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Libri

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LibriMusicaTeatro

Vuoi presentare il tuo Libro? Un Libro per té cerca autori

scritto da L'Interessante

Un Libro per Tè cerca nuovi autori per nuove presentazioni

Hai pubblicato un libro e vuoi presentarlo? L’Accademia Musicale Fortepiano mette a disposizione il suo team per una presentazione fuori dal comune.

La rassegna Un Libro per tè

Dalla convinzione che l’arte sia un abbraccio di uguale intensità tra musica, teatro, letteratura ed espressione libera ed emozionante, nasce la rassegna “Un libro per tè”. Lontane dalle solite presentazioni, la rassegna si snoda tra attimi di musica, teatro, analisi profonda del testo e condivisione con il pubblico. Dall’idea di Anna Paola Zenari – musicista – il gruppo di lavoro di Un libro per tè è composto da Corrado Del Gaizo (attore), Carmine Covino (attore e musicista), Valentina Masetto (psicoterapeuta e scrittrice), Roberta Magliocca (giornalista). E dagli autori, ovviamente.

Per saperne di più, scrivi a ufficiostampa.unlibroperte@gmail.com

Vuoi presentare il tuo Libro? Un Libro per té cerca autori was last modified: marzo 5th, 2018 by L'Interessante
5 marzo 2018 0 commenti
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la-serva-padrona-cristina-patturelli
EventiLibriMusicaTeatro

L’Accademia Musicale Fortepiano presenta “La Serva Padrona” di Cristina Patturelli nell’ambito della Rassegna “Un Libro per té”

scritto da L'Interessante

Torna Domenica 25 Febbraio la rassegna letteraria “Un Libro per Tè”: presentazione di “La Serva Padrona” di Cristina Patturelli

Dopo il grande successo degli ultimi due anni, torna Domenica 25 Febbraio 2018 alle ore 18.00 – presso l’Accademia Musicale Fortepiano di Anna Paola Zenari in Via A. Stellato, San Prisco (CE) – la rassegna “Un libro per tè” con la presentazione dell’opera “La serva padrona. Giovan Battista Pergolesi restituito all’antica lingua napolitana” della soprano Cristina Pattureli.

La Rassegna

Dalla convinzione che l’arte sia un abbraccio di uguale intensità tra musica, teatro, letteratura ed espressione libera ed emozionante, nasce la rassegna “Un libro per tè”. Lontane dalle solite presentazioni, la rassegna si snoda tra attimi di musica, teatro, analisi profonda del testo e condivisione con il pubblico. Dall’idea di Anna Paola Zenari – musicista – il gruppo di lavoro di Un libro per tè è composto da Corrado Del Gaizo (attore), Carmine Covino (attore e musicista), Valentina Masetto (psicoterapeuta e scrittrice), Roberta Magliocca (giornalista). E dagli autori, ovviamente.

L’Opera

A distanza di più di 300 anni Giovanni Battista Pergolesi continua ad appassionare e divertire con le sue creazioni. Le sue musiche non testimoniano solo una personalità creativa estremamente raffinata e complessa, ma ci restituiscono, tutt’intera, un’epoca e una società osservata e interpretata da tutti i punti di vista: la gestualità plebea e lo sberleffo del saltimbanco ma anche la tenera sentimentalità borghese della commedia musicale; lo sfarzo e l’aristocratica malinconia del dramma per musica tardo-barocco e metastasiano; la scatenata vitalità e la sottile schermaglia psicologica, nonché l’arguzia e la vis comica dei personaggi degli intermezzi. L’incontro e la fusione dei brani del geniale intermezzo “La Serva Padrona” con la lingua napoletana, che vede i recitativi dell’intermezzo più famoso, chiacchierato, applaudito e rappresentato trasposti in lingua vernacolare, nasce quindi nel modo più naturale e spontaneo, perché è proprio la scrittura musicale pergolesiana a prescindere dalle parole dell’altrettanto mirabile libretto di G. A. Federico, che riprende ed è totalmente intrisa della musicalità dell’idioma partenopeo.

Cristina Patturelli è un soprano lirico, impegnato ad ampio spettro sugli aspetti tecnici, didattici, fisiologici e filologici della voce lirica e moderna. Pur privilegiando, come interprete, il repertorio lirico, ha studiato tutti gli aspetti tecnico-espressivi della vocalità moderna, classica e antica per andare al di là dell’esecuzione e affiancare alla carriera artistica una intensa attività didattica come vocal trainer. Per comprendere a fondo le prassi esecutive e le sfumature del testo, ha intrapreso un percorso duplice attraverso lo studio musicologico e l’approfondimento degli aspetti strettamente fisiopatologici della voce.

L’Accademia Musicale Fortepiano presenta “La Serva Padrona” di Cristina Patturelli nell’ambito della Rassegna “Un Libro per té” was last modified: febbraio 22nd, 2018 by L'Interessante
22 febbraio 2018 0 commenti
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bianchini
BasketIn primo pianoLibri

VALERIO BIANCHINI E LE SUE … BOMBE. AMARCORD DI UN BASKET CHE FU

scritto da Walter Magliocca

bianchini

“Bianchini le mie bombe”. Il libro di Paolo Viberti fa tappa anche a Caserta

“Una riunione tra vecchi amici del basket” così Lucio Bernardo ha dato il “la” alla serata di presentazione del libro di Paolo Viberti, già giornalista di Tuttosport con il coach, denominato “vate” Valerio Bianchini e le .. “sue” bombe.

E di amici ce n’erano tanti nella sala del ristorante Leucio. Nando Gentile, “Giorgio” Glouchkov con la moglie Lucia, Mario Simeoli, Sergio Donadoni, Sergio Mastroianni, Gambardella, Antonio Di Lella, Massimo Sbaragli oltre gli ex presidenti di Caserta e Napoli, Gianfranco Maggiò e Nicola De Piano, spinto sulla sua carrozzella ma che ha risposto presente alla “rentree” casertana, dopo l’assenza napoletana di ieri al Palabarbuto.

Protagonisti di un Basket che non c’è più. “Nulla mi piace del basket moderno”, così Valerio Bianchini prima di addentrarsi in racconti ed aneddoti.

Tappa perché “Caserta è città che ha dato tanto alla palla a spicchi nazionale”, così Paolo Viberti, ricordando le imperdibili “mangiate di gusto” dell’”oro bianco” e che ha concluso “fate di tutto per salire su. Fate nuovamente canestro”, l’unico accenno alla crisi casertana. Detto con il cuore di sportivo e amante della Terra di Lavoro. Diventata terra di basket, grazie allo stile e pervicacia di un uomo venuto dal nord.

Tanti aneddoti e tanti ricordi

Molteplici gli aneddoti, presenti nel libro e raccontati. “Gli assenti hanno avuto torto”. I due protagonisti della serata hanno captato l’attenzione e la curiosità dei presenti.

