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DAdP

Trasselli
CinemaCulturaEventiIn primo pianoTeatroTv

Giorgia Trasselli: garbo e professionalità

scritto da L'Interessante

Trasselli

Di Christian Coduto

Il sorriso è quello di sempre. Quello che vediamo da anni in televisione, al cinema o per chi (come me) ha avuto la fortuna di incontrarla, in tanti spettacoli teatrali: sincero, caloroso, accogliente. Ma, soprattutto, spontaneo.

Lavorare con artisti importanti, l’aver fatto una gavetta lunga ed impegnativa non le ha tolto l’umanità, è rimasta una donna concreta. Assume con me un atteggiamento quasi protettivo, da sorella maggiore. Se le faccio qualche complimento per le sue mille performance, si intimidisce e mi ringrazia ripetutamente. Parlerei con lei all’infinito: percepisci intorno a lei un’aura buona, di estrema positività.

Giorgia Trasselli ci racconta di sé

Quando nasce l’amore per la recitazione per Giorgia Trasselli?

Stando  ai ricordi dei  miei  genitori e dei miei parenti, l’amore  per la “recitazione”  pare sia nato  con me, ma è impossibile darti una data precisa: di sicuro  sin  da quando ero piccola, ai tempi delle elementari. Con l’adolescenza, l’amore  si è  trasformato in bisogno, una vera e propria necessità.

Al cinema sei stata diretta da registi del calibro di Paolo Genovese, Duccio Tessari, Luigi Magni e Marco Ferreri. Che differenze ci sono nella recitazione teatrale e in quella di fronte ad una macchina da presa?

Di sicuro cambiano i mezzi … la macchina da presa impone un lavoro profondo, capillare, forse più “piccolo” per usare un termine di  comodo. In teatro c’è la stessa profondità, la stessa ricerca, ma è indispensabile ampliare, non faccio riferimento solo alla  voce, sia chiaro. Tutto deve essere visto, fino all’ultima  fila. In più, la vita che si racconta si ripete, si  rinnova  sera  per  sera. La vita del personaggio, della musica, della scena, delle luci e così via …  

Cristina Comencini ti dirige ne “I divertimenti della vita privata”. In Italia, purtroppo, abbiamo pochissime registe. Qual è l’approccio di una donna che supervisiona un lungometraggio? Ti piacerebbe dirigere un film?

Beh … sappiamo  che  per  una  donna  è sempre tutto un po’ più complesso, ma non vorrei cadere  nei classici luoghi comuni. Credo che le opportunità ci siano sempre per le persone in gamba, tenaci e valide professionalmente. Per quanto riguarda  me, direi proprio di no. Non mi piacerebbe dirigere un  film, non ci ho  mai  pensato, anche perché non ne sarei  capace.  

Primo elemento che salta subito all’occhio: la modestia. Punta a far bene quello che ama fare, non si lancia in cose che non le appartengono. Non vuole strafare.

Rimarrai per sempre nel cuore degli spettatori italiani grazie al personaggio della “Tata” in “Casa Vianello”. Che ricordi hai di quella esperienza?

Ho dei ricordi meravigliosi legati al periodo di “Casa Vianello”. A distanza di anni, godo ancora dell’eredità in termini di notorietà e affetto da parte del pubblico che quella serie mi  ha regalato. 

Negli anni ’90 sei stata una delle più amate dai bambini grazie al gioco televisivo “Che fine ha fatto Carmen Sandiego?”. Com’è il pubblico dei più piccoli?

Uh! “Carmen San Diego” è stato un’altra  bellissima esperienza! Più difficile ed impegnativa di  quanto si possa immaginare. Ogni giorno dovevo  imparare a memoria un bel numero di copioni, ma si lavorava sodo e con immensa soddisfazione.

Tanto, tanto teatro a partire dagli anni ’70. Qual è lo spettacolo al quale sei maggiormente legata?

Sono affezionatissima agli  spettacoli  brechtiani  del  mio  primo  periodo  al Politecnico Teatro. Ne ricordo con piacere diversi allo Stabile  di  Roma  e uno  che  feci al Teatro Manzoni di Roma  “Morte  in esilio  per  debiti,  di  don  Antonio  Lucio  Vivaldi  Veneziano” diretto da Luigi  Tani. Sono molto legata anche a  “La vita  è gioco”  di Alberto  Moravia con  la regia  di  Luciano  Melchionna.

Nella lunghissima carriera di Giorgia Trasselli, c’è anche spazio per alcuni famosi spot televisivi …

Sì! La  birra Dreher con  la  regia  di  Leone  Pompucci, la  maionese  Calvè  con la regia di Massimo D’Alatri  e  di recente  uno  spot  accanto  a Gigi  Proietti (ero elettrizzata!) Senza dimenticarmi dei riuscitissimi  spot delle  gocciole Pavesi, in cui interpreto il ruolo  della suocera  di  Tarzan! …. sai ho capito, nel  tempo, quanto  sia difficile e importante allo stesso  tempo, lavorare  in buone  pubblicità; sono esperienze che ti arricchiscono artisticamente.

La osservo con molta attenzione, non posso farne a meno: è davvero bella. Ha dei lineamenti molto delicati, espressivi, degli occhi profondi. Eppure, ha costruito la sua intera carriera solo ed esclusivamente grazie alla sua personalità artistica. Prendendosi spesso in giro, con gustosa autoironia. Non ha mai avuto bisogno di finti scandali o gossip patetici: quando c’è sostanza, alla base, il pubblico ti ama e lo fa in maniera incondizionata.

Parliamo di un altro incontro di grande successo: quello con Luciano Melchionna e il suo “Dignità autonome di prostituzione”.

(Si illumina) … Dignità autonome è davvero un grande  amore: un format di per sé scoppiettante, sempre sorprendente nonostante sia in cartellone da tantissimi anni, complesso, faticoso … è un circo teatrante che richiede una precisione millimetrica, considerando la sua struttura. Mi sento legata al mio monologo, che  ripeto mille volte ad un  pubblico sempre  diverso e che, molto  spesso, già conosco perché torna a rivedermi più volte. Provo amore per PAPI Luciano Melchionna, grande direttore d’orchestra e maestro  d ‘anima. 

