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Categoria

Musica

la musica della gatta cenerentola
AttualitàIn primo pianoMusica

LA MUSICA DELLA GATTA CENERENTOLA COME PASS PER IL PARADISO. CASERTA SALUTA CORRADO SFOGLI SUO FIGLIO ILLUSTRE

scritto da Walter Magliocca

La musica della gatta cenerentola

Dalla musica della gatta cenerentola alla musica popolare partenopea. Un artista sopra le righe. Napoli e Caserta piangono Corrado Sfogli

Un saluto a Corrado Sfogli, direttore musicale, chitarrista e anima della Nuova Compagnia di Canto Popolare. Insieme a Fausta Vetere moglie e compagna nel suo percorso artistico, ha rappresentato, per quasi cinquant’anni, il vero riferimento della musica popolare napoletana radicata nel passato e proiettata verso nuove melodie.

Ascoltando le note della sua chitarra se ne apprezzava la sensibilità dell’uomo e dell’artista, con la musica della tradizione partenopea con cui riusciva a coinvolgere e ad appassionare.

Un altro baluardo della musica napoletana non potrà più deliziarci con le sue melodie

Non è riuscito a sconfiggere il male che lo aveva colpito due anni fa. Nel 1976 era subentrato a Eugenio Bennato diventando il leader della Compagnia di Canto Popolare. Diplomato al conservatorio di Avellino, ha anche collaborato con numerosi artisti tra cui Pino Daniele e Angelo Branduardi, oltre che con l’orchestra del Teatro San Carlo di Napoli e quella dei cameristi italiani.

Napoli città natia, Caserta sua città d’adozione e di vita insieme agli affetti più cari

Chi scrive saluta la famiglia ed in particolare abbraccia la sorella, professoressa di Storia dell’Arte al liceo classico Pietro Giannone di Caserta, Massima Grazia, la quale ne condivideva l’amore per l’arte, nel senso più ampio del termine e la sensibilità d’animo.

Si spera che la città di Caserta, non faccia come al solito e che in questo caso ricordi degnamente un suo figlio illustre, un vero artista ed un uomo sensibile e schivo, con l’organizzazione di manifestazioni a suo nome ed anche intitolandogli una strada della città

E’ il minimo.

LA MUSICA DELLA GATTA CENERENTOLA COME PASS PER IL PARADISO. CASERTA SALUTA CORRADO SFOGLI SUO FIGLIO ILLUSTRE was last modified: marzo 26th, 2020 by Walter Magliocca
26 marzo 2020 0 commenti
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LibriMusicaTeatro

Vuoi presentare il tuo Libro? Un Libro per té cerca autori

scritto da L'Interessante

Un Libro per Tè cerca nuovi autori per nuove presentazioni

Hai pubblicato un libro e vuoi presentarlo? L’Accademia Musicale Fortepiano mette a disposizione il suo team per una presentazione fuori dal comune.

La rassegna Un Libro per tè

Dalla convinzione che l’arte sia un abbraccio di uguale intensità tra musica, teatro, letteratura ed espressione libera ed emozionante, nasce la rassegna “Un libro per tè”. Lontane dalle solite presentazioni, la rassegna si snoda tra attimi di musica, teatro, analisi profonda del testo e condivisione con il pubblico. Dall’idea di Anna Paola Zenari – musicista – il gruppo di lavoro di Un libro per tè è composto da Corrado Del Gaizo (attore), Carmine Covino (attore e musicista), Valentina Masetto (psicoterapeuta e scrittrice), Roberta Magliocca (giornalista). E dagli autori, ovviamente.

Per saperne di più, scrivi a ufficiostampa.unlibroperte@gmail.com

Vuoi presentare il tuo Libro? Un Libro per té cerca autori was last modified: marzo 5th, 2018 by L'Interessante
5 marzo 2018 0 commenti
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EventiLibriMusicaTeatro

L’Accademia Musicale Fortepiano presenta “La Serva Padrona” di Cristina Patturelli nell’ambito della Rassegna “Un Libro per té”

scritto da L'Interessante

Torna Domenica 25 Febbraio la rassegna letteraria “Un Libro per Tè”: presentazione di “La Serva Padrona” di Cristina Patturelli

Dopo il grande successo degli ultimi due anni, torna Domenica 25 Febbraio 2018 alle ore 18.00 – presso l’Accademia Musicale Fortepiano di Anna Paola Zenari in Via A. Stellato, San Prisco (CE) – la rassegna “Un libro per tè” con la presentazione dell’opera “La serva padrona. Giovan Battista Pergolesi restituito all’antica lingua napolitana” della soprano Cristina Pattureli.

La Rassegna

Dalla convinzione che l’arte sia un abbraccio di uguale intensità tra musica, teatro, letteratura ed espressione libera ed emozionante, nasce la rassegna “Un libro per tè”. Lontane dalle solite presentazioni, la rassegna si snoda tra attimi di musica, teatro, analisi profonda del testo e condivisione con il pubblico. Dall’idea di Anna Paola Zenari – musicista – il gruppo di lavoro di Un libro per tè è composto da Corrado Del Gaizo (attore), Carmine Covino (attore e musicista), Valentina Masetto (psicoterapeuta e scrittrice), Roberta Magliocca (giornalista). E dagli autori, ovviamente.

L’Opera

A distanza di più di 300 anni Giovanni Battista Pergolesi continua ad appassionare e divertire con le sue creazioni. Le sue musiche non testimoniano solo una personalità creativa estremamente raffinata e complessa, ma ci restituiscono, tutt’intera, un’epoca e una società osservata e interpretata da tutti i punti di vista: la gestualità plebea e lo sberleffo del saltimbanco ma anche la tenera sentimentalità borghese della commedia musicale; lo sfarzo e l’aristocratica malinconia del dramma per musica tardo-barocco e metastasiano; la scatenata vitalità e la sottile schermaglia psicologica, nonché l’arguzia e la vis comica dei personaggi degli intermezzi. L’incontro e la fusione dei brani del geniale intermezzo “La Serva Padrona” con la lingua napoletana, che vede i recitativi dell’intermezzo più famoso, chiacchierato, applaudito e rappresentato trasposti in lingua vernacolare, nasce quindi nel modo più naturale e spontaneo, perché è proprio la scrittura musicale pergolesiana a prescindere dalle parole dell’altrettanto mirabile libretto di G. A. Federico, che riprende ed è totalmente intrisa della musicalità dell’idioma partenopeo.

Cristina Patturelli è un soprano lirico, impegnato ad ampio spettro sugli aspetti tecnici, didattici, fisiologici e filologici della voce lirica e moderna. Pur privilegiando, come interprete, il repertorio lirico, ha studiato tutti gli aspetti tecnico-espressivi della vocalità moderna, classica e antica per andare al di là dell’esecuzione e affiancare alla carriera artistica una intensa attività didattica come vocal trainer. Per comprendere a fondo le prassi esecutive e le sfumature del testo, ha intrapreso un percorso duplice attraverso lo studio musicologico e l’approfondimento degli aspetti strettamente fisiopatologici della voce.

L’Accademia Musicale Fortepiano presenta “La Serva Padrona” di Cristina Patturelli nell’ambito della Rassegna “Un Libro per té” was last modified: febbraio 22nd, 2018 by L'Interessante
22 febbraio 2018 0 commenti
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Musica

Un’intervista. Dario Gay: che cos’è l’amore

scritto da L'Interessante

Di Christian Coduto

Dario Gay risponde alle domande de “L’interessante”

L’avviso di videochiamata tramite Skype non è nemmeno partito che già mi ritrovo, sullo schermo, la faccia di Dario che sorride. Mi saluta con la mano ripetutamente. “Allora Christian, chiedimi tutto quello che vuoi” esordisce. L’atteggiamento di apertura, di socievolezza è talmente evidente che, una volta tanto, è l’intervistato a mettere a suo agio l’intervistatore. Mentre gli faccio vedere con la web tutti i suoi cd e vinili che ho nella mia collezione, lo vedo ringraziare con gli occhi.

Chi è Dario Gay?

Dario Gay è un eterno ragazzino, alla ricerca delle cose belle nella musica e nell’amore. E’ vero: ora sono leggermente disincantato, un pochino disilluso, ma non ho mai perso l’entusiasmo e il desiderio di rimettermi in gioco, attraverso le mie canzoni e gli eventi della vita.

Quando hai capito che la musica avrebbe avuto un ruolo predominante nella tua vita?

Mah, sin da bambino! Ho dei ricordi leggermente sfumati di me che, piccolissimo, ascoltavo le canzoni di Rita Pavone (talvolta cantate da mia mamma). Mi ricordo che volevo imitare Rita. Il mio sogno era quello di stare su un palcoscenico: prendevo degli oggetti, un pacchetto di sigarette di mio papà, un bicchiere … e li usavo a mo’ di microfono. La musica mi ha sempre emozionato, mi ha continuamente toccato nel profondo. L’amore per la musica l’ho ereditato sicuramente dai miei genitori; loro non hanno mai inciso brani, ma ne hanno sempre ascoltati tantissimi.

Insomma, Dario era un cantante già prima di diventarlo ufficialmente. Un misto di teatralità e ingenua fantasia che addolcisce il cuore …

  1. Dopo tanta gavetta esce il tuo primo album, dal titolo assolutamente geniale “Nella vita di un artista c’è sempre un disco che ha per titolo il suo nome”. Tutti i brani sono scritti da te, in collaborazione di un big del calibro di Enrico Ruggeri …

Mi ricordo benissimo come andò: stavamo facendo una riunione per decidere il titolo del lavoro. Ognuno diceva la propria. Silvio Crippa, il mio produttore (nonché quello di Enrico Ruggeri) disse “Chiamiamolo Dario Gai. In fondo, nella vita di un artista c’è sempre un disco che ha per titolo il suo nome”. Fu proprio Enrico, presente alla riunione, ad avere l’illuminazione. L’idea mi piacque all’istante perché era molto originale, ironica. La maggior parte dei brani li ho scritti a quattro mani con Enrico. Fu un grande onore, per me, lavorare accanto ad un cantautore che stimo, un’esperienza sicuramente costruttiva, emozionante. Negli anni, io e lui abbiamo continuato a collaborare, ma ridurlo al semplice lavoro sarebbe ingiusto: c’è un rapporto umano molto bello, fraterno direi. Anche se non ci vediamo sempre, per impegni lavorativi, c’è un bellissimo affetto che ci lega. Di quel disco vorrei sottolineare anche gli splendidi arrangiamenti di Michele Santoro, la presenza di Dino D’Autorio, il sax di Amedeo Bianchi, i Calliope ai fiati, Golino alla batteria … davvero un disco di serie A.

Nel 1990 arriva il tuo primo Sanremo con “Noi che non diciamo mai mai”, che si comporta benissimo nelle classifiche di vendita. Che ricordi hai di quell’esperienza? Tu dai l’impressione di essere una persona riservata, come ti sei ritrovato nel caos festivaliero?

