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Il Dog Friendly

Cani
CuriositàDall'Italia e dal MondoIn primo piano

Cani e castrazione: ti prego lasciagliele! Il Dog Friendly

scritto da L'Interessante

Cani

Cani

Di Luigi Sacchettino

Cari lettori interessati questo articolo nasce come spunto di riflessione dopo una cena con amici, in cui si  sono affrontati discorsi “maschi”. Quelli virili. Quelli testosteronici.

Essì, perché uno degli argomenti della cena è stata la castrazione del proprio cane,  e i relativi bisogni non appagati.

La tesi dei “conservatori”- quasi sempre proprietari di cane maschio intero- verteva su: “mi sembra di fare un torto nel toglierle; qualcosa di contro natura”.

Con trasporto emotivo ed arringhe intense, come se fossero le proprie ad essere in pericolo.

L’intervento di castrazione è un atto medico e come tale deve essere il clinico di riferimento a valutare quando e se opportuno effettuare questa procedura. Come cura o prevenzione di patologie che potrebbero minare la salute del nostro cane. Stabilire se effettuare una metodica di chirurgia o chimica; sì, esiste anche una castrazione transitoria, indotta chimicamente, che mediamente dura sei mesi dopo i quali il cane riprende la piena funzionalità riproduttiva.

Sotto l’aspetto comportamentale spetterebbe invece al medico veterinario esperto in comportamento dare indicazioni dopo attenta visita effettuata con scienza e coscienza, tenuto conto che in passato si è avuto la tendenza a castrare a tappeto quando ci si trovava di fronte a qualsiasi alterazione del comportamento.

Per intenderci, il tuo cane è aggressivo coi cani? Togliamogliele. E’ aggressivo con le persone? Togliamogliele.

Manifesta comportamenti iperattivi? Zacchette. Esprime diversi stati fobici? Migliorerà castrandolo.

Come se il comportamento risiedesse esclusivamente nelle…gonadi.

Certo, gli ormoni influenzano il comportamento, questo è chiaro. Ma il come e il quanto è da valutare soggettivamente.

Gli ultimi studi ci dicono infatti che la castrazione può avere delle influenze assai antitetiche tra loro- positivamente o meno sul comportamento di un cane: per questo andrebbe valutata scrupolosamente soggetto per soggetto.

I dubbi che invece sollevavo io riguardavano l’appagamento dei bisogni; quanto un maschio intero soffre nell’avere un organo funzionante, nell’avere degli slanci ormonali, nell’essere sollecitato dai sensualissimi feromoni sessuali lasciati da una femmina in estro, non potendo esprimersi? Quanto sclereremmo noi umani nella medesima circostanza? Soprattutto quanto riusciamo a metterci nei loro panni- di chi li vuole tutelare- senza pensare davvero che un maschio castrato sia un maschio..incompleto?

A volte mi sembra di notare che non esiste la medesima ritrosia nei confronti dell’intervento di sterilizzazione di una femmina. La si affronta con una minore difficoltà, resistenza. E qual è la differenza? Pur sempre di gonadi stiamo parlando.

Bisogna raccontarsela tutta: il fatto è che noi maschi non vogliamo essere feriti nell’orgoglio e nella virilità. Lo sanno bene gli americani che post castrazione facevano applicare una protesi nello scroto ormai vuoto. Almeno dall’esterno non si vedeva nessuna..mancanza.

Per me laddove ci sia uno stato di disagio conclamato, sostenuto e alimentato dalla componente ormonale è opportuno chiedere un consulto agli esperti suddetti per capire ciò che può mettere più in agio i nostri cani.

Ad esempio molti cani maschi smettono di mangiare durante il periodo rosso delle femmine; ululano tutta notte, diventano più reattivi e nervosi anche in altri contesti, in passeggiata tirano come gli ossessi per raggiungere la traccia odorosa e così via.

Gli abbiamo chiesto di mangiare lo stesso pasto tutti i giorni, di girare legati ad una corda, di fare passeggiate brevi e poco appaganti, di costiparsi nella comunicazione con il cane del vicino che gli sta antipatico; li abbiamo umanizzati. Bene, faccio appello proprio all’”umanizzazione- assunzione o conferimento di natura o dignità umana”: voi umani come vi comportereste dinanzi ad una donna- o uomo- che tanto vi piace, nel vedere senza poter mai toccare?

Io impazzirei.

Cani e castrazione: ti prego lasciagliele! Il Dog Friendly was last modified: ottobre 20th, 2016 by L'Interessante
20 ottobre 2016 0 commenti
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Cane
CuriositàDall'Italia e dal MondoIn primo piano

Sentirsi cane, sentire il cane. Il Dog Friendly

scritto da L'Interessante

Cane

Di Luigi Sacchettino

Cari lettori interessati nel precedente articolo abbiamo parlato di quanto i nostri cani sappiano capirci e leggerci.

Questo ha generato in me un dubbio: siamo in grado di fare  qualcosa di analogo? E quando pensiamo di saperlo fare, quanto siamo anche solo lontanamente vicini alla realtà?

Nello studio di una risposta soddisfacente, come in una strana coincidenza, ho trovato nel web lo scritto di un mio maestro e collega, Attilio Miconi. Lo condivido con voi.  

“Lettera di un cane:                            

«Cari umani perché vi ostinate di credere di poter “pensare” da cani?

Ho la necessità di comunicarvi o ricordarvi che faccio parte di un’altra specie: sono un cane.

Inoltre, come cane ho la sensazione che alcuni umani vivano la loro vita tra narcisismo e bassa autostima verso se stessi. Consapevoli di non riuscire a sapere cosa pensa un’altra persona di loro e non potendolo prevedere vivono l’eterna frustrazione di non poter controllarla da una parte o di non essere adeguati dall’altra.

Per questi due modelli umani è difficile vivere senza prevedere il comportamento che potrà assumere l’altro in una relazione o a una richiesta. Così noi cani, senza le sovrastrutture umane, sembriamo essere diventati i candidati per essere osservati, giudicati, classificati e con soggetti comportamenti prevedibili (meglio se paradossali: tanto buoni o tanto cattivi; tanta guardia o tanto amore; e così via)

I cani sono avviliti nel sentirvi nel vostro bluff di quelli che possono tutto. Non vi sembra un tantino antropocentrico arrogarvi il diritto di saper pensare anche da cani? Forse perché avete difficoltà nel riconoscervi tra umani perché il vostro modello sociale lo avete fatto diventare una schifezza individualista: pensare di cosa pensa l’altro è lo sport nazionale?

Smontate le vostre incertezze comunicative tra umani senza cercare in noi cani la vostra sete di controllo e previsione comportamentale solo perché la ritenete più facile.

Smettetela di metterci di fronte a un salto, un ostacolo, una comunicazione tra di noi senza alternative … per poi anticipare al mondo come ci comporteremo affrontando quel salto, quell’ostacolo quella comunicazione che ci avete imposto.

Ci inducete ad assumere un determinato comportamento per poter dire a voi stessi e a tutto il vostro mondo: “avete visto come sono bravo: penso da cane!”.

Questo modo di agire non significa pensare da cani, significa semplicemente indurre il cane a re-agire quando messo in un vicolo senza vie d’uscita, o con l’unica via d’uscita rimasta a disposizione!