Melchionna ti dirige anche in “Parenti serpenti”, tratto dall’omonimo film di Mario Monicelli. A te è affidato il ruolo di Nonna Trieste. Uno spettacolo complesso, molto articolato. Due ore e mezza sul palco non sono affatto uno scherzo, vero?

“Parenti  serpenti” è uno spettacolo davvero molto bello; è stato prodotto da Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro lo scorso anno. Sono molto affezionata al mio ruolo, quello di Trieste, ma in realtà in questa storia tutti i personaggi sono interessanti. Sono stati curati tutti da Luciano con eguale amore e attenzione. E’ uno spettacolo forte, coinvolgente, che ha  avuto e che, ne sono certa, avrà una grande eco nel tempo.

La televisione ti corteggia tra “Ris”, “Un medico in famiglia”, “Distretto di polizia” e “Don Matteo”. E’ difficile per un attore, all’inizio, adattarsi a tempi e dinamiche così differenti rispetto a quelle teatrali?

E’ vero: il passaggio dal teatro alla televisione, a volte, un po’ difficile lo è. Tempi e ritmi differenti, diversa impostazione per creare le scene, i dialoghi, i personaggi, ma se dietro a tutto questo ci sono un buon autore e un buon regista, adattarsi diventa una cosa naturale.  

Teatro, cinema, televisione. Qual è l’ambito più naturale per Giorgia Trasselli?

Così, di impatto, mi verrebbe da dire il teatro. Però non posso  nascondere di trovarmi benissimo anche in televisione. Certo, dipende  anche dal tipo di televisione … il  cinema mi  piace moltissimo … sono molto indecisa, sono sincera!  

La tv è piena di Reality che vedono personaggi famosi coinvolti in situazioni strampalate e folli. Accetteresti di partecipare come concorrente ad un Reality? In caso affermativo, quale?

Onestamente? Non ho mai visto un Reality, giusto qualche  spezzone qui e lì facendo zapping. Non credo che sarei la tipa giusta  per partecipare ad uno spettacolo del genere: mi  butterebbero fuori già nel corso della prima puntata (scoppia a ridere).  

Capisco subito quello che vuole dire: lei è un’attrice. E’ quello che vuole fare ed è quello che effettivamente fa. In un Reality anche io la vedrei fuori luogo. Come potrebbe trovarsi a suo agio una donna che vive di arte in un habitat posticcio e programmato?

Io mi occupo di cinema. Qual è il film della vita di Giorgia Trasselli e perché?

Christian sai che questa è davvero una bella domanda? (E’ un po’ incerta) Non  riesco  a …  non credo che ci sia  film che … (ci ripensa) forse “Via col vento”, ma non tanto per il film in sé, quanto piuttosto per Rossella O’Hara. Ho sempre ammirato l’attrice Vivien Leigh, sin da piccola. Quel personaggio  poi … mi  sarebbe piaciuto molto somigliare a Rossella … un po’ di più, intendo (ride)

Cosa dobbiamo attenderci da Giorgia Trasselli per questo 2017?

Per l’intero mese di luglio  parteciperò a questa nuova avventura di acting itinerary, che mi vedrà in giro per  alcune  strade del centro di Roma in  costume  cinquecentesco. A novembre sarò a Firenze con lo spettacolo “Un per cento, punizione ad effetto”. A dicembre sarò al Teatro La Cometa di Roma  con ” La spallata” di Gianni Clementi, per la regia di Vanessa Gasbarri; subito  dopo riprenderemo “Parenti serpenti” all’Alfieri di Torino, all’Augusteo di  Napoli, all’Eliseo di Roma e in tante altre piazze … una lunga tournèe, insomma!  

Termino con una domanda alla Gigi Marzullo : fatti una domanda e datti una risposta

Oh Santo cielo! “Sarò ancora in grado di suscitare interesse e stima nel pubblico?” Risposta “Spero proprio di sì!”. 

Giorgia Trasselli: garbo e professionalità was last modified: luglio 18th, 2017 by L'Interessante
18 luglio 2017 0 commenti
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Ares 1
CinemaCulturaIn primo piano

Ares Kent: la somma di tutte le mie vite

scritto da L'Interessante

Ares.

Di Christian Coduto

 

Il mondo del teatro è ricco di magia. E’ innegabile. C’è un fascino che non riesci a spiegare con le parole, ma lo vivi, lo senti, lo percepisci. L’attore trasuda emozioni. Emana un’aura di luce. Se ne rimane incantati.

Oggi incontro Sara Esposito, meglio conosciuta nel settore come Ares Kent. Si presenta con i capelli biondo cenere, quasi tendenti al bianco. Sparati in testa. Un abbigliamento che aggiunge un ulteriore pizzico di aggressività. Sorride educatamente, parla poco. Con quell’aspetto così irruente è lecito aspettarsi una persona un po’ scostante. Poi la osservi meglio e inizi a capire un po’ di cose: non mi guarda subito dritto negli occhi. E’ timida da morire. È necessario trovare un modo per renderla più a suo agio. “Sai che il tuo look è troppo figo?” esordisco. Sorride di nuovo. Alza lo sguardo, stavolta. “Dopo tanti anni, non mi sono ancora abituata  a fare le interviste”, rivela. Appunto. Durante l’intervista parlerà di tante cose, spesso facendo dei voli pindarici. È molto dettagliata nelle risposte perché desidera essere compresa in pieno. Ringrazia tutte le persone che l’hanno accompagnata (e lo fanno tuttora!) in questo suo viaggio. Riconoscenza … che bella questa parola …

Ares Kent si racconta ai microfoni de “L’interessante”

Chi è Ares Kent, o Sara Esposito che dir si voglia?