Paolo Viberti a ricordare l’affetto, la disponibilità e l’amicizia con molti casertani, soprattutto nel periodo d’oro del basket cittadino. Valerio Bianchini a ripercorrere cinquantanni da protagonista sui parquet di tutto il mondo.

La sua predilezione per gli americani per raccontare che al Palamaggiò, con la sua Scavolini, un tifoso bianconero gli gridò “Bianchni hai cambiato più “neri” tu che Moana Pozzi”.

Un racconto che nel libro spazia da “Bill Bradley alle squadre Smartphone”.

Un racconto fatto anche di “chicche” e episodi, alcuni inediti con “tutto quello che nessuno ha osato dire sugli ultimi 50 anni del basket italiano”. Uno sport diverso. Fatto di cuore e valori.

E l’incasso devoluto ai più bisognosi.

Una vetrina di uno sport che sembra essere l’opposto di quello vissuto e giocato oggi. Ma sempre piacevole e affascinante.

Un tuffo nel passato, gradevole, interessante, simpatico e, per certi versi, intriso di commozione.

“Il futuro è la porta, il passato ne è la chiave”. Così ha chiuso Paolo Viberti ricordando una citazione di Victor Hugo.

VALERIO BIANCHINI E LE SUE … BOMBE. AMARCORD DI UN BASKET CHE FU was last modified: novembre 15th, 2017 by Walter Magliocca
15 novembre 2017 0 commenti
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Parigi
CulturaEventiIn primo pianoLibri

Luigi La Rosa : Parigi, la mia salvezza e la mia rinascita

scritto da L'Interessante

Parigi

Di Christian Coduto

“Christian, sai che non sono mai stato a Caserta?”. Ha inizio così la mia chiacchierata con Luigi. Mentre passeggiamo per i giardini della Reggia, lo vedo girarsi intorno con curiosità, fame di sapere. Ha indosso una polo color vinaccia e dei pantaloni rosso pompeiano. Persino il trolley che si porta dietro è tendente al rosso. “Non è che sia il mio colore preferito” ammette ingenuamente “Il fatto è che il mio trolley l’ho distrutto e questo è di mia madre”.

Siciliano (messinese, per la precisione), vive tra l’Italia e la Francia da molto tempo. Come tutte le persone che provengono da terre ricche di sole, è socievole ed affettuoso. Lo riempiresti di abbracci, per quanto è gentile. Parla come se ci conoscessimo da una vita. si lascia andare a confidenze private con uno sguardo da eterno bambino e ascolta le mie parole quando gli racconto situazioni analoghe che ho vissuto anche io. Ama l’arte: rimane incantato dalla bellezza del palazzo edificato da Luigi Vanvitelli …

Luigi La Rosa ci parla della “sua” Parigi

Chi è Luigi La Rosa?

Luigi La Rosa è un’identità. Quella che cerca di assumere da sempre (e quello che sta cercando di diventare) è la figura di un narratore di storie e di personaggi che vengono da lontano e che portano nel rapporto con la città di Parigi, ma soprattutto nel rapporto con l’arte e con la dimensione estrema del vivere una loro autenticità personale.

Perché hai deciso di trasmettere le tue emozioni attraverso la scrittura?

Ho studiato per almeno 6 anni pianoforte e composizione. Fino a 18 anni ero convintissimo che il mio futuro sarebbe stato quello della musica. Premetto, però, che io scrivo da sempre. Mi dicono che da piccolino, quando avevo all’incirca 3 anni, stavo sul tappeto e scrivevo per interi pomeriggi … a 7 anni avevo già un quaderno di poesie … a 12 anni lessi il mio primo romanzo “Menzogne e sortilegio” di Elsa Morante. Da quel momento è stato un crescendo di letture nuove. Ad un certo punto mi resi conto che il mio rapporto con la parola stava diventando più forte del mio rapporto con la musica. Intendiamoci: ancora oggi, se ascolto un pezzo di Chopin mi viene la pelle d’oca … però era sempre più chiaro che la musica non era la strada che avrei dovuto e voluto seguire. La parola era il “luogo” in cui potevo essere completamente me stesso, per raggiungere quel massimo di intensità ed espressività verso le quali tendevo. In effetti iniziai a studiare pianoforte sul tardi, avevo già 12 anni … tra i 18 e i 20 anni la scrittura si è impossessata di me: ho messo da parte le poesie e ho iniziato a scrivere racconti, testi di narrativa e così via.

Parliamo di “La luce e il riposo” e il viaggio che fa il protagonista …

Quello del protagonista è un viaggio che, in qualche modo, si muove verso la ricerca di qualcosa: deve consegnare un libro (che ha trovato in metropolitana) ad un uomo. Quest’uomo, che è già comparso nel libro precedente, diventa automaticamente un ideale amoroso, sentimentale. Durante la ricerca, il protagonista si imbatte in alcune figure, che sono in realtà delle presenze, degli spettri, figure di uomini e donne vissuti anni addietro che, sempre a Parigi, hanno trovato una direzione nel piano dell’amore e della creatività perché sono tutti grandi artisti del passato. È un libro sull’inseguimento. Ci sono anche dei momenti di riposo, durante i quali il protagonista contempla Parigi, vive in questa dimensione onirica, ma di base è un romanzo di fughe verso questo ideale estetico, che accomuna poi tutti i personaggi descritti.

In tutti i miei libri c’è sempre questo bisogno di cercare Parigi per cercarsi e ritrovarsi. Parigi è un labirinto che sfugge a chi tenta di possederlo … a questo punto qual è la maturazione del personaggio? Rendersi conto che Parigi è stato un pretesto per una ricerca che è tutta interiore. Parigi è un luogo ideale, potrebbe essere Vienna, Berlino … come dice il poeta greco Konstantinos Kavafis “Itaca non è la meta che devi raggiungere, ma è quella spinta che ti ha portato a viaggiare”.

“Solo a Parigi e non altrove. Una guida sentimentale”. A chi è dedicata? A quale tipologia di lettore?

Non ha un lettore ideale. E’ una guida sentimentale perché ti porta attraverso la dimensione d’amore che hanno vissuto gli artisti. Però, allo stesso tempo, è un romanzo di formazione perché il personaggio perde un amore, ne incontra un altro. E, come sempre accade, subisce un’evoluzione, una crescita. Ed è anche un diario di viaggio perché è un reportage di come muoversi per la città. Quindi ci sono diverse stratificazioni per altrettante tipologie di potenziali lettori.

“Quel nome è amore. Itinerari d’artista a Parigi” …

Anche qui abbiamo degli itinerari. Il mio tentativo, in queste storie, è creare dei piccoli cammei in cui rappresento delle esistenze esemplari di artisti che sono diventati immensi nell’arte come Jean Cocteau, Raymond Radiguet, Jean-Frédéric Bazille o Carlos Casagemas, pittore amico e rivale di Pablo Picasso.

Ha una conoscenza culturale a 360 gradi. Si destreggia con facilità tra pittura, scrittura, poesia e quant’altro. Provo leggera soggezione a relazionarmi con lui. Eppure, nulla in Luigi La Rosa lascia trasparire atteggiamenti di superiorità: è un uomo semplice, che ama condividere e mettersi in discussione.