Avevo già partecipato al Festivalbar, ma Sanremo è tutta un’altra cosa, ovviamente. Quando seppi di essere entrato nel cast ufficiale, la mia gioia fu alle stelle! Durante le serate del Festival ero affascinato e molto confuso: mi ritrovai di fronte ad artisti del calibro di Liza Minnelli, Tina Turner, Leo Sayer (con cui strinsi una bella amicizia), Milva, Mango, i Pooh, Dee Dee Bridgewater, Ray Charles! Io mi presentai sul palco subito dopo la performance di Rod Stewart. Ero terrorizzato. Lo confidai a Johnny Dorelli: me lo ricordo con molto affetto. Mi mise a mio agio, cercò di tranquillizzarmi. Quell’anno, tra i giovani in gara, c’era anche suo figlio. Forse, proprio per questo motivo, ebbe degli atteggiamenti paterni con tutti noi.

Tra le altre cose, quel Festival fu l’unico che si tenne al Palafiori. Un’esperienza unica.

L’anno successivo fai il bis sanremese con “Sorelle d’Italia”. Un arrangiamento quasi epico (dei violini meravigliosi) e molta ironia amara nel testo. Affronti il tema del transessualismo. La Rai bigotta trema …

Nel 1991 mi presentai a Sanremo con questo brano sicuramente molto avanti, troppo avanti. Forse, se l’avessi presentato oggi, non avrebbe suscitato tutto quel clamore … o forse sì, perché i benpensanti esistono ancora … in realtà, avrei dovuto portare la canzone “Commedia a soggetto”, ma con la RCA decidemmo di portare “Sorelle d’Italia” proprio perché di rottura, diverso, unico. Tra le altre cose, a distanza di anni, quando faccio dei live è uno dei pezzi che il pubblico conosce di più … è una delle mie bandiere di riconoscimento, pur non essendo la mia preferita. L’arrangiamento venne studiato da me, Danilo Baiocchi e Alberto Radius. In particolar modo io pensai ai movimenti di violini, le chitarre … però io non sono un trascrittore di musica, sono un autodidatta, quindi Danilo mi diede una grande mano: lui trascrisse in musica quello che gli dicevo. Di questa canzone, mi piace molto quell’inizio brechtiano che poi sfocia nel rock vero e proprio. C’è anche una citazione di “Garota de Ipanema” … la cosa più divertente fu che nessuno, a Sanremo, si accorse che il brano fosse cantato quasi nella sua interezza. Era una canzone non inedita, la mia, seppure camuffata da citazione, appunto. Nel 2010 è stata riproposta da me e dalla Banda Osiris, che hanno fatto un lavoro eccelso, rendendola un vero e proprio gioiello.

Esce “Non solo amore”, il tuo secondo cd. All’epoca, però, sei ancora Dario Gai … “Non solo amore” si distingue per i testi molto poetici. Su tutti, quella meraviglia di “Commedia a soggetto” che chiude in maniera teatrale l’album …

 

Sì, all’epoca i produttori della BMG Ariola non volevano assolutamente che il mio cognome terminasse con la y. Non volevano che si potesse pensare che io fossi gay … questo creò in me tante paure: erano anni in cui non si tendeva ancora a dichiararsi. Io avevo i miei problemi di accettazione, in più avevo intorno persone che mi bloccavano…mi sentivo sempre colpevole. Non è stata una bella sensazione. In aggiunta a ciò, non mi piaceva il fatto che il mio cognome originario venisse storpiato. Anche graficamente, è molto più bello. Però ero un ragazzino, ero sperduto, ingenuo, pauroso … stavo lì ed ubbidivo.

Lo vedo dallo sguardo: è un periodo della sua vita per lui lontano, ma che gli riporta alla mente momenti di dolore. Il non poter essere se stesso, l’imposizione degli altri, il dover mentire … avrebbero demoralizzato chiunque. Forse e ripeto forse, la sua forza interiore è anche il risultato di ciò che è stato e che (per fortuna) non è più.

I testi poetici di cui parli sono opera mia, in alcuni casi in collaborazione con Enrico Ruggeri. “Commedia a soggetto” è un testo di cui vado estremamente fiero: è una visione poetica della vita, del nostro passaggio su questa terra. Talvolta siamo protagonisti, altre volte comprimari, comparse, è un gioco che cambia in continuazione, si evolve. Però rimane sempre una commedia, perché nella realtà noi vaghiamo nell’universo di vita in vita; oggi siamo uomini, domani saremo donne, una volta figli, un’altra volta padri. Non la canto da molto tempo, credo che sia arrivato il momento di reinterpretarla.

Parallelamente alla tua attività di cantante, intraprendi la carriera di autore per artisti del calibro di Milva, O.R.O., Viola Valentino. Com’è scrivere per gli altri? Immedesimarsi nella vita, nei sentimenti altrui richiede tanta sensibilità …

Vorrei chiarire una cosa: l’unica esperienza di scrittura per un altro artista è stata quella per gli O.R.O.; Enrico Ruggeri mi chiamò per scrivere un testo proprio da affidare loro: “Rose rosse e caffè”. Negli altri casi, invece, ho semplicemente scritto delle canzoni per me che, in un secondo momento, ho proposto ad alcuni cantanti. Brani estremamente personali, tra le altre cose: “Benvenuto” (poi incisa da Viola Valentino) per esempio, è dedicata all’amore più grande della mia vita. Per ironia della sorte, io non l’ho mai cantata, ma la versione di Viola mi è piaciuta molto.

Quando io e Marcello de Toffoli scrivemmo “Libero”, ci accorgemmo che la canzone sarebbe stata adatta alle corde di Milva, che stavo producendo in quel periodo. La ascoltò e mi propose di duettare insieme a lei. Milva ha inciso anche un’altra mia canzone che non è mai uscita. Quel brano l’ho scritto inizialmente per me, poi l’ho registrata in duetto con Wladimir Luxuria, l’ha incisa Milva, l’ha provinata Renato Zero, l’ha provinata Riccardo Fogli, ma anche Rita Pavone … è piaciuta a molti, ha un karma molto particolare, eppure non si è ancora deciso di farla uscire. Rita ha registrato delle mie canzoni che non sono mai uscite: “Capita”, per esempio, l’ho incisa con Aida Cooper, ma ne esiste una versione con Rita Pavone. In compenso, però, abbiamo scritto insieme “Sono fatti miei” e “Un film in anteprima” per il suo ultimo album “Masters”.

E’ bellissimo risentire il suono delle parole che hai scritto, reinterpretate con la sensibilità di un altro artista.

Sui social rispondi sempre con molta gentilezza alle domande dei tuoi fan. Recentemente, hai postato delle foto deliziose con Rita Pavone, con la quale sei legato da una profondissima amicizia …

Mi piace molto interagire con i fan. Da un po’ ho scoperto anche Instagram. Su facebook ci sto spesso. Sì, rispondo con gentilezza, anche se mi è capitato di avere degli attacchi da parte di qualcuno al quale, evidentemente, non ero simpatico. Usando diversi fake (falsi profili N.d.R.) mi ha offeso ripetutamente. Persone così, vengono prontamente bloccate. Sia chiaro: una critica sana, una considerazione pulita la rispetto. Le offese gratuite no.

Con Rita c’è un’amicizia meravigliosa, che nasce nel 1976 … ero piccolino, andavo a scuola … ero un suo grande fan e lo sono tuttora. Sono riuscito a conoscerla, figurati che mi accolse in casa sua. E’ una persona deliziosa, buona, si lega tantissimo agli altri. E’ un rapporto che è cresciuto negli anni, si è consolidato. Adoro questa donna e lei adora me!

Ad un certo punto, anche artisticamente Gai diventa finalmente Gay … che cosa è successo?

Successe che, chiusi i rapporti con le multinazionali, iniziai a collaborare con case discografiche più piccole, produzioni indipendenti. Decisi di riprendere in mano la situazione: mi riappropriai della mia y. Il mio cognome, tra le altre cose, si pronuncia come si scrive.

Ammetto però che, nonostante avessi effettuato questo cambiamento nel cognome, non ero ancora pronto per dichiararmi al grande pubblico. Era il 1994. In privato, ovviamente, era tutta un’altra cosa. Ma fu un primo passo in avanti, senza ombra di dubbio.

Nel 2005 esce “Io ti sposerò” un brano bellissimo, in cui affronti un argomento molto delicato …

Un’idea mia e dello straordinario Rosario di Bella, che ha prodotto questo disco. All’epoca ha destato molti problemi, perché è una canzone d’amore dedicata ad un uomo da parte di un altro uomo e in cui si manifesta la voglia di sposarsi … una cosa impensabile in quel contesto storico. Venni attaccato perché, al posto della parola matrimonio alcuni volevano che io usassi il termine Pacs … ma la canzone è poesia, quella parola non mi sarebbe sembrata adatta.

A distanza di tempo, comunque, io il marito non l’ho ancora trovato. Prima o poi arriverà (scoppia a ridere). Nel 2005 ero fidanzato con Marco, il protagonista della canzone. Meno male che non c’era la possibilità di sposarci, perché altrimenti adesso avrei avuto dei casini per il divorzio (ridacchia).

Ed ecco, quindi, “Ognuno ha tanta storia”. Un doppio cd e dvd con collaborazioni prestigiose. Come hai scelto gli artisti presenti nel cofanetto?

E’ un album che ha segnato il mio ritorno alla musica, dopo un piccolo periodo di silenzio. Tutti gli artisti che ho scelto hanno dei punti in comune con la mia vita. Ognuno di loro ha una grande storia da raccontare: Milva, Enrico Ruggeri, Rita Pavone, ma anche io, pur non essendo sempre suoi giornali o target dei mass media ho qualcosa da raccontare agli altri, magari la mia è una storia leggermente più nascosta, ma ricca di emozioni. Di sicuro, in questo cd mancano due nomi: la prima è Mia Martini, che avrei cercato sicuramente di coinvolgere nell’album. Era una grande amica. La seconda è invece Gabriella Ferri; non la conoscevo personalmente, ma per lei avrei percorso mari e monti.

Con tutti gli artisti presenti nel cd, comunque, avevo già collaborato in precedenza, solo con la Banda Osiris e la Sunshine Gospel Choir non era ancora successo. Anche con loro mi sono divertito tantissimo.

Mi piacerebbe incidere nuovi duetti, in futuro.

Il tuo ultimo progetto discografico è “Ufficialmente Liberi Tutti”, disponibile su itunes. Cosa ci racconti di questo bel progetto?

In realtà è il penultimo. Ho liberato tutti i brani che avevo lasciato nel cassetto. Canzoni inedite, versioni alternative di altri brani e così via. Mi è sembrata una bella idea … coloro che lo hanno acquistato lo hanno gradito tantissimo. A questo cd è seguito “Il colore delle parole d’amore”. E’ un album misto perché contiene due brani classici brasiliani, “Su una stella cadrai” in portoghese, un brano in francese che è l’anteprima di un album che spero esca entro la fine dell’anno … sulla copertina c’è un quadro di Celso Coppio, un pittore brasiliano. Il progetto è stato creato per uno spettacolo multimediale, proprio in tandem con Celso. A gennaio c’è stata l’anteprima in Italia. A novembre andrò in Brasile per due performance, poi farò un live da solo. Il disco verrà distribuito lì. In Italia è possibile acquistarlo tramite iTunes o anche su richiesta.