 

Sapete è triste che voi crediate di “sapere” tutto quello che passa nella testa di noi cani perché avete deciso che “pensare” da cani al nostro posto possa garantirvi il controllo del pensiero e la predizione dell’azione di un altro essere vivente.

 

 

Tu che sei sicuro di pensare da cane, sei altrettanto sicuro di sapere cosa pensa di te il tuo compagno/a, il tuo amico/a, Il tuo collega? eppure loro sono della tua stessa specie…”

Pensare da cani.

Ho sentito pregnante la parte in cui si parla della difficoltà di provare a capire anche solo cosa sta pensando un nostro simile umano. Immaginarsi di sapere ciò che pensa- e prova- un cane.

Il condizionale sarebbe d’obbligo. Le ipotesi pure.

Io continuo a pensare che avremmo bisogno di più psicoterapeuti.

Per il benessere dei cani, noi umani dovremmo essere meno invischianti.

 

 

Sentirsi cane, sentire il cane. Il Dog Friendly was last modified: ottobre 13th, 2016 by L'Interessante
13 ottobre 2016 0 commenti
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Cervello
CuriositàDall'Italia e dal MondoIn primo piano

Cervello del cane: elabora il linguaggio in modo simile al cervello umano. Il Dog Friendly: capitolo 22

scritto da L'Interessante

Cervello

Di Luigi Sacchettino

Ma parliamo parliamo e non ci capiamo?

A quanto pare no. Non vale con i cani.

E ce lo dice uno studio pubblicato su Scienze da  Andics e colleghi nell’agosto 2016 in cui gli scienziati hanno provato che il cervello canino elabora il linguaggio in modo simile al cervello umano

Attila Andics, etologo alla Eötvös Loránd University di Budapest,  ha iniziato a studiarli con l’obiettivo di capire come il cervello dei mammiferi possa processare il linguaggio.

 “La parte più difficile è stata far comprendere ai cani che dovevano rimanere assolutamente fermi. Quando hanno capito che intendevamo  assolutamente fermi, a quel punto siamo riusciti nell’impresa”, racconta Andics.

D’altronde è difficile anche per noi umani stare fermi in una sorta di cestello della lavatrice.

Nel 2014 Andics e colleghi sono riusciti a mostrare come il cervello di questi 13 cani rispondeva a varie vocalizzazioni sia di altri cani che di umani, come grugniti, abbai, gemiti e urla.

Lavorando con gli stessi 13 cani, Andics e colleghi hanno riprodotto le registrazioni dei padroni in quattro modalità diverse: una parola “premio” pronunciata con un tono di apprezzamento, una parola neutrale con tono neutrale, una parola di lode con tono neutrale e infine una parola neutrale in tono di lode.

Le immagini ottenute dalla risonanza hanno mostrato che l’emisfero sinistro del cervello dei cani rispondeva alla parola in sé, mentre quello destro rispondeva all’intonazione. Solo la lode unita al tono di apprezzamento riusciva però ad attivare il centro della ricompensa nel cervello dei cani.

Lo studio dimostra così che i cani capiscono le parole, le distinguono, sanno riconoscere anche le intonazioni con cui vengono pronunciate, in maniera molto simile a come l’uomo comprende la comunicazione umana. Vengono coinvolte le stesse regioni del cervello che l’uomo attiva quando usa il linguaggio: una capacità probabilmente acquisita nel corso della co-evoluzione, quando sono/siamo stati addomesticati.

Questo apre le porte a nuovi quesiti sulla comunicazione interspecifica uomo cane.

Sull’utilizzo della punizione come forma di linguaggio.

Sul cosa dire e come.

Sull’umano che simula un cane quando vuole comunicare con il suo cane.

Sul posto che i cani occupano in questo mondo, e che di diritto gli spetta.

Sulla loro capacità di leggerci. Di denudarci.

Di dimostrarci che non siamo forse i più sapiens.

Io, da tecnico, mi domando  se noi umani potremmo mai rendere il favore.

 

.

 

Cervello del cane: elabora il linguaggio in modo simile al cervello umano. Il Dog Friendly: capitolo 22 was last modified: ottobre 6th, 2016 by L'Interessante
6 ottobre 2016 0 commenti
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Akita
CuriositàDall'Italia e dal MondoIn primo piano

Akita: intervista doppia

scritto da L'Interessante

Akita

Di Luigi Sacchettino

Cari lettori interessati oggi facciamo un salto nel cinema, anno 2009 quando esce nelle sale il film “Hachiko – Il tuo migliore amico”, diretto da Lasse Hallstrom con Richard Gere, ispirato alla storia vera del cane giapponese Hachiko .

La trama racconta del rapporto indissolubile tra l’ akita e il professore di musica Parker Wilson

Ogni giorno il cane accompagna il proprietario alla stazione e questa abitudine non cambierà anche dopo la morte improvvisa del professore : il cane continuerà ad aspettarlo in stazione per circa nove anni.

Questo ha fatto sì che la razza avesse un boom stratosferico e fosse riconosciuto con una certa facilità anche per strada.

Ma qual è stato il rovescio della medaglia? Molte adozioni impulsive- non consapevoli e molti cani abbandonati nei canili o nei rescue dog.

Per parlare della razza  mi sono affidato a due esperte del settore: Sharon Cittone- educatrice cinofila SIUA e tecnico di Mobilitydog che li segue da tempo, e Manuela Convertini- titolare dell’ allevamento “Hachiko Samurai”, che li alleva da circa 12 anni.

Grazie mille ad entrambe per aver accettato l’intervista; ho subito una domande per Lei, Manuela. Sappiamo che è allevatrice  e attenta studiosa del cane giapponese di Akita: ci racconta da dove prendere origine questo cane? Quale era il suo ruolo?

“Grazie innanzitutto per l’opportunità di poter condividere con voi la mia passione per questa magnifica razza, che ha origine nella prefettura Giapponese di Akita. Questa razza nasce nel 1600 circa, come cane da caccia, che accompagnava il cacciatore sulle montagne, dove stanava l’orso. Questo suo intrepido carattere, insieme al fiero aspetto, lo hanno reso la razza prediletta dei nobili che li adornavano con collari preziosi durante le cerimonie. Ha rischiato l’estinzione durante la seconda guerra mondiale e grazie ai pochi esemplari rimasti nel 1931 è stato proclamato Monumento nazionale protetto.”

Sharon, spesso i futuri adottanti scelgono questo cane per la bellezza mozzafiato: ma cosa comporta avere un akita nella realtà?

“Purtroppo molte persone pensano all’akita come un cane molto bello e molto fedele – lo è ma è anche un cane particolare e non adatto a chi non ha il tempo e voglia di dedicargli il tempo necessario. Se non educato e socializzato bene l’akita diventa un cane che può avere grosse problematiche per una persona. E’ inoltre importante lavorare sulla mente e la riflessività del cane fornendogli competenze e autocontrolli onde evitare zuffe o ridirette. Si pensi solo che un maschio di 40 kg ha una forza non indifferente!