Messina e Parigi … così distanti, così vicine. E decisamente poetiche …

Sì. Il luogo in cui sono nato e il luogo in cui sono rinato, rispettivamente. In realtà sono l’antitesi: la radice da cui mi stacco volontariamente (sebbene con un certo dolore) e la meta che scelgo con egual dolore perché lì ti assumi delle responsabilità. E’ un paese straniero, una lingua che non è la mia … adesso è diverso, ho tanti amici lì, ma all’inizio ero completamente solo. I due poli di un cammino ideale … la nascita e il punto di arrivo. Ammetto anche di essere molto combattuto tra i due poli, sento costantemente il bisogno di ritornare non solo a Messina, ma proprio in Italia. Parigi è la mia città, la amo incondizionatamente, ma non posso fare a meno dell’Italia e non sono in grado di rinunciare alla cultura che mi ha formato, che mi appartiene. Parigi è un arricchimento perché si aggiunge a ciò che era già mio, pensa al Rinascimento per esempio. Grazie al Rinascimento ho potuto quindi apprezzare e comprendere l’Impressionismo.

Che tipo di amore vivi? Sei uno di quelli che riesce ad essere distaccato o ti lanci a capofitto?

 

 

Io mi lancio completamente a capofitto! Vivo l’amore di pancia, di viscere. Il cervello e la razionalità li metto da parte. Anzi, ti dirò: quando sono innamorato, la razionalità la vedo proprio come una nemica. Il che mi porta a commettere dei casini assurdi (ridiamo amaramente), do delle capocciate terribili dalle quali devo poi riprendermi. Non mi pento del mio modo di amare perché sono situazioni che mi lasciano delle cose molto forti, sia in termini di passione sia di dolore e ferite. Ho un rapporto molto passionale e conflittuale con l’amore … è una forza per me necessaria, ma sento anche la crisi che genera in me.

Strano.

Normalmente, un personaggio famoso, un personaggio pubblico, è solito porsi di fronte all’intervistatore o ad un pubblico di potenziali acquirenti con l’aplomb di chi non ha dubbi, che sa perfettamente ciò che vuole.

Qui, invece, accade esattamente il contrario: Luigi mette in mostra i suoi punti deboli. Li espone senza timore di apparire imperfetto. Sa che sono parte di sé e, senza di essi, non sarebbe più l’uomo che ha visto crescere umanamente e culturalmente in tutti questi anni. L’amore gli dona e gli toglie qualcosa ogni volta, se ne rende conto. Eppure, non può farne a meno. Gestire le emozioni è complesso, soprattutto quando a viverle è una persona di una sensibilità così evidente come nel suo caso.

Qui da noi si dice che, quando un essere umano si fa male soprattutto in amore, poi gli altri lo devono venire a raccogliere con il cucchiaino. Tu ti fai aiutare dagli amici o ti salvi da solo?

Lo diciamo anche a Messina! Sai una cosa? Non solo mi faccio salvare quando l’amore finisce … io, già mentre sto vivendo il tormento dell’amore, giornalmente ho i miei preziosi amici, quelli più cari che mi tengono d’occhio e mi danno consigli. Il problema è che ho una testa mia e, dopo aver parlato con loro, faccio completamente l’opposto di ciò che mi hanno detto (ride fragorosamente). Ringrazio la vita per questi amici che mi vogliono un bene enorme … talvolta mi lasciano cadere perché sanno che il farmi male è necessario, ma allo stesso tempo mi dicono “Cadi pure, tanto ti rialziamo noi!”

Quanto di personale c’è nelle storie che racconti?

Tantissimo: quando scrivo io divento il personaggio. Avverto proprio il bisogno di entrare nelle storie che racconto, di farne parte. Divento contemporaneamente Raymond Radiguet, Carlos Casagemas … considera che, mentre le scrivo, io sto male … percepisco i crolli, sento le cadute, le accensioni, ma mi porto dietro anche le leggerezze, le passioni. Non è un caso che, nei miei libri, non si capisca mai perfettamente dove termini il personaggio e dove inizi Luigi La Rosa. E quando anche ti sembra di averlo capito, è un bluff perché c’è molto altro. E’ un gioco che coinvolge il lettore.

Aggiungo: c’è molto di me, ma anche di quello che mi piacerebbe essere. La forza, il coraggio che talvolta mi mancano, ma possiedo il desiderio di ottenerle, farle mie.

Spesso mi dicono “E’ strano … è una storia tragica, eppure si esce dal libro con una passionalità e una leggerezza inaspettate”. Il tutto avviene perché la passione e l’intensità dei protagonisti li riscatta in pieno.

Empatia. Ecco il suo tallone d’Achille: provare ciò che provano gli altri. Provare troppo. Impossibile chiedergli di agire diversamente: significherebbe rinnegare la sua vera natura. E’ una piccola condanna dell’essere, anche se dà l’idea di convivere bene con  i suoi “limiti”, sempre che così si possano definire …

Sei stato ospite di Rain Arcigay Caserta Onlus per presentare “Quel nome è amore”. Che impressioni hai avuto della serata e dell’associazione?

Mi sono trovato benissimo! Un gruppo di persone meravigliose. Mi è piaciuto tanto il senso di unione, amicizia, libertà e rispetto. C’è l’impegno, il confronto che non è sempre frequente, purtroppo. Ideali, sentimenti, passioni … tutto ciò è molto bello davvero. E’ stata un festa, tanto interesse nei confronti del libro. Auguro a Rain un lavoro costante di crescita, perché di queste associazioni ne abbiamo tanto bisogno. Spero rimanga invariato il senso di giocosità, perché questo spirito di amicizia è unico.

Qual è il film della tua vita e perché?

Ne ho diversi, ma quello che rivedo sempre con maggiore struggimento è “Il favoloso mondo di Amelie” perché c’è quella dimensione di candore, mista a diversità, che sento molto nel mio rapporto con Parigi. Il personaggio interpretato da Audrey Tautou mi assomiglia tanto: da un lato è una sognatrice, ha un’idea estetica della vita, ma è anche una diversa, per certi versi può sembrare strana, esce dagli schemi. Quel suo senso di poesia mi ha fatto innamorare di Parigi per la prima volta. Tra le altre cose … più di metà del libro è stato scritto nel bar in cui è girato “Amelie”. Un localino delizioso a Montmartre … dietro di me c’era la locandina del film, il nanetto in bagno e così via.

Se dovessero trarre un film da uno dei tuoi libri, quali attori vorresti?

Per il mio ultimo libro? Sicuramente vorrei Michael Fassbender nel cast, un attore pazzesco. E Meryl Streep! Un’attrice e una donna dal fascino infinito.

E adesso marzulliamo : fatti una domanda e datti una risposta                                                                                                                                                             

“Ma ti stancherai mai di Parigi?” La risposta, ovviamente, è NO! Spesso gli amici mi dicono che, con il passare del tempo, anche questa città diventerà come tutte le altre. Invece a me succede l’opposto: più passa il tempo, più sento la necessità di viverla e conoscerla ulteriormente.

