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Anniversario

anniversario
CulturaEventiIn primo piano

Venticinquesimo anniversario dell’Università a Capua

scritto da L'Interessante

Anniversario

L’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” celebra il “Venticinquesimo anniversario dell’Università a Capua. Cultura e sviluppo del territorio” con un evento che si svolgerà nell’Aula Magna del Dipartimento di Economia il giorno 16 febbraio c.a. alle ore 10.00

In occasione dei 25 anni della presenza a Capua dell’Università “Luigi Vanvitelli” sarà valorizzato il ruolo svolto dal Dipartimento di Economia. Saranno ricordate le tappe fondamentali del rapporto sinergico sviluppato in questi anni tra cultura e territorio: l’insediamento, lo sviluppo, la valorizzazione delle eccellenze professionali e culturali hanno costruito

un asse sinergico che vede da un lato l’Università e dall’altro i suoi protagonisti come poli di attrazione di energie e di cultura. Ultimo atto è la valorizzazione del Museo Campano di Capua, con l’adesione al progetto “Adotta una madre” tra le mater matutae ivi custodite, proprio a siglare anche per il futuro un patto di fertilità culturale con il territorio.

IL PROGRAMMA:
Coordina – OTTAVIO LUCARELLI – Presidente Ordine dei Giornalisti della
Campania
SALUTI
GIUSEPPE PAOLISSO – Magnifico Rettore dell’Università della Campania “Luigi
Vanvitelli”
EDUARDO CENTORE – Sindaco di Capua
ANTONINO DEL PRETE – Direttore Museo Campano

1° SESSIONE – DALLA FONDAZIONE AL RADICAMENTO NEL TERRITORIO
Interventi:
FRANCESCO LUCARELLI, La Fondazione
MANLIO INGROSSO, I rapporti con le istituzioni del territorio
VINCENZO MAGGIONI, La nuova sede
CLALIA MAZZONI, Lo sviluppo

2° SESSIONE – RISULTATI DI ECCELLENZA, EX-STUDENTI DI SUCCESSO NEL MONDO
DEL LAVORO
ATTILIO PALLANTE – Pastificio La Reggia
SALVATORE MARTIELLO – Sindaco di Sparanise
MICHELE BUONANNO – Dottore commercialista
LOREDANA AFFINITO – Project officer of Economic Research Department
Unioncamere
ANTONELLA PALMESANO – Responsabile finanziaria di mica&C settore auto Srl

PREMIO DI LAUREA GUARNIERI – Riconoscimento per la miglior tesi di laurea
in ambito privatistico (diritto della responsabilità civile)

3° SESSIONE – L’ECCELLENZA TURISTICO-CULTURALE: IL MUSEO CAMPANO
Intervento di GIOVANNA FARINA – Progetto “Adotta una Madre” – Associazione
Culturale Capuanova
L’Ateneo aderisce al progetto adottando una Mater Matuta come sigla della
sinergia tra cultura e territorio

Venticinquesimo anniversario dell’Università a Capua was last modified: febbraio 14th, 2017 by L'Interessante
14 febbraio 2017 0 commenti
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Anna Politkovskaja
Cultura

Anna Politkovskaja: ricordo di una donna sola

scritto da L'Interessante

Anna Politkovkaja

Di Erica Caimi

Mosca, 7 ottobre 2006. Anna Politkovkaja rientra nella sua abitazione dopo aver fatto la spesa al supermercato. Parcheggia la macchina davanti al portone d’ingresso del palazzo in cui abita  e inizia a scaricare il bagagliaio, prende le prime buste ed entra nell’ascensore, senza accorgersi di essere seguita. Sale al settimo piano, entra nel suo appartamento, lascia la spesa e scende nuovamente per ritirare le ultime borse. Non appena le porte dell’ascensore si aprono, a piano terra,  un uomo le punta addosso una pistola e le scarica addosso quattro colpi di pistola in rapida successione, poi le si avvicina e la finisce con un colpo alla nuca.  Omicidio su commissione, probabilmente. Sì, perché le circostanze che hanno portato alla sua morte, ancor oggi non sono state totalmente chiarite. Nessuna idea sull’identità del mandante.

Una prima sentenza emessa nel 2009 ha assolto per insufficienza di prove gli unici imputati del delitto, appurando, però, la matrice cecena. Nel 2014 il tribunale di Mosca ha ribaltato il verdetto condannando all’ergastolo Rustam Makhmudov, ritenuto il killer materiale, e suo zio Lom-Ali Gaitukayev, l’ideatore. Ibragim e Dzhabrail Makhmudov sono stati condannati rispettivamente a dodici e quattordici anni di carcere, mentre l’ex-dirigente della polizia di Mosca, Sergej Khadzhikurbanov, che ha partecipato alla preparazione dell’omicidio, ha ricevuto una pena pari a vent’anni.