Consiglio sempre di valutare se una qualsiasi razza è adatta al proprio stile di vita, se la risposta è si con un akita consiglio sempre di adottare un cucciolo da un allevamento serio, un allevamento che non solo guarda alla salute con i vari test fatti sui genitori ma che s’impegni nella corretta socializzazione dei cuccioli e che riproduca solo soggetti idonei anche a livello caratteriale.

Una volta portato a casa consiglio inoltre sempre di trovare un bravo educatore che possa impostargli un percorso corretto sin da subito. Moltissime volte il fai da te non funziona, i cuccioli sono spesso buoni e socievoli ma ahimè in adolescenza cambiano – se si lavora sin da subito e si ha una figura professionale affianco tutto ciò può essere gestito nel migliore dei modi.

Io personalmente ho un amore smisurato per gli akita, li trovo dei cani eccezionali e davvero con una marcia in più, ma sono cani complessi, cani che hanno bisogno di un rapporto equo per raggiungere il loro massimo potenziale. Perfetto per chi ha davvero voglia di mettersi in gioco!”

Manuela, lei cosa aggiungerebbe a riguardo?

“Voglio utilizzare una descrizione usata dai giapponesi, “in silenzio tranquillo come la foresta in azione veloce come un lampo”. E’ il cane fiero dei samurai, dotato di una forte tempra ed una propria personalità da conquistare. Per quanto l’allevamento si stia dirigendo verso soggetti più docili, pertanto più facili da gestire, sono d’accordo con Sharon,  resta comunque un cane che può manifestare diffidenza verso gli estranei e che da adulto mostrerà intolleranza verso i cani dello stesso sesso.”

Sharon, lei che vive con un maschio di akita cosa può consigliare ai futuri adottanti  che è necessario debbano sapere?

“L’akita è un cane, a mio avviso, dotato di capacità cognitive eccezionali e una forte indipendenza e queste spesso possono essere armi a doppio taglio. La relazione che l’akita cerca è una di profonda armonia e sintonia, un’unione di ciò che spinge l’akita tanto quanto una che spinge l’essere umano. Ad un akita, per esempio,  non basta la classica passeggiata al guinzaglio-  ha bisogno che l’umano capisca i suoi bisogni emozionali e comunicativi anche durante questa suddetta passeggiata. Ai fini di crescere un cane sereno ed equilibrato l’akita ha bisogno che la sua famiglia umana capisca le differenze sostanziali di questa razza e che le rispetti. E’ un cane molto indipendente che, se non trova ciò che cerca nella relazione, spesso si chiude manifestando comportamenti indesiderati. L’akita a differenza di ciò che si pensa, non è un cane pigro o un cane da divano anzi! E’ un cane che ha interessi molto specifici e che non dovrebbero essere sottovalutati. Gli akita ad esempio sono grandi cacciatori e discreti guardiani, sono cani che reputano inutili molti classici giochi da ‘cane’ tipo la pallina  e al massimo ci giocheranno il minimo indispensabile solo per far piacere al proprietario.  Se si vuole arrivare ad avere un cane appagato e sereno bisogna assolutamente lavorare sul fatto che l’akita è un cane da caccia. In quanto cacciatore dobbiamo dargli modo di esprimere e scaricare la sua motivazione predatoria in ambienti idonei. Questo non vuol dire fargli cacciare prede vive ma dargli la possibilità di esprimere questo interesse con noi spesso.

L’akita anche se indipendente può essere un cane estremamente collaborativo se abituato sin da subito con un’educazione corretta. La collaborazione, infatti, è la miglior terapia contro molti aspetti negativi di questa razza come ad esempio la possessività e il controllo.

Questa razza andrebbe socializzata molto bene sin dai primi giorni a casa sia con gli ambienti sia con i cani e persone. La loro diffidenza innata verrà fuori con l’adolescenza ma se l’umano lavora correttamente da subito, egli non riscontrerà le grosse problematiche che si crede. Inoltre per me è fondamentale la comunicazione. La comunicazione di questa razza è molto stringata ma anche molto chiara. L’umano che si mette in gioco per me è quello che cercherà di imparare il più possibile sulla loro comunicazione e non lasciar si che siano solo loro a cercare di capire noi. L’akita è spesso anche rigido nella sua comunicazione cosa che a volte può causare degli errori di trasmissione tra conspecifici. Vorrei precisare che l’akita si lega a pochi e questo vale anche per altri cani. Non è un cane ‘da parchetto o da area cani, non avrà voglia di giocare con tutti e anzi molto spesso l’area piccola e recintata è proprio ciò che da i maggiori problemi. Con i cani amici invece avrà un ottimo rapporto sempre che questo abbia alla base un grande rispetto reciproco. Bisogna sottolineare anche che come tante altre razze con tempra forte spesso l’akita maschio, avrà difficoltà a  tollerare altri maschi nel suo territorio (vicinanze di casa) e dovrà essere gestito correttamente tenendo conto dell’importanza degli spazi del cane.  La femmina invece con una corretta socializzazione e educazione è sicuramente più gestibile, anche se, il carattere è comunque quello riportato sopra.”

Manuela ci dice quali sono le principali patologie di razza e come tutelarsi a riguardo?

“Gli Akita sono soggetti a displasia dell’anca ed ad alcune oculopatie, per le quali si può cercare di tutelarsi acquistando solo cuccioli figli di genitori esenti e testati dalle associazioni veterinarie ufficiali, riconosciute Enci. Inoltre sono soggetti a due patologie autoimmuni: l’adenite sebacea che colpisce la cute e la sindrome di Harada o Vkh che colpisce le mucose, schiarendole, e gli occhi con uveite, per le quali patologie purtroppo non abbiamo nessun tipo di esame preventivo, pertanto si può solo intervenire terapeuticamente alla comparsa dei sintomi.”

Avere un doppio punto di vista sulla razza che si vuole adottare dovrebbe rappresentare  un must di partenza.

Poiché  quando allevamento ed educazione viaggiano sullo stesso treno è difficile che accadano scioperi, deragliamenti o ritardi.

L’akita, comunque, saprà aspettarvi. Basterà non farsi trovare impreparati.

 

 

Akita: intervista doppia was last modified: settembre 22nd, 2016 by L'Interessante
22 settembre 2016 0 commenti
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Giancarlo Spadacini
CuriositàDall'Italia e dal MondoIn primo piano

Giancarlo Spadacini, parliamo di razze. Il Dog Friendly: capitolo 20

scritto da L'Interessante

Giancarlo Spadacini

Di Luigi Sacchettino

Cari lettori interessati continua il nostro viaggio nel fascinoso mondo dei luoghi comuni che ruotano intorno alle razze e oggi andiamo insieme nel bucolico mondo dei cani selezionati per la caccia.

Ci tingiamo di grigio. Sì, parleremo del noto bracco di Weimar, conosciuto ai più come il bracco dal mantello grigio- blu.

Per farlo ho raggiunto Giancarlo Spadacini– istruttore cinofilo, referee SIUA con approccio cognitivo zooantropologico- che da tempo li studia e li ammira.