(Sorride). Immagino che tutti, quando gli fai questa domanda, ti dicano  : ”Uh che bello!”, vero? Secondo me è una domanda terribile, cattivissima, sappilo! Qualcuno diceva che, anche mentre una persona ti parla, ti stai evolvendo. Quindi già non sei più la persona che ha iniziato la conversazione. Cinque minuti e sei già cambiato. Ora … non mi ricordo chi abbia pronunciato questa frase, perché io sono una frana con i nomi … ah sì forse era il mio fruttivendolo di fiducia (ride)! Però sta di fatto che mi ci ritrovo perfettamente. Credo che valga, in generale, per tutti gli attori. Sara Esposito è una maschera, come Mercuzio o Ofelia. E’ un prestanome che mi è stato dato, ma una definizione non te la posso dare. Forse perché ancora non l’ho trovata, o forse perché gli attori cercano di vivere più vite … Sara è la somma di tutte queste vite. E’ tutte le vite che vivrà.

Quando è nato l’amore per la recitazione?

Credo che non sia mai nato, sai? Mi spiego: non è stato, che so, un colpo di fulmine. Ce l’hai o non ce l’hai, punto. Magari te ne accorgi ad un certo punto, ma è un semplice richiamo. Ad un certo punto non ne puoi più fare a meno. Io spesso ho avuto un rapporto di amore e odio con il teatro, in alcuni momenti l’ho allontanato perché non ero ancora pronta al sacrificio. Figurati che una volta ho lasciato tutto e sono andata a vivere a Parigi, pensando di non ritornare mai più. Ma poi ho avuto il richiamo di cui ti parlavo. Una data precisa in cui mi sono resa conto di tutto non la so. Però ti dico questo: ogni volta che tocco quelle tavole, mi innamoro come se fosse la prima volta e so che non posso farne a meno.

 

Esordisci a teatro con “Sogno di una notte di mezza estate” diretta dal bravissimo Giuseppe Miale Di Mauro, con il quale ti ritroverai a lavorare in più occasioni.

Mia mamma voleva che io facessi danza classica … cioè io, capisci? (Ridiamo) Non essendoci mai riuscita a convincermi, mi iscrisse a questa scuola di recitazione, “La Bazzarra” a Torre del Greco. Lì c’era anche un piccolo corso di danza, che era in realtà movimento del corpo. Lì ho conosciuto Giuseppe Miale Di Mauro, che è stato il mio primo maestro. E’ una persona fantastica, ha creduto in me da subito. A lui devo davvero tanto. Insieme abbiamo fatto “Sogno di una notte di mezza estate”, in cui ero Zeppola il capocomico, uno dei personaggi più difficili che io abbia mai interpretato. Con Giuseppe ho lavorato diverse volte, considerando che mi ha conosciuto quando ero davvero piccolina. Mi ha sostenuto in un momento molto delicato della mia vita; senza di lui non avrei continuato questo percorso.

2011 un anno importantissimo: l’incontro con “Papi” Luciano Melchionna e “Dignità Autonome di prostituzione”. Qui sei “La massaggiatrice”, ma nel tempo hai assunto anche un altro ruolo, quello dell’aiuto regista.

Il grande Luciano! Anche questa volta, il mio rapporto con il teatro è stato legato ad un caso: avevo smesso di fare teatro, mi ero iscritta all’Accademia delle Belle Arti di Napoli e stavo studiando per diventare grafica pubblicitaria. Angelo Pepe, il mio migliore amico (nonché bravissimo attore), mi chiese di fargli spalla per un provino al Teatro Bellini. Avevo tagliato i ponti con il teatro per una brutta esperienza, ma lo accompagnai per l’amicizia che ci lega. Per il provino portammo “La strana coppia” di Neil Simon. Lì incontrai Luciano Melchionna. Ero un pulcino. Mi chiese se fossi interessata ad entrare nell’Accademia. Lì per lì gli dissi di no, l’ho ringraziato e sono scappata a gambe levate (ride!). Poi, parlando con Angelo, mi resi conto che era giusto che facessi quel provino. Purtroppo, lui non passò quel provino … credo che sia una di quelle sorprese che ti riserva la vita … per fortuna lui ha continuato a realizzare i suoi sogni in ambito teatrale, con grandi soddisfazioni. Con Luciano, dicevo, ho ripreso a studiare, stavolta seriamente. E’ un insegnante molto severo, ma è anche una persona di grande dolcezza. I tre anni all’Accademia sono stati tosti, indiscutibilmente, ma mi hanno permesso di conoscere una persona che si è fidata di me. Gli sono davvero riconoscente. A “DAdP” ho iniziato come maitresse, poi aiuto regista ed infine come attrice. Un passaggio graduale, ma necessario. “La massaggiatrice” è’ un gradino importantissimo per la mia carriera. Fuori dalla stanzetta è ammaliante, ha un aspetto un po’ avvolgente, da pantera, ma all’interno della stanza rivela un cuore, un’anima fragile, completamente differente. Un connubio perfetto tra la tecnica e la scoperta dell’emotività (parlo della mia esperienza personale, ovviamente). Lo spettacolo, lo sappiamo, è molto articolato. Bisogna fare attenzione ad ogni particolare. Però è un’esperienza che mi ha permesso di crescere tantissimo. Lavorare come attrice, aiuto regista e così via, tutto insieme, è una bella palestra, ma regala infinite soddisfazioni!

Nel momento in cui racconta del provino andato a male del suo più caro amico, si rabbuia. Glielo si legge negli occhi. Un gesto toccante; il mondo dello spettacolo è ricco di persone che pensano solo ai propri interessi, ai propri sogni. Lei non è così: dà l’idea di essere una persona che ha dei principi da rispettare. La vita non ti impone delle regole, ma ti permette di scegliere come affrontarla. Sara/Ares ha scelto la correttezza.

Lavori sia in teatri enormi come il Bellini sia in realtà più piccole, o off che dir si voglia. Quali sono le differenze in termini di empatia con il pubblico secondo te?

Quando hai la fortuna, come me, di ritrovarti catapultata in un mondo fantastico come quello di un teatro pieno di luci e “sicuro” perché c’è una produzione dietro, sai di aver preso parte a qualcosa di gigantesco, però rischi di perdere il contatto con la realtà. Questo è il motivo per il quale continuo a vivere il teatro off: mi mantiene radicata con i piedi per terra. Preservo la mia umanità. Il teatro ti da e ti toglie e tu devi essere pronto a rialzarti. Non si molla così facilmente, ti pare? Mio nonno mi ha cresciuta con l’idea del lavoro svolto costantemente e con umiltà. Mai dimenticarsi del punto da cui sei partita. Perché a 26 anni ho ancora tanta tanta strada da percorrere. Questo doppio binario che percorro mi piace. Ora, in termini di pubblico: gli spettatori abituati al grande teatro, sono anche “viziati” perché ci sono comfort e tutto il resto. Chi va a cercare nell’off è meritevole di rispetto, perché sa che ci sono metodologie e dinamiche alternative.