 Musica e cinema vanno di pari passo. Qual è il film della tua vita e perché?

Il film della mia vita è, appunto, il mio: quello che si deve ancora finire di girare (ride). Non posso, però, non citare “Lezioni di piano” di Jane Champion, un film meraviglioso, poetico, in cui mi ritrovo completamente. A questo aggiungo “Ghost” … qualcuno, forse sorriderà, ma è una pellicola che mi commuove. Mi riporta alla mente una storia d’amore che ho vissuto, bellissima, durata sette anni, fino al giorno della morte del mio compagno, nel 1996. Ero molto giovane, troppo giovane … se devo essere sincero, è un dolore che non ho mai davvero superato. Ho amato ancora nella mia vita, certo, però l’amore quello totale, ti tocca una volta sola. Io e lui ci siamo incontrati nelle vite precedenti e ci incontreremo ancora nelle prossime vite …

Sensibilità. Ne ha tanta, da vendere. Si è confidato con me, svelando uno dei suoi cassetti più intimi, di quelli chiusi con mille lucchetti. La sua voce, così calma e profonda, aggiunge ulteriore emozione a ciò che sta raccontando.

Domanda multipla: ultimo cd acquistato, ultimo libro letto, ultimo spettacolo teatrale al quale hai assistito.

Ultimo cd: una raccolta di Charles Aznavour, una platinum collection. Per me lui è un monumento … non a caso, ho anche interpretato una cover di un suo brano, “Comm Ils Disent” (“Quel che si dice” N.d.R.). Ultimo libro letto: “Sono stato più cattivo” di Enrico Ruggeri, un’autobiografia molto bella. C’è un capitolo dedicato a me. Ultimo spettacolo teatrale: “The bodyguard”, il musical con Karima. I musical mi piacciono molto, questo è stato piuttosto carino, con un bell’allestimento e bravi cantanti.

Cosa dobbiamo attenderci da Dario Gay per questo 2017?

Innanzitutto terminare il cd in francese di cui ti parlavo prima, dobbiamo masterizzarlo. A novembre andrò in Brasile e, al ritorno, avrò un mesetto per organizzare il lancio del disco in Francia. Non ho alcuna intenzione di abbandonare la mia lingua: ho già iniziato ad incidere dei brani in italiano, con l’ausilio dell’arrangiatore romano Luigi Montagna. Partiremo sicuramente con un singolo ed un bel video.

E adesso omaggiamo Marzullo: fatti una domanda e datti una risposta

“Dario, ti vuoi dare una mossa?” Risposta “Ci provo da una vita, ma stavolta una mossa me la do sul serio”

Oppure “Dario, cos’è per te l’amore?” Risposta “L’amore sono il mio cane ed il mio gatto, oltre naturalmente a mia mamma!”

 

Un’anima meravigliosa, da studiare e da conoscere, non solo attraverso le sue canzoni, ma (per chi ha la fortuna di conoscerlo dal vivo) anche attraverso la sua quotidianità. “Ognuno ha tanta storia” … sì, è vero. E la tua, Dario, è tutta da rivelare e da scoprire …

Un’intervista. Dario Gay: che cos’è l’amore was last modified: novembre 16th, 2017 by L'Interessante
16 novembre 2017 0 commenti
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Ryan
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Ryan Paris: un cittadino del mondo italiano

scritto da L'Interessante

Ryan

Di Christian Coduto

Parliamo oggi con Ryan Paris, nome d’arte dell’italianissimo Fabio Roscioli.

Avere successo nel mondo della musica è il sogno di ogni cantante. Uscire dai confini del proprio paese sembra un’utopia. Ebbene, quest’uomo è uno dei pochissimi artisti italiani a potersi fregiare di una invidiabile serie di posizioni altissime in tutte le classifiche europee (Regno Unito compreso) grazie a “Dolce vita”, uno dei brani simbolo di quel decennio meraviglioso che sono stati gli anni ’80.

Ma Ryan non deve e non può essere ricordato per un singolo brano: in questa intervista si apre a noi, raccontandoci mille aneddoti legati alla sua carriera che, all’estero, prosegue ancora alla grande. Non a caso, l’artista è appena tornato da un concerto a Copenaghen.

E’, come allora, un ragazzo allegro e vivace. Di un’energia incredibile. Modello Duracell, per intenderci.

Ryan Paris ai microfoni de “L’interessante”.

 

Chi è Ryan Paris?

Allora (Ci pensa su un attimo) Ryan Paris è un cittadino del mondo … italiano e ben felice di esserlo perché credo che gli italiani abbiano delle grandissime doti, delle grandi qualità. Sono romano, per la precisione. Roma, aggiungo, è una città splendida. Sono un cantante …. Ho iniziato a 5 anni perché il fratello di mio nonno era un cantante di musica lirica. Oggi produco musica … ho un team meraviglioso: Matt Heaven, Andy Emme, Alessandro Varzi, Andrea Capizzi e Phil Rizzi… italianissimi. Poi c’è Eddy Mi Ami, che è olandese. Collaboro anche con alcuni produttori polacchi e spagnoli, come Jordi Cubino per esempio, con Magnus Carlsson, che è svedese e con Andreas Fehlauer che è tedesco. Sono un uomo felice.

Un passato di attore e un futuro di cantante. Eri destinato, evidentemente. Quando hai capito che saresti entrato nel modo dello spettacolo?

Se devo essere sincero, anche ai tempi di “La dolce vita” mica sapevo di essere parte del mondo dello spettacolo (ridacchia) … in realtà, ho capito di far parte dello show business alla soglia dei 50 anni (ride di nuovo).

 

Parliamo di “Dolce vita”. 5 milioni di copie vendute. Nelle top 10 di tutta Europa, al quinto posto in UK …

Allora … era il 1982 … io ero alla ricerca di un tastierista per i quarti di finale del primo Festival del Rock al Piper di Roma … ebbene sì: io provengo dal mondo del rock! Il tastierista che faceva parte della mia band ricevette la chiamata militare … panico! Uno dei due batteristi con i quali lavoravo mi parlò di Fabio Liberatori degli “Stadio”, che mi presentò Pierluigi Giombini. Andai a casa sua. Mi fece ascoltare due brani che aveva preparato: “Masterpiece” (interpretata da Gazebo) e “You are a danger” (Gary Low) che, in quel momento, erano rispettivamente al secondo e quinto posto in classifica. Quei suoni mi piacquero tantissimo.

Pierluigi mi fece un grande complimento, dicendomi che la mia voce gli ricordava quella di Steve Winwood.

La sera stessa composi una canzone e la presentai a Pierluigi. Gli piacque.

Un mese dopo uscì “Dolce vita” (sorride).

“Dolce vita” è, inevitabilmente, il tuo brano bandiera. Se dovessi chiederti qual è la tua canzone che preferisci e perché?

“Dolce vita” è una canzone meravigliosa, inimitabile. Però io ho partecipato con pochissime parole alla stesura del testo. Quindi, quelle che sento più mie, sono quelle che ho composto a partire dal 2009.

“Dolce vita” è un’arma a doppio taglio: è una canzone bellissima, ma ti può anche bloccare. Dopo quel successo, infatti, c’è stato un piccolo periodo in cui mi fermai. 

Poi ho ripreso la composizione; la prima fu “I wanna love you once again”, che piacque molto al produttore degli Enigma, che ne fece un bell’arrangiamento anche se, alla fine, non uscì e la ripresi io successivamente. Amo molto “This is your life”, dedicata agli angeli custodi, “Sensation of love”, “It’s my life”, “Buona sera Dolce Vita” … tutte le canzoni che scrivo me le porto dentro, perché sono come delle figlie.

Parla con immensa scioltezza. E’ stanco, ha fatto un lungo viaggio, ma discute con serenità. Parlare di musica, evidentemente, lo fa stare bene, in forma.

Gli anni ’80 hanno ricevuto milioni di critiche, ma ci sono amanti di quel decennio che lo rimpiangono ancora … con gli occhi più distaccati e razionali, che idea hai di quel periodo?

Gli anni ’80 sono un periodo irripetibile nella storia della musica. Certo, non possiamo sapere cosa succederà da qui a 150 anni, però lì avvenne una trasformazione: negli anni ’70 c’era il rock progressive, il punk … poi sono arrivati questi strumenti analogici, con suoni bellissimi. E’ comparsa la figura del produttore musicale distaccato dalla casa discografica e, in più, i grossisti che prendevano i dischi ed erano molto più veloci delle case discografiche stesse. Una creatività enorme e una libertà mai vista prima. 

Ryan

Come vedi la musica del ventunesimo secolo?

Ah, bellissima! Canzoni fighissime: Coldplay, Rihanna, David Guetta … per me la musica è pane quotidiano.

Ryan Paris è un cittadino del mondo. Quali differenze trovi, nel modo di fare musica, in Italia rispetto al resto d’Europa?

Sono sincero: l’Italia, rispetto a quello che siamo riusciti a fare negli anni ’80 e ’90, ha subito un processo di involuzione. Non vedo grandi prospettive: ci siamo fermati a Robert Miles e Gigi d’Agostino. Certo, c’è Laura Pausini, abbiamo Eros Ramazzotti, ma la situazione attuale non la vedo rosea.

E’ un’analisi critica nei confronti del suo paese, che ama da morire. Di sicuro, l’impatto della italo dance degli anni ’80, nel mondo, sembra irripetibile. Comprendo il suo disappunto.

 

E adesso un omaggio marzulliano: fatti una domanda e datti una risposta

Cosa ti aspetti da Ryan Paris nel futuro prossimo? Mi aspetto, in primis, che completi la dieta … ho già perso 12 kg, in più … fare nuovi video delle ultime canzoni. E’ un personaggio che merita, un bravo ragazzo, un ottimo padre di famiglia (scoppia a ridere).

Cosa dire: alla prossima hit!

Ryan Paris: un cittadino del mondo italiano was last modified: settembre 4th, 2017 by L'Interessante
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Villammare Film Festival 2017

scritto da L'Interessante

Villammare

Di Christian Coduto

Al via la XVI edizione del Villammare Film Festival, Salerno.

Dal 27 al 30 agosto, una lunga serie di eventi dedicati al cinema e al mondo dello spettacolo, con tanti ospiti in programma.

