Teatro Civico 14

Via F. Petrarca (Parco dei Pini) c/o Spazio X

81100, Caserta

  1. (+39) 0823 441399
  2. (+39) 0823 1601742

info@teatrocivico14.it

Teatro civico 14: arriva Magic People Show di Giuseppe Montesano was last modified: marzo 28th, 2017 by L'Interessante
28 marzo 2017 0 commenti
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Siani
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21 marzo: Libera chiama, Radio Siani risponde presente

scritto da L'Interessante

Siani

 

Martedì 21 marzo l’associazione Libera contro le mafie, come ogni anno dal 1995, celebrerà la Giornata della Memoria e dell’Impegno per ricordare le vittime innocenti di tutte le mafie. “Luoghi di speranza, testimoni di bellezza”: questo il tema che legherà tutte le manifestazioni che, nel primo giorno di primavera, si terranno in tutta Italia per ricordare le vittime innocenti delle mafie.

Il corteo del comitato regionale della Campania quest’anno si terrà a Ponticelli, periferia est di Napoli, presso il Parco Conocal, teatro in questi anni di violenza e marginalizzazione socio-culturale.

Oltre alle tante associazioni aderenti, sarà presente l’intero staff di Radio Siani per seguire il corteo ma anche per raccontarlo a chi non potrà essere presente.

«Quest’anno la giornata del 21 marzo è ancora più importante perché finalmente è stata riconosciuta dalle istituzioni come giornata nazionale in ricordo delle vittime innocenti delle mafie e poi – afferma Giuseppe Scognamiglio, presidente della cooperativa dedicata a Giancarlo Siani- perché essere in quel parco della periferia orientale di Napoli sarà ancora più significativo perché si tratta di un luogo in cui la speranza può finalmente tornare come la primavera.  Tuttavia la vera sfida ricomincia dal 22 in tutti quei luoghi di impegno già vissuti e quelli ancora da liberare, insieme, per scrivere una pagina nuova della nostra storia in cui la memoria e l’impegno siano il centro della nostra azione quotidiana. Noi di Radio Siani siamo sempre felici e pronti a dare il nostro contributo a giornate belle ed importanti come quella del 21 marzo organizzato da Libera» .

 

LA COOPERATIVA GIANCARLO SIANI

La Cooperativa Siani nasce nel 2012 con la maturazione di diverse esperienze nel campo del volontariato. Opera in due sedi: un immobile sede della radio ed un fondo agricolo, entrambi confiscati alla camorra ed intitolati alla memoria di Giancarlo Siani, giornalista campano ucciso dalla camorra. L’impegno si divide tra la radio, presenza ormai consolidata nel tempo e sul territorio, megafono di riscatto sociale, e l’impegno nel settore agricolo e apistico, curato da professionisti provenienti dalla facoltà di Agraria dell’Università Federico II di Napoli. La cooperativa collabora con quest’ultima per lo sviluppo di un’agricoltura in perfetto equilibro con l’ambiente e nel pieno rispetto dei valori disciplinari di “Slow Food”. Non solo food ma anche progetti di recupero per ragazzi disagiati e grazie alla collaborazione con vari istituti scolastici di Ercolano, la Coop Siani promuove percorsi di crescita personale e lavorativi attraverso le attività della radio e del fondo agricolo. L’incasso derivante dalla vendita della nuova confezione regalo sarà totalmente devoluta al sostegno della attività della cooperativa.

 

Per informazioni:

Cooperativa Sociale Giancarlo Siani

Corso Resina 62 80056 Ercolano NA

tel & fax 08119700927

coopgsiani@radiosiani.com

www.radiosiani.com

 

21 marzo: Libera chiama, Radio Siani risponde presente was last modified: marzo 20th, 2017 by L'Interessante
20 marzo 2017 0 commenti
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Parthenope
CulturaEventi

Parthenope: incontro su Hector Malot

scritto da L'Interessante

Mercoledì 22 marzo alle ore 10,00 presso la sede di palazzo Pacanowski dell’Università Parthenope, aula 2.5, avrà luogo la giornata internazionale “Hector Malot au carrefour des cultures”. La giornata, fortemente voluta da Antonio Garofalo, direttore del Dipartimento di Studi Economici e Giuridici e da Carolina Diglio, presidente del corso di studi di Management delle Imprese Internazionali e coordinatrice del dottorato di ricerca in “Eurolinguaggi e Terminologie Specialistiche” vedrà la partecipazione di studiosi ed esperti di chiara fama, quali Francis Marcoin, Danielle Dubois-Marcoin, dell’università d’Artois, Aldo Antonio Cobianchi, segretario nazionale della SIDEF (Società Italiana dei Francesisti), Luigi Ferraiuolo, noto giornalista di TV2000.