Insieme agli altri dignitosi, partecipi alle riprese del videoclip degli Stag “Oh Issa”

Sì, un’esperienza molto divertente. L’abbiamo girato a Latina. Gli Stag collaborano con Luciano Melchionna da molto tempo, da “Dignità autonome di prostituzione” a “L’amore per le cose assenti” fino ad arrivare a “Parenti serpenti”. Sono dei ragazzi dolcissimi. Eravamo su questa spiaggia, ad un certo punto ci siamo ritrovati a rotolare, fare casino. Oramai il cast di DAdP è una realtà molto affiatata, una grande famiglia. Se dicessi che è stata una sorta di gita sarebbe scorretto ed ingiusto perché si parla di lavoro, c’erano una serietà e professionalità indiscutibili, però è stato sicuramente piacevole e abbiamo lavorato in maniera spedita.

Compari nel cortometraggio “Amore Lieto Disonore” di Onofrio Brancaccio … come hai vissuto il passaggio dal teatro a quello del cinema?

La mia parte era davvero molto piccola …  dico la verità: ho una paura incredibile della macchina da presa, mi imbarazza molto! Lo so che è una cosa strana, soprattutto se lo dice un’attrice, però ti giuro che ci sto lavorando su (ridiamo). Per fortuna, nonostante l’imbarazzo, la mia prova è stata apprezzata! Nel cast, tra le altre cose, c’era anche l’attore Federico Tocci. E’ stata la prima volta che ho visto un professionista all’opera, davanti ad una cinepresa.

Ares Kent è una delle protagoniste di “JustLove”, un corto dolcissimo e commovente. Ti va di parlarcene?

Certo, quello della Wycon Cosmetics. Un video girato dai ragazzi di “Casa Surace”. Mi hanno contattato a nome di Claudia Federica Petrella, una bravissima attrice napoletana che lavora con Carlo Buccirosso, che avevo conosciuto durante uno stage che avevo frequentato. Si cercavano degli attori particolari … il mio attuale colore dei capelli era adattissimo. E’ stata una cosa molto carina e delicata. Nulla è stato pilotato. Tra noi attori non c’erano delle vere e proprie coppie, però i ragazzini e gli adulti coinvolti nel progetto hanno iniziato a tirare a caso i nomi … in effetti eravamo stati selezionati per alcune caratteristiche precise. I bambini sono stati spiazzanti. Sorprendenti. All’inizio erano molto timidi, perché non sapevano bene se potevano dire o non dire … poi, una volta sciolti, hanno iniziato a fare degli accoppiamenti assurdi. Io sono stata appioppata praticamente a tutti (ride). Una bimba mi associò ad un ragazzo di colore perché disse che io ero bianca bianca dai capelli in giù e lui si adattava a me. Lavorare con i più piccoli è un’esperienza formativa, perché noi tendiamo a dimenticare quello che pensavamo. A tal proposito, è giusto citare “Il Piccolo Principe”: tutti sono stati bambini, ma nessuno se lo ricorda … credo che questo romanzo sia la mia piccola Bibbia.

Sei giovanissima, ma hai un curriculum ricchissimo di esperienze folli e inusuali: “Volgarità gratuite ad un prezzo ragionevole” è quella con il titolo più geniale.

E’ un titolo piuttosto particolare, vero? Questo spettacolo è stato scritto e diretto da Maurizio Capuano, un’esperienza davvero squinternata. Maurizio è uno dei soci attivi del teatro ZTN, anch’esso off, di Napoli. Lì vi ho lavorato con il mio gruppo di sperimentazione, “La Gag”. “Volgarità” è nato come un omaggio ai Monty Python. Una serie di sketch irriverenti, anche piuttosto blasfemi … si passava da problematiche relative ai problemi sessuali (in un momento dello spettacolo ho interpretato un pene che parlava con il suo padrone, giusto per dire!) fino ad arrivare alla religione (io facevo Gesù bambino che dormiva nella culla, mentre la Madonna impugnava un fucile, pronta a prendersi con la forza i doni dei Re Magi). Delirante, ma molto molto divertente. In questo spettacolo ho lavorato con Giuseppe Fiscariello, con cui ho collaborato spesso. Gli voglio un gran bene!

Qual è l’esperienza alla quale sei più affezionata?

In realtà dirtene una sola sarebbe riduttivo. Ogni esperienza che ci capita nella vita è fondamentale, perché ci arricchisce sia nel bene sia nel male. Forse il ruolo di Mercuzio in “Romeo e Giulietta”. Me ne innamorai. Si accese una lampadina, non saprei spiegarlo bene a parole. Un’empatia incredibile. Poi, sicuramente, “Antigone”. Un bellissimo spettacolo, peccato che abbia avuto una vita più breve. Sempre con i ragazzi de “La Gag”. Un personaggio che mi ha aiutato a sbloccarmi. Quando frequenti l’Accademia, apprendi dei meccanismi e talvolta può capitare di cadere nella meccanicità, appunto. Con questo ruolo mi sono sentita libera, proprio perché “La Gag” basa il suo lavoro sull’istinto, sull’improvvisazione. Ovviamente c’erano sempre delle regole da seguire, ci mancherebbe altro, ma il respiro era differente. Con “Antigone” mi sono ammorbidita: ne fui felice, perché rischiavo di irrigidirmi per seguire troppo la tecnica. Ultima, ma non meno importante, “La massaggiatrice” delle Dignità autonome di prostituzione, di cui parlavo prima …

Parliamo ora di “Acqua Santa”, un progetto al quale sei molto legata.