Prima di salutarci, rivolgo a Luigi un’ulteriore domanda … “Una piccola curiosità: ma hai mai visto Midnight in Paris?” “Certo” risponde all’istante “Dodici volte! Lo amo da morire!”

Non avevo alcun dubbio …

Luigi La Rosa : Parigi, la mia salvezza e la mia rinascita was last modified: giugno 1st, 2017 by L'Interessante
1 giugno 2017 0 commenti
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Bianca
CulturaIn primo pianoLibri

Bianca Baratto ospite dell’ Intervista Interessante(10?II)

scritto da L'Interessante

Bianca

Maura Messina

Affezionati followers de L ’Interessante oggi la giovane rubrica 10?II (dieci domande per l’Intervista Interessante) ospita una personalità emergente del mondo della scrittura.

Questo venerdì, Maura Messina intervista l’autrice de Il ritorno(La strada per Babilonia edizioni), Bianca Baratto. La scrittrice ci offre un viaggio alla ricerca della felicità e ce lo spiegherà rispondendo alle dieci domande di rito. Siete pronti? Tra poco si parte per questo affascinante viaggio nell’universo umano, a volte contorto, complesso sicuramente, ma sempre terribilmente affascinante. Vi auguriamo buona lettura!

 

Scopriamo chi é Bianca Baratto

 

1) Un rigo per presentarti

Sono Bianca Baratto, da sempre appassionata di letteratura ho scritto moltissimo, tutta la vita. Posso dire che l’amore per la scrittura è nato con me. Soltanto da poco ho scelto di pubblicare

 

2) Due righi per scoprire il titolo e un accenno alla trama tuo libro

Il titolo di questo romanzo “IL RITORNO” è legato al significato profondo di una storia in cui gli interpreti attraverso una intensa crisi esistenziale arrivano a comprendere il senso della loro vita e il suo vero significato.

 

3) Tre righi dedicate al protagonista

In questa storia non c’è un solo protagonista, le vite di più personaggi si intrecciano tra loro mentre si dipanano i loro destini e nulla accade per caso. Come nella realtà ogni avvenimento si palesa nella vita di ognuno di loro per spingerli a guardarsi dentro, per insegnar loro che ognuno di noi è il solo responsabile della propria felicità. Come e perché lo si potrà comprendere leggendo il romanzo.

 

4) Quattro righi per il personaggio al quale ti senti più legata

È difficile per me dire a quale dei personaggi sono più legata. In qualche modo li ho amati tutti nel momento in cui li ho creati. Marta, perché è una donna coraggiosa, sempre disposta a guardarsi dentro e ad ascoltare il suo cuore. Non cerca mai di scaricare responsabilità su altri conscia del fatto che noi, con le nostre scelte, siamo i soli artefici dell’andamento della nostra vita.   A Guido invece sono affezionata perché ha un cuore generoso e vive le emozioni  in un modo che va al di là della sua razionalità di uomo concreto e solido. E poi c’è Amal, come si fa a non amarlo? E’ la saggezza e l’amore fatti persona, nonostante il suo modo un po’ severo di porsi.

 

5) Cinque righi per commentare il tuo libro preferito

Impossibile dire quale sia il mio libro preferito. Molti sono stati importanti per me e hanno segnato un momento di crescita nella mia vita. Mi sono nutrita di libri tutta la vita e ho goduto a piene mani della capacità geniale di raccontare di moltissimi autori.

A seconda del momento del mio vissuto ho apprezzato ora bellissimi romanzi, ora storie di vita vera, ora testi offerti da studiosi dell’Anima che mi hanno aiutato a meglio comprendere me stessa e gli altri. Se proprio devo citarne uno ricordo un bellissimo romanzo di J. Talete:

“Ai figli dei figli” che mi ha tenuta inchiodata alle sue pagine dall’inizio alla fine. Ma sinceramente farei torto a molti citandone solo pochi.

 

6) Sei righi per raccontarci come nasce la tua passione per la scrittura

… vedi 1)

 

 

7) Sette righi per rivelarci altre tue passioni

Se dovessi dire quali altre passioni mi accompagnano nella vita di certo nominerei quella per la fotografia, che mi ha vista anche protagonista di una mostra. E’ una passione che purtroppo pratico poco ultimamente , a causa dei molti impegni. Ma di certo, quando  mi è possibile , me ne vado in cerca di “bellezza” con la mia fedele macchina fotografica e mi godo ogni attimo , sempre , come fosse la prima volta.

Anche lo studio dell’Animo umano contrassegna la mia vita come vera e propria passione e a questa mi dedico spesso e con impegno, per migliorare me stessa , ma anche per meglio comprendere chi mi circonda e le dinamiche  che regolano l’esistenza umana.

 

8) Otto righi per ritornare al tuo libro: chi vorresti lo leggesse?

Quando ho deciso di scrivere questo romanzo non avevo ancora idea di come si sarebbe svolta la storia, poiché non parto mai da una idea precisa ma sempre e solo da una emozione.

Una forte emozione o un ricordo importante che affiorano alla mente e mi spingono a metterli nero su bianco. Da li può nascere il desiderio di intraprendere il cammino della affabulazione, la voglia di narrare una storia. E durante quel cammino i diversi personaggi che si affacciano alla mia fantasia sembrano venire in mio aiuto man mano che ne ho bisogno per meglio spiegare questo o quel sentimento , o avvenimento…

Per questo motivo all’inizio di questo romanzo non sapevo ancora chi avrebbe potuto leggerlo e apprezzarlo. Oggi tuttavia mi rendo conto che tutti, dall’adolescenza alla vecchiaia, possono  leggerlo e ritrovare in esso qualcosa di sé e per sé stessi. Un momento di nostalgia , o di freschezza, o di riflessione… Insomma un po’ della vita che hanno appena iniziato a vivere o che già hanno vissuto.  Ai  lettori  riuscirà difficile se non impossibile non farsi coinvolgere e commuovere. Sarei davvero felice di sapere che sono arrivata al cuore di molti di loro.

 

9) Nove righi per salutare i lettori e convincerli a leggere tutto fino alla fine… perché il più bello, si sa, arriva alla fine

…. vale 8)

 

10) Dieci righi per citare uno stralcio della tua opera

Di cosa parla questo romanzo?

Di un uomo giovane e affermato che vive, accanto alla sua compagna, in una Milano che soddisfa tutte le loro esigenze. Così almeno sembra, fino al ritrovamento del cadavere di una donna indiana, che da inizio ad un inaspettato cambiamento nella vita dei due giovani. Essi lasceranno l’Italia per raggiungere Nuova Delhi. Attraverso questo viaggio in India incontreranno la loro parte migliore. Conosceranno il dolore vero, ma anche la gioia e la rinascita. I protagonisti faranno incontri straordinari e indispensabili alla realizzazione della loro nuova esistenza ed i luoghi che vedranno: da Delhi a Londra, da Calcutta alla valle del Paddàr saranno anch’essi protagonisti importanti.