Previsti in apertura i saluti di Jean-Paul Seytre, Console Generale di Francia e, in collegamento Skype, l’intervento dell’erede dello scrittore, Agnès Thomas-Maleville, giornalista e scrittrice.

A fare gli onori di casa Raffaella Antinucci e Maria Giovanna Petrillo, relatrici in questa giornata densa in cui illustri enti hanno voluto concedere il patrocinio: l’AMOPA, l’Association des membres de l’ordre des palmes académiques, l’Institut Français di Napoli, nonché la nota associazione Italiques, l’Università d’Artois, l’Associazione degli Amici di Hector Malot e la Sidef .

Un incontro da non perdere alla Parthenope

Si tratta di un momento di studio volto a riscoprire l’importanza di questo “figlio indipendente di Balzac” – spiega Marcoin – ovvero, di un grande fotografo della realtà contemporanea, giornalista e romanziere del XIX secolo nonché autore dell’indimenticabile “Sans famille”.

“L’incontro è organizzato nell’ambito del programma di scambio dell’università campana – conclude Garofalo – ; Francis Marcoin, infatti, visiting professor presso il dipartimento di studi economici e giuridici, proveniente dall’Université d’Artois, direttore del Centre Robinson (Centre de Ressources et de Recherche sur la Littérature de Jeunesse et sur les Politiques d’incitation à la lecture des jeunes), nonché direttore della rivista internazionale Cahiers Robinson e presidente dell’Associazione “Les amis d’Hector Malot” terrà dei seminari dottorali e degli incontri con gli studenti con la collega Danielle Dubois volti all’approfondimento della lingua e della cultura francese.

Parthenope: incontro su Hector Malot was last modified: marzo 19th, 2017 by L'Interessante
19 marzo 2017 0 commenti
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Sassoferrato
EventiIn primo piano

Sassoferrato torna a casa

scritto da L'Interessante

Sassoferrato

Di M. Rosaria Corsino

Dopo più di due secoli torna a Perugia ‘L’Immacolata Concezione’, capolavoro di Giovan Battista Salvi detto il Sassoferrato trasferito dai commissari imperiali di Napoleone al Louvre. L’occasione è una grande mostra dedicata al pittore marchigiano e allestita dal 7 aprile all’1 ottobre negli spazi del complesso benedettino di San Pietro, che proporrà un suggestivo confronto con l’opera di Perugino e Raffaello, cui il Salvi molto si ispirò mentre elaborava una sua cifra originale.

La mostra di Sassoferrato a Perugia

Intitolata ‘Sassoferrato dal Louvre a San Pietro: la collezione riunita’, l’importante rassegna, che permette di riscoprire il talento del maestro seicentesco, è frutto della collaborazione tra il Louvre, la Galleria Nazionale dell’Umbria, la Galleria Nazionale delle Marche e con altre istituzioni, prima fra tutte la Fondazione per l’Istruzione Agraria, (presieduta dal Magnifico Rettore dell’Università di Perugia, Franco Moriconi), cui si deve l’eccezionale prestito del museo parigino. E anche la disponibilità di una sua sede, la Galleria Tesori d’Arte, per ospitare parte del percorso espositivo.

Accanto all” Immacolata Concezione’ del Louvre sarà infatti esposta una quarantina di dipinti, e non solo del Sassoferrato.
I curatori Cristina Galassi e Vittorio Sgarbi hanno puntato a offrire al largo pubblico e agli studiosi anche un confronto con gli artisti della Rinascenza che furono gli imprescindibili modelli stilistici per il Salvi. Le opere del Sassoferrato allestite a Perugia provengono, spiega la Galassi, da varie raccolte pubbliche e private italiane e straniere e tra l’altro ”si potranno ammirare quelle (ben 17) eseguite per il complesso benedettino di San Pietro”.