Chi era Anna Politkovskaja?

Anna Politkovskaja è nata a New York nel 1958, figlia di due diplomatici ucraini che lavoravano alle Nazioni Unite. Nel 1980 si laurea in giornalismo a Mosca, dove conosce e sposa Aleksandr Politkovskij. Dopo qualche anno comincia a lavorare a uno dei più grandi quotidiani dell’Unione Sovietica, l’Izvestija, che lascerà per passare alla piccola stampa indipendente, approdando dapprima alla Obshaja Gazeta, poi nel 1999 al bisettimanale d’inchiesta Novaja Gazeta. Fin dalla sua fondazione, la Novaja Gazeta è un progetto editoriale di stampo indipendente ed estremamente critico nei confronti della classe politica post-sovietica pubblicando diverse inchieste che coinvolgevano esponenti del governo e dell’economia russa. Oggi ha una tiratura cartacea di 80.000 copie, esce tre volte alla settimana e ha un bollettino di 5 giornalisti uccisi per inchieste e opinioni scomode.

Anna ha saputo raccontare con intelligenza alcuni tra momenti più difficili della storia contemporanea russa: la seconda guerra cecena, le ingiustizie ai danni della popolazione civile cecena per mano dell’esercito russo e della polizia segreta locale, la corruzione tra le alte schiere politiche e militari, gli attentati al teatro Dubrovka, l’incubo alla scuola numero 1 di Beslan, in Ossezia del Nord, l’ascesa degli oligarchi collusi con la mafia e il nonnismo nell’esercito, per citarne alcuni. Sicuramente, non nutriva molta simpatia per Vladimir Putin, ma  nemmeno per Kadyrov, l’attuale presidente ceceno. Molti dei suoi libri, pubblicati tutti all’estero, come ad esempio “La Russia di Putin” , non vogliono essere saggi politici, bensì una raccolta di esperienze di vita di persone comuni che sono inciampate nella storia, testimonianze reali che macchiano indirettamente la politica attuale e che per questo sono rimaste escluse dalla stampa ufficiale, filtrata dal potere. La sua critica a Putin si fa più ampia e sottile, perché il politico, a dispetto di quanto si dica in Italia o nella stampa occidentale, gode di ampio consenso a casa propria. La sua popolarità è frutto di un’attività politica che mira a risvegliare l’orgoglio nazionale russo, rimasto latente negli anni post-Perestrojka e che si riflette nella forma mentis di Putin. Per la giornalista, criticarlo significa prima di tutto criticare la coscienza collettiva del russo di oggi, di cui Putin si fa semplicemente portavoce ufficiale.

Se si crede che Anna Politkovkaja sia famosa tanto in occidente quanto in Russia si sbaglia di grosso, perché in patria è sconosciuta ai più e le ragioni si possono facilmente intuire. Le tematiche da lei affrontate nei suoi libri o nei suoi articoli le hanno tolto il privilegio della notorietà e resa una “reietta”  nel mondo giornalistico. In Russia, l’esclusione dalla ribalta è la nuova forma di limitazione alla libertà di pensiero e di opinione, secondo cui chi osteggia l’opinione di maggioranza, difficilmente riuscirà a trovare uno spazio per esprimersi, poiché tutte le reti “ufficiali” gli saranno precluse.

Eredità

La preziosa eredità di Anna è racchiusa in questo frammento, tratto da una delle sue ultime lettere “Impedire a una persona che fa il suo lavoro con la passione di raccontare il mondo che la circonda è un’impresa impossibile. La mia vita è difficile, certo, ma è soprattutto umiliante. A 47 anni non ho più l’età per scontrarmi con l’ostilità e avere il marchio di reietta stampato sulla fronte . Non parlerò delle altre gioie del mio lavoro, l’avvelenamento, gli arresti, le minacce di morte telefoniche e on-line. Naturalmente gli articoli che mi presentano come la pazza di Mosca non mi fanno piacere. Vivere così è orribile. Vorrei un po’ più di comprensione. Ma la cosa più importante è continuare a fare il mio lavoro, raccontare quello che vedo”.  