E’ una storia che infonde coraggio e speranza, per chi non ha paura di farsi trasportare dalle emozioni.

 

Bianca Baratto ospite dell’ Intervista Interessante(10?II) was last modified: marzo 30th, 2017 by L'Interessante
30 marzo 2017 0 commenti
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Emiliano
CulturaIn primo pianoLibriMusica

Emiliano Gambelli: quando comporre è sinonimo di nobiltà d’animo

scritto da L'Interessante

Emiliano

Di Christian Coduto

Conosciamo oggi Emiliano Gambelli, scrittore e cantautore. Socievolissimo, si siede accanto a me e sorride. Nel momento in cui gli pongo la prima domanda, inizia a chiacchierare allegramente.

 

Emiliano Gambelli risponde alle domande de “L’interessante”

D: Parlaci un po’ di te …

R: Lo ammetto … domande del genere mi imbarazzano un pochino, perché mi riportano alla mente i colloqui di lavoro (scoppiamo a ridere). Molto semplicemente, Emiliano Gambelli è un ragazzo che si diverte a comporre musica e scrivere libri per passione. Senza alcun fine di fama o di soldi. Sono pragmatico, rimango con i piedi per terra. E’ un mio sogno: lasciare una traccia di me, per rimanere nel ricordo delle persone che mi vogliono bene.

D: Sei un artista a tutto tondo … hai realizzato, infatti, anche due romanzi: “L’ultima danza” e “I due angeli” …

R: Sì a tutto tondo … magro come un chiodo, ma a tutto tondo (ridacchia). Artista, non lo so francamente. Se fai riferimento al fatto che creo arte, allora sì. Io vivo il tutto come una passione: metto su carta o trasformo in musica quello che provo durante l’arco della giornata, dei mesi, della vita. Quello che provo io e, spero, anche gli altri. Talvolta scrivo delle canzoni che non parlano necessariamente di me, ma raccontano situazioni che possono capitare a tutti. Scrivo del quotidiano, una definizione che mi è stata data e che amo molto. Per ciò che riguarda i miei romanzi, che sono ancora in vendita, vorrei aggiungere una cosa che per me è motivo di orgoglio: con “L’ultima danza” sono in finale al concorso “AlberoAndronico” il 7 aprile! Non mi importa se non dovessi vincere, per me presenziare al Campidoglio è già una grande soddisfazione!

D: Con lo pseudonimo de “Il matematico” hai inciso il cd “Domande aperte”…

R: “Domande aperte” è il mio primo cd come “Il matematico” e il secondo da solista. Il primo fu “Tea time” del 2010. Un progetto autoprodotto, più casereccio, alle prime armi e completamente in inglese. “Domande aperte” l’ho realizzato con Valerio Allegrini, un arrangiatore e chitarrista bravissimo, di Roma come me. E’ un cd composto da 7 tracce: del brano “Houdini” esiste un videoclip su youtube; è una canzone che affronta il tema della difficoltà di emergere in un mondo ricco di raccomandazioni. In realtà, più che emergere, sopravvivere, anche nei lavori più semplici. La meritocrazia, purtroppo, è merce oramai rara … la canzone “Il matematico”, invece, ha come tema i numeri della vita. Ha un testo che si basa sui giochi di parole. Un equilibrio tra parole e numeri. Nasce dalla mia difficoltà, nella vita, di far quadrare i conti. Tra le altre cose, lo sai che io ho sempre odiato la matematica? E’ stato un modo per esorcizzare la materia!

D: Com’è il tuo lavoro in sala di incisione? Sei il tipo “Buona la prima”?

R: Non sono assolutamente il tipo da “Buona la prima”! Non lo sono in sala di incisione, né tantomeno all’Ikea quando devo comprare un mobile o nella vita in generale. Però ammetto che non passerei mai due mesi per incidere un brano. Se una cosa non mi convince la rifaccio, certo. Credo nel lavoro di gruppo, nella sinergia. Se ho un limite, preferisco collaborare con qualcuno che sia migliore di me in quel contesto. Di base, io porto in sala di incisione la bozza della canzone (gli accordi, l’idea, la metrica, la linea melodica, il testo) e poi si lavora insieme per ciò che è l’arrangiamento, per completare in brano in quanto tale.

Spigliato, gentile, autocritico. Colpisce la sua onestà. E’ un tipo alla mano. Ammiro il suo lanciarsi in mille avventure. Alcune avranno successo, altre (forse) meno? Non importa: mai vivere di rimpianti.

D: Qual è l’esperienza live che ti ricordi con più affetto?

R: Me ne ricordo parecchie. Ognuna in un periodo differente. Con uno dei primi gruppi (avevo 18/19 anni), facemmo un live a Roma su un palchetto costruito all’interno di una stazione di benzina. In tutto, facemmo tre concerti. Il secondo lo tenemmo all’interno di un pub. Fu un’esperienza bellissima perché vennero tutti gli amici e i conoscenti del quartiere. Per la prima volta vedemmo gente cantare la nostra canzone e pogare sotto il palco. Con la Tribute Band dei The Darkness (proprio quelli di “I believe in a thing called love” N.d.R.) ci fu un concerto a Potenza, in Basilicata, che fu particolarmente divertente. Ogni live lo ricordo con affetto, anche quelli più intimi, come quelli che ho tenuto in teatro.

D: “Domande aperte” è molto vario e variegato, ha stili e sonorità differenti. Quanto tempo ha richiesto la stesura dei brani e l’incisione?

R: E’ un album variegato perché ascolto tanta musica. Nella “sfortuna” di non avere un’etichetta discografica, ho la fortuna di essere libero e di poter fare ciò che voglio, cercando di unire il tutto dando una sequenzialità, magari richiamando i vari brani tra di loro, pur toccando stili completamente diversi che vanno dal rock di “Houdini” al pop più ammiccante de “Il matematico” fino ad arrivare ad una ballad come “Sai perché”. Mi piace che sia così, non voglio rimanere ancorato ad un singolo stile.

D: Il singolo “Eclissi mentale” ha per te un significato particolare, per una serie di motivi …

R: Sì … ho avuto la fortuna di incontrare una persona che mi ha fatto conoscere questa struttura Onlus alla quale saranno devoluti gli incassi del brano. Sono venuto a conoscenza di tante informazioni preziose relative a malattie rare, di cui non si parla mai abbastanza. Ho voluto dare un mio piccolo contributo alla ricerca. Il brano costa 99 centesimi, dobbiamo essere in tanti per ottenere qualcosa di significativo! Invito tutti a dare un’occhiata al sito di “Viva la vita Onlus Italia”  www.vivalavitaitalia.org . Spero solo di fare qualcosa di utile, di accendere un piccolo riflettore sul problema, ricordandoci sempre che la parola rara è difficile da comprendere quando si è colpiti … si può acquistare il brano su Amazon, Itunes e Google play. Ad integrazione del mio brano, anche il 50% degli incassi relativi alla vendita del cd “Domande aperte” sarà destinato a Viva la vita Onlus Italia. Siamo partiti fortissimi: pensa che, nelle prime settimane, mi sono ritrovato al primo posto delle classifiche di Google Play!