Ce ne parla, oggi, Andrea Axel Nobile, consulente artistico del Festival. Sempre indaffarato e ricco di trascinante simpatia, Andrea ci parla un po’ della rassegna …

Gli eventi del Villammare Film Festival 2017

“Il Festival nasce da un’idea di Alessandro Cocorullo, direttore di 105 Tv e direttore artistico del Villammare Festival. Lo scopo è quello di valorizzare il territorio, attraverso il cinema. È un’attrattiva turistica e culturale allo stesso tempo. E’ nato 16 anni fa; io lavoro lì come consulente da 3 anni. Daria Scarpitta, giornalista cilentana di “Costume e società” da sempre attenta alle tematiche sociali e culturali, condurrà le serate in programma, oltre a supervisionare il progetto. Abbiamo cercato di invitare artisti che, tra cinema e fiction, si sono distinti durante la precedente stagione. L’attore Giulio Scarpati, amatissimo dal pubblico, aprirà le danze. Ogni serata ospiti importanti: il 28 l’attrice Daniela Poggi, insieme al regista Ciro Formisano, presenteranno in anteprima nazionale il film “L’esodo”; insieme a loro, Kiara Tommaselli, Emanuela Tittocchia e Cinzia Mirabella. Il 29 il grande evento con il concerto di Nicola Piovani e la serata di gala conclusiva il 30. Dal 27 al 29, ci saranno 4 cortometraggi a serata, per un totale di 12 cortometraggi. Nella serata conclusiva sapremo poi chi ha vinto e i vari premi speciali. Ospiti dell’ultima serata, l’attore Francesco Paolantoni, Cristina Donadio, Yuliya Mayarchuk, Fabio Massa e i vari registi dei corti. Il nostro intento è quello di dare spazio al cosiddetto cinema sommerso, indipendente, che non sempre riesce ad avere la giusta voce che meriterebbe. La grande forza del Villammare è sicuramente la coesione della squadra organizzatrice”

 

Questo il comunicato stampa:

  

GIULIO SCARPATI DARA’ IL VIA AL VILLAMMARE FILM FESTIVAL 2017

Un cast ricco di stelle quello della XVI edizione del Villammare Film Festival che tornerà a portare il cinema sul territorio e tra la gente in piazza Portosalvo dal 27 al 30 Agosto. L’apertura della manifestazione, organizzata dall’Associazione Villammare Film Festival-Golfo di Policastro in collaborazione con 105 Tv e con il contributo del Comune di Vibonati, sarà davvero di grande rilievo perché sarà assegnata all’apprezzato attore di teatro, cinema e tv Giulio Scarpati. Sarà lui, l’indimenticato interprete di Lele in “Un medico in famiglia” e di Livatino ne “Il giudice ragazzino” e il premiato performer di intensi pezzi teatrali, a tagliare il nastro del Villammare Film Festival. Salirà sul palco il 27 Agosto dando il via alla kermesse che, nella prima serata, offrirà anche la visione di un film girato in parte anche alla Certosa di Padula dal titolo “My Italy”, un viaggio tra arte e cinema che verrà presentato direttamente agli spettatori dal regista Bruno Colella. Il 28 Agosto il Villammare Film Festival si animerà di sofferte riflessioni. Protagonista assoluta sarà l’attrice e conduttrice Daniela Poggi amata anche per l’impegno nel sociale. Al Festival porterà un’anteprima importante. Ad un passo dall’uscita nelle sale verrà proiettato, infatti, il film “L’Esodo” che trasferirà per la prima volta sul grande schermo il drammatico tema degli esodati. La Poggi interpreta Francesca, ispirandosi ad una storia vera di una donna costretta a dare una dignità alla sua vita e un futuro ai suoi affetti in estreme condizioni economiche. A presentare il film con la Poggi il 28 Agosto ci saranno anche il regista Ciro Formisano e le bellissime attrici Kiara Tomaselli e Emanuela Tittocchia. Il 29 agosto, come è abitudine, il Festival tornerà a rivolgere l’attenzione alle colonne sonore d’autore. Ospite sarà il premio Oscar Nicola Piovani con un programma da non perdere. Metterà in scena lo spettacolo “La musica è pericolosa”, un viaggio biografico-musicale nel percorso compiuto dal compositore e che lo ha portato a collaborare con De Andrè ma anche con grandi registi italiani e stranieri. Un’altra occasione unica sul territorio campano targata Villammare Film Festival per scoprire e ascoltare con nuovi arrangiamenti l’eterna opera di Piovani. Il 30 agosto sarà poi il momento del gran finale per conoscere il vincitore della XVI edizione della gara tra corti. Tanti gli ospiti che animeranno la serata, il regista del film “AEffetto Domino” Fabio Massa, la bellissima Yuliya Mayarchuk, amata interprete di fiction tv, da R.I.S. – Delitti imperfetti a Distretto di Polizia, da Don Matteo a Il commissario Montalbano, e reduce dal successo de “La Porta Rossa”; l’attrice Cristina Donadio, spesso interprete per Pappi Corsicato  e personaggio femminile di ferro in Gomorra – La serie dove è Annalisa Magliocca, detta Scianèl, tenebrosa boss in gonnella; infine, il mattatore Francesco Paolantoni , ideatore di mitici personaggi di Mai dire Goal, interprete di teatro, tv e cinema. La sua simpatia illuminerà la notte del 30 agosto. A completare la carrellata di vip e personalità del mondo del cinema e della cultura saranno i volti che siederanno in giuria: il critico cinematografico Vittorio Giacci che è stato tra l’altro  Direttore generale di Cinecittà International; Direttore della Istituzione Roberto Rossellini e Collaboratore della Biennale Cinema, il regista Nino Russo, storico Amico del Festival, l’attrice Egidia Bruno, celebre per la sua collaborazione con Jannacci e la sua vena ironica che emerge in molti dei suoi scritti e nelle interpretazionicome ad esempio al Pippo Chennedy Show, l’artista e scenografa Mimma Russo, l’attrice Cinzia Mirabella, il casting director e consulente artistico del Festival Andrea Axel Nobile, il giornalista Gaetano Bellotta. Numerosi i momenti di spettacolo offerti nel corso delle serate: tra di essi l’ouverture alla serata finale dove un quartetto composto da alunni del Liceo Musicale “C. Pisacane” di Sapri, assieme agli abiti da sposa di “Fevian Department Store” di Polla, ricreeranno l’atmosfera magica del cinema, e il sottofondo musicale di Dj Teus che accompagnerà l’ultimo dopocinema gastronomico. Ancora quattro gli appuntamenti con il gusto al termine delle serate. Le Delizie del Cilento, gli chef di U’ Parlatorio di Massa di Vallo della Lucania e di SapoRè a Villammare, l’ice-cream della Gelateria Da Mimì di Villammare e l’Olio Conti garantiranno il ristoro degli spettatori tra tradizione e innovazione. Tutte queste stelle brilleranno sulla piazza di Villammare dal 27 al 30 agosto 2017.

Infoline 331-329 4261

Villammare, 19 agosto 2017

 

Programma

Villammare Film Festival 2017 was last modified: agosto 25th, 2017 by L'Interessante
25 agosto 2017 0 commenti
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Augusteo
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Teatro Augusteo: la stagione 2017/2018

scritto da L'Interessante

Augusteo

Di Christian Coduto

Mercoledì 19 luglio, ore 12.

Un anno importante, il 2017, per il teatro Augusteo: si festeggiano, infatti, le nozze d’argento della storica riapertura. Venticinque anni di successi, di spettacoli, concerti e nomi celeberrimi che hanno calcato le scene di un luogo che ha fatto dell’arte il proprio cavallo di battaglia, il proprio punto di forza.

Il foyer, gremito fino all’inverosimile per l’occasione, è letteralmente invaso dai giornalisti provenienti dall’intera regione. Ad accoglierli, Giuseppe Caccavale (figlio del grande Francesco, scomparso nel 2015): emozionato ed orgoglioso, l’uomo rivela i titoli degli spettacoli della stagione teatrale in arrivo e presenta i prestigiosi ospiti in sala.

La presentazione della stagione del Teatro Augusteo

Ad aprire le danze è il noto attore Lello Arena, il protagonista di “Parenti serpenti”, in cartellone a partire da venerdì 12 a domenica 21 gennaio 2018. Lo spettacolo, diretto da Luciano Melchionna, è ispirato all’omonimo film di Mario Monicelli. “Siamo molto felici. La commedia è stata baciata da un successo di pubblico davvero straordinario. Abbiamo collezionato tanti sold out. È bello poter ritornare qui, a Napoli … al teatro Augusteo, con un bel numero di repliche”.

“Parenti serpenti è un’avventura meravigliosa” aggiunge Giorgia Trasselli che, nello spettacolo, interpreta il ruolo di Trieste “Abbiamo avuto una bellissima accoglienza da parte del pubblico di tutta Italia. La tournèe è stata davvero molto lunga. Lavoro con una compagnia scelta cum grano salis da parte del regista Luciano Melchionna. È un onore, per me, lavorare accanto a Lello Arena: con lui impari, apprendi costantemente”.

In sala, anche Raffaele Ausiello che, nella pièce teatrale, è Michele.

Il microfono passa quindi a Peppe Iodice. Il suo “Una sera all’improvviso!” sarà in scena all’Augusteo il giorno martedì 23 gennaio. “Sono stato qui 25 anni fa per il mio primo spettacolo: Sali e tabacchi, accanto a Gino Rivieccio. Ci ho messo un po’ di tempo per ritornare qui, anche se vivo a San Giorgio a Cremano” scherza “Sarà una vera e propria festa. Nei prossimi sei, sette mesi mi concentrerò per trovare nuove battute da proporre al pubblico. Voi non lo saprete mai, ma le presenterò come cavalli di battaglia del mio repertorio” ridacchia.

Ecco Andrea Sannino; salirà sul palco dell’Augusteo il giorno giovedì 30 novembre. “E’ una grande responsabilità, per me, far parte di questo cartellone. Adoro l’Augusteo. Qui sono stato battezzato artisticamente nel 2010 con C’era una volta scugnizzi. Durante lo show avrò modo di presentare il mio nuovo cd dopo il successo di Uanema”.

Si conclude alla grande con il performer Sal da Vinci “Tornerò per la seconda volta all’Augusteo nel periodo natalizio, a partire da giovedì 21 dicembre fino a domenica 7 gennaio. Mi sono avvalso della collaborazione di Davide Marotta che, insieme a Lello Radice, sarà parte integrante del mio spettacolo, Italiano di Napoli. Presenterò anche alcuni brani del mio cd Non si fanno prigionieri, la cui direzione artistica è stata affidata a Renato Zero. A marzo, però, sarò di nuovo in scena con Peter Pan, proprio in corrispondenza del mio esordio in questo teatro, ben quindici anni fa, con C’era una volta scugnizzi. Ringrazio la famiglia Caccavale, che supporta e sopporta ogni mia idea artistica”.

Prima dei saluti finali, Giuseppe Caccavale annuncia la riapertura della Cumana, cosa assai gradita ai fruitori del teatro, che sarà di nuovo facilmente raggiungibile senza il rischio di trovarsi bloccati nell’incredibile traffico cittadino.

“Questo venticinquesimo anniversario sarà dedicato alla memoria di mio padre Francesco”, conclude. Una scelta doverosa e condivisa, da tutti noi.

