Irene
Di Christian Coduto
E’ arrivata la primavera … passeggiare per Napoli, di questi tempi, è davvero una piacevole follia. Sono nei pressi di Via Toledo. Intorno a me tantissima gente: ragazzetti che ridacchiano allegramente, casalinghe con le borse della spesa, turisti che si fermano ogni secondo e guardano ammirati i vari edifici, le infinite bancarelle … l’appuntamento è in corrispondenza dell’uscita della metropolitana. Cammino, a fatica, in direzione opposta alla folla. D’improvviso la vedo: riconoscerei il suo sorriso, tra mille. Irene si avvicina con il suo passo vivace, vispo. Percepisci immediatamente la sua positività. Mi saluta con affetto e inizia a parlare a raffica: mi chiede se ho visto il servizio su “Casa Surace” da Barbara D’Urso a Pomeriggio 5. Gesticola tanto e ti coinvolge nelle sue allegre divagazioni. E’ un flusso di coscienza vivente: ha così tanto da raccontarmi e passa da un argomento all’altro, senza interruzioni. E’ un potpourri di colori vivacissimi, un arcobaleno di emozioni. Non si può non volerle bene. Ogni tanto si ferma a guardare le vetrine dei negozi. Ha uno sguardo dolce, sembra una bimba in una fabbrica di caramelle. La “sua” Napoli (ne parlerà durante l’intervista) se la gode così: giorno per giorno.
Parlando parlando, arriviamo nei pressi di un ristorantino e ci sediamo all’esterno. “Mi piace osservare le persone” mi dice “La loro postura mi racconta tanto di loro … in più, posso prendere spunto per qualche personaggio da interpretare”. Dopo aver ordinato (un’insalata di porri e pomodori, lei, un piatto di pasta con le melanzane io) iniziamo la nostra chiacchierata.
Irene Grasso parla delle sue esperienze artistiche
D: Chi è Irene Grasso?
R: Domanda importante. Sai che, forse non lo so ancora nemmeno io? (ride). Beh … Potrei dirti che sono un’attrice, che cerca di farlo con tutto l’amore e l’impegno possibili, con lo scopo di essere sempre all’altezza della situazione. Mi rendo conto di essere immersa in questo mondo a 360 gradi e di viverlo in maniera completa, dedicandomi anima e corpo ad ogni nuovo progetto.
D: Com’è nata la passione per la recitazione?
R: Sicuramente grazie ai miei genitori. Mio padre si è sempre nutrito di teatro. Un appassionato. Pensa che lo praticava anche da amatoriale, ha scritto dei copioni. Sin da piccola andavo a vedere i suoi spettacoli, ma anche quelli dei suoi amici. Sono quella che si definisce una figlia d’arte. Mio padre ha una collezione di libri di teatro incredibile, questo mi ha permesso di crescere circondata dall’amore per questa forma d’arte: Shakespeare, De Filippo, Viviani, Cechov e chi più ne ha più ne metta. Iniziai a vedere ogni rappresentazione televisiva (quelle notturne, giusto per intenderci) e, per quanto possibile, andavo anche a teatro. Poi, a mano a mano, ho frequentato alcuni laboratori nel territorio casertano, quando ero iscritta al liceo classico. Fino ad una certa età, però, ho vissuto il tutto come un mero hobby. La convinzione che potesse essere un lavoro è arrivata in un secondo momento. Intorno ai venti anni, infatti, mi sono trovata di fronte ad un bivio: forse la facoltà di giurisprudenza non era la mia strada e sono entrata all’Accademia di Arte Drammatica del Bellini. Un impegno costante, tre anni duri e ricchi di soddisfazione. Facevo la pendolare, ogni giorno. Tornata a casa, non avevo voglia di uscire, la mia priorità era diventata un’altra! (Sorride).
