Lucia Annibali
Di Michela Salzillo
“Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita.”
J.Folla
Ed è sempre bello raccontare storie di vite interrotte che poi ripartono, quelle che parlano duro e ti fanno sentire che davvero non è mai la fine, che non c’è nulla di sbagliato nell’ ammettere che si può toccare il fondo con la vittoria in tasca. Certo, l’umana legge non è mai così matematica, perciò capita che non sempre ci siano da celebrare conquiste, anzi, di morti senza fraintendimenti ne contiamo fin troppe. Di donne che non possono raccontare la loro rinascita ne apprendiamo di ora in ora, e come una sconvolgente abitudine a cui neanche lo sconforto si dovrebbe rassegnare, ci preoccupiamo di ricordare nomi e volti per onorarne la memoria. Trattenere i loro vissuti, seguire il destino dei loro assassini ci serve per convincerci che non scordiamo, che non siamo disposti a girarci dall’altra parte. Vero è che di parole sull’argomento ne spendiamo tante e, spesso, come accade per i casi in cui il parere di troppo sfiora il ridicolo, ci ritroviamo a dire frasi fatte che neppure riusciamo più ad ascoltare. Ma allora qual è il modo per fare la cosa giusta? Come si fa ad essere in sintonia con certi dolori? La verità è che non esiste una risposta oggettiva, e forse nessuna sensibilità, neppure la più spiccata, potrà mai nemmeno immaginare cosa si prova a vedere la morte in faccia per mano di chi, un minuto prima, chiamavi amore, e gli credevi. Scuramente, però, i racconti di chi si è salvata e i volti delle donne che ce l’hanno fatta, rivendicano il diritto a venire prima di ogni studio analitico sui fatti di cronaca, teorie che troppo spesso sono azzardate da illustri scrivanie senza giuste cause o motivazioni. Più che di supposizioni, abbiamo bisogno di reale, di sentirci dire io ci sono, sono qui per dirti che ce l ho fatta. Ed è così che si sente oggi Lucia Annibali, una donna consapevole di essere più bella e più forte di prima. Dopo il libro, uscito nel 2014 per la Rizzoli editore, in cui l’avvocatessa di Pesaro racconta, insieme alla giornalista Giusy Fasano, la sua storia di morte e rinascita, arriva su Rai 1 il docufilm che ne tesse i dettagli e le sfumature. Interpretata dall’attrice Cristiana Capotondi per la regia di Luciano Manuzzi , la produzione cinematografica, in onda questa sera, alle ore,21.10, intende tenere fede alla verità dei fatti accaduti la notte del 17 aprile 2013.
Lucia Annibali: Il dramma in un attimo, poi la rinascita
Gli atti processuali raccontano che mentre Lucia non era in casa, un albanese assoldato dall’ ex fidanzato, Luca Varani, si introdusse nella sua abitazione: quando la giovane avvocatessa rientrò, fu un attimo. Neanche il tempo di rendersene conto, ma tutto lo spazio per restare cosciente, che il volto di Lucia viene per sempre sfigurato da un getto di acido solforico. Il veleno le mangia il viso, lo annienta, lo divora. Diciotto le operazioni a cui è verrà sottoposta, diciotto le anestesie, l’ ultima, quest’estate, neppure totale. Una storia di coraggio la sua, una storia di scelta, quello che lei stessa dice di aver dovuto fare in un istante:
“Quando ti trovi distesa di fianco alla morte devi decidere. O ti lasci andare, arrendendoti, o ti fai forza e riprendi a vivere”. Senza dubbio, e lo racconta lei stessa, Lucia ha scelto di esserci, di nuovo. Non solo quella notte, ma anche quando, con ancora il viso privo di lineamenti, si toglierà le bende davanti allo specchio, affinché quello che lei vede non appartenga più a nessuno. Lucia c’è quando Luca Varani viene condannato a vent’anni di reclusione, perché essere presente davanti ai giudici, che il 22 maggio 2014 hanno emesso la sentenza definitiva, l’ha sempre ritenuta una forma di dignità e rispetto. Lucia c’è pure quando, sorridendo, con la bellezza negli occhi, si racconta così:
«Lui voleva che morissi, ma non c’è riuscito. Mi ha fatto tutto il male possibile, ma ho io ho vinto. Sono qui, viva, forte, sorrido, sono circondata da un affetto enorme. E ho voglia di ricominciare»