Questo il programma del Teatro Augusteo:

Da venerdì 27 ottobre “La banda degli onesti” con Gianni Ferreri e Anna Falchi

Da venerdì 10 novembre “Il sorpasso” con Giuseppe Zeno

Da venerdì 8 dicembre “Rosso napoletano” con Serena Autieri

Da venerdì 12 gennaio “Parenti serpenti” di Luciano Melchionna, con Lello Arena e Giorgia Trasselli

Da venerdì 26 gennaio “Spamalot” di Claudio Insegno, con Elio

Da venerdì 16 febbraio “Dirty dancing”

Da venerdì 2 marzo “No grazie, il caffè mi rende nervoso 2” di Lello Arena, con Paolo Caiazzo

Da giovedì 16 marzo “Peter Pan il musical” con Sal da Vinci

Da venerdì 6 aprile “La strana coppia” di Pasquale Squitieri, con Claudia Cardinale

Da venerdì 20 aprile “Viktor e Viktoria” con Veronica Pivetti

In opzione agli abbonati

Da giovedì 21 dicembre “Italiano di Napoli” di Sal da Vinci e Alessandro Siani

Data da definire “Sciuscià” di Leonardo Ippolito

Fuori abbonamento

Sabato 24 e domenica 25 settembre “I dieci comandamenti”

Sabato 30 settembre e domenica 1 ottobre “Bentornata Piedigrotta”

Sabato 14 ottobre e domenica 15 ottobre “Masha e orso”

Da giovedì 19 ottobre e domenica 22 ottobre “Artecinema”

Data da definire “La musica provata tour” con Erri De Luca, Stefano Battista e Nicky Nicolai

Martedì 28 novembre “Edoardo Bannato in concerto”

Giovedì 30 novembre “Andrea Sannino”

Giovedì 11 gennaio “TaleEQualeAMe…Again” di e con Gabriele Cirilli

Martedì 23 gennaio “Una sera all’improvviso” con Peppe Iodice

Data da definire “Giovanni Allevi in concerto”.

Teatro Augusteo: la stagione 2017/2018 was last modified: luglio 20th, 2017 by L'Interessante
20 luglio 2017 0 commenti
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Fuoco
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Alessandro Tebano: Fuoco Fatuo e la mia esperienza personale

scritto da L'Interessante

Fuoco

Di Christian Coduto

Oggi parliamo con Alessandro Tebano: attore, mimo, ballerino, performer … ha intrapreso un percorso di pura arte che sfocia nel sociale. Ci incontriamo al centro di Caserta, di domenica mattina. E’ già in piedi da diverse ore, mi rivela, perché fermo non ci sa proprio stare. Sta trovando nuove chiavi di lettura e di rappresentazione per il suo nuovo progetto teatrale. “E’ un work in progress continuo”. Noto immediatamente la sua serietà, la sua professionalità. Eppure, nel corso dell’intervista, si lascerà spesso andare a gradevoli momenti di piacevole ironia, alternando attimi di malinconia.

Il Fuoco Fatuo di Alessandro Tebano

Alessandro, parliamo un po’ di “Fuoco Fatuo” …

“Fuoco fatuo” è uno spettacolo che, come si evince dal titolo, ha come protagonista indiscusso uno dei quattro elementi, il fuoco appunto. Il fuoco ha una natura indomita, utile e traditrice, può sì distruggere, ma anche purificare. Nel caso specifico, il fuoco è il fil rouge che collega due atti unici. Il sottotitolo dello spettacolo è “La terra della Janara e di Pulcinella”, due personaggi caratteristici. Abbiamo ipotizzato un processo della Santa Inquisizione che avviene a Benevento. La Janara, una figura che cercheremo di redimere, era una donna che, grazie alle sue conoscenze, cercava di aiutare le persone del suo paese. Venne, però, condannata, perché le sue conoscenze non erano quelle convenzionali, in quanto ritenute pagane perché serve di Diana dalla cui distorsione dialettale RIANA deriva Janara. Da un rogo del passato, quindi, passeremo a raccontare un rogo del presente, rievocando la figura di Pulcinella, che affronterà un discorso all’interno della terra dei fuochi. Viene svelata la vera natura di una maschera dietro cui si nasconde la verità di anime traghettate nell’aldilà. Quante volte nel tradizionale teatro dei burattini c’è Pulcinella che scende a compromessi con il diavolo? Non tutto è così esplicito all’interno dello spettacolo, ovviamente, ma attraverso l’evocazione simbolica, la parte canora (con musiche della tradizione popolare) e la teatro/danza cercheremo di dare quella liricità e quella poesia necessarie per rendere più fruibile l’argomento agli spettatori. I due atti sono unici, ma si incastrano perfettamente tra di loro.

 

Nello spettacolo si fa riferimento alla Terra dei fuochi. Da cittadino del territorio campano, come vivi questa realtà?

La vivo con immenso dolore: questo spettacolo attinge alla mia esperienza personale. Tutto ciò che è legato alla Terra dei fuochi, che non è soltanto denuncia di un tangibile inquinamento, ma anche di insorgenze di malattie, io l’ho vissuto sulla mia pelle, con la morte di mia madre, alla quale è dedicato il nome della compagnia, “La Margherita”. Il male l’ha consumata. Un male che, per l’iter medicale, è stato trattato alla stregua di ogni neoplasia. In realtà, ogni singolo paziente dovrebbe essere trattato seguendo un preciso protocollo. Purtroppo, quelli che non hanno a disposizione milioni di euro da investire, sono costretti a seguire un percorso unico, uguale per tutti. L’ho vista ardere davanti ai miei occhi. Utilizzo questo termine perché il dolore era un vero e proprio bruciore.

Questo spettacolo è organizzato dalla compagnia de “La Margherita” a cui accennavi prima, in collaborazione con l’associazione “Gianluca Sgueglia Onlus” …

Sì. Due associazioni che collaborano perché la Presidentessa è la stessa, Maria Luisa Ventriglia. Dopo la morte di mia madre, ha avuto inizio questa collaborazione ed ora, dopo 4 anni, abbiamo ottenuto un primo risultato di cui andare fieri. Abbiamo proseguito con la giusta calma, abbiamo rispettato i tempi per maturare il progetto. “La Margherita” prosegue un percorso principalmente artistico: sono due facce di una stessa medaglia. Questa sinergia di risorse ha fatto sì che lo spettacolo diventi un evento d’arte, come da mission associativa della “Margherita Education Art”, portando in scena quattro abiti dedicati ai quattro elementi elaborati dal “Liceo artistico di Cascano” e accogliendo il pubblico nella dimensione che vogliamo manifestare, con una mostra di pittura di vari artisti.

Il fuoco distrugge, purifica. Però, da ciò che viene distrutto, c’è una ricostruzione. E’ un augurio che vuoi dare alla nostra terra?

Certo! Il nostro spettacolo vuole scuotere le coscienze, in maniera poetica. Siamo consapevoli di ciò che accade intorno a noi, ma noi possiamo fare la differenza. Ammetto, però, che questa voglia di alzare la testa, rimboccarsi le maniche e risolvere le cose non la vedo ancora nelle persone. Io uso l’arte, ma ognuno dovrebbe usare ciò che ha nella propria quotidianità per reagire. Spesso sento dire in giro “Tanto, in un modo dobbiamo morire …” eh no! Io voglio morire in maniera dignitosa … spero solo che le cose cambino.

 

“Fuoco Fauto” è stato scritto da te, insieme a Serena della Peruta. Quanto tempo ha richiesto la realizzazione della sceneggiatura? Che tipi di studi avete fatto?

La nostra ricerca è stata non solo storica, ma anche un percorso di tipo emozionale, perché abbiamo seguito l’intuito. Il lavoro è stato molto complesso soprattutto per quanto riguarda il primo atto dedicato, come ti dicevo prima, all’ipotetico processo della Janara. Lo spettacolo dura 80 minuti: è stata una precisa scelta, quella di contenere la durata complessiva. Il tema è sicuramente duro, ma non era nostra intenzione rendere eccessivamente drammatica la visione, infatti c’è un messaggio di speranza rivolto al pubblico all’interno dell’intero spettacolo.

Nel secondo atto c’è invece uno studio sulla commedia dell’arte, che abbiamo voluto rendere più contemporanea. Un Pulcinella che, vedrete, è vittima di se stesso: la storia vuole che questa maschera (le cui origini risalgono all’Aversano) fosse un po’ il pagliaccio del paese, che portava allegria alle persone quando tornavano dai campi dopo un’intera giornata di duro lavoro. Lui intratteneva, raccontando gioie e dolori di ciò che stavano vivendo. Quindi non è un comico in sé, ma ha un lato oscuro e un lato luminoso. Volendo fare un riferimento letterario, Pulcinella rappresenta Caronte, così come Arlecchino, per esempio, rappresenta Lucifero.

Anche Alessandro (detto in arte Alexander) è una maschera dai due volti… lo si percepisce dall’andamento di questa chiacchierata.

Quando sarà possibile vedere “Fuoco fatuo” e dove?

Domenica 16 luglio alle ore 20.45 durante la prima edizione della manifestazione “Casagiove in scena”, presso il Quartiere Militare Borbonico. Noi saremo una delle dieci compagnie del territorio che parteciperanno a questo progetto. Si parla di compagnie e associazioni culturali all’interno del comune di Casagiove che sono state censite e coinvolte dalla nuova giunta comunale. Il costo del biglietto è di soli 3 euro. Per noi è un inizio che, speriamo, ci porterà altrove.

Te lo auguriamo di cuore!

Queste le info e la sinossi dello spettacolo:

Spettacolo Inedito: debutto domenica 16 luglio al “Casagiove in Scena”

Alle ore 20:45 c/o il Quartiere Militare Borbonico di Casagiove (CE) Ingresso: 3€

Compagnia teatrale della Margherita

presenta:

“Fuoco Fatuo“

La Terra della Janara e di Pulcinella

(una storia accompagnata da danze, musica e magia)

 

scritto da: Serena della Peruta e Alessandro Tebano

coreografie: Natasha D’Andrea

costumi: Maria Luisa Ventriglia

Scene: Francesco Albero e Antonio Viscusi

regia : Compagnia della Margherita

direzione artistica: Alessandro Tebano

In scena

“La Margò Popolar Band”

Chitarre: Mario La Porta, Pietro Fusco;

Voce solista: Anna Maria del Sorbo;

Voce e Tammorra: Rosy Paolella;

Corpo di Ballo

Ilaria Pero, Francesca Sorbo;

Cast

La Janara: Serena della Peruta;

donna Matteuccia: Rosy Paolella;

Inquisitore e Pulcinella: Alessandro Tebano

E con Emanuele Roviello.

Uno spettacolo di teatro sperimentale, che usa svariate arti sceniche per arricchirne i contenuti sociali presenti. Coinvolgendo il pubblico in una poetica fatta di parole, canzoni e gesti simbolici che raccontano con forza espressiva due storie che hanno per protagonisti delle figure mitologiche della nostra terra come una Janara e Pulcinella collegati dall’elemento Fuoco! Ispirandoci al concetto che i fuochi fatui spesso sono interpretati come la manifestazione dello spirito dei defunti, nelle leggende nordiche diventano l’espressione di esseri fantastici che animano foreste e brughiere attirando con le loro luci i viandanti ignari.

Questo si è tradotto in una messa in scena il cui l’elemento fuoco, il vero protagonista, parte da un percorso storico sulla nostra Campania, dove abbiamo ipotizzato un processo ad una Janara del beneventano, che attraverso i secoli giunge al nostro territorio con un presente costituito dai roghi della Terra dei Fuochi. Roghi che portano il fatuo, la superficialità, la leggerezza di fare vittime, che innescano un meccanismo dal quale bisogna imparare a dissentire, seminando la voglia di risorgere come una fenice dalle nostre stesse ceneri.