Sì, è uno spettacolo che ho affrontato e sto ancora affrontando con la mia compagna, Marilia Marciello, che mi supporta e mi sopporta durante le prove, a casa. Soprattutto per ciò che riguarda la memoria! Ci sosteniamo su quel palco. E’ una gran forza e una grande fortuna poter recitare insieme a lei. Il testo è stato scritto da Giuseppe Pompameo e diretto da Costantino Punzo e Aurelio De Matteis. Anna Capasso si è occupata degli intro musicali. E’ un bel lavoro di squadra. Costantino e Aurelio hanno una professionalità e una pazienza infinita! Saremo a Napoli i giorni 1 e 2 aprile al teatro Arca’s a via Veterinaria n.63. La storia è incentrata sulla vita di due ragazze che vivono in un paesino piuttosto retrogrado. Siamo agli inizi del ‘900. Maddalena ed Annina sono innamoratissime. Non posso spoilerare troppo, posso solo dirti che è uno spettacolo che cerca di smuovere gli animi, le coscienze. Spesso sentiamo dire che “L’omosessualità non è un problema”. Il che è vero, però per molti non è un problema fino a quando non ce l’hai in casa. Lì le persone cambiano improvvisamente il pensiero. Oggi, come allora, è difficile affrontare un discorso così. Viviamo in una società che “accetta” e già il termine di per sé è completamente errato. Non c’è nulla da accettare! Accettare il fatto che uno sia moro e l’altro abbia i capelli rossi? Che uno sia alto e un altro basso? L’omosessualità esiste, nessuno deve elemosinare il permesso di essere se stesso. Noi esistiamo. Siamo nel 2017 e c’è ancora gente che decide per gli altri, se ciò che uno fa in camera da letto sia giusto o sbagliato!

Il suo lato forte, più potente, quello che combatte per ciò che ritiene giusto, esce fuori. le sue idee devono essere difese, vanno rispettate. Protette. In quanto essere umano e in quanto coinvolta in una storia d’amore importante. Ares è un cucciolo, ma sa tirare fuori le unghie quando è necessario. Le esperienze della vita la stanno modellando, regalandole una sensibilità assai rara da ritrovare. E’ l’unico momento dell’intervista in cui alza davvero la voce, prendendosela con un fantomatico qualcuno, che non è in grado di comprendere il suo bisogno di essere, per quello che è.

Io mi occupo di cinema. Qual è il film della tua vita e perché?

Non credo di averne solo uno. Credo che ce ne siano tanti, per il semplice fatto che credo ci sia un film per ogni periodo della nostra vita. Posso dirti a quale film io sia maggiormente affezionata: “The mask” con Jim Carrey. Un altro “incontro”, di cui parlavo prima. Da piccola, lo guardavo in continuazione. Andavo nell’asilo di mia mamma e mi esibivo nello sketch delle pallottole. Conosco tutte le battute a memoria! E’ il classico film che rivedo sempre con quel pizzico di malinconia.

Cosa dobbiamo attenderci da Ares Kent per questo 2017?

Eh … bella domanda! Ci sono in prospettiva tanti progetti, tanta voglia di fare cose nuove. Di provare. Ho letto dei libri che hanno impegnato la mia mente, mi sono rimessa a studiare (un attore, per migliorarsi, non finisce mai di studiare, ricordiamocelo!). Non per scaramanzia, ma non posso anticipare ancora nulla. Mentre io mi rimbocco le maniche, voi incrociate le dita per me (sorride).

Un abbraccio!

Grazie a te per la tua gentilezza!

Ares si allontana dopo avermi salutato affettuosamente. Le apparenze, spesso, ingannano. Cammina impavida, orgogliosa. Quella chioma biondo cenere andrà sicuramente lontano.

Marilia Marciello

Marilia Marciello

Ares Kent: la somma di tutte le mie vite was last modified: aprile 5th, 2017 by L'Interessante
5 aprile 2017 0 commenti
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Irene
CinemaCulturaIn primo piano

Irene Grasso: da dignitosa a suracina, con crescente successo

scritto da L'Interessante

Irene

Di Christian Coduto

E’ arrivata la primavera … passeggiare per Napoli, di questi tempi, è davvero una piacevole follia. Sono nei pressi di Via Toledo. Intorno a me tantissima gente: ragazzetti che ridacchiano allegramente, casalinghe con le borse della spesa, turisti che si fermano ogni secondo e guardano ammirati i vari edifici, le infinite bancarelle … l’appuntamento è in corrispondenza dell’uscita della metropolitana. Cammino, a fatica, in direzione opposta alla folla. D’improvviso la vedo: riconoscerei il suo sorriso, tra mille. Irene si avvicina con il suo passo vivace, vispo. Percepisci immediatamente la sua positività. Mi saluta con affetto e inizia a parlare a raffica: mi chiede se ho visto il servizio su “Casa Surace” da Barbara D’Urso a Pomeriggio 5. Gesticola tanto e ti coinvolge nelle sue allegre divagazioni. E’ un flusso di coscienza vivente: ha così tanto da raccontarmi e passa da un argomento all’altro, senza interruzioni. E’ un potpourri di colori vivacissimi, un arcobaleno di emozioni. Non si può non volerle bene. Ogni tanto si ferma a guardare le vetrine dei negozi. Ha uno sguardo dolce, sembra una bimba in una fabbrica di caramelle. La “sua” Napoli (ne parlerà durante l’intervista) se la gode così: giorno per giorno.

Parlando parlando, arriviamo nei pressi di un ristorantino e ci sediamo all’esterno. “Mi piace osservare le persone” mi dice “La loro postura mi racconta tanto di loro … in più, posso prendere spunto per qualche personaggio da interpretare”. Dopo aver ordinato (un’insalata di porri e pomodori, lei, un piatto di pasta con le melanzane io) iniziamo la nostra chiacchierata.

 

Irene Grasso parla delle sue esperienze artistiche

D: Chi è Irene Grasso?

R: Domanda importante. Sai che, forse non lo so ancora nemmeno io? (ride). Beh … Potrei dirti che sono un’attrice, che cerca di farlo con tutto l’amore e l’impegno possibili, con lo scopo di essere sempre all’altezza della situazione. Mi rendo conto di essere immersa in questo mondo a 360 gradi e di viverlo in maniera completa, dedicandomi anima e corpo ad ogni nuovo progetto.

D: Com’è nata la passione per la recitazione?