D: Io mi occupo di cinema. Cinema, musica e scrittura vanno di pari passo … qual è il film della tua vita e perché?

R: Il film della mia vita … credo che ce ne sia più di uno. Allora: “Braveheart” di Mel Gibson e “The butterfly effect”. Tra i film italiani ho un grande amore per “Non ci resta che piangere”! Ultimamente mi hanno colpito “Perfetti sconosciuti” e “Smetto quando voglio”. Adoro i film tratti dalla Marvel; il cinema per me è intrattenimento, uno svago.

D: Cosa dobbiamo attenderci da Emiliano Gambelli per questo 2017?

R: Dipende dal Fantacalcio (ride): se lo vinco, preparo subito un altro brano! Mi piacerebbe realizzare un EP con i “La fine” e organizzare degli eventi live, impresa ardua ma non impossibile! Con la AUGH edizioni uscirò con un nuovo romanzo entro aprile!

D: Grazie mille per la tua disponibilità!

R: Un abbraccio!

ph. di copertina di Monja Zoppi

Emiliano Gambelli: quando comporre è sinonimo di nobiltà d’animo was last modified: marzo 31st, 2017 by L'Interessante
30 marzo 2017 0 commenti
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Giulia
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Giulia Sangiuliano e il suo (Ph)enomena all’ Accademia FortePiano

scritto da L'Interessante

Giulia

Di Michela Salzillo

Immaginate una domenica pomeriggio, di quelle pigre, piene zeppe di divano, telecomando e qualche sbuffo qui e là, poi resettate tutto e ricominciate dall’inizio. Pensate alla primavera che c’è e non c’è. Quella che vi fa litigare con l’armadio fino a dieci minuti prima di uscire di casa; alla stagione mite, un po’ nostalgica, che vi riporta al desiderio di ancora qualche minuto di tepore, stretti fra una chiacchiera, una tazza di tè e, perché no,  un buon libro.

È una cosa semplice, una cosa vera, che se per molti è già successa, per altri resta una sorpresa da scoprire. È un desiderio che quei posticini piccoli piccoli ma pieni di sogno e voglia di raccontarsi ti insegnano a cercare.  Tra questi c’è sicuramente da annotare l’ Accademia Fortepiano di San Prisco che, per il ciclo “un libro per Tè”, domenica scorsa,   ha ospitato

(Ph)enomena,  l’ intensa storia firmata dalla giovanissima psicologa Giulia Sangiuliano.

A moderare la presentazione, intervallata da musica dal vivo e una piccola trasposizione teatrale, a cura di Corrado Del Gaizo, sintetizzante il tema centrale del libro, è stata la psicoterapeuta Valentina Masetto che, sin dalle premesse, ha inteso (Ph)enomena come un libro che si muove sulla chiave profonda della sofferenza. Dal suo canto, l’autrice ha confermato a pieno consenso tale intuizione, sottolineando, non raramente, quanto l’esperienza personale l’abbia aiutata a scrivere un testo del genere. Il sé è dunque stato il motore primo per poter mettere nero su bianco il canovaccio del romanzo. Si tratta infatti di un libro semi- autobiografico.

 (Ph)enomena la storia di Giulia Sangiuliano che grida riscatto

Noterete – ha detto la  Sangiuliano- che alcuni episodi descritti nel testo sono stati realmente espediti, realmente vissuti da me stessa- . Come in ogni libro ben strutturato, anche in questo caso, l’equilibrio fra il personale e l’intreccio inventato non conosce dislivello. A dirlo è l’autrice stessa, che in uno dei personaggi perno della narrazione, qual è il dottor Clerck, ritrova di sé stessa la parte estremamente razionale. Un elemento che, nel romanzo così come nella vita dell’autrice, si scontra con quello sensibile, la parte dell’ intimo, a tutti necessaria, che troppe volte, spesso per difesa, siamo costretti ad accantonare in un angolo.

 Ma non è mai troppo tardi per rinascere, anzi! Per chi trova il coraggio di attraversare il dolore, la sofferenza, il secondo embrione- quello scelto da noi stessi – la risalita diventa quasi una diretta e dovuta conseguenza.

 La malattia, in (Ph)enomena, è difficoltà e ricchezza assieme. Lo insegna chi questa storia la scrive e lo ricorda il personaggio principale del romanzo. Verità e finzione, infatti, si incontrano nel punto della convivenza, difficile ma al tempo stesso restituente, con la disabilità mentale. Vittoria, la co-protagonista del libro, e Giulia, l’autrice, hanno entrambe una sorella con cui sperimentano, nel tempo, un legame fortissimo. Un legame che, però, non può prescindere, purtroppo, e forse col senno di poi anche per fortuna, dalla problematiche legate a un ritardo psichico.

Riportare questo tipo di esperienza- dice Giulia- è stato un atto d’amore, ma anche un momento parecchio catartico: “ ho fatto un salto indietro bello ampio, legato all’elaborazione interiore di tutto ciò che ho vissuto, ma anche un grande salto avanti, perché sono riuscita ad acquisire maggiore consapevolezza delle mie esperienze che, ovviamente, in adolescenza, rispetto all’età adulta, si vivono in maniera un po’ più complicata.”

Alla sorella Giulia  non dedica solo il libro, diventato oggi un valido progetto editoriale a cura di Eretica Edizioni, ma riconosce a lei la sua personale primavera di cui, tutt’ oggi, va fiera e orgogliosa.

Giulia Sangiuliano e il suo (Ph)enomena all’ Accademia FortePiano was last modified: marzo 30th, 2017 by L'Interessante
28 marzo 2017 0 commenti
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La strada per Babilonia lancia una collana per il sociale

scritto da L'Interessante

Strada

Tutti i titoli inseriti nella collana per il sociale firmata La strada per Babilonia sono stati pubblicati, oltre che per il loro valore letterario, anche per contribuire ad aiutare associazioni umanitarie, comprese quelle finalizzate alla ricerca medica e scientifica.

Tra gli obiettivi prioritari, ovviamente, va considerata la sensibilizzazione del lettore a tali tematiche. Le associazioni potranno acquistare copie a prezzo di costo (quello tipografico) e usarle per auto-finanziarsi, rivendendole ai loro eventi. Molti autori, inoltre, devolveranno i loro diritti a tali associazioni.

Il Basilisco – o della speranza- battezza la collana per il sociale de La strada per Babilonia

Il Basilisco – o  della speranza – di Stefano Cortese è il primo titolo lanciato per dare il via a tale progetto.  In questa raccolta di racconti e novelle, che racchiudono un arco temporale che va dal Medioevo francese ai primi anni del Novecento italiano, affiora una concezione del mondo e dell’uomo che, pagina dopo pagina, si scopre essere metastorica più che meramente storiografica.