 

Grazie mille per aver accettato l’intervista Giancarlo. Sappiamo che è appassionato e attento studioso del bracco di Weimar: ci racconta da dove prendere origine questo bracco?
“Sulla storia delle origini e diffusione nel mondo del weimaraner ci si arrotolano versioni e teorie fantasiose, il che rende questo cane ammantato da grande mistero e fascino.
Si dice che la razza ebbe origini già nel XIII sec in Francia alla corte di Luigi IX con il Cane Grigio di Sant Luis estinto da tempo e il bloodhound (Chien de Sant Ubert), utilizzato per la traccia a guinzaglio in voga a quei tempi, cacciando da solo non in muta e vivendo a casa col proprietario.
Chi invece ne selezionò con metodo e rigore la razza fu quasi certamente il Granduca Carl August a Weimar in Germania appunto, attorno al XVIII secolo, il quale li utilizzava per la caccia nelle foreste della Turingia anche su grandi prede come cervi e cinghiali cercando, fermando e riportando anche su piste “di sangue”.
La nascita ufficiale invece della razza viene datata nel 1897 quando in Germania venne istituito il primo Club a tutela del weimaraner distinto da quello più antico del Kurzhaar che vedeva cani interamente grigi, colore non molto apprezzato, entrare ed uscire dal suo registro d’origine (un’altra teoria infatti lo vuole come diretto discendente del cugino bracco tedesco Kurzhaar con la variante anomala del colore grigio del manto poi fissata)”.

Ecco chiarita l’origine del fascinoso mantello. Noi umani spesso scegliamo i cani proprio per questa  bellezza morfologica, concedendo loro una vita pigra- da divano, pur essendo stati selezionati per la caccia: qual è il suo parere a riguardo?
“Beh, credo senza ombra di dubbio che qualsiasi cane, a parte le eccezioni che ci sono sempre, possa vivere comodamente su un divano buona parte della giornata, soprattutto se questo è posizionato in casa ove vive la sua famiglia, cioè il “gruppo sociale” del cane stesso.
Il weimaraner  ha una motivazione sociale molto forte, cioè ha bisogno di un gruppo sociale stabile con cui fare attività di vario tipo, ma anche di ritrovarsi a contatto per fare grooming e rinsaldare i legami “sociali” e non c’è nulla di meglio del divano o del letto con cui dormire insieme appiccicati.
Il fatto poi di farlo poltrire è ben altra faccenda e dipende assai, ahimè, dalla poca conoscenza etologica di questa razza e dalle aspettative distorte che si ripongono nell’animale cane in generale.
Il weimaraner è sì un cane da caccia e trova nella predatoria una motivazione eccellente nonché gratificante del suo vivere, ma un weimaraner non caccerebbe da mattina a sera catturando/uccidendo tutto ciò che si muove… qualora gliene venisse data la possibilità.
A mio avviso, sono in grave errore coloro che sostengono il “luogo comune” che un cane da caccia è appagato  soltanto se viene portato sulla selvaggina ogni giorno; al di là del fatto che è tecnicamente impossibile che ciò accada.
Un cane è ben altro che cacciare, e lo si vede semplicemente osservando come si organizzano i cani randagi, semi- selvatici e selvatici in libertà.
In libertà vedi davvero cani che si scelgono perché si piacciono, formando un vero branco (non gruppo), o che si evitano senza costrizioni od obblighi di convivenza, come invece accade quando si adotta un cane e lo si forza a vivere una vita non sua, non in assetto con le sue motivazioni ed attitudini di specie e di razza.
E quindi è in questo senso che il limitare il weimaraner a oziare tutto il giorno sul divano, senza offrire quegli sbocchi naturali e gratificanti, può essere considerato alla stregua di vero e proprio maltrattamento; ma lo è anche impedire al cane di ricongiungersi in casa e sul divano- posto comodo- con il suo gruppo sociale, la famiglia appunto magari relegandolo all’esterno solo in giardino”.

Sì, è vero. C’è molta tendenza a pensare per generalizzazioni. Da quello che ha appena detto mi viene da pensare che un ruolo determinante sul carattere del cane  ce l’abbia quindi l’umano.
“Diciamo subito che buona parte delle responsabilità dello sviluppo equilibrato di un cucciolo appartiene a chi ha deciso di farlo nascere: all’allevatore- professionale o privato che sia.
Sarebbe assolutamente decisivo ed importantissimo che già nei primi due mesi, meglio  tre, l’allevatore si preoccupasse di fare con i cuccioli e con la madre presente, nei tempi e nei modi consoni ai “periodi sensibili”, tutta una serie di lavori che vanno dall’arricchimento ambientale alle esperienze sensoriali di vario tipo.
I cuccioli dovrebbero esser consegnati ai futuri proprietari già con un bagaglio esperienziale importante, in modo da poter affrontare con la predisposizione aperta, giusta il mondo che li aspetta, un ambiente prettamente umano e urbanizzato ma non certamente a misura di animale.
Per quanto riguarda ciò che il proprietario dal canto suo,  dovrebbe poi fare… beh credo che la cosa migliore sia quella proprio di rivolgersi ad un educatore sensibile che possa seguirlo durante le fasi dello sviluppo.
Qualcuno che magari conosca bene e in profondità la razza e, soprattutto, che non faccia addestramento spacciandolo per educazione di base.
La scuola ideale per un cucciolo è la vita, con le cose di tutti i giorni, in casa e nel parchetto fuori casa e non certamente il “campo di addestramento” ove fare esercizi sui comandi da eseguire.
Agire di ordini e imposizioni, dare regole ferree e porsi come i “capobranco” che comandano per farsi obbedire con i weimaraner, soprattutto quando il carattere non è già formato, equilibrato e ben solido, può risultare molto rischioso e controproducente”.

Parliamo spesso di consapevolezza e di scelta responsabile della razza: cosa direbbe ai futuri adottanti di un weimaraner?
“Uh, che discorso lungo e complesso che si aprirebbe qui.
Penso che i proprietari non adotterebbero mai un weimaraner se avessero consapevolezza vera di ciò che può rappresentare il vivere con un soggetto di tale razza, ma non perché siano cani impossibili, anzi!
Sono animali sensibili e molto collaborativi nonché decisamente propositivi e perspicaci… per non dire “intelligenti” – termine usato impropriamente per dire di capacità che ci meravigliano.
Ci sono comunque bisogni di base e attività necessarie che devono essere soddisfatte per avere quantomeno la presunta certezza di aver dato loro il minimo “sindacale”.
Le domande che dovremmo porci spesso sono: “E’ sufficiente dar loro questo minimo? Sto facendo davvero il massimo per il suo benessere? E oltre a ciò, il mio cane è felice di fare la vita che gli chiedo?”.
Se fossimo davvero onesti con noi stessi, e con loro, li lasceremmo dove stanno.
In alternativa prepariamoci davvero a rimboccarci le maniche e a stravolgere buona parte della nostra vita per far loro un grande posto, perché è questo che ti chiederanno, e non senza darti davvero tanto in cambio, s’intende!”

Lei che li vive e li conosce cosa può consigliare ai futuri adottanti di questa razza che è necessario debbano sapere?