R: Sicuramente grazie ai miei genitori. Mio padre si è sempre nutrito di teatro. Un appassionato. Pensa che lo praticava anche da amatoriale, ha scritto dei copioni. Sin da piccola andavo a vedere i suoi spettacoli, ma anche quelli dei suoi amici. Sono quella che si definisce una figlia d’arte. Mio padre ha una collezione di libri di teatro incredibile, questo mi ha permesso di crescere circondata dall’amore per questa forma d’arte: Shakespeare, De Filippo, Viviani, Cechov e chi più ne ha più ne metta. Iniziai a vedere ogni rappresentazione televisiva (quelle notturne, giusto per intenderci) e, per quanto possibile, andavo anche a teatro. Poi, a mano a mano, ho frequentato alcuni laboratori nel territorio casertano, quando ero iscritta al liceo classico. Fino ad una certa età, però, ho vissuto il tutto come un mero hobby. La convinzione che potesse essere un lavoro è arrivata in un secondo momento. Intorno ai venti anni, infatti, mi sono trovata di fronte ad un bivio: forse la facoltà di giurisprudenza non era la mia strada e sono entrata all’Accademia di Arte Drammatica del Bellini. Un impegno costante, tre anni duri e ricchi di soddisfazione. Facevo la pendolare, ogni giorno. Tornata a casa, non avevo voglia di uscire, la mia priorità era diventata un’altra! (Sorride).

D: Tu sei nata a Caserta. Quando non sei in tournée nel resto d’Italia, vivi e lavori a Napoli. E’ stata una scelta necessaria? Da un punto di vista artistico, Napoli ha molto da offrire …

R: Sì una scelta, ma non lo è stata immediatamente. Terminata l’Accademia, infatti, ho sperimentato Roma e Milano e questo mi ha permesso di conoscere tante nuove realtà, culturali ed umane. Ad un certo punto, è stata invece Napoli ad aver scelto me, regalandomi tante opportunità, accogliendomi. Per una serie di fortunate coincidenze, ho deciso di rimanere qui. Ho capito che qui potevo costruire … Napoli è una città ricca di contraddizioni, ma artisticamente è molto fertile, senza ombra di dubbio. E sarebbe un peccato non sfruttare tutto ciò, ti pare? Certo, ci sono tante difficoltà oggettive. Però le realtà in cui lavoro mi soddisfano molto … ad un certo punto si sono formate in questa città ed io, con naturalezza, non ho potuto fare a meno di renderle parte di me.

D: A teatro sei stata diretta da Carmen Pommella (“La trilogia della villeggiatura”, “Antigone”, “Una notte al buio” ). Quali differenze ci sono quando alla regia c’è una donna?

R: Carmen è una carissima amica. E’ stata una delle prime a spronarmi a provarci. Mi ha consigliato di fare i provini per l’Accademia. Mi ha visto crescere. Con lei è tutto più semplice: mi conosce talmente bene, siamo sintonizzate sulla stessa lunghezza d’onda! Ogni volta, un lavoro insieme è un incontro sia artistico sia umano. Capita di perderci per un po’ e di ritrovarci per nuovi progetti …  ed è come ritornare indietro nel tempo, quando era la mia insegnante. Quando trovi una donna così aperta, istintiva, che sa esattamente quello che vuole, che riesce ad ottenerlo dai suoi attori … beh, è sempre un’esperienza stimolante!

D: Con “Parastasi kitsch” ti sei dedicata anche tu alla regia (accanto a Fabiana Fazio). E’ difficile trovare un equilibrio tra le emozioni che vuoi trasmettere e far sì che la messa in scena sia impeccabile?

R: Decisamente sì, una sfida complicata! Per fortuna ho avuto accanto una collega e amica che mi ha dato man forte in questa follia favolosa! Fabiana ha rielaborato il testo, poi ci siamo focalizzate sulla regia. La prima domanda che ci siamo poste è stata “Cosa vogliamo comunicare?”. La cosa importante era far capire che volevamo divertire e divertirci in questo paradosso. Abbiamo cercato di esasperare il tutto, per donare poi quel retrogusto amaro. Senza prenderci troppo sul serio, ma con professionalità. Abbiamo avuto degli amici/professionisti che ci hanno dato una mano per il disegno luci, l’audio, l’organizzazione e così via. Ma tutto il resto l’abbiamo gestito noi. Di certo, l’aver debuttato al “Nuovo teatro Sanità”, ci ha permesso di giocare in casa. Il fatto di essere riuscite a restituire sia questo divertimento sia quel retrogusto di cui ti parlavo, è stata per noi una vittoria. Non mi ero mai dedicata alla regia, ecco perché ho voluto condividere questa esperienza: non mi sentivo ancora pronta ad affrontare da sola il tutto, sobbarcarmi di ogni responsabilità. Condividendola, ho potuto comprendere i miei punti di forza e i punti deboli da correggere, è stato un confronto che mi ha arricchito.

Stavolta osservo io la sua postura: non incrocia le braccia nemmeno per un secondo. Nessun segnale di chiusura. E’ rilassatissima, lo si vede dagli occhi. Sorride anche con lo sguardo. Non è da tutti. Dà l’impressione di essere appagata. In qualche frazione di secondo percepisci che è stanca, considerando i mille impegni giornalieri, ma mantiene un ritmo costante. Accelerato? Forse. Ma necessario. Non può adagiarsi sugli allori, proprio ora. Proprio ora che il suo lavoro le sta regalando piacevoli frutti. Significherebbe vanificare tanti sacrifici.

D: Ne “La vita è una cosa meravigliosa” lavori accanto a Carlo Buccirosso …

R: L’incontro con Carlo è stato davvero bello! Ovviamente, lo conoscevo già di nome, di fama. Una tournée molto lunga, tantissime tappe. Un lavoro molto intenso. Carlo è un grandissimo lavoratore: una volta che lo spettacolo ha debuttato, non si ferma. Continua a lavorarci per tirare sempre fuori il meglio. Grazie a lui ho imparato certe dinamiche di ritmo, comicità che non conoscevo. E anche umanamente ho avuto una grande soddisfazione: una intervista con Gigi Marzullo, quando siamo stati a Roma al teatro Eliseo! Ho ritrovato Carlo Buccirosso l’anno successivo, grazie ai “Compromessi sposi”. Mi sono divertita tantissimo, i personaggi sono sempre molto colorati. Questa forma di comicità ha un bell’impatto positivo, sul pubblico.