D: Tu sei nata a Caserta. Quando non sei in tournée nel resto d’Italia, vivi e lavori a Napoli. E’ stata una scelta necessaria? Da un punto di vista artistico, Napoli ha molto da offrire …
R: Sì una scelta, ma non lo è stata immediatamente. Terminata l’Accademia, infatti, ho sperimentato Roma e Milano e questo mi ha permesso di conoscere tante nuove realtà, culturali ed umane. Ad un certo punto, è stata invece Napoli ad aver scelto me, regalandomi tante opportunità, accogliendomi. Per una serie di fortunate coincidenze, ho deciso di rimanere qui. Ho capito che qui potevo costruire … Napoli è una città ricca di contraddizioni, ma artisticamente è molto fertile, senza ombra di dubbio. E sarebbe un peccato non sfruttare tutto ciò, ti pare? Certo, ci sono tante difficoltà oggettive. Però le realtà in cui lavoro mi soddisfano molto … ad un certo punto si sono formate in questa città ed io, con naturalezza, non ho potuto fare a meno di renderle parte di me.
D: A teatro sei stata diretta da Carmen Pommella (“La trilogia della villeggiatura”, “Antigone”, “Una notte al buio” ). Quali differenze ci sono quando alla regia c’è una donna?
R: Carmen è una carissima amica. E’ stata una delle prime a spronarmi a provarci. Mi ha consigliato di fare i provini per l’Accademia. Mi ha visto crescere. Con lei è tutto più semplice: mi conosce talmente bene, siamo sintonizzate sulla stessa lunghezza d’onda! Ogni volta, un lavoro insieme è un incontro sia artistico sia umano. Capita di perderci per un po’ e di ritrovarci per nuovi progetti … ed è come ritornare indietro nel tempo, quando era la mia insegnante. Quando trovi una donna così aperta, istintiva, che sa esattamente quello che vuole, che riesce ad ottenerlo dai suoi attori … beh, è sempre un’esperienza stimolante!
D: Con “Parastasi kitsch” ti sei dedicata anche tu alla regia (accanto a Fabiana Fazio). E’ difficile trovare un equilibrio tra le emozioni che vuoi trasmettere e far sì che la messa in scena sia impeccabile?
R: Decisamente sì, una sfida complicata! Per fortuna ho avuto accanto una collega e amica che mi ha dato man forte in questa follia favolosa! Fabiana ha rielaborato il testo, poi ci siamo focalizzate sulla regia. La prima domanda che ci siamo poste è stata “Cosa vogliamo comunicare?”. La cosa importante era far capire che volevamo divertire e divertirci in questo paradosso. Abbiamo cercato di esasperare il tutto, per donare poi quel retrogusto amaro. Senza prenderci troppo sul serio, ma con professionalità. Abbiamo avuto degli amici/professionisti che ci hanno dato una mano per il disegno luci, l’audio, l’organizzazione e così via. Ma tutto il resto l’abbiamo gestito noi. Di certo, l’aver debuttato al “Nuovo teatro Sanità”, ci ha permesso di giocare in casa. Il fatto di essere riuscite a restituire sia questo divertimento sia quel retrogusto di cui ti parlavo, è stata per noi una vittoria. Non mi ero mai dedicata alla regia, ecco perché ho voluto condividere questa esperienza: non mi sentivo ancora pronta ad affrontare da sola il tutto, sobbarcarmi di ogni responsabilità. Condividendola, ho potuto comprendere i miei punti di forza e i punti deboli da correggere, è stato un confronto che mi ha arricchito.
Stavolta osservo io la sua postura: non incrocia le braccia nemmeno per un secondo. Nessun segnale di chiusura. E’ rilassatissima, lo si vede dagli occhi. Sorride anche con lo sguardo. Non è da tutti. Dà l’impressione di essere appagata. In qualche frazione di secondo percepisci che è stanca, considerando i mille impegni giornalieri, ma mantiene un ritmo costante. Accelerato? Forse. Ma necessario. Non può adagiarsi sugli allori, proprio ora. Proprio ora che il suo lavoro le sta regalando piacevoli frutti. Significherebbe vanificare tanti sacrifici.