“mmm…allora dove si comincia, ce ne sarebbero un milione di cose
Scherzi a parte, ma mica poi tanto, suggerirei loro di lavorare tanto sulla relazione e non sul concetto di”controllo”, ho visto troppi cani rovinati da chi ha provato ad educarli sull’obbedienza e sudditanza; ma con loro funziona poco e male e lascia effetti collaterali a dir poco imbarazzanti.
Lavorerei sull’accreditamento e complicità, sulla chiarezza della mia comunicazione pulita di tutti quei fronzoli confusi, e spesso egoistici che ci gratificano tanto, ma che equivocano e confondono i messaggi.

Proporrei di insegnare ad accettare reciprocamente i rispettivi “tempi” (lavoro, uscite, soste, bisogni, ecc), di favorire la calma del vero “far niente”, cosa alquanto difficile con i weimaraner e che nessuno ti insegna a proporre ed apprezzare.
Proporrei di diventare PRIMA loro amici fidati di scorribande e POI guide autorevoli (non autoritarie!) sagge e discrete.
E infine cercherei qualcuno che mi insegni a capire sul serio il mio weimaraner e che mi faccia notare le sfumature dei suoi comportamenti in casa e fuori, con i suoi simili e gli estranei.
E’ nelle sfumature dei dettagli che vedo le intenzioni e le emozioni vere dell’individuo”.

Ringraziamo il collega Giancarlo Spadacini per l’esaustività con cui ci ha risposto alle nostre domande.

Per tutti coloro che hanno voglia di approfondire l’argomento o seguire dei seminari a tema, consiglio la pagina di facebook  “il Weimaraner, secondo loro”.

Giancarlo Spadacini, parliamo di razze. Il Dog Friendly: capitolo 20 was last modified: settembre 15th, 2016 by L'Interessante
15 settembre 2016 0 commenti
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Cani razze
CuriositàIn primo piano

Razze aggressive? Facciamo chiarezza. Intervista a Daniela Puiatti. Il Dog Friendly: capitolo 19

scritto da L'Interessante

Razze

Di Luigi sacchettino

Cari lettori interessati nei giorni passati c’è stato un gran vociare sul ruolo dei cani nella società che condividiamo con loro: gli oppositori, che considerano i cani potenti bestie aggressive, in seguito ai fatti siciliani- e i sostenitori, che li considerano degli eroi per le vite salvate, in seguito ai fatti di Amatrice.

Questo ha fatto risuonare dentro di me l’esigenza di far chiarezza su alcuni temi.

Provando così a spostare l’ago di questa bilancia giudicante su un peso di maggiore equilibrio.

E lo farò partendo dai luoghi comuni e miti che ruotano intorno al mondo di alcune razze immaginate come aggressive

Iniziamo oggi dai terrier di tipo bull: American Staffordshire Terrier, Bull terrier, Bull terrier miniature, Staffordshire Bull terrier e American Pit bull terrier. Per farlo ho raggiunto la collega Daniela Puiatti, proprietaria, tecnico e studiosa di queste razze.

Grazie mille per aver accettato l’intervista. Sappiamo che vive con tre terrier di tipo bull- complimenti: com’è stato possibile realizzare tutto ciò?

“Grazie mille a te, Luigi! Lo devo solo a Blacky, il mio amstaff – pit di cui ho scoperto le origini solo con il tempo, perché all’epoca desideravo un amstaff, ma il destino volle che incontrassi lui, che non è un soggetto ipertipico, ma tipico sì, e per tipicità intendo proprio la sua intolleranza nei confronti di conspecifici e quell’ostinazione che mi ha messo a dura prova per anni. Lui però è anche un cane generoso – queste razze lo sono particolarmente con le persone-  che mi ha permesso in seguito di adottare Luna – una bull terrier in standard- aiutandomi molto nel suo processo di crescita. Certamente non posso dire che sia stata sempre una passeggiata di salute, proprio perché sono cani tanto testardi quanto sensibili. Le accortezze da avere tra loro- come ad esempio non fare differenze, non creare gelosie, dedicare tempo individualmente-, unite al tempo condiviso,  al loro equilibrio naturale, alla non ipertipicità, ha consentito poi che arrivasse la piccola peste, Gemma! La mini bull che da sé fa per Tre!  E nel mezzo c’è stata Emi, mix amstaff ora anziana che vive con l’ex marito di mia mamma e a cui devo veramente tanto. Non potevo non ricordarla, se lo merita troppo. Insomma, spero di aver fatto comprendere che tre terrier di tipo bull non si possono far vivere nella stessa casa, facendo tutti la vita dei cani di famiglia, improvvisando, senza valutare prima il carattere di ognuno conoscendone doti e difficoltà, e anche così non si deve abbassare la guardia. NON è impossibile, ma assolutamente non adatto a tutti. Potrebbe diventare pericoloso”.

Sentiamo spesso dire che i pit bull- e in generale i terrier di tipo bull- sono stati selezionati per combattere: qual è il suo parere a riguardo?

“L’essere umano è stato  crudele con i gladiatori, quindi, per quanto ingiusto e riprovevole, non possiamo stupirci se ancora fa combattere i cani per denaro e divertimento.  Gli allevatori di american pit bull terrier che testano i cani nel combattimento, perché sì purtroppo è una realtà esistente, lo fanno perché a mio avviso sono…bip, bip, bip, poco meritevoli di stima! Sono stati selezionati così e questo dovrebbe far comprendere che sono tanto meravigliosi con le persone quanto potenzialmente ostili tra loro. Estremamente ostili.”

Come può un proprietario di queste razze educare il proprio cane affinché sviluppi un carattere equilibrato e sereno?

“Affidandosi in primis ad un allevatore serio. Non sovraesporre il proprio cane in socializzazioni forzate con altri soggetti da cui nulla ha da imparare, sia in alcuni centri cinofili sia con interazioni “free” in aree cani; non fargli vivere esperienze negative con altri cani perché la memoria di razza con tutta probabilità emergerà. Quindi socializzazioni molto, ma molto ben ponderate. E questo lo si può fare affidandosi a istruttori cinofili che conoscano bene queste razze e che inoltre siano in grado di insegnare ai proprietari come giocare con il cane. Il gioco è molto importante per crescere felici, sereni ed equilibrati. Ehm…piccolo luogo da sfatare: ai terrier piace il gioco competitivo e a mio avviso diffidare da istruttori che dicono che il tira e molla con loro non si deve farlo. Strutturarlo piuttosto in maniera consapevole e corretta. Trovo profondamente ingiusto e doloroso farli arrivare allo stremo, sia nel caso di risposte aggressive, sia nel caso in cui arrivano a non voler nemmeno sentire l’odore di altri cani per stress e timore. Ma per parlare di attività belle e positive, sono razze a cui piace perlustrare e cacciare, riescono a divertirsi con molte attività sportive- amstaff e pit bull in particolare. L’importante è trovare ciò che li appaghi, rispettando i tempi del cane e senza obblighi. Per mia esperienza, eccetto qualche bull standard un po’ “pigro” con cui si potrebbe faticare un poco di più a trovare la leva giusta, sono razze che possono eccellere in ricerca, in pet therapy, in agility, rally obedience, disc dog…

Tutto sta nel capire cosa gli piace veramente fare con noi”.

Si può parlare di razze pericolose? La gestione di suddette razze ha qualche limite o limitazione di cui i proprietari dovrebbero aver consapevolezza?