D: Al cinema sei stata diretta, tra gli altri, da Ivan Cotroneo (“La kryptonite nella borsa”), Diego Olivares (“Veleno”) e Davide Marengo (“Sirene”). Recitare su un palco e davanti ad una telecamera: due mondi completamente opposti …                                                                     

R: Sì, ma solo parzialmente. Una preparazione teatrale è già completa di per sé, ti aiuta tantissimo. Soprattutto nel contesto della naturalezza, della ricerca della verità. Non credo alla differenza tra recitazione teatrale e cinematografica. La recitazione è unica. Ad essere diversi sono i tempi. A teatro, per esempio, le prove sono fondamentali. Al cinema si gira e si rigira fino a quando non si trova il take perfetto. Invece credo che bisognerebbe arrivare già preparati anche sul set (faccio riferimento al personaggio, ad esempio). Una preparazione teatrale ti forma, perché ti abitui ad uno studio approfondito con il regista, durante le prove. Con il cinema, una parte di questo lavoro un po’ si perde anche se sono sincera: le mie esperienze cinematografiche sono state fortunate perché ho lavorato con registi che mi hanno dato le giuste informazioni sul personaggio che dovevo interpretare, sulla location … considera che, al giorno d’oggi, le tempistiche diventano sempre più ridotte così come i ciak. Quindi è necessario essere estremamente concentrati per raggiungere subito il target.

D: Arriva un premio importante come miglior attrice per un cortometraggio del quale sei protagonista “Strappamando” di Pierfrancesco Borruto. Ce ne vuoi parlare?

R: Devo dirti la verità? E’ una di quelle follie meravigliose nate e completate in un pomeriggio, tra amici. Pierfrancesco ha una casa di produzione, insieme al fratello Angelo, la BBROS. Abbiamo studiato insieme all’Accademia. In occasione di un mio compleanno, mi disse “Irene, ho pensato ad un cortometraggio da girare. Una cosa velocissima. Senza parole. Su Superman e la moglie!”. Lo abbiamo girato a casa di amici, in poche ore, utilizzando il green screen. Un paio di anni dopo, Pierfrancesco mi chiama e mi dice che ho vinto questo premio. Ovviamente, ne sono orgogliosa. Il corto è diretto benissimo, ha una trovata geniale a mio parere. Lo potete vedere su youtube, tra le altre cose!

D: Momento inevitabile … Dignità autonome di prostituzione e il tuo personaggio, quello della Ritrattista …

R: (Si illumina) DAdP è per me uno spettacolo importantissimo. E’ arrivato in un momento giusto per il mio percorso di attrice. Luciano (Melchionna, il regista dello spettacolo) N.d.R.) mi ha assegnato questo monologo brillante, ironico, ma a denti stretti, tipicamente nel suo stile … c’è sempre una dicotomia tra umorismo e amarezza. Provenivo da una serie di ruoli totalmente drammatici, quindi avevo paura di non riuscire a dare il giusto spessore a questo ruolo. In più, come ben sai, si crea un rapporto molto intimo con gli spettatori, soprattutto nel territorio napoletano: gente seduta sotto i tavoli, chi appesa al lampadario (scoppiamo a ridere). Però ho ottenuto grandissime soddisfazioni. Lo spettacolo ha un format geniale, è una grande festa. Prima c’è la parte divertente, con la contrattazione, poi il cambio e il pubblico ti segue con tanta attenzione. Più volte le persone mi hanno ringraziato di cuore, perché hanno iniziato a riflettere sul testo e sul significato così profondo di quelle parole. Ho avuto tanti bellissimi doni, persino un peluche meraviglioso (ridiamo perché fu un mio regalo!). E’ un’esperienza unica per un attore … quattro ore di spettacolo sono tante, ma ti lasciano tanto, è una vera e propria palestra. Hai a che fare con spettatori sempre diversi. Bisogna trovare anche un equilibrio con gli avventori: devi essere gentile e cortese, ma nel rispetto di un progetto teatrale.

Ha un Curriculum vitae impressionante. Snocciola ogni esperienza professionale con naturalezza. Ne va orgogliosa, certo, ma non ha tempo da perdere in gesti di vanità. Ogni esperienza è stata un mattoncino che le ha permesso di costruire. Durante l’intervista si sorprende di quanto conosca della sua carriera. Mi ringrazia. E’ un gesto di riconoscenza che è quasi commovente.

D: In 360° Girotondo si parla di sesso e amore in maniera diretta, con ironia, ma senza mai cadere nella volgarità gratuita …

R: Lo scopo era quello di essere eleganti. In questo Mario e Carlo (Gilardi e Caracciolo, che hanno curato regia ed adattamento N.d.R.) sono sempre molto attenti. A teatro si può affrontare qualsiasi tipo di tema, è la modalità che fa la differenza. Trovare un gioco teatrale per un argomento che è sotto l’occhio di tutti, affrontato in tutti i modi tra internet, televisione e cinema, era intrigante, rischioso, anche “folle”, ma è risultato vincente per lo spettatore. Sul palco c’erano questi tavoli con le rotelle e tutti gli attori dovevano muoversi al di sopra, in diversi momenti dello spettacolo. Una paura di cadere che non ti dico! (Ride).

D: Una collaborazione molto importante, anche dal punto di vista della collocazione, è quella con il Nuovo Teatro Sanità …

R: Assolutamente sì! Oramai è diventato una nuova casa, nonché una seconda famiglia! Il quartiere Sanità, prima di iniziare questo progetto, era per me una zona sconosciuta. A parte il fatto che è meraviglioso: colorato, florido! Lo vivi quando lo attraversi. C’è un giro di turismo non indifferente. Le Catacombe di San Gennaro, Le Catacombe di San Gaudioso, il Cimitero delle Fontanelle … avere questo teatro nel cuore della città è qualcosa di importantissimo. Come ben sai, il Teatro è costruito all’interno di una chiesa e già questo lo rende magico. Ma c’è di più: i ragazzi del posto che collaborano con noi sono tra le persone migliori che io abbia mai conosciuto. Sono generosi, attenti, hanno un entusiasmo incredibile. Tutto ciò si trasforma in linfa vitale per il lavoro che facciamo. Questo nucleo, per fortuna, cresce e si rinforza anno dopo anno. L’ultima stagione è stata un susseguirsi di grandi successi. C’è spesso il sold out. E’ una vittoria in un periodo di crisi totale, un piccolo fiore nel cemento. Noi ci occupiamo di tutto: dall’aspetto puramente artistico a quello organizzativo, passando per la manutenzione … lo viviamo a trecentosessanta gradi. Vedi che tutto torna? (Ridiamo).

