Lupo.
Di Luigi Sacchettino
Cari lettori interessati c’è chi li canta a Sanremo- come gli Ermal Meta in “Ricordo la notte con poche luci ma almeno là fuori non c’erano i lupi”- e chi li ascolta ululare, ritornando selvaggi e passionali.
Il lupo è un tema che ci sta a cuore e gridare «al lupo, al lupo!», come è noto da tempo, non serve
Eppure nelle ultime settimane sembra essere un nuovo mantra. Nei giorni passati ha tenuto banco la questione della Conferenza Stato Regioni in merito alla gestione del lupo sul nostro territorio. Le parti dovevano approvare il 2 febbraio il “Piano di conservazione e gestione del lupo in Italia”, redatto da un pool di esperti in materia. In realtà il 2 c’è stato un semplice rinvio al 23 febbraio prossimo. Eppure in Appennino l’animale che sembra uccidere più esseri umani del lupo è la vespa. Non un branco di lupi ibridati e fuori controllo, come si può dedurre dall’agitazione creatasi intorno all’argomento. Ma la vespa. Nessuno si è sognato di raccogliere firme contro le vespe. Contro i lupi, invece sotto l’effetto emotivo, si riparla di una deroga che consentirebbe l’abbattimento del 5% della popolazione. Per capirne di più abbiamo intervistato il dott. Marco Galaverni, Consigliere Nazionale WWF Italia e studioso del lupo.
- Grazie Dottore per averci dedicato il suo tempo in questi giorni molto convulsi; ultimamente si parla molto del pericolo lupo, che non è più protetto: il Piano di Conservazione prevedrà l’uccisione, al massimo, del 5% degli esemplari presenti sul nostro territorio. Ma qual era la situazione prima di questo Piano in materia di lupi?
“La Conferenza Stato-Regione ha deciso di rinviare l’approvazione del Piano lupo; il Piano ritorna adesso in sede tecnica per una nuova discussione. In realtà il riferimento al 5%, che richiamava molto i piani venatori, sembra sia stato eliminato dalle ultime versioni del Piano. In ogni caso, la possibilità di ‘prelievo’ (ovvero, uccisione) in deroga alla protezione totale era già previsto dalla direttiva Habitat, ma non era mai stata adottata in precedenza in Italia. Ora ad essere cambiata sembra che sia la volontà politica di ricorrere agli abbattimenti”.
- Qual è la situazione attuale dei lupi in Italia? Fanno davvero così paura?
“La situazione è senz’altro migliore rispetto a 40 anni fa, ma ancora non assestata. Grazie ad abbondanti popolazioni di prede (quasi due milioni tra cinghiali, caprioli, cervi ed altri ungulati) il lupo ha ricolonizzato, in maniera del tutto spontanea e senza alcun intervento di reintroduzione, gran parte del suo areale Appenninico originario, mentre la situazione sulle Alpi è ancora instabile, con la presenza costante di lupi nelle sole Alpi occidentali ed un unico branco stabile tra Veneto e Trentino.
I timori per il ritorno del lupo sono del tutto ingiustificati, dato che non si sono registrati attacchi mortali all’uomo in tutta Europa negli ultimi 100 anni. E’ quindi molto più probabile essere investiti sulle strisce pedonali o per la puntura di una vespa che essere attaccati da un lupo”.
- Perché si sceglie per l’abbattimento? Non si possono attuare strategie green come nel caso del progetto life “Praterie”, alzando la protezione degli allevamenti grazie a cani pastori guardiani?
“Il problema principale è che l’abbattimento di qualche esemplare non contribuisce affatto né alla riduzione dei danni al bestiame domestico (anzi, i rimanenti individui del branco, rimasti soli o in numero minore, avranno più difficoltà nella caccia alle grandi prede selvatiche e potrebbero quindi aumentare le predazioni su pecore e altri animali di allevamento, se non ben difese), né alla riduzione del conflitto sociale, come già dimostrato in altri Paesi (Francia, Spagna, Stati Uniti).
Al contrario, l’uso di cani da pastore insieme a recinzioni elettrificate, da studiare caso per caso in base alle caratteristiche dell’allevamento, riduce in larghissima parte i possibili danni causati dal lupo, come dimostrato da molti progetti pilota”.
- Il rovescio della medaglia può diventare quindi il lupo in pericolo: bracconaggio, estinzione, modifiche ai gruppi sociali. Quale potrebbe essere a suo avviso una scelta che tuteli sia l’uomo che la natura?
“Esatto. Purtroppo, ancora oggi il lupo è vittima di numerosi atti di bracconaggio diretto (armi da fuoco) o indiretto (bocconi avvelenati, che spesso sono all’origine dei numerosi incidenti stradali che coinvolgono il lupo).
Per tutti i motivi che abbiamo visto, riteniamo quindi fondamentale puntare con decisione sullo studio e sulla prevenzione, sfruttando i fondi europei per lo sviluppo rurale e mettendo così gli allevatori nelle condizioni di minimizzare i danni. E di conseguenza, se cala il conflitto sociale, calerà anche il bracconaggio. Quindi, aiutando gli allevatori, avremo al contempo aiutato il lupo. La coesistenza, anche se faticosa, è sempre possibile”.
Per l’uomo è proprio difficile non sentirsi cappuccetto rosso o cacciatore.