“Detesto le discriminazioni nei confronti di qualsiasi razza e specie, ma restando sui cani bisogna dire che ogni razza ha delle attitudini precise, e se vogliamo parlare di pericolosità posso affermare che non auguro a nessuno di dover dividere due terrier di tipo bull che litigano, e la lite potrebbe sfociare per un giocattolo, per cibo, per un ramo secco, per gelosia nei confronti dei compagni umani; anche se ogni tipo di cane non deve essere messo in difficoltà,  sia fisicamente, psicologicamente che emotivamente, con loro il rischio  di rissa è alto, tanto quanto il danno successivo alla rissa. Per danno non intendo solo quello fisico, ma la possibilità che non tornino a poter vivere nella stessa casa, o a generalizzare quell’episodio. Sarò ripetitiva, ma come con tutti i cani, è doveroso da parte nostra appagare i loro bisogni.  Più sono appagati, più tolleranza mostrano”.

Lei che li vive e li conosce cosa può consigliare ai futuri adottanti di queste razze che è necessario debbano sapere?

“Di non affidarsi ad allevatori improvvisati, di informarsi prima su tutte le patologie ereditarie tipiche della razza perché ce ne sono anche di molto gravi. Non ne elencherò molte proprio per invitare il lettore a indagare qualora fosse interessato ad adottarne uno: reni, atassia, dermatiti, displasie, oculopatie, sordità, altre malattie neurologiche. Spesso molte alterazioni del comportamento trovano una spiegazione in un’alterazione organica.Stare lontani da allevatori che non spiegano quanto detto finora o lo minimizzano; da quelli che affermano che devono essere educati duramente e con coercizione (botte, punizioni, collari a strozzo). E che non vi dicano il contrario: anche loro sono cani e sono molto sensibili. Forse molti sono “troppo” resistenti al dolore fisico, motivo per cui vanno osservati con attenzione quando stanno poco bene. Infine, per sfatare qualche luogo comune sul piano comportamentale, possono tranquillamente nutrirsi in modo naturale con carne cruda senza che sviluppino aggressività o si vogliano nutrire di tutto ciò che vive”.

Ringraziamo la collega Daniela Puiatti per la schiettezza e l’ arguzia con cui ha risposto alle nostre domande.

Maneggiare con cura, quindi. Sia per la loro fragilità, che per la loro forza.

Mi piace ricordare che il cane non è il prolungamento di quello che  siamo. Né la proiezione di quello che vorremmo essere o fare. O di quello che ci manca. O uno status sociale.

È un individuo a sé; fantasticamente originale.

Tocca a noi non essere pezzotti.

Razze aggressive? Facciamo chiarezza. Intervista a Daniela Puiatti. Il Dog Friendly: capitolo 19 was last modified: settembre 8th, 2016 by L'Interessante
8 settembre 2016 0 commenti
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Cani e Terremoti. Il Dog Friendly: capitolo 18

scritto da L'Interessante

Cani e terremoti

Cani e terremoti

Di Luigi Sacchettino

Cari lettori interessati in questi giorni di Terra che trema mi sono spesso sentito porre una domanda: ma i cani percepiscono i terremoti? Se sì, come?

Nonostante sia consapevole delle straOrdinarie doti dei cani, a  parte una immediata risposta del genere “certo hanno i sensi più acuiti dei nostri” non ho saputo fornire ulteriori spiegazioni; per cui ho deciso di approfondire l’argomento ed eccovi quello che ho trovato.

I paesi che hanno maggiormente investito nella ricerca in merito al comportamento degli animali prima dei terremoti sono il Giappone e la Cina, proprio perché questi fenomeni naturali colpiscono con maggiore frequenza questi territori.

 Infatti secondo Mitsuaki Ota, professore di medicina veterinaria alla Azabu University in Giappone,“…cani e gatti sono in grado di dirci quando un terremoto colpirà con un preavviso tale da permettere la fuga. Le onde elettromagnetiche vengono emesse prima che un terremoto abbia luogo. Gli animali hanno la capacità di rilevarle. Nella distruzione lasciata dallo tsunami che ha colpito l’Oceano Indiano qualche anno fa non è stato trovato alcun animale morto. L’unica risposta che riesco a fornire è che gli animali possono avvertire i terremoti prima degli esseri umani e riescono ad avere il tempo di scappare per mettersi in salvo”.

Una ipotesi di tale comportamento si trova sul sito della  United States Geological Survey (USGS): seppur  non si è ancora riconosciuta  una correlazione concreta e ufficiale tra il comportamento degli animali e i terremoti- una possibile spiegazione degli insoliti comportamenti degli animali pre- terremoto è rappresentata dal “percepire  l’onda  P che viaggia velocemente dalla sorgente del terremoto e arriva prima della più grande onda S. Ma molti animali con i sensi più acuti sono in grado di sentire l’ onda P qualche secondo prima che l’onda S arrivi. Per quanto riguarda il rilevamento di un terremoto giorni o settimane prima che si verifichi, questa è una storia diversa.”

 

Dati di riflessione ce li fornisce anche Stanley Coren – professore di Psicologia presso l’Università della British Columbia- noto al grande pubblico per i libri best-seller sui cani. 

 Il Professore stava studiando le alterazioni del comportamento dei cani durante i mesi invernali o altri periodi di tempo con poco sole durante le ore diurne quando si accorse di un dato inspiegabile:  “Stavo raccogliendo i dati su questo tema grazie a 200 cani che venivano monitorati  per gli otto mesi che vanno da settembre ad aprile. Due volte alla settimana i proprietari  scrivevano una e-mail e valutavano il livello di attività e di eventuali segni di ansia, rispetto al giorno precedente. In generale, c’era poca variabilità nelle medie di gruppo nei vari giorni, ma un giorno particolare, il 27 febbraio 2001 ho evidenziato un netto aumento dell’attività e dell’ansia. Dei 193 cani che hanno riportato quel giorno, il 47 per cento ha mostrato livelli di attività significativamente più elevati e il 49 per cento ha mostrato un marcato aumento di ansia. Per caso, avevo dati acquisiti dal giorno prima che un terremoto aveva scosso il nord-ovest del Pacifico”. 

Che tutto ciò crei uno stato di allerta, preoccupazione ed inquietudine sembra essere chiaro.

Che il cane sia poi in grado di decodificarlo, segnalarlo al proprietario- che deve a sua volta capirlo- è tutt’altro discorso.

Ma le ricerche su questo affascinante aspetto del comportamento animale continuano e ci si auspica che presto il mondo della scienza riesca a carpire questi meccanismi, compiendo non solo un grande passo nello studio del comportamento ma anche nello studio della previsione dei terremoti che si rivela quanto mai importante per la salvaguardia di milioni di animali  umani e non, che in ogni parte del mondo rischiano la vita.

Un intimo pensiero agli abitanti di Amatrice che hanno perso i loro cari. Tra cui i loro cani.

Un fiducioso pensiero a quei cani che salvano i cani.

E a quei cani salvati dai cani.

