Cane.
Di Luigi Sacchettino
Cari lettori interessati questa settimana continuiamo a parlare dell’influenza che il comportamento del proprietario può avere sullo sviluppo di alcuni stati di disagio nel cane
Dopo aver riportato lo studio sul proprietario aggressivo, ci spostiamo su quello evitante.
Lo studio a cui faccio riferimento è stato pubblicato nel febbraio 2015 su Plus One, ad opera del dipartimento di etologia, Università di Budapest, con la firma di Veronika Konok, András Kosztolányi, Wohlfarth Rainer, Bettina Mutschler, Ulrike Halsband, Ádám Miklósi.
Come abbiamo potuto notare precedenti ricerche avevano suggerito che l’atteggiamento dei proprietari verso i loro cani poteva contribuire ad una varietà di problemi di comportamento del cane; gli autori di suddetto studio presuppongono che cani con disordini correlati alla separazione chiedano sostegno in maniera differente al proprietario rispetto a ciò che avviene in cani definiti “normali”.
La ricerca ha suggerito che questi cani possano avere uno stile di attaccamento insicuro. Nel presente studio veniva investigato se lo stile di attaccamento e i tratti di personalità del proprietario nonché la personalità del cane potessero influenzare il verificarsi di un evento d’ansia in seguito alla separazione. Veniva sottoposto a circa 1500 proprietari un questionario con una serie di domande per investigare il rapporto col proprio cane e si è così scoperto che i proprietari con il punteggio più alto mostravano un attaccamento evitante, che era in relazione con un aumento degli eventi di ansia da separazione.
I risultati hanno suggerito che i proprietari con un attaccamento evitante possano facilitare lo sviluppo dell’ansia da separazione nei cani. Si è presunto che i proprietari evitanti siano meno sensibili alle esigenze del cane e non riescano ad essere una base sicura per il proprio cane quando necessario. Come risultato i cani formano un attaccamento insicuro e possono sviluppare più facilmente tale alterazione. Gli autori hanno aggiunto che ci possano essere spiegazioni alternative dei risultati e che le discussioni e studi a riguardo siano in evoluzione.
Insomma, è tutto in divenire. Ma qualcosa torna. Partiamo prima dagli umani: cosa s’intende per attaccamento evitante?
Ce lo sintetizza egregiamente Grazia Attili, nel suo libro Attaccamento e Amore. A partire dagli studi dell’etologia, l’autrice spiega le radici biologiche che stanno alla base delle relazioni affettive e sessuali e ripercorre tappe e snodi dei legami di coppia.
“Per attaccamento verso una persona- spiega l’Autrice- s’intende quel sentimento che si prova quando ci sentiamo legati a qualcuno per sicurezza ed abitudini e può essere declinato in vari stili”. Quello a cui fa riferimento lo studio cane- proprietario è di tipo evitante/distanziante e in un rapporto madre- figlio umano comporterebbe:
- una madre che non forma una base sicura e forma nel figlio l’idea che non è degno di essere amato;
- una madre che lo vuol far diventare presto “ometto “;
- una messa in atto di falsa autonomia (negazione dei bisogni);
- il bambino viene spinto ad essere il più bravo e cresce il senso di competizione in lui, è solo abituato ad obbedire agli ordini del genitore;
- nei rapporti da adulto non chiederà nulla a nessuno perché crederà che gli altri non sono disposti ad aiutarlo;
- sopprime le sue emozioni per non essere “rifiutato“, rifiuta i sentimenti e li ritiene ridicoli;
- è pronto ad usare gli altri, attribuzione di interesse e disvalore degli altri.
E’ vero che gli studi sull’attaccamento tra uomo e cane hanno bisogno di ulteriori investigazioni ma volendolo trasporre questi punti nel rapporto cane proprietario cosa descriveremmo?
Il proprietario che esce senza salutare il suo amico a quattro zampe.
Rincasa senza salutarlo.
Il cucciolo che non può sbagliare perché deve crescere in fretta; non sono concesse esplorazioni, deiezioni fisiologiche, utilizzo della bocca.
Il cane guarda ripetutamente il proprietario- o gli va vicino- quando è in difficoltà e il proprietario resta immobile.
Se il suo cane fa rissa al parco l’umano non sostiene né lo accoglie, ma rimprovera direttamente senza cercare di capire cosa può essere successo.
Il cane richiede attenzioni e il proprietario lo ignora, nonostante il disagio del cane cresca.
Il cane raggiunge il proprietario, che guarda la tv mentre è steso comodamente sul divano, per il momento coccola ma quest’ultimo lo ignora o si alza e se ne va.
Il proprietario imposta la relazione soltanto sulla sfera comandi.
Il cane che vive in giardino in isolamento sociale, la cui unica compagnia è rappresentata dai sette nani.
Insomma, la lista è lunga.
Un attaccamento evitante potrebbe quindi aumentare lo stato d’ansia del nostro cane.
Il quale non ha scelto di vivere con noi. Non è venuto da solo a casa nostra. Non è fuggito
dal canile per raggiungerci. Non ci ha acquistati in allevamento.
E’ stata una nostra scelta di responsabilità.
Tocca a noi trovare il tempo e le risorse per il suo benessere. E per farlo ci vuole la capacità di imparare a leggere la mente dell’altro.
Per farlo, bisogna essere una base sicura e di sostegno allo sviluppo.
È facile demolire; il difficile è far crescere.