D: Ne “La vita è una cosa meravigliosa” lavori accanto a Carlo Buccirosso …
R: L’incontro con Carlo è stato davvero bello! Ovviamente, lo conoscevo già di nome, di fama. Una tournée molto lunga, tantissime tappe. Un lavoro molto intenso. Carlo è un grandissimo lavoratore: una volta che lo spettacolo ha debuttato, non si ferma. Continua a lavorarci per tirare sempre fuori il meglio. Grazie a lui ho imparato certe dinamiche di ritmo, comicità che non conoscevo. E anche umanamente ho avuto una grande soddisfazione: una intervista con Gigi Marzullo, quando siamo stati a Roma al teatro Eliseo! Ho ritrovato Carlo Buccirosso l’anno successivo, grazie ai “Compromessi sposi”. Mi sono divertita tantissimo, i personaggi sono sempre molto colorati. Questa forma di comicità ha un bell’impatto positivo, sul pubblico.
D: Al cinema sei stata diretta, tra gli altri, da Ivan Cotroneo (“La kryptonite nella borsa”), Diego Olivares (“Veleno”) e Davide Marengo (“Sirene”). Recitare su un palco e davanti ad una telecamera: due mondi completamente opposti …
R: Sì, ma solo parzialmente. Una preparazione teatrale è già completa di per sé, ti aiuta tantissimo. Soprattutto nel contesto della naturalezza, della ricerca della verità. Non credo alla differenza tra recitazione teatrale e cinematografica. La recitazione è unica. Ad essere diversi sono i tempi. A teatro, per esempio, le prove sono fondamentali. Al cinema si gira e si rigira fino a quando non si trova il take perfetto. Invece credo che bisognerebbe arrivare già preparati anche sul set (faccio riferimento al personaggio, ad esempio). Una preparazione teatrale ti forma, perché ti abitui ad uno studio approfondito con il regista, durante le prove. Con il cinema, una parte di questo lavoro un po’ si perde anche se sono sincera: le mie esperienze cinematografiche sono state fortunate perché ho lavorato con registi che mi hanno dato le giuste informazioni sul personaggio che dovevo interpretare, sulla location … considera che, al giorno d’oggi, le tempistiche diventano sempre più ridotte così come i ciak. Quindi è necessario essere estremamente concentrati per raggiungere subito il target.
D: Arriva un premio importante come miglior attrice per un cortometraggio del quale sei protagonista “Strappamando” di Pierfrancesco Borruto. Ce ne vuoi parlare?
R: Devo dirti la verità? E’ una di quelle follie meravigliose nate e completate in un pomeriggio, tra amici. Pierfrancesco ha una casa di produzione, insieme al fratello Angelo, la BBROS. Abbiamo studiato insieme all’Accademia. In occasione di un mio compleanno, mi disse “Irene, ho pensato ad un cortometraggio da girare. Una cosa velocissima. Senza parole. Su Superman e la moglie!”. Lo abbiamo girato a casa di amici, in poche ore, utilizzando il green screen. Un paio di anni dopo, Pierfrancesco mi chiama e mi dice che ho vinto questo premio. Ovviamente, ne sono orgogliosa. Il corto è diretto benissimo, ha una trovata geniale a mio parere. Lo potete vedere su youtube, tra le altre cose!
D: Momento inevitabile … Dignità autonome di prostituzione e il tuo personaggio, quello della Ritrattista …
R: (Si illumina) DAdP è per me uno spettacolo importantissimo. E’ arrivato in un momento giusto per il mio percorso di attrice. Luciano (Melchionna, il regista dello spettacolo) N.d.R.) mi ha assegnato questo monologo brillante, ironico, ma a denti stretti, tipicamente nel suo stile … c’è sempre una dicotomia tra umorismo e amarezza. Provenivo da una serie di ruoli totalmente drammatici, quindi avevo paura di non riuscire a dare il giusto spessore a questo ruolo. In più, come ben sai, si crea un rapporto molto intimo con gli spettatori, soprattutto nel territorio napoletano: gente seduta sotto i tavoli, chi appesa al lampadario (scoppiamo a ridere). Però ho ottenuto grandissime soddisfazioni. Lo spettacolo ha un format geniale, è una grande festa. Prima c’è la parte divertente, con la contrattazione, poi il cambio e il pubblico ti segue con tanta attenzione. Più volte le persone mi hanno ringraziato di cuore, perché hanno iniziato a riflettere sul testo e sul significato così profondo di quelle parole. Ho avuto tanti bellissimi doni, persino un peluche meraviglioso (ridiamo perché fu un mio regalo!). E’ un’esperienza unica per un attore … quattro ore di spettacolo sono tante, ma ti lasciano tanto, è una vera e propria palestra. Hai a che fare con spettatori sempre diversi. Bisogna trovare anche un equilibrio con gli avventori: devi essere gentile e cortese, ma nel rispetto di un progetto teatrale.