 Se l’Italia rurale del post brigantaggio narrata ne La Sila diventa occasione di realismo magico, e se il tempo cronologico del racconto finisce per sfumare nel tempo mitico, non sorprende allora che gli altopiani montuosi che fanno da scenario alla vicenda siano quelli della cosiddetta Sila Greca, rappresentata non a caso come un portale mistico di unione e incontro con dèi e demoni. A fare da contraltare alla religiosità di pastori e carbonai calabri è invece il breve Il cetorino, in cui, in una pregnante e pragmatica dimostrazione di stoicismo, vengono immaginati gli ultimi giorni di vita di Gioacchino Murat, impotente dinanzi all’unica possibilità che gli resta: l’accettazione del destino. Riflessioni sull’aut-aut tra nobiltà di spirito e nobiltà di sangue sono inoltre offerte dai suggestivi L’incidente di Teplitz e Le nevi dell’altro anno: nel primo caso attraverso un confronto tra il genio musicale di Beethoven e quello letterario di Goethe, e nel secondo attraverso una collazione tra i versi apollinei del duca-poeta Charles d’Orléans e quelli dionisiaci del brigante e poeta maledetto François Villon. Autentica epopea sul senso di colpa e sulla lenta e claustrale estinzione della speranza è infine la novella che dà il titolo alla raccolta e che, attraverso la drammatica vicenda di Maria D’Avalos e Fabrizio Carafa, trucidati per mano di Don Carlo Gesualdo da Venosa, si fa portatrice dei temi esistenziali del nulla e dell’attesa, del silenzio e dell’assenza, ma che, contestualmente, reca un messaggio su tutti: un messaggio sull’importanza dell’arte.

La strada per Babilonia lancia una collana per il sociale was last modified: marzo 23rd, 2017 by L'Interessante
23 marzo 2017 0 commenti
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dieci
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Dieci domande per l’Intervista Interessante (10?II) a Patrizia Angelozzi

scritto da L'Interessante

dieci

Di Maura Messina

Cari amici de L’ Interessante, eccoci alla terza puntata della giovane rubrica 10?II (dieci domande per l’Intervista Interessante).

Questa settimana Maura Messina incontra l’ autrice de “Il confine umano”, Patrizia Angelozzi. Abbiamo sottoposto le nostre dieci domande alla scrittrice abruzzese. 

Entriamo a piccoli passi nella scrittura che non conosce confini e che quando li trova li oltrepassa. Un libro che punta alla riscoperta di un valore che dovrebbe essere insito in ognuno di noi: l’umanità. Vi invitiamo a tenere aperta la mente e a lasciarvi condurre “oltre”. Buona lettura!

 

Scopriamo chi è Patrizia Angelozzi in dieci step

 

1) Un rigo per presentarti

Sono Patrizia Angelozzi, madre di tre figli e autrice. Amo le persone dirette e  le emozioni che fanno ‘crescere’.

2) Due righi per scoprire il titolo e un accenno alla trama tuo libro

Il confine umano, storie vere di persone in cerca di pace…

3) Tre righi dedicate al protagonista

Sono 7 uomini, 7 vite raccontate in ‘presa diretta’ attraverso la narrazione. Arrivano da Afghanistan, Pakistan, Somalia, Turchia, Siria, Libano…

4) Quattro righi per il personaggio al quale ti senti più legato/a

Uno di loro, scappa dalle persecuzioni con la donna che diventerà sua moglie. Andranno in Norvegia, Svezia vivendo anni da clandestini, avranno tre figlie senza trovare un posto dove stare in pace, e poi finalmente…

5) Cinque righi per commentare il tuo libro preferito

“L’interpretazione della mente” di Lombardo Radice, mi ha avviato ad una lettura di comprensione profonda verso chi siamo e quello che desideriamo diventare, secondo quanto siamo disposti a riconoscere in noi e negli altri.  

6) Sei righi per raccontarci come nasce la tua passione per la scrittura

Nasce dai banchi di scuola con  le prime poesie, esigenza costante che diventerà  bisogno negli anni di scrivere per comunicare di ‘vite’ che vanno oltre o di intensità dentro la creatività‘. Scrivere per emozioni.

7) Sette righi per rivelarci altre tue passioni

L’ambito sociale, la comunicazione che rompe schemi e promuove. Il cinema, il teatro, la fotografia. Ciò che mi porta ‘oltre’ .

8) Otto righi per ritornare al tuo libro: chi vorresti lo leggesse?

Vorrei lo leggessero le persone che parlano di rifugiati e migranti secondo stereotipi e notizie false e i ragazzi, gli studenti. Per conoscere la verità sull’altro.

Solo la conoscenza porta verità.

9) Nove righi per salutare i lettori e convincerli a leggere tutto fino alla fine… perché il più bello, si sa, arriva alla fine

Leggere per capire chi è chi affronta guerre e difficoltà estreme e resta solidale, disponibile. Storie che hanno visto epiloghi di serenità, ricongiungimenti familiari, cambiato ideologie e rapporti affettivi diventate senza ‘confini’.

10) Dieci righi per citare uno stralcio della tua opera

“A tavola con i miei figli, parliamo della giornata trascorsa, i loro compiti, il cibo nei nostri piatti e di cosa faremo domani, mentre dalla tivù il telegiornale annuncia nuovi sbarchi, quattrocento migranti. Solo una parte di loro è riuscita a salvarsi, gli altri non ce l’hanno fatta. Comincio a descrivere loro le persone e le storie; riflettiamo sulla sopravvivenza di alcuni e non di altri, sul loro senso di gratitudine e fratellanza. E così, mentre finiamo di mangiare, tra domande e risposte, spiego loro cos’è la pace. Potevamo nascere anche noi da quella parte di mondo”.

 

 

Dieci domande per l’Intervista Interessante (10?II) a Patrizia Angelozzi was last modified: marzo 23rd, 2017 by L'Interessante
23 marzo 2017 0 commenti
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CulturaIn primo pianoLibri

Dieci domande per l’Intervista Interessante a Mariateresa Belardo

scritto da L'Interessante

Dieci.

Di Maura Messina

Amici dell’Interessante, bentrovati! Ci apprestiamo a compiere il secondo passo della giovane rubrica 10?II (dieci domande per l’Intervista Interessante)

Questa settimana, Maura Messina intervista l’ autrice di Nottetempo, Mariateresa Belardo. Alcuni la conoscono sui social come Lapennallarrabbiata. La scrittrice di Succivo risponde alle dieci domande di rito. Leggete e lasciatevi stupire dalle sue dieci risposte condite di ironia e di profonda sensibilità.

Un mix perfetto che vi lascerà con una sola certezza: questo libro non può mancare nella vostra libreria. Pronti per questo nuovo viaggio?

Auguriamo a tutti voi una buona lettura!