La morte, per quanto tragica, sa trasformare la persone in simbolo e il suo fare giornalismo ci ha lasciato un messaggio prezioso, un memorandum che dovrebbe accompagnare ogni aspirante. Anna viveva la sua professione come vocazione sbocciata da un terreno di solida libertà intellettuale non prostituita da influenze politiche o condizionamenti di alcun genere e i risultati della sua attività sono riscontrabili nell’onestà imparziale con la quale elaborava e raccontava le vicende di cui si occupava. Una posizione libera e proprio perché non assoggettabile faceva paura. Se a ciò si aggiunge il coraggio di una donna che non ha mai avuto timore di schierarsi in prima linea, firmare i propri articoli di denuncia con nome e cognome, offrirsi come moderatrice durante gli attentati e testimoniare in prima persona ai processi contro militari di alto rango e criminali di guerra, si capiscono ancor meglio i tratti della sulla sua personalità. Il suo era un giornalismo non carrierista dal cuore umano, quello che sa ascoltare le storie dei cittadini comuni, talvolta esclusi dalla stampa ufficiale per trasformarle in denunce sociali, senza sensazionalismi o speculazioni personali, testimonianze scomode di un momento storico che completano il quadro inserendo tutti i protagonisti. Un giornalismo che ascolta e racconta, perché la discussione e la denuncia sono il primo passo verso il miglioramento.

Anna Politkovskaja: ricordo di una donna sola was last modified: ottobre 7th, 2016 by L'Interessante
7 ottobre 2016 0 commenti
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Holly e Benji
CulturaIn primo pianoTv

Holly & Benji: ormai trentenni rinnovano il loro contratto con il calcio

scritto da L'Interessante

Holly e Benji

Ultima Ora: <<Dopo estenuanti trattative durate per anni, finalmente i due calciatori – Holly e Benji – si regalano un rinnovo contrattuale con il mondo del calcio, dopo che per 30 anni hanno rappresentato il sogno di ogni piccolo potenziale campione>>

Era il 19 luglio 1986 quando su Italia 1 andava in onda per la prima volta il primo vero episodio di quello che sarebbe diventato un cartone animato straordinariamente epico, una nuova idea di calcio impressa nella mente dei più piccoli, una nuova forma di sogno chiamata “Holly & Benji”: creato in versione manga nel 1981 dalle matite di Yoichi Takahashi, “Captain Tsubasa”, come si chiamava nella versione originale, venne dapprima trasformato in cartoon e poi in quella leggenda storica che per anni ha appassionato un’intera generazione di bambini e ragazzini. Ciò che rappresentava di più la forza di questa nuova e variopinta cultura calcistica era riprodotto da una base solida di valori e qualità che avrebbero permesso ai due protagonisti di sfondare in Italia: partendo da un “la la la la la”, sigla memorabile cantata da Paolo Picutti e scritta da Alessandra Valeri, passando per il famoso “due sportivi, due ragazzi, per il calcio, sono pazzi” che disegnavano gli ingredienti fondamentali per dare un tocco di “classe” in più ad una realtà tanto astratta quanto così tangibile, e terminando con l’amatissimo “son portiere e attaccante, Holly e Benji, due speranze”, toccasana per antonomasia al fine di promuovere la fiducia di tante promesse emergenti, il cartoon nei suoi 128 episodi ha mostrato come i due protagonisti abbiano attraversato un percorso di rinascita personale passando da un odio calcistico angosciante, che li ha di fatto posti nella situazione di essere avversari in innumerevoli match validi alla loro “consacrazione”, ad un amore sportivo che li ha uniti nel loro più intimo sogno di raggiungere, da compagni di squadra, obbiettivi illustri come la coppa del mondo. Diventato nel giro di poco tempo un vero e proprio cult nel suo genere,  ha trasformato a poco a poco l’idea generale del calcio stesso, ridimensionando una sfera totalmente vuota e arrivando a condizionarla in maniera tale da viverla a 360 gradi come se fosse “messo in onda” il marchio indelebile lasciato sulla pelle di chi non ha niente altro davanti ai suoi occhi che questo successo mondiale: la rete, intesa nel senso stretto della parola, festeggia pertanto il compleanno dei campioni, mentre l’altra, quella della porta, si gonfia ad ogni <<tiro della tigre>> di Mark Lenders e ad ogni <<catapulta infernale>> dei gemelli Derrick.