Ha un Curriculum vitae impressionante. Snocciola ogni esperienza professionale con naturalezza. Ne va orgogliosa, certo, ma non ha tempo da perdere in gesti di vanità. Ogni esperienza è stata un mattoncino che le ha permesso di costruire. Durante l’intervista si sorprende di quanto conosca della sua carriera. Mi ringrazia. E’ un gesto di riconoscenza che è quasi commovente.
D: In 360° Girotondo si parla di sesso e amore in maniera diretta, con ironia, ma senza mai cadere nella volgarità gratuita …
R: Lo scopo era quello di essere eleganti. In questo Mario e Carlo (Gilardi e Caracciolo, che hanno curato regia ed adattamento N.d.R.) sono sempre molto attenti. A teatro si può affrontare qualsiasi tipo di tema, è la modalità che fa la differenza. Trovare un gioco teatrale per un argomento che è sotto l’occhio di tutti, affrontato in tutti i modi tra internet, televisione e cinema, era intrigante, rischioso, anche “folle”, ma è risultato vincente per lo spettatore. Sul palco c’erano questi tavoli con le rotelle e tutti gli attori dovevano muoversi al di sopra, in diversi momenti dello spettacolo. Una paura di cadere che non ti dico! (Ride).
D: Una collaborazione molto importante, anche dal punto di vista della collocazione, è quella con il Nuovo Teatro Sanità …
R: Assolutamente sì! Oramai è diventato una nuova casa, nonché una seconda famiglia! Il quartiere Sanità, prima di iniziare questo progetto, era per me una zona sconosciuta. A parte il fatto che è meraviglioso: colorato, florido! Lo vivi quando lo attraversi. C’è un giro di turismo non indifferente. Le Catacombe di San Gennaro, Le Catacombe di San Gaudioso, il Cimitero delle Fontanelle … avere questo teatro nel cuore della città è qualcosa di importantissimo. Come ben sai, il Teatro è costruito all’interno di una chiesa e già questo lo rende magico. Ma c’è di più: i ragazzi del posto che collaborano con noi sono tra le persone migliori che io abbia mai conosciuto. Sono generosi, attenti, hanno un entusiasmo incredibile. Tutto ciò si trasforma in linfa vitale per il lavoro che facciamo. Questo nucleo, per fortuna, cresce e si rinforza anno dopo anno. L’ultima stagione è stata un susseguirsi di grandi successi. C’è spesso il sold out. E’ una vittoria in un periodo di crisi totale, un piccolo fiore nel cemento. Noi ci occupiamo di tutto: dall’aspetto puramente artistico a quello organizzativo, passando per la manutenzione … lo viviamo a trecentosessanta gradi. Vedi che tutto torna? (Ridiamo).
D: Grandissima popolarità arriva con le web serie “Casa Surace” …
R:”Casa Surace” è stato un altro incontro fondamentale. Un altro punto di riferimento. Conoscevo già Andrea Di Maria e Simone Petrella. Entrambi provengono dal teatro, come me. La serie funziona. La cosa più importante è che tutti, dagli attori fino ai collaboratori sono uniti, affettuosi, ma soprattutto spontanei. E questa spontaneità, questa genuinità alla gente piace, perché arriva in pieno. Ci confrontiamo sulle cose da girare, non è mai un lavoro sterile, a sé stante. Anche a fine lavorazione, una volta ultimato il video, ci confrontiamo e ciò permette una crescita. C’è un’attenzione costante al gruppo, ti senti protetto. E’ una squadra solida. Questa piccola creatura è recente, ma sta ricevendo feedback positivissimi.
D: L’ultimo corto, dedicato alle fiabe Disney, sta andando davvero bene. Quanto ci avete messo per realizzarlo?