 

La compagnia nasce all’interno dell’Associazione Culturale e di Promozione Sociale “La Margherita Education ART” coadiuvata dall’Associazione “Gianluca Sgueglia Onlus”. Quest’ultime sono due facce della stessa medaglia, che portano il nome di due persone che hanno segnato il percorso umano dei soci che hanno costituito queste realtà associative. Cooperando in sinergia in ambito sociale ed educativo, con progetti di natura artistica e di recupero umano presso comunità, carceri, scuole e comuni.

Per la compagnia teatrale, è il primo vero debutto, dopo piccole collaborazioni e spettacoli di teatro ragazzi, è la prima grande esperienza, in cui si riesce a portare in scena un prodotto per un pubblico adulto. Un passaggio fondamentale per uno spettacolo totalmente costruito da noi, con un lungo percorso personale di ricerca e trasformazione emotiva, insieme ad uno studio continuo in ambito artistico.

Lo stile è quello di portare all’attenzione del pubblico, tematiche sociali trattate con sensibilità e coinvolgimento, per lasciare un segno nell’animo di chi apre la quarta parete del teatro con noi.

L’intento è quello di sensibilizzare alla bellezza, per liberare la verità della propria espressione artistica diventando ciò che si è veramente. Giungendo ad un traguardo personale che è quello di portare sulla scena della vita, la propria anima senza preoccuparti del giudizio.

Alessandro Tebano

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Alessandro Tebano: Fuoco Fatuo e la mia esperienza personale was last modified: luglio 5th, 2017 by L'Interessante
5 luglio 2017 0 commenti
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Pernice
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Gianni Pernice : Fatte ‘na pizza e canta insieme a me!

scritto da L'Interessante

Pernice

Di Christian Coduto

Si può essere artisti anche nella scelta della location per fare l’intervista …

Nella fattispecie, mi ritrovo a Villaricca, a Viale della Repubblica precisamente. Questa è la sede di “Fatte ‘na pizza”, la pizzeria del cantante Gianni Pernice, che mi appresto ad intervistare. Entro con curiosità nel locale e vengo inondato da tutti quei profumi che ti fanno venire subito fame. Gianni mi viene incontro trafelato; ha già indosso il camice. Mentre mi saluta mi chiede ripetutamente scusa per aver rinviato tante volte il nostro incontro. “Troppi pensieri” mi dice, indicando la testa (perfettamente rasata) e scoppia a ridere. Il locale è già pieno zeppo di persone; lui saluta tutti e riesce a rispondere alle mie domande allo stesso momento. Se mi fossi trovato al posto suo, sarei andato in panico. Lui, invece, mantiene una serenità invidiabile. Affronta ogni inconveniente con tranquillità. E quel sorriso non lo perde mai.

Gianni Pernice parla del suo esordio artistico …

Chi è Gianni Pernice?

Gianni Pernice è un ragazzino di appena 36 anni. Nella vita ho sempre lavorato. Lavoro da quando avevo 13 anni: la mattina andavo a scuola e, la sera, andavo in pizzeria. Sono estremamente attivo, non mi fermo praticamente mai. Alterno fasi di grande ottimismo a periodi di estremo pessimismo. Delle mille cose che potrei dirti di me, una spicca di sicuro: non mollo mai. Fino ad ora, tutto ciò che ho voluto fare o sognavo di fare l’ho realizzato. Con grande o piccolo successo (sorride).

Gianni e la musica … quando è iniziata questa storia d’amore?

(Spalanca gli occhi) ma … io e la musica siamo gemelli siamesi! Sogno di cantare sin da quando ero piccolino; mi chiudevo in bagno e cantavo davanti allo specchio, un po’ come tutti quelli che sognano di svolgere questa professione. Viviamo in simbiosi, non posso darti una data precisa. Il cantante non è come un musicista che, nel tempo, si appassiona ad uno strumento musicale … il cantante, lo strumento, ce l’ha dentro di sé da quando è nato, cresce insieme a lui.

Nel 2002 esordisci alla grande con “C’era una volta … Scugnizzi” di Claudio Mattone ed Enrico Vaime , un’esperienza importante …

Questo è il mio esordio da professionista. Sono stato scelto da Claudio Mattone tra almeno sei/settemila ragazzi che si presentarono ai provini. E’ stato il mio esordio da ogni punto di vista: la mia prima registrazione in sala di incisione, per esempio, è avvenuta proprio con “Scugnizzi”. Claudio era molto teso: mettere sul palco 16 ragazzetti, molti dei quali alla prima esperienza, è stata sicuramente una follia, ma è andata benissimo! La maggior parte degli attori erano studenti universitari … io invece ero il vero e proprio scugnizzo della compagnia (sghignazza). Figurati, durante le interviste, le ospitate televisive, Claudio mi metteva sempre in primo piano perché, a detta sua, i miei colori, il fatto che io sia piccolino, erano tutte cose che mi rendevano riconoscibile ed identificabile nel contesto dello spettacolo di cui facevo parte. Con questo spettacolo, sono stato in tournée per 4 anni … da un certo punto di vista, è stata un’immensa ed infinita gita scolastica!

Parla molto, in modo schietto e sincero. Mi colpisce la sua semplicità umana. Non si atteggia, non si vanta. Racconta ciò che ha vissuto con uno sguardo che sembra dirmi “Ma davvero sono stato io a fare tutte queste cose?”.

Nel 2005 entri nel cast di “Quartieri spagnoli” in cui reciti accanto a Gianfranco Gallo e Massimiliano Gallo. Cosa ci puoi raccontare di questa esperienza?

Io subentrai a Gianni Lanni, in realtà. Interpretai il ruolo di un cantante neomelodico stonatissimo e cafone, un’esperienza molto divertente! Ero il coprotagonista del musical. Fu Massimiliano a contattarmi, dicendomi di partecipare al provino. Quando lessi il copione tutti risero di gusto. Le repliche proseguirono per almeno 6 mesi, tra matinèe scolastiche e serate al Teatro Trianon. Di Gianfranco e Massimiliano serbo un ricordo meraviglioso: sono due splendide persone ma, soprattutto, due grandi professionisti.

Nel 2006 ritorni a teatro nello spettacolo musicale “Napoli 1799”. Accanto a te, anche questa volta, i fratelli Gallo …

Un ruolo più piccolino, questa volta. Massimiliano, con il quale ho un ottimo rapporto di amicizia e rispetto, me lo diceva sempre “Quando sali sul palco, tu puoi fare quello che vuoi, perché sei simpatico, un casinista!”.

Tanta popolarità ti arriva con “Un posto al sole”. Parlaci un po’ del tuo ruolo, simpaticissimo: quello di Mimmo Calore. “Mimmo Calore” incide anche un brano, estremamente ironico “3MST” (tre metri sotto terra). Il videoclip della canzone è un trionfo, con quasi 180mila visualizzazioni su youtube …

Mi ero trasferito a Roma, vissi lì per tre anni. Dopo essere ritornato a Napoli, attraversai un periodo di blocco lavorativo. Per 4 anni non successe più nulla. Arriva, poi, l’opportunità di fare un provino per “Un posto al sole” per il ruolo di Mimmo Calore che, effettivamente, ricordava un po’ il personaggio che avevo interpretato in “Quartieri spagnoli”. Venni scelto per l’ironia del personaggio che, a detta di tutti, mi apparteneva.

Un’esperienza bellissima! Il teatro, sia chiaro, è una forma d’arte importantissima, ma il potere della televisione è incredibile: la gente mi fermava per strada, al cinema, al centro commerciale e mi chiedeva l’autografo o una fotografia. Mi ha dato tantissima popolarità. A distanza di tempo, mi rimane solo un po’ di amarezza: quella di non essere riuscito a gestire il momento nel modo giusto.

Si rabbuia per una frazione di secondo. Per uno che conosce il significato e l’importanza della parola lavoro, questo piccolo “passo falso” è imperdonabile. Un’occasione mancata. Poi, con la stessa velocità, torna a sorridere e proseguiamo la nostra chiacchierata. Rimorsi? Non può e non vuole averne.

Esce finalmente il tuo primo cd : “Vulesse essere …”, distribuito dalla prestigiosa casa discografica Zeus record. La canzone che dà il titolo all’album è, in primis, una dolcissima dedica alla tua compagna di vita …

Antonio Casaburi (l’autore del brano N.d.R.) mi fece ascoltare diverse canzoni, ma questa è la prima di cui mi sono innamorato. Credo sia il brano che mi rappresenti meglio, sia da un punto di vista musicale, sia per ciò che concerne il testo.

“Vulesse essere …” è un disco autoprodotto. Antonio propose il progetto a Vincenzo Barrucci della Zeus; a lui le canzoni piacquero molto e decise di distribuire il cd. Avresti dovuto vedermi: saltavo come un canguro per la felicità! (Ride). Per essere precisi, la distribuzione è stata affidata alla Napoli Project, uno dei tre marchi della Zeus Record. Come dicevi tu prima, è un’etichetta discografica molto importante, dalla lunga storia musicale. Lì ho trovato una seconda famiglia, si lavora sodo e bene. Ho sempre pensato che, per la struttura dei brani del cd, quella fosse la casa discografica più idonea e così è stato (sorride).

Realizzare il videoclip per la canzone è stata un’impresa … due o tre giorni prima dell’inizio delle riprese, ho racimolato tutte le persone che compaiono nel video, chi aveva altri impegni, chi doveva lavorare, un casino insomma! (ride).

Un momento di pura commozione è rappresentato dalla canzone “La nostra storia d’amore” in cui affronti il tema di un parto imminente …

Un brano molto intimo, delicato. L’argomento delle ragazze madri, a Napoli, è parte della quotidianità da sempre. E’ uno dei brani che preferisco in assoluto, anche perché io sono un sentimentale, un innamorato dell’amore. In più, il bambino per me rappresenta la purezza, l’ingenuità … il bambino è come dovrebbe essere vissuta la vita; purtroppo la società ci mette davanti mille ostacoli, infiniti problemi che tendono a cambiarci e a farci perdere quella genuinità che avevamo da piccolini.

Ma tu sei ancora puro, si vede. Si percepisce. Hai dei principi che molti esseri umani non hanno più … li hanno persi da tempo, rimanendo disincantati, senza sogni. Vorrei dirglielo, ma le mie parole rimangono lì, nella mia testa. 

Mi ha colpito molto “Nun te fidà mai” … in un album in cui il tema principale è l’amore, il testo è qui più duro, pragmatico …

In questo cd è la parentesi un po’ a sé stante perché, nelle altre canzoni, il tema predominante è l’amore. Invece, in questo caso, io parlo ad una ragazza e le consiglio di stare attenta perché le persone possono farti davvero male. È una lezione che mi appartiene: non mi fido facilmente degli altri. Prima ero un bambinone, credevo ciecamente a tutti, poi sono arrivate le bastonate.

