Mirella
Di Michela Salzillo
“Nessun bambino è perduto finché c’è un’ insegnante che crede in lui”
Spesso certe verità si dimenticano, e allora è necessario andare indietro nel tempo, per capire chi le ha svelate e qual è stato il coraggio che le ha fatte conquiste. La scuola, oggi come ieri, è uno strano micro cosmo, fatto di mille contraddizioni e centinaia di bellezze. È un posto che non si aggiusta mai del tutto, c’è sempre qualcosa che stona, che funziona malamente, che mescola le priorità rendendole confuse. È uno di quegli specchi che mette alla prova i passi avanti e costringe a chiedersi cosa è veramente cambiato e cosa, invece, continua a sapere di irrisolto. Il passato è pieno di insegnanti che hanno fatto del mestiere una missione, senza inseguire scopi diversi dall’educare, bambini e ragazzi, al futuro che si fa sperare e non temere. Mirella Antonione Casale è certamente una di quelle donne che ha insegnato la conquista all’ impossibile . Solo pochi giorni fa, sulla prima rete Rai, è andato in onda “La classe degli asini”, un film a lei ispirato, che ha raccontato in maniera semplice la lunga battaglia di chi le cose le ha cambiate davvero. Interpretato da Vanessa Incontrada, Flavio Insinna, Fabio Troiano e Aurora Giovinardi, il grande successo cinematografico del regista Andrea Porporati ha dimostrato quanto di” buona scuola”, quella vera, si può e si deve ancora parlare.
Nel 1971 Mirella Antonione Casale volle, all’ inizio in maniera del tutto sperimentale, abolire le classi differenziali, concependo necessario che i bambini disabili si rapportassero con tutti i loro compagni, senza più essere “catalogati” in aule dal ruolo secondario. Fu un progetto partito dalla scuola media” Camilio Olivetti” di Torino, dove la Casale era preside dal 1968. I risultati di quell’ idea, che all’epoca fu concepita come folle, furono ottimi, tanto che il suo operato si espanse a macchia d’ olio fino a Roma. Nella capitale lavorò al fianco del sottosegretario Franca Falcucci, promotrice della legge del 1977 che prevedeva appunto l’integrazione dei bambini con disabilità nelle scuole, attraverso la figura dell ‘ insegnante di sostegno.
“Pensavamo a fare in modo che i ragazzi sentissero questo nuovo muoversi” così ha parlato in un ‘ intervista, l’ oggi novantunenne, Mirella Casale. Fu un percorso impervio il suo che certamente incontrò parecchie difficoltà, alcuni genitori opposero alla novità da lei proposta quella resistenza che viene fuori dalla paura del cambiamento. Un timore che la stessa Casale era in grado di comprendere, ma che indubbiamente fu capace di trasformare in forza rivoluzionaria, complice anche e soprattutto l’esperienza strettamente personale che le concesse di stare sia da un lato che dall’altro della barricata.
Mirella Antonione Casale: il coraggio di una madre
Mirella Antonione Casale aveva trent’anni quando sua figlia, Flavia, una bambina di appena sei mesi, si ammalò gravemente. Un ‘encefalite virale le procurò un coma ritenuto irreversibile, i medici, infatti, non le davano grosse speranze e la dimisero convinti di non avere altra soluzione. Fu da lì che la Casale cominciò ad imparare la speranza. A quelle parole di sconfitta non si arrese. Consultò un ‘altro pediatra, grazie al quale la bambina riuscì a salvarsi . Nel frattempo, però, quella condizione di stallo forzato, procurò a Flavia gravi danni al cervello. Sillabava solo alcune parole, era difficile interagire con lei, per questi motivi fu rifiutata da un sistema scolastico restio ad assumersi la responsabilità di un disagio piuttosto grave.
È difficile pensare che l’esperienza di madre non abbia influenzato le scelte dell’educatrice. È presumibilmente accettabile il pensiero che la solitudine letta negli occhi di sua figlia, tutti i giorni, la sensazione di impotenza e un composto senso di rabbia abbiano guidato i suoi rischi, azzardi corsi per amore di tutti quei bambini che, come sua figlia, erano esclusi dalla vita con gli altri.
A cosa serve, oggi, raccontare di Mirella Antonione Casale?
Quando la storia sembra aver insegnato poco, quando si parla di scuola rendendola sinonimo di precariato, perdendo di vista l’emblema del suo ruolo, raccontare vissuti del