R: Guarda, per quanto riguarda le giornate di lavorazione sono state solo due. Con questo intendo allestimento, girato eccecc. anche se è chiaro che sono stati due giorni di full time. La location, stupenda, è il Castello Macchiaroli di Teggiano, in provincia di Salerno. Ovviamente, c’è stata prima la preparazione dello script, le prove costumi … siamo stati velocissimi perché c’è uno staff molto unito. La cosa più bella è il riuscire a mantenere inalterata la professionalità e la qualità di ciò che offriamo.
D: Luciano Melchionna torna a dirigere te e gli altri dignitosi in “Oh issa” degli Stag, un divertissement …
R: Molto divertente, abbiamo girato il video su questa spiaggia nei pressi di Latina. Avevamo conosciuto gli Stag a Cinecittà, durante le Dignità; in quella occasione erano stati gli ospiti musicali. La giornata trascorsa insieme è stata molto gradevole. Anche perché il gruppo dei dignitosi è davvero molto unito. Mi ricordo che era una giornata di settembre, ancora molto calda …
D: Sei giovanissima, eppure lavori da molti anni. Di tutte, qual è l’esperienza che ti è rimasta maggiormente nel cuore?
R: Domanda difficile! Senza mancare di rispetto a nessuno … ce ne sono tantissime. Ogni spettacolo mi ha segnato un periodo del mio percorso. Allora … “Museum” del grande Renato Carpentieri, una delle mie prime esperienze, all’interno del complesso del Museo di San Martino. “DAdP” e “Do not disturb”. Quest’ultimo progetto, ideato da Mario Gelardi e Claudio Finelli, credo sia uno spettacolo unico. Lo abbiamo presentato anche in diversi festival, come quello di Todi e di Benevento “Città spettacolo”. E’ un format ambientato nelle camere d’albergo. In primis, abbiamo un hotel che ci ospita, qui a Napoli, che è la fine del mondo : il Grand Hotel Parker’s. Lo spettatore entra nella camera d’albergo e spia l’ultimo quarto d’ora, gli ultimi venti minuti di questa coppia (o terzetto) e tutto accade lì, in quel momento. Il famoso “qui ed ora” del teatro. Sia per l’attore sia per lo spettatore è un qualcosa di veramente suggestivo. Si crea una vera e propria intimità, un’empatia, un flusso di emozioni. Ti racconto una cosa molto delicata: una sera, durante una delle storie in una stanza, una signora rivide in me la figlia che era scomparsa, rimase molto turbata. Proprio perché non c’è una barriera, una separazione … il tutto è ancora più vero.
D: Cinema, teatro, serie web … quale pensi che sia la tua collocazione più naturale?
R: Sarò scontata, però il teatro è il mio primo e più grande amore. Però anche grazie al web sto ottenendo grandi soddisfazioni, perché ha una qualità importante: quella di essere diretto, ma soprattutto spontaneo. La web serie la vedo come una trasposizione naturale del teatro. E’ un canale di comunicazione che mi divertente, che va di pari passo con il teatro. Però non si può rinnegare la magia del cinema … non saprei scegliere, sono sincera!
D: Cosa dobbiamo aspettarci da Irene Grasso per questo 2017?
R: Sto collaborando con Mario Gelardi alla versione teatrale de “La Paranza dei bambini” (dal libro di Roberto Saviano) in scena dal 19 aprile in poi al Nuovo Teatro Sanità. Sarò aiuto regista. In qualità di attrice, invece, parteciperò a “Rituals” (scritto e diretto da Mario Gelardi) sull’emigrazione in Svizzera degli italiani alla fine degli anni ’60. Con questo spettacolo parteciperemo al Napoli Teatro Festival quest’estate. Una location particolare, all’interno di Palazzo Reale, una cosa fighissima!
D: Fatti una domanda e datti una risposta …
R: Oddio, che bello, proprio come da Marzullo! Userò la stessa: “Si piange ancora per le cose belle?”. Secondo me sì!
D: In bocca al lupo per tutto!
R: Crepi, grazie mille Christian!
Al termine dell’intervista, dopo avermi salutato, la vedo riprendere immediatamente il suo passo trotterellante. E’ già pronta per affrontare nuove avventure. In pochi secondi si è già mescolata tra la folla. Che questo cammino ti porti lontano, te lo meriti di cuore …