D: Grandissima popolarità arriva con le web serie “Casa Surace” …

R:”Casa Surace” è stato un altro incontro fondamentale. Un altro punto di riferimento. Conoscevo già Andrea Di Maria e Simone Petrella. Entrambi provengono dal teatro, come me. La serie funziona. La cosa più importante è che tutti, dagli attori fino ai collaboratori sono uniti, affettuosi, ma soprattutto spontanei. E questa spontaneità, questa genuinità alla gente piace, perché arriva in pieno. Ci confrontiamo sulle cose da girare, non è mai un lavoro sterile, a sé stante. Anche a fine lavorazione, una volta ultimato il video, ci confrontiamo e ciò permette una crescita. C’è un’attenzione costante al gruppo, ti senti protetto. E’ una squadra solida. Questa piccola creatura è recente, ma sta ricevendo feedback positivissimi.

D: L’ultimo corto, dedicato alle fiabe Disney, sta andando davvero bene. Quanto ci avete messo per realizzarlo?

R: Guarda, per quanto riguarda le giornate di lavorazione sono state solo due. Con questo intendo allestimento, girato eccecc. anche se è chiaro che sono stati due giorni di full time. La location, stupenda, è il Castello Macchiaroli di Teggiano, in provincia di Salerno. Ovviamente, c’è stata prima la preparazione dello script, le prove costumi … siamo stati velocissimi perché c’è uno staff molto unito. La cosa più bella è il riuscire a mantenere inalterata la professionalità e la qualità di ciò che offriamo.

D: Luciano Melchionna torna a dirigere te e gli altri dignitosi in “Oh issa” degli Stag, un divertissement …

R: Molto divertente, abbiamo girato il video su questa spiaggia nei pressi di Latina. Avevamo conosciuto gli Stag a Cinecittà, durante le Dignità; in quella occasione erano stati gli ospiti musicali. La giornata trascorsa insieme è stata molto gradevole. Anche perché il gruppo dei dignitosi è davvero molto unito. Mi ricordo che era una giornata di settembre, ancora molto calda …

D: Sei giovanissima, eppure lavori da molti anni. Di tutte, qual è l’esperienza che ti è rimasta maggiormente nel cuore?

R: Domanda difficile! Senza mancare di rispetto a nessuno … ce ne sono tantissime. Ogni spettacolo mi ha segnato un periodo del mio percorso. Allora … “Museum” del grande Renato Carpentieri, una delle mie prime esperienze, all’interno del complesso del Museo di San Martino. “DAdP” e “Do not disturb”. Quest’ultimo progetto, ideato da Mario Gelardi e Claudio Finelli, credo sia uno spettacolo unico. Lo abbiamo presentato anche in diversi festival, come quello di Todi e di Benevento “Città spettacolo”. E’ un format ambientato nelle camere d’albergo. In primis, abbiamo un hotel che ci ospita, qui a Napoli, che è la fine del mondo :  il Grand Hotel Parker’s. Lo spettatore entra nella camera d’albergo e spia l’ultimo quarto d’ora, gli ultimi venti minuti di questa coppia (o terzetto) e tutto accade lì, in quel momento. Il famoso “qui ed ora” del teatro. Sia per l’attore sia per lo spettatore è un qualcosa di veramente suggestivo. Si crea una vera e propria intimità, un’empatia, un flusso di emozioni. Ti racconto una cosa molto delicata: una sera, durante una delle storie in una stanza, una signora rivide in me la figlia che era scomparsa, rimase molto turbata. Proprio perché non c’è una barriera, una separazione … il tutto è ancora più vero.

D: Cinema, teatro, serie web … quale pensi che sia la tua collocazione più naturale?

R: Sarò scontata, però il teatro è il mio primo e più grande amore. Però anche grazie al web sto ottenendo grandi soddisfazioni, perché ha una qualità importante: quella di essere diretto, ma soprattutto spontaneo. La web serie la vedo come una trasposizione naturale del teatro. E’ un canale di comunicazione che mi divertente, che va di pari passo con il teatro. Però non si può rinnegare la magia del cinema … non saprei scegliere, sono sincera!

D: Cosa dobbiamo aspettarci da Irene Grasso per questo 2017?

R: Sto collaborando con Mario Gelardi alla versione teatrale de “La Paranza dei bambini” (dal libro di Roberto Saviano) in scena dal 19 aprile in poi al Nuovo Teatro Sanità. Sarò aiuto regista. In qualità di attrice, invece, parteciperò a “Rituals” (scritto e diretto da Mario Gelardi) sull’emigrazione in Svizzera degli italiani alla fine degli anni ’60. Con questo spettacolo parteciperemo al Napoli Teatro Festival quest’estate. Una location particolare, all’interno di Palazzo Reale, una cosa fighissima!

D: Fatti una domanda e datti una risposta …

R: Oddio, che bello, proprio come da Marzullo! Userò la stessa: “Si piange ancora per le cose belle?”. Secondo me sì!

D: In bocca al lupo per tutto!

R: Crepi, grazie mille Christian!

Al termine dell’intervista, dopo avermi salutato, la vedo riprendere immediatamente il suo passo trotterellante. E’ già pronta per affrontare nuove avventure. In pochi secondi si è già mescolata tra la folla. Che questo cammino ti porti lontano, te lo meriti di cuore …

Irene Grasso: da dignitosa a suracina, con crescente successo was last modified: marzo 23rd, 2017 by L'Interessante
23 marzo 2017 0 commenti
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