Una mostra ricca d’arte, non solo Sassoferrato

Sono stati selezionati invece tra i tesori d’arte dei musei cittadini i capolavori di Perugino (tra cui figurano le cinque tavolette della predella del grandioso polittico un tempo sull’altare maggiore della Basilica e il bellissimo ‘Cristo in pietà’, realizzato negli anni della sua estrema maturità), capaci di testimoniare l’enorme influsso del maestro di Città di Castello anche durante il ‘600, soprattutto per la purezza formale delle immagini che lo contraddistingueva. Pari interesse Sassoferrato lo riservò alle opere umbre di Raffaello. In mostra verranno messe a confronto due copie della ‘Deposizione’ Borghese del genio urbinate, la prima di Orazio Alfani, la seconda del Cavalier d’Arpino (provenienti dalla Galleria Nazionale dell’Umbria) con la bella versione dipinta da Sassoferrato nel 1639. Spazio significativo sarà riservato anche alla cosiddetta ‘Madonna del Giglio’, immagine devozionale che assicurò grande notorietà al Sassoferrato, ispiratosi per l’occasione a un dipinto di Giovanni di Pietro detto lo Spagna, dotatissimo seguace di Perugino e Raffaello.

Di fronte a opere del genere, continua Cristina Galassi, gli studiosi si sono interrogati sull’effettiva originalità della pittura dell’artista. ”In realtà, e la mostra lo conferma in pieno, sarebbe sbagliato considerare il Salvi un mero imitatore, perché, come ha acutamente osservato Federico Zeri, egli non si limita a copiare le opere degli artisti presi a modello, ma aggiunge sempre la sua personale interpretazione”. Basti pensare al confronto (in mostra) tra la bellissima Maddalena del Tintoretto e la versione di mano del Sassoferrato, ”dove le forme turgide e quasi sensuali del pittore veneto vengono riproposte dal Salvi con un linguaggio più asciutto e temperato”.

In mostra, d’altra parte, saranno presenti le opere in cui il maestro marchigiano si svela in tutta la sua eccezionale originalità. ”Ecco dunque – spiega la curatrice – la ‘Giuditta con la testa di Oloferne’, tra i capolavori del ‘600 italiano, la grande ‘Annunciazione della Vergine’, opera di rara finezza esecutiva, i santi Benedetto, Barbara, Agnese e Scolastica, lavori in cui l’artista, pur rispettando l’autorità dei modelli, mette da parte ogni forma di deferente imitazione. Esemplare, in tal senso, è anche la ‘Madonna con il Bambino e Santa Caterina da Siena’, concessa dalla Fondazione Cavallini Sgarbi, autentico vertice della pittura religiosa del’600″.

Sassoferrato torna a casa was last modified: marzo 19th, 2017 by L'Interessante
19 marzo 2017 0 commenti
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Festa
EventiIn primo piano

La Festa del Sorriso All’En Gedi Duel Club

scritto da L'Interessante

Festa

 

Il Duel Village di Caserta è lieto di invitarvi all’Open Day che si terrà venerdì 17 marzo alle ore 20.00 negli splendidi locali dell’En Gedi Duel Club. Una vera e propria FESTA DEL SORRISO ideata per quanti vogliono saperne di più di questo ‘smiling place’, un posto pensato per fare festa, rilassarsi e stare con gli amici e, perché no, scoprire un altro modo di fare cultura attraverso l’arte, la musica, gli spettacoli e il buon cibo. Chicca della serata sarà la mostra fotografica-videoslide della giornalista e fotografa casertana Giovanna Giaquinto dal titolo ‘Intanto faccio Scorta di Colori’. Sarà proprio l’autrice degli scatti a guidare il pubblico nella narrazione delle foto che  scorreranno sullo schermo dell’En Gedi.  La ‘personale’ prende il nome dal suo primo libro di poesie, un volume sul potere pacificatore della luce, dei sorrisi e della vita stessa. Un’opera che si sposa in pieno con quello che è lo spirito dell’En Gedi Duel Club. L’ingresso è gratuito.