Cani e Terremoti. Il Dog Friendly: capitolo 18 was last modified: settembre 1st, 2016 by L'Interessante
1 settembre 2016 0 commenti
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Cani razze
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Cani al mare. Il Dog Friendly: capitolo 17

scritto da L'Interessante

Cani e vacanze

Di Luigi Sacchettino

Cari lettori interessati siamo ancora in periodo di vacanza e questo vale anche per i nostri amici a quattro zampe che ci seguono in viaggi ed esperienze.

In questi giorni di pausa estiva ho molto osservato- da spettatore passivo, non coinvolto-  i proprietari con i loro cani e  volevo condividere con voi una domanda che  mi è spesso passata per la mente: ma al cane piace andare a mare?

La  risposta  è stata semplicemente “dipende”.

Dall’età, dalle esperienze pregresse, dal livello di socializzazione, dalla razza e così via. Dal soggetto insomma.
Sono tantissime le variabili da considerare quando si decide di condurre il cane al mare, in una zona dove non ve ne sia  fatto divieto. Zona che si traduce quindi in alta affluenza di cani e persone, poco spazio riservato, continue sollecitazioni,  richieste di interazione e calma che stenta ad arrivare.

Proviamo a considerare alcuni di questi dipende.

Dall’età. Un cucciolo riesce a stare nelle situazioni per un tempo decisamente minore rispetto ad un adulto. Poi ha bisogno di distrarsi, recuperare energie nella sua zona di calma e fortificare l’apprendimento attraverso un bel sonnellino ristoratore.  Un adolescente andrebbe a nozze in una spiaggia piena di cagnette da corteggiare e di maschi con cui far vedere quant’è figo e balzandoso.  Un adulto potrebbe trascorrere il tempo ad evitare le risse, sedare quelle che capitano, o semplicemente cercare degli spazi dove stare lontano da tutto ciò. Per non parlare di un anziano: la sabbia, l’acqua, il caldo,  il bagnetto al rientro a casa… lo sento già dire “il mare stanca!”.

Dipende dal livello di socializzazione. E’ fondamentale che un cane sia altamente socializzato per poter affrontare una spiaggia così…caotica. Deve aver conosciuto diversi modelli di socializzazione, interagito sin da cucciolo con ottimi adulti e soprattutto aver imparato la tolleranza e la condivisione. In spiaggia gli spazi privati vengono quasi annullati o frequentemente violati. Il tutto complicato se i cani sono tenuti al guinzaglio. Bisogna domandarsi quindi se il nostro cane ha piacere ad essere continuamente ingaggiato, a condividere giochi e spazio, a essere toccato dagli altri proprietari di cani e a volte anche sfidato- con momenti di tensione-, e come può gestire queste situazioni.

Dalle esperienze pregresse. Sì, ho visto cani letteralmente lanciati, spinti in mare.  Spesso i proprietari  mi dicevano “perché così capisce che non gli succede nulla”. No, così capisce solo che il proprietario lo forza a compiere un atto non leggendo il suo stato di disagio. Fondamentale per il nostro cane è  aver già vissuto il mare come esperienza positiva, magari in un periodo non così caotico,  in cui ha potuto conoscere l’acqua e  decidere se entrare o meno. I cani possono avere dei tempi diversi dai nostri; rispettiamoli. Incoraggiamoli ad entrare in acqua, ma senza forzarli. Proviamoci giocando.  Convinciamoli. E se non vogliono entrare rispettiamo questa  scelta. Così come se vogliono uscire subito non li tratteniamo ulteriormente. In una relazione sana le forzature e coercizioni non esistono.

Dalla razza. E’ un elemento non trascurabile, soprattutto sotto l’aspetto medico veterinario. Ci sono molte tipologie di cani, come le razze brachicefaliche, che hanno una maggior difficoltà a termoregolarsi- ad abbassare la temperatura corporea- come il carlino, i bulldog e così via. Certo, il nostro cane è  all’ombra mi si può  obiettare; ma se deve fare la bella statuina non è meglio che stia rilassato a casa, al fresco, nei suoi spazi, giochi e luoghi di calma?  Discorso diverso quando  si tratta di retrievers, razze più predisposte allo stare in acqua. Anche se ho conosciuti soggetti di tale razze che odiavano letteralmente nuotare. Bisogna quindi domandarsi a quali rischi esponiamo il nostro cane.

In sintesi dal soggetto. Sollevando le mie domande al proprietario, mi auguro che sia lui stesso attraverso i dubbi  a formulare una risposta più consapevole. Più cane-centrata e non ego-centrata. Capite le esigenze del proprio cane e le situazioni che potremmo incontrare la risposta è presto formulata.

Perché non dedicarsi una bella passeggiata di buon mattino quando la calma e silenziosa spiaggia può farci sentire molte cose del nostro cane?

Cani al mare. Il Dog Friendly: capitolo 17 was last modified: agosto 25th, 2016 by L'Interessante
25 agosto 2016 0 commenti
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Cani razze
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Tragedia a Catania. Il Dog friendly: capitolo 16

scritto da L'Interessante

Tragedia

Di Luigi Sacchettino

Cari lettori interessati sono felice di ritrovarvi dopo la pausa estiva. Spero che le vacanze con i vostri amici a quattro zampe siano state indimenticabili.

Il rientro in modalità operativa ha accolto noi professionisti cinofili con una notizia amara, quella della tragedia successa in una villetta a Mascalucia, in provincia di Catania, dove due soggetti di razza dogo argentino hanno manifestato un comportamento di aggressione a discapito di un bambino di 18 mesi

Quando capitano tali vicende si resta sempre interdetti e puntare il dito non spetta a noi;  non avendo dati confermati e chiarezza sui fatti risulta poco utile e soprattutto ingiusto.

Possiamo però farci delle domande, per evitare che si creino nuove- prevedibili- tragedie. E per farlo abbiamo raggiunto al telefono  la dott.ssa Silvia Gorretta, medico veterinario esperto in comportamento animale che opera nella Capitale.

Grazie mille dottoressa Gorretta per aver accettato l’intervista nonostante la pausa estiva; cosa potrebbe essere successo nella mente di quel/i cane/i?

 “La domanda che mi poni non può prevedere una unica risposta semplice ed immediata e  diffiderei dalle opinioni che in questo momento possiamo ritrovare in rete o ascoltare dai media. Ogni cane percepisce ciò che lo circonda in maniera soggettiva. Il comportamento che può proporre può essere dettato da tante componenti; si pensi semplicemente al discorso emotivo, a ciò che ciascun cane come soggetto individuale percepisce nel mondo. Quando accadono questi episodi bisogna indagare sullo stato di benessere fisico e psichico del cane in quel momento.”

Dinanzi a queste vicende si parla spesso di tragedia improvvisa; ma è davvero tutto così repentino? Non ci sono segni prodromici?

“Assolutamente sì. Spesso però non vengono colti ed interpretati in maniera corretta a causa di una cattiva conoscenza della specie e della razza o peggio ancora per disinformazione che giornalmente ci viene propinata da opinionisti generici o professionisti poco aggiornati. Ad esempio i cani che vengono esasperati nel ruolo di guardiani possono poi manifestare un minore autocontrollo in situazioni che non riescono a decodificare o in cui sono autogestiti.”