Quanto tempo è stato necessario per incidere “Vulesse essere …” ? Come giudichi il lavoro in sala di incisione? Per alcuni cantanti il momento della incisione dei brani dovrebbe essere saltato, dedicandosi esclusivamente alle esperienze live …

Il disco è stato inciso in tempi davvero ristretti. Io sono un perfezionista, quindi dico a priori che avrei potuto fare di più e di meglio, ma sono io a non accontentarmi mai (sorride). Diciamo che, riascoltandomi, penso di aver cantato bene. Il lavoro in sala è sicuramente più meccanico, tecnico, quasi matematico: mettere il cuore in sala di incisione è più difficile; quando fai un concerto canti di fronte a tante persone e sai a chi stai trasmettendo le tue emozioni. In sala di incisione sei teso, hai paura di sbagliare, non si crea empatia. Riuscire a fare emozionare una persona che sta ascoltando il tuo progetto discografico non è da tutti, richiede un grande lavoro e una immensa professionalità. Un attimo solo …

Si avvicina al bancone e serve due ragazzetti.

Dicevamo?

Io mi occupo di cinema. Musica e cinema vanno, da sempre, di pari passo. Qual è il film della tua vita?

Sicuramente “La ricerca della felicità” di Gabriele Muccino, con Will Smith. Il protagonista è un uomo che tocca il fondo con le mani e che insegue la felicità che, nel film, è rappresentata dal lavoro. Anche io sono sempre alla ricerca della felicità … premettendo  che mi considero davvero fortunato ad avere un lavoro, credo che, nella vita reale, la gratificazione sia data da altro: in effetti io aspiro ad essere sereno.

Gianni Pernice, però, è anche un ottimo pizzaiolo …

Ebbene sì! Non faccio il pizzaiolo per mestiere, bensì per passione. L’anno scorso ho vinto il secondo posto del campionato mondiale della pizza a metro e mi sono classificato al quarto posto all’STG (Specialità Tradizione Garantita N.d.R.) ovvero la pizza margherita per eccellenza. “Fatte ‘na pizza”, la mia pizzeria, è gestita da me e dai miei due fratelli. Amo la pizza! Insieme alla musica e al mare rappresenta Napoli.

Ti racconto una cosa: da bambino volevo mangiare sempre la pizza … ad un certo punto diventare pizzaiolo è diventato quasi una necessità … (lo guardo interrogativo) altrimenti avrei speso troppi soldi per comprarla in continuazione (ridiamo!).

“Fatte ‘na pizza” deve essere ricordata, non solo per la qualità dei prodotti che offre, ma anche per un gesto nobilissimo: quello del volontariato …

E’ una cosa a cui tengo molto. Faccio parte di un gruppo parrocchiale “Gli angeli della stazione”. Aiutare il prossimo è una cosa doverosa: incontrare delle persone che non riescono a nutrirsi, che non hanno un posto in cui vivere mi fa arrabbiare, mi addolora. Il nostro gesto non è solo quello di dare loro qualcosa da mangiare, ma di abbracciarli, ascoltarli, parlare con loro. Le storie che ascolto sono dolorosissime. Ci sono tante realtà. Fare il volontariato mi dona moltissimo e mi migliora in quanto essere umano.

Pensare agli altri. Quanti lo fanno davvero?

Cosa dobbiamo attenderci da Gianni Pernice per questo 2017?

In primis voglio vincere al Superenalotto così risolvo un sacco di problemi (scoppia a ridere). A parte gli scherzi, spero di riuscire a promuovere “Vulesse essere …” nel migliore dei modi. Vorrei crescere ancora, sia artisticamente sia come uomo. Senza trascurare la mia attività di pizzaiolo. In effetti io svolgo due lavori per i quali devi dare il 100%, gestirli entrambi è al    quanto difficile, ma ce la posso fare senza problemi. Non si è mica Gianni Pernice per caso, no? (Sorride di nuovo).

Fatti una domanda e datti una risposta …                       

Gianni Pernice sei soddisfatto di ciò che hai fatto e del risultato ottenuto? Allora … artisticamente e lavorativamente parlando sì: tutti i traguardi raggiunti li devo solo ed esclusivamente al mio sudore, senza scorciatoie. Anche perché ho 36 anni e, se fossi stato raccomandato, avrei fatto molto di più e con minore fatica. Però, allo stesso tempo, non sono ancora contento: voglio sicuramente di più. Non per presunzione o immodestia, ma credo di meritare altre occasioni importanti, perché alle spalle ho tanta gavetta.

Prima di salutarlo, mi avvicino al bancone. Sono sincero: ho l’acquolina in bocca. “Ehm … a questo punto, visto che mi trovo qui … qual è il tuo cavallo di battaglia?” “Guarda, la specialità di Gianni Pernice è la pizza alla brace!”

Ne prendo una con zucca, salsiccia, provola e patate al forno …. ebbene: è subito magia!

Gianni Pernice : Fatte ‘na pizza e canta insieme a me! was last modified: giugno 27th, 2017 by L'Interessante
27 giugno 2017 0 commenti
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Cavalli
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Marco Cavalli: io, un attore per passione.

scritto da L'Interessante

Cavalli

Di Christian Coduto

Giovedì 1 giugno, ore 18.30. Parco della Villa Floridiana, Vomero.

A quest’ora, il sole illumina ancora le strade.

L’estate, contrariamente a ciò che ci dice il calendario, c’è già venuta a trovare. Dopo aver fatto un po’ di giri per trovare un parcheggio, arrivo al posto scelto per l’intervista tutto trafelato e leggermente in disordine. Ritrovo Marco Cavalli seduto serenamente su una panchina, intento a fumare un sigaro.

Ha scelto un abbigliamento casual, ma con gusto: un pantalone che gli calza a pennello e una maglietta a maniche corte. Ma è la postura a fare la differenza … la prima parola che mi viene in mente è eleganza.

Appena mi intravede, sorride e si avvicina. Bella stretta di mano, vigorosa, di una persona sicura di sé. Mi chiede scusa se ha dovuto rinviare l’incontro per alcuni impegni lavorativi. Tono pacato, riflessivo, educato. Usa parole adeguate, è molto misurato, ma allo stesso tempo socievole e aperto al confronto.

L’intera intervista proseguirà allo stesso modo: in maniera totalmente rilassata e rilassante.

Mentre i bimbi giocano a pallone intorno a noi, richiamati dalle mamme affinché non facciano eccessivo rumore, iniziamo con le domande …

Marco Cavalli parla di sé a “L’interessante”

Chi è Marco Cavalli?

Allora … sono nato a Napoli il 25 aprile del 1975. Vivo con la mia compagna Ione e il nostro gatto Gabriele, detto anche Gabriellone, perché è decisamente grosso (ride). Lavoro alla CGIL e faccio l’attore, entrambe le cose per passione. Sono laureato in Scienze politiche. Ho preferito il percorso sindacale a quello politico/giornalistico che sognavo da ragazzino e posso dire di essere contento di aver fatto questo tipo di scelta. Ho svolto mille lavori: dal volantinaggio alla distribuzione degli album fuori dalle scuole, per due anni ho fatto ripetizioni ad alcuni ragazzini delle scuole medie ed elementari, per 6 anni sono stato lo stacca biglietti del San Paolo, per un anno e mezzo ho fatto il letturista dei contatori dell’acqua. Ho sempre voluto essere indipendente dalla mia famiglia, ho sempre dato il giusto peso al valore del lavoro. Nel tempo sono diventato redattore di un’agenzia di stampa; era un part-time, ma era molto impegnativo. Il mio primo contratto a tempo indeterminato. Nel frattempo, continuavo a svolgere la mia attività di volontariato presso la CGIL, che si è poi trasformato in un lavoro a tutti gli effetti.

Perché Marco Cavalli ha scelto la recitazione? Cosa rappresenta per te salire sul palco?

Il senso più profondo lo avevo già dall’infanzia. Da piccolino amavo il carnevale, i travestimenti. Ero inusuale persino nella scelta dei personaggi da interpretare: divieto assoluto al cowboy, l’indiano … erano benvenuti invece il vecchio carcerato, lo zombie trafitto e così via. Questo divertimento che provavo da bambino, credendo in maniera totalitaria nei personaggi che interpretavo nelle varie feste, me lo ritrovo pari pari nel gioco dell’attore.

Uscire da me stesso, indossare i panni di un altro e portarlo alle estreme conseguenze mi ha sempre divertito in una maniera pazzesca. Ecco perché ho scelto la recitazione.

Marco Cavalli lavora molto a teatro, spesso diretto da Nicola Guarino. Fare gavetta in sala cosa ti ha insegnato? Essere diretti da un regista che è anche attore facilita il processo di costruzione del personaggio che devi interpretare?

Nicola è un mio caro amico. Mi trascinò un po’ per caso in questo mondo magico. Venne a conoscenza della mia passione e mi spinse a provarci. Insieme abbiamo fatto diversi laboratori teatrali e tanti spettacoli, alcuni persino provocatori e naif. Con lui, ma anche con registi quali Ciro Pellegrino e Franco Zaccaro, ci siamo lanciati nel teatro off, decisamente d’avanguardia, anche se quest’ultimo termine è un po’ spocchioso e non mi piace utilizzarlo. Ritornando alla tua domanda: un regista che è anche attore talvolta può trovarsi in difficoltà nel momento in cui deve mettere in scena alcune cose, però quando si confronta con gli altri attori coinvolti il tutto è di gran lunga più costruttivo e stimolante.

Con un regista “puro”, invece, hai libertà di azione, puoi spaziare nella creazione del tuo personaggio.

Il teatro è una bella palestra: è estremamente fisico, ti insegna ad affrontare nel modo migliore possibile una fatica che, a mio giudizio, nel cinema non c’è. Non me ne voglia nessuno, ma è così! Il cinema è faticoso per chi lo organizza, per gli scenografi, i tecnici, il regista, ma non per l’attore. Il grande Marcello Mastroianni, non a caso, diceva “Beh, sempre meglio che andare a lavorare” (ride di gusto).

Hai svolto, in più occasioni, il lavoro di reading. Un compito molto impegnativo. Potresti spiegare, ai profani, quali differenze ci sono tra la recitazione pura e la lettura?

Un’esperienza bellissima! Per quanto mi riguarda, facevo dei reading in presenza di musicisti: sassofono, chitarra, tromba, contrabbasso … La selezione dei testi da leggere era invece curata da una carissima amica, che è anche una scrittrice.

È necessario in primis, che il testo rimanga fedele all’originale. Ma c’è contemporaneamente la necessità da parte di chi legge di interpretare le parole e fare qualche piccolo emendamento, tagliare qualche parola poco fluida e così via … quindi la grande differenza sta nel fatto che il lettore deve rendere ascoltabile la parola scritta. Il reader legge il testo, gli dona colore, sottolinea degli stati d’animo trasmessi dalla pagina, ma non deve snaturare ciò che gli viene affidato. In più, per trasmettere emozioni, hai solo la parola. Da un punto di vista recitativo, è qualcosa di assolutamente appagante.

Aggiungo anche che determinati testi danno un’emozione veramente forte ed è molto bello quando riesci a far arrivare all’intero uditorio le emozioni che stai provando tu.