Scopriamo chi è lapennallarrabiata in dieci step

1) Un rigo per presentarti

Mariateresa Belardo, per gli amici Lapennallarrabbiata

2) Due righi per scoprire il titolo e un accenno alla trama tuo libro

Nottetempo. Una notte metaforica vissuta fra mente e cuore, ragione e sentimento. Un dialogo interiore necessario per elaborare un abbandono e scoprire che, quando la notte è più buia, l’alba è più vicina.

3) Tre righi dedicate al protagonista

Io, tu, quasi in maniera presuntuosa potrei dire… ogni donna. Perché, purtroppo, ho scoperto che tutte le donne che hanno letto Nottetempo si sono riconosciute nella protagonista. Evidentemente, o sono stata banale, o tutte le donne vivono, amano e soffrono nello stesso modo. O tutti gli uomini sono stronzi uguale.

4) Quattro righi per il personaggio al quale ti senti più legato/a

Ringrazio sempre il “Fuggitivo” di Nottetempo, incazzatissimo per il fatto di essere stato, suo malgrado, protagonista di un libro. Profondo sdegno verso tutti quegli uomini che fuggono dalle responsabilità, che pensano di poter invadere le vite degli altri, far danni, e poi uscirne con indifferenza, eterni Peter Pan. Un capolavoro di vendetta. Modestamente, ho dimostrato di avere una cazzimma esagerata. Vi ho vendicate tutte!

5) Cinque righi per commentare il tuo libro preferito

Se scelgo di leggere un libro, in quel momento è quello. Sono una lettrice affamata, nel senso che un libro lo divoro, letteralmente. Forse il primo libro che ho letto, è quello che ho amato di più. Si intitolava “Scarpette rosa”, me lo regalò la maestra delle elementari. Un regalo grande, perché da lì, non ho più smesso. Raccontava di una ragazzina povera, e della sua passione per la danza. Poi sono stata, di volta in volta, la protagonista di ogni libro che ho aperto, per cui li ho amati tutti, A parte quelle di de Giovanni, che finiscono ammazzate.

6) Sei righi per raccontarci come nasce la tua passione per la scrittura

Nasce durante il primo dei tanti cortei a cui ho partecipato per la nostra terra martoriata. Un corteo con tutti i partecipanti che sfilavano in silenzio. Camminavo e pensavo che non sarei stata più zitta. Non potevo, in quanto madre. Scrissi un post, e poi me lo sono ritrovato pubblicato. Iniziò così la mia “carriera”. Ho scritto decine di articoli sulla Terra dei fuochi, ho raccontato le storie della gente. La cosa più bella che scrivere mi ha regalato sono i legami con le persone che ho incontrato lungo il cammino. Anime belle, combattenti, gente che ci crede sul serio in quello che fa, e lo fa non solo per se stesso, ma per tutti. Tu sei una di queste.

7) Sette righi per rivelarci altre tue passioni

Sebbene qualcuno abbia messo in giro la voce che non so cucinare, lo faccio benissimo. Tipo a Natale, che preparo decine di chili di struffoli per tutti quelli nella lista del cuore. Gioco a burraco (come le vecchierelle, dicono), anche se non vinco quasi mai. Strano, visto che sono pure sfigata in amore. Cazzeggio su Facebook, e pare sia abbastanza spiritosa. Ultimamente parecchie delle mie battute, firmate #lapennallarrabbiata, vengono pubblicate da Prugna, il portale di satira. Il mare è decisamente una delle passioni più grandi. La quarta di copertina di Nottetempo recita “Nessun’onda passa invano”. Starei ore ed ore a guardare il mare, ad ascoltare il rumore della risacca, perdendomi nei miei pensieri.

8) Otto righi per ritornare al tuo libro: chi vorresti lo leggesse?

Vorrei che leggesse il mio libro ogni donna che soffre per amore. Perché, probabilmente, potrebbe aiutarla. Un caro amico che non c’è più, Gianfranco, diceva che Nottetempo è un piccolo manuale di PNL fatto in casa. Che avevo fatto uno splendido lavoro dando voce al mio io. A volte si pensa che si soffra per una causa esterna. Scrivendo Nottetempo ho capito che ci può essere un agente esterno, ma la causa è sempre dentro di noi. Nessuno può farci soffrire se non glielo permettiamo. Sembra difficile a farsi, ma ti assicuro che è più semplice di quanto possa sembrare. E tutto questo non significa restare indifferenti a quello che ci accade, ma viverlo da una prospettiva diversa. Quella del “nulla è per sempre”. E vale sia per le gioie che per i dolori.

9) Nove righi per salutare i lettori e convincerli a leggere tutto fino alla fine… perché il più bello, si sa, arriva alla fine

Allora, innanzitutto se dovete leggerlo, ve lo vendo io perché ho un sacco di copie invendute e in questo periodo sto senza un euro (mi hanno pure rubato la macchina, per cui fareste un’opera buona). Assodato questo, Nottetempo va letto perché è bellissimo, scritto bene, scorrevole. Secondo me, e ti dico che dopo due anni, ogni tanto, ancora mi rileggo, e non mi pare vero di averlo scritto io, è bella parte in cui mente e cuore smettono di litigare fra di loro. È quasi l’alba, e iniziano a venirsi incontro perché hanno compreso che solo accettandosi reciprocamente, e accettando i relativi limiti, si può pensare di colmare dei vuoti che – invece – rischiano di fagocitare tutto quello che c’è intorno. Due ore, massimo tre, se vi ci mettete d’impegno. A tratti si ride pure: da questo punto di vista, si può dire che Nottetempo è la cosa più seria che io abbia scritto. Voi aiutatemi a vendere tutte le copie, poi vi prometto di iniziarne uno molto più leggero, stile #lapennallarrabbiata.

10) Dieci righi per citare uno stralcio della tua opera

Io tifo per Capitan Uncino.

Perché diciamoci la verità, noi donne dei principi azzurri e dei Peter Pan non sappiamo cosa farcene.

Meglio aver a che fare con lo stronzo di turno. Il confronto è più equo.Tanto noi donne ci mettiamo in gioco comunque, ma avere a che fare con uno che ti fa dannare l’anima ti dà la possibilità di elaborare tutte quelle strategie in cui noi donne siamo bravissime. Quelle macchinazioni da KGB, gli intrighi che la CIA ti fa un baffo, che ti consentono di passare un pomeriggio con le amiche a discutere e sviscerare virgole, pause e sfumature di una conversazione con il bruto di turno, della quale lui invece non si ricorderà nient’altro tranne il “ci vediamo alle 19,00 da me”. Perché invece i Peter Pan, quando le storie finiscono, ti lasciano l’amaro in bocca di non averci capito un cazzo. E non li puoi manco odiare, quelli. Perché ti hanno rispettato (ma chi te l’aveva chiesto, meglio un giorno da leone che cento da pecora… ehm, ho scritto da!)…”CONTINUA…”

Dieci domande per l’Intervista Interessante a Mariateresa Belardo was last modified: marzo 19th, 2017 by L'Interessante
19 marzo 2017 0 commenti
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