Pensavo a quella madre e al senso di colpa che vive in questi momenti e che forse non l’abbandonerà mai. Quant’è importante il ruolo dei genitori nella supervisione delle interazioni cani e bambini?

“La supervisione è fondamentale non solo quando parliamo di neonati ma anche per bambini in età scolare. Non a caso l’ordinanza ministeriale tuttora in vigore prevede il loro divieto di detenzione da parte di minorenni. La supervisione dei genitori è fondamentale per il ruolo di mediazione e di modello da imitare; ad esempio fino ai tre anni il bambino non vede il cane come partner sociale ma come un oggetto. I bambini di età prescolare hanno movimenti scoordinati e versi acuti che possono preoccupare il cane; possono essere troppo esuberanti, violare lo spazio di sicurezza, non leggere la comunicazione del cane che sta richiedendo un momento di tregua. E’ qui che interviene il genitore dando delle indicazioni al cane e al bambino, in un sistema di tutela per tutti i protagonisti. Imprescindibile è ovviamente aver cresciuto il cane estremamente socializzato verso l’umano, indipendentemente  dall’arrivo di un nuovo cucciolo di umano nel gruppo famiglia.”

Sì, molto vero; difatti del delicato momento “arrivo nuovo cucciolo di umano” ne abbiamo parlato in un precedente articolo. Ma secondo Lei si può parlare di razze pericolose?

“Secondo me no; è indubbio che la selezione aberrante condotta dall’uomo sulla specie ha fatto sì che alcune razze propongano comportamenti che possono diventare ipertrofici e  che se non instradati durante l’età evolutiva potrebbero sul lungo periodo risultare problematici. Inoltre non dimentichiamoci che l’esperienza dei primi mesi di vita del cane può fare una notevole differenza nella sua relazione con l’uomo e in seconda battuta con l’ambiente.”

Cosa si può fare in prevenzione?

“Prima di scegliere di condividere la propria vita con un cane sarebbe bene consultare uno specialista per farsi aiutare nella scelta, senza banalizzazioni o superficialità, soprattutto quando in famiglia sono presenti i soggetti cosiddetti deboli- bambini, anziani, disabili-, e per meglio comprendere quali siano le predisposizioni di quella razza o di quel soggetto. Una volta adottato è importante impartire una corretta educazione con un professionista che dia le  indicazioni di gestione e aiuti a creare una relazione quanto più ricca ed equilibrata possibile. Preferisco parlare di educazione e di non di addestramento, in quanto la prima lavora sul sistema in età evolutiva- e quindi in crescita-  su cui il ruolo delle esperienze condotte senza violenza può contribuire a rendere un adulto davvero equilibrato. Riguardo ai metodi educativi coercitivi e violenti gli ultimi studi ci indicano chiaramente che il proprietario coercitivo può favorire l’aggressività del proprio cane, in un sistema di violenza che genera violenza.”

Ringraziamo la dottoressa Gorretta per la chiarezza e professionalità con cui ha risposto alle nostre domande su un tema così delicato.

Un dato ce lo abbiamo:  cani hanno una loro identità  e una mente plastica alla nascita. Ma la loro educazione e crescita serena dipende da noi.

La responsabilità è nostra. Di noi umani. Non possiamo banalizzare sui cani.

Soprattutto quando ci sono vite di mezzo. Umane e non.

 

Tragedia a Catania. Il Dog friendly: capitolo 16 was last modified: agosto 18th, 2016 by L'Interessante
18 agosto 2016 0 commenti
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Akita
CuriositàDall'Italia e dal MondoIn primo piano

Coccole. Il dog friendly: capitolo 15

scritto da L'Interessante

Coccole

Di Luigi Sacchettino

Cari lettori interessati oggi parliamo di coccole, soprattutto quelle che gli estranei rivolgono al nostro cane quando siamo per strada

Sì, è vero – può sembrare scontato. Un articolo sulle carezze?! Cosa vuoi che ci sia da sapere?!
Sì, purtroppo l’accarezzare un cane porta con sé un’infinità di luoghi comuni.
Proviamo a far chiarezza.
“Che bello- posso?”. Abbiamo la costante maleducazione- perché in questo si traduce agli occhi del nostro cane- di vedere un cane e contestualmente accarezzarlo. Avvicinamento frontale, diretto, invasione dello spazio personale, invasione del corpo. Magari in zone del corpo dove al cane non propriamente piace essere toccato da un estraneo- ad esempio testa, orecchie, coda, posteriori.
Magari con il guinzaglio corto e senza la possibilità di potersi divincolare.
C’è una scena in versione umana che mi viene in mente : ascensore piena di gente, la persona accanto a me tocca o spinge. Piacevolezza zero e desiderio che l’ascensore si apra il prima possibile.
L’ideale sarebbe che l’estraneo si avvicinasse dopo aver verificato la disponibilità tramite il proprietario del cane, e aspettare che sia il cane stesso ad avvicinarsi a noi, per conoscerci e proporsi. Utile- quando tutto ciò non accade e il nostro cane patisce quella carezza- farlo allontanare il prima possibile da quella ingerenza.
“Scusa ti posso toccare?” Sì, dovrebbe essere questa la giusta frase da pronunciare quando si vuole interagire con un cane. Sì, toccare- non accarezzare.
La carezza presuppone che ci sia piacevolezza, e quelle che un estraneo rivolge al nostro cane sono più che altro delle vere e proprie palpate, strusciate, strofinate, grattate.
La piacevolezza deriva dalla conoscenza dei punti del corpo in cui essa può essere evocata. Conoscenza a cui un estraneo per strada non può avere accesso.
Un esempio: per molti umani essere accarezzati in testa è una forma di coccola- a me dà tremendamente fastidio.
In questo la soggettività e le esperienze fanno la differenza.
Possiamo dire in linea generale che ci sono delle zone dove è più facile che il cane non gradisca- testa, coda, arti, bacino- mentre altre dove la tolleranza può essere maggiore- come il tronco.

Carezza fatta leggermente, con il dorso della mano che rimanda al tocco eseguito dalla lingua di mamma cagna.
Sì, in linea generale perché davvero ogni soggetto ha le sue preferenze. Ho conosciuto dei retrievers- razze note per la loro socievolezza- che non amavano minimamente le coccole degli estranei, mentre soggetti di razze più diffidenti verso gli estranei proporsi sfacciatamente per ricevere coccole.
Non a caso io stesso quando sono per strada ed incontro un cane con il suo proprietario rispetto il rituale d’incontro avvicinandomi con calma, curvando leggermente di lato e chiedendo al proprietario se posso accarezzarlo, dove gli piace essere accarezzato; poi aspetto che sia il cane stesso a dirmi: “ok, ora puoi”.
Carezza fatta brevemente e leggermente, magari con il dorso della mano che rimanda al tocco eseguito dalla lingua di mamma cagna.
Non vi ho convinto? Bene- guardate questo video ed immedesimatevi nelle persone “coccolate”. Perché con i cani facciamo nello stesso modo.
www.youtube.com/watch?v=CB4Ig2dE8e0

Buona coccola a tutti.

Coccole. Il dog friendly: capitolo 15 was last modified: agosto 4th, 2016 by L'Interessante
4 agosto 2016 1 commento
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