Sei il protagonista di svariati cortometraggi. Ci racconti della genesi di “Come fossi una bambola?” E’ un progetto che ha anticipato i temi di “Lars e una ragazza tutta sua” …

Un’idea bellissima di Andrea Borgia, un altro regista al quale sono legato da una forte amicizia … lui aveva questa idea relativa alla solitudine e lo straniamento. Sì, è una storia molto semplice, però è riuscito a rendere magica la vicenda di quest’uomo che passa una serata, a cena, con una bambola gonfiabile ed è felice ed emozionato come se fosse una storia d’amore. La particolarità è che, attorno al protagonista, c’è un mondo assolutamente silenzioso, asettico, minimale. Sì, per noi è stata una sorpresa quando leggemmo di “Lars …” a tal proposito: lo sai che, sempre dopo “Come fossi una bambola”, uscì anche in Giappone una storia analoga? Coincidenze fortuite? (Ride).

Con “Peristalsi” del 2013 inizia la tua collaborazione con il regista Enrico Iannaccone. A questo, seguiranno poi “La ciofeca” e “Aniconismo”. Generi molto diversi, progetti ambiziosi. E’ importante, in termini di riuscita di un progetto, l’empatia tra il regista e gli attori coinvolti?

L’empatia è fondamentale perché, nello scambio profondo che intercorre tra il regista e l’attore, dà vita a qualcosa di proficuo. Poi, ovviamente, c’è anche chi preferisce avere rapporti solo ed esclusivamente lavorativi, preservando sempre la propria professionalità. Tra me ed Enrico, invece, c’è un legame che va oltre l’ambito artistico, visto che c’è un’amicizia profonda da diversi anni. Si condividono stati d’animo, emozioni vissute che giovano alla messa in scena.

Reciti tanto a Napoli. Quanto è artistica la tua città?

Guarda … di sicuro mi sento libero di dire che Napoli è una città ricchissima di veri talenti, sia nell’ambito registico sia nel settore attoriale. Purtroppo poco coordinata e senza budget a disposizione. Spero, un giorno, di fare esperienze artistiche altrove, per poterti dare una risposta più precisa al riguardo. E’ un osservatorio troppo piccolo.

Parliamo di televisione e della tua esperienza ad “Amore criminale” …

Ho lavorato con Matilde D’Errico, che io reputo un’autrice e una regista di grandissimo talento. E’ riuscita a fondere, in una maniera estremamente efficace, il testo giudiziario con il testo televisivo. “Amore criminale” è un format che racconta episodi di cronaca molto duri. Nel caso specifico, la puntata affrontò la storia di Teresa Bonocore, una cittadina di Portici, madre di una ragazzina che era stata violentata da un vicino di casa. La donna lo aveva denunciato e fatto arrestare. L’uomo però, dal carcere, ordì la spedizione di morte contro di lei. Tutti i colpevoli sono stati arrestati.

Io ho interpretato il ruolo del commissario. In quell’occasione sono rimasto sorpreso dalla capacità di sintesi della D’Errico. Un’esperienza molto piacevole, veloce, molto ben organizzata. La rifarei molto volentieri.

Il tuo curriculum è molto vario e variegato. Tra le tue esperienze, anche qualche videoclip musicale. Tra questi, “How to cure hangover in april” è quello sicuramente più interessante …

E’ effettivamente un lavoro del quale conservo un piacevole ricordo! Tanta energia e un apparato tecnico non indifferente. La storia è quella di quest’uomo che decide di comprare Ben, un robot, affinché lo aiuti nella fase di hangover in cui si ritrova … l’uomo beve, si droga, partecipa a festini. Il problema è che Ben inizia a sostituirsi al protagonista in ogni cosa della sua vita, fino ad arrivare a prendere il suo posto con la fidanzata (ridacchia). Un’esperienza divertentissima.

Nel 2014, diretto da Enrico Iannaccone, ecco il film “La buona uscita” accanto a Gea Martire. Interpreti il ruolo di Marco Macaluso. Il tema trattato è di quelli forti …

Un regista esordiente ed io, per la prima volta, protagonista di un film. Che dire? Un’esperienza magnifica. Avevo già fatto tanto teatro, ero apparso in tv, vari videoclip e diversi corti … eppure, quando mi sono rivisto sullo schermo, dopo una conferenza stampa nazionale, mi sono chiesto quando avessi preso la strada giusta che mi stava portando a tutto ciò. Ed ho pensato alla “Nausea” di Sartre: il protagonista è in un bar e sta ascoltando questa cantante di colore che sta eseguendo un blues. Ad un certo punto dice “Sono stato nel deserto, mi sono battuto con diversi uomini, ho amato donne e tutto questo mi ha portato in questo momento, in questo bar, in questa bolla di luce, avvolto dalle note”. Questa è stata la sensazione che ho provato … non ho ancora trovato una risposta: forse è stata fortuna, perseveranza, l’allegria e il divertimento che metto nel lavoro o il fatto che non abbia scelto la recitazione come mestiere principale, chissà.

O forse, semplicemente, perché Marco Cavalli è davvero un bravo attore? È così difficile ammetterlo? Umile, per nulla propenso all’autocelebrazione. Non è un atteggiamento forzato o costruito, il suo … Marco è autenticamente sorpreso dalla stima che riceve da chi lo ha visto recitare o da coloro i quali lo hanno scelto per i vari lavori. Non riesce quasi a farsene una ragione. Questo è probabilmente il vero motivo del suo successo: non si prende troppo sul serio. Recitare è una passione? Ecco, la vive come tale. Quindi, la vive bene.

Parliamo di Marco Macaluso … nelle note al personaggio che inviammo prima delle presentazione stampa venne definito come “Un uomo che, se fosse stato saggio, sarebbe stato un epicureo”. Invece lui è uno che consuma la propria vita e quella degli altri, solo ed esclusivamente per il proprio ego. Dopo la visione, molti mi hanno chiesto se Marco, così spregevole, fosse tipico di un particolare ambiente napoletano. Io dico, semplicemente, che è un personaggio trasversale … è il classico uomo dei nostri tempi, con i soldi, perché proviene da una famiglia molto ricca. Quello che tutti vorremmo essere: il forte che schiaccia gli altri, che ha il potere datogli dal denaro.

Se non lo guardiamo da un punto di vista morale, quest’uomo tocca il tema che Enrico voleva trattare nel film: i limiti della libertà.

Ci parli de “Il labirinto dell’anima” di Claudio Gargano, che uscirà prossimamente nelle sale?

E’ un lavoro dalla genesi inusuale: inizialmente doveva essere un medio metraggio poi, nel tempo, ha assunto la forma di un lungometraggio vero e proprio sulla Napoli esoterica. E’ tratto dagli scritti di Laura Miriello, una storica che è esperta anche in esoterismo. Il film rappresenta una Napoli molto noir. Il protagonista si imbatte in una serie di segni per lui sconosciuti, inediti che gli permetteranno di affrontare un viaggio che lo metterà a confronto con la città in cui vive, che è ricca di elementi occulti. E’ molto interessante da vedere, è una chiave di lettura di Napoli davvero poco sfruttata in ambito cinematografico.

Lo ammetto: non è che fossi a conoscenza della materia. Il che, in effetti, è stato un bene perché mi ha fatto affrontare questo progetto come se fossi un foglio bianco sul quale Claudio e Laura hanno lavorato.

A proposito di cinema: qual è il film della vita di Marco Cavalli e perché?

“Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Elio Petri, con Gian Maria Volontè del 1970. Il film più bello che abbia mai visto. L’ho pensato dopo la prima volta che lo vidi e continuo tuttora a pensare che lo sia. Volontè, a mio giudizio, è la maschera dell’attore, quello che vorrei essere. Il film fa il paio con “Arancia meccanica” di Kubrick: entrambe le pellicole affrontano il tema del potere dello Stato in una maniera sublime.

Tra le altre cose, io amo il cinema italiano, credo di avere una bella cultura al riguardo. “indagine …” è l’apice da questo punto di vista. In aggiunta, costituisce una sorta di summa filosofica, grazie ad una sceneggiatura pazzesca.

Fonti sicure mi dicono che il sig. Cavalli è un bravissimo ballerino di tango. Cosa ti affascina di più di questo tipo di danza?

(Sorride) … Chissà chi te lo ha detto, eh? (Io e Marco abbiamo un’amica in comune, che balla insieme a lui N.d.R.) Per me è una droga. Ho trovato, nel tango, quello che non ho più dal palcoscenico ovverosia: quel rapporto fisico con la presenza scenica, quel rapporto immediato tra il corpo, l’azione, la passione che ti muove dall’interno e, il tutto, indipendentemente dal fatto che ci sia del pubblico o meno! E’ un moto molto intimo tra due persone. Sono 7 anni che ballo. Ora come ora, sarebbe una delle cose più difficili a cui potrei rinunciare.

Da piccolo, mi ricordo di uno sceneggiato televisivo con Gastone Moschin, la cui sigla era “Libertango” di Astor Piazzolla. Avevo 5 anni … quel ritmo, quella melodia così struggente, mi catturarono.

Con la maturità, ho deciso di lanciarmi in questa forma di danza.

Ah, a tal proposito: amo anche la fotografia! Purtroppo sto dedicando poco tempo a questa passione negli ultimi tempi. Ho vinto anche un premio della critica al Napoli Film Festival!

L’amore per il tango spiega la postura. Questo elemento aggiuntivo, questa passione così raffinata rende Marco Cavalli un uomo d’altri tempi. Eppure, sempre al passo con i tempi. Un dualismo divertente.

Cosa dobbiamo attenderci da Marco Cavalli per questo 2017?

Speriamo tantissime cose! Come dico sempre “Io sto qui. Quando qualcuno mi propone qualcosa, io la valuto” (ride di gusto). Con Enrico Iannaccone abbiamo  appena girato un altro videoclip, molto gustoso. Attendo l’uscita del film di Gargano e c’è una web serie con Nicola Guarino, che ho ritrovato dopo un bel po’ di tempo. Stiamo per ultimarla, la durata di ogni episodio è di 6 minuti circa.

Concludiamo l’intervista con una marzullata : fatti una domanda e datti una risposta

In tutta risposta, Marco Cavalli inizia a recitare: “Mi sono svegliato stamattina con una grande voglia di restare a letto tutto il giorno, a leggere. Ho cercato di combatterla per un minuto, poi ho guardato fuori dalla finestra la pioggia e mi sono arreso, mi sono affidato totalmente alla custodia di questa mattinata piovosa. Rivivrei la mia vita un’altra volta? Rifarei gli stessi imperdonabili errori?”  “Sì, se potessi, sì. Li rifarei.” E’ un passo di Raymond Carver, contenuto nei “Racconti in forma di poesia”. Lo lessi tempo fa per un reading e credo sia adattissimo anche in questa occasione.

So che non potete ascoltare la sua voce, ma fidatevi di me: il risultato è da brividi!

Marco Cavalli: io, un attore per passione. was last modified: giugno 6th, 2017 by L'Interessante
6 giugno 2017 0 commenti
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