Oliver Hutton e Benjamin Price sono così i nomi che l’adattamento occidentale ci ha consegnato, rappresentano la reincarnazione dei ruoli calcistici che incollavano prima davanti al grande schermo e portavano poi a uscire in strada, su campi e campetti vari a giocare per tentare i tiri a effetto tanto impossibili quanto irrealistici di Holly o a provare le parate miracolose di Benji: se da una parte l’irrealizzabile era solo un sogno ad occhi aperti, dall’altra ciò che circondava i due divi era soltanto una sfilza di ragazzini che l’autore aveva creato e caratterizzato così bene da assegnare loro una storia “reale: c’era chi amava il goffo Bruce Harper, il sensibile giramondo col padre artista di strada Tom Becker e il talentuoso Julian Ross, ostacolato dai problemi cardiaci. Appunto, una realtà che cozzava troppo spesso con la consapevolezza di assistere ad un gioco sempre più impossibile, una finzione assoluta, non credibile neppure agli occhi dei bambini: il loro immaginario li portava ad ingigantire il gioco stesso con la fantasia, quell’elemento diventato chiave non per scelta ma per necessità e cullato con estremo eccesso dai tanti fan in perenne segreto.

Così, se l’immaginario dei bambini di ingigantire il gioco con la fantasia è rimasto sempre ancorato nel loro piccolo mondo, ci ha pensato il trio comico de “Gli Autogol” a raccontare la magia giapponese del cartone in maniera parodica, imitando la realtà con quel sorriso satirico e sbeffeggiante privo di ogni malizia: gli imitatori Michele Negroni e Alessandro Iraci insieme all’amico conduttore Alessandro Trolli, dopo aver prodotto centinaia di video da “mal di pancia”, hanno infatti spopolato sul web conquistando il loro trono digitale attraverso un racconto a dir poco geniale per la trama proposta e per la voce «rubata» del grande Federico Buffa, “colpevole” di aver omaggiato il trio con un video messaggio in cui ha ammesso la loro <<migliore interpretazione>> e di aver confermato l’incredibile somiglianza della satira stessa al cartone: un campo che non finiva mai e sorgeva su una collina, la potenza di tiro di alcuni giocatori che era spaventosamente incredibile da far sfigurare il “bomber” per antonomasia Christian Vieri, l’accostamento di altri manga giapponesi in una storia tanto emozionante quanto comica allo stesso tempo.

 Tuttavia Gli Autogol non sono stati gli unici ad omaggiare <<Le maniche arrotolate, l’infanzia difficile, il capello lungo e la personalità da vendere>> dei fenomeni giapponesi: se tanti bambini, infatti, sognavano di diventare Holly o Benji, il difensore della nazionale e della Juventus Leonardo Bonucci sarebbe voluto <<diventare come #MarkLenders>> e continuare a lavorare su <<quel tiro che nemmeno un cannone avrebbe potuto scagliare più forte>>. Di un altro avviso è stato, invece, un altro difensore juventino che su Twitter ha “cinguettato” con il fratello ricordando come abbiano potuto <<provare in tutti i modi>> ad imitare la Catapulta Infernale dei Gemelli Derrick, emulando inesorabilmente un’immagine riproposta nella mente degli appassionati più accaniti sin dai primi attimi in cui hanno percorso con la mente“centinaia di chilometri lungo il campo da calcio”. E’ stato, infine, il turno del centrocampista del Milan Andrea Bertolacci che ha ricordato il compleanno del manga nel sogno di <<raggiungere il livello dei miti>>: l’esempio che ha continuato ha persistere nella sua mente è stato quello di <#PhilipCallaghan, uno che si allenava sempre al massimo per dare il meglio di se>>, distruggendo anche questa volta il comun denominatore che univa lo stereotipo generale alla figura esclusiva dei due protagonisti principali.

Il mondo li celebra, la realtà ci gioca insieme, le generazioni nuove li scoprono: chi non avrebbe voluto segnare dalla porta opposta o tirare così forte da piegare le mani al portiere? chi non avrebbe desiderato fare uno scontro di gioco con Holly, vincerlo e segnare un gol a Benji, che nella realtà giapponese era addirittura più forte di un attuale Buffon? Probabilmente molti, sicuramente in troppi, gli stessi che ancora oggi animano un calcio gonfiato al massimo e sperano di far rispecchiare i propri campioni nelle gesta di quei due ragazzini che  “campionissimi” lo sono diventati solo dopo 128 miracoli televisivi e 30 anni di sogni mai invecchiati.

Michele Calamaio

Holly & Benji: ormai trentenni rinnovano il loro contratto con il calcio was last modified: luglio 26th, 2016 by L'Interessante
26 luglio 2016 0 commenti
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