 LA FESTA DEL SORRISO E l’ EN GEDI DUEL CLUB  

L’En Gedi Duel Club è il locale – all’interno dello spazio Duel Village, con ingresso su via Borsellino – pensato per l’accoglienza ed il relax. Un luogo elegante e versatile dove poter organizzare compleanni, comunioni, promesse di matrimonio, cerimonie, cene, party a tema, musica e ballo con consolle dj dedicata. Ma non solo. L’En Gedi Duel Club è la location ideale per incontri dimostrativi, cene aziendali, seminari, corsi di formazione. Potrete inoltre usufruire di numerosi servizi: catering di altissima qualità, animazione, servizi video e fotografici, addobbi personalizzati, servizio torta. Potrete facilmente utilizzare un ambiente invitante, intimo e ricco di confort situato nel cuore della città con ampio parcheggio annesso, in piena libertà, a prezzi assolutamente vantaggiosi e competitivi.

 

 

Per informazioni e contatti

391 397 9054

www.duelvillage.net

 

La Festa del Sorriso All’En Gedi Duel Club was last modified: marzo 16th, 2017 by L'Interessante
16 marzo 2017 0 commenti
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Vittorio
CulturaEventiIn primo piano

Vittorio Messina in mosta: l’ inaugurazione il 25 marzo

scritto da L'Interessante

Vittorio

VITTORIO MESSINA

«IN UN CERTO SENSO INFINITO»

GALLERIA NICOLA PEDANA

INAUGURAZIONE 25 MARZO 2017 ORE 19

LA MOSTRA SARÀ APERTA DAL 25 MARZO AL 22 MAGGIO 2017

 

«In un certo senso infinito» è il titolo della mostra di Vittorio Messina che sarà inaugurata sabato 25 marzo alle ore 19 presso la sede di Nicola Pedana Arte Contemporanea in piazza Matteotti 60 a Caserta. L’esposizione, curata da Marco Tonelli, rimarrà aperta dal 25 marzo fino al 22 maggio 2017.

«In un certo senso infinito – sottolinea nel suo testo Marco Tonelli – vuole essere un titolo di una mostra, ma anche una provocazione intellettuale, un modello visivo, una comunicazione estetica, un’affermazione che sollecita domande. Cosa si nasconde nel certo di un senso infinito? Certo come certezza o, al contrario, come modo in(de)finito e vago di esprimere un significato?

E senso allude all’aspetto sensibile dell’esperienza, quello appunto dei sensi, o al significato, alla direzione? Come se esistesse un senso dell’infinito, una direzione infinita? Tutto dipenderà appunto da come interpreteremo l’infinito compreso nel titolo. Concetto di per sé impensabile nella sua interezza, proprio perché senza fine e quindi senza limiti per esseri finiti e limitati come noi, l’infinito lo possiamo solo dire o scrivere, simboleggiare (∞), avviare in sequenze numeriche (1…3…5…7…11…13…), ma mai fisicamente contenere. Vittorio Messina è un artista a cui piace sfidare inafferrabili e sottili inquietudini, praticando installazioni che vogliono spingersi oltre la loro pur oggettiva materialità costruttiva.

Vittorio Messina e il significato delle sue opere.

 Le sue opere sono tentativi di uscire dalla gabbia del pensiero razionale, dalle ovvietà dei dati sensibili, dai dogmatismi del trascendente, anzi ambiscono in un certo senso a fondere razionalità-sensibilità-metafisica nell’opera d’arte.  Oltre la metafora, oltre l’analogia, forse l’opera di Vittorio Messina è da sempre in cerca di un’estetica basata proprio sull’in un certo senso, essenza stessa dell’Arte, che è a sua volta un concetto inafferrabile, non delimitabile, illimitato. Ovvero, in un certo senso, infinito».

Vittorio Messina in mosta: l’ inaugurazione il 25 marzo was last modified: marzo 16th, 2017 by L'Interessante
16 marzo 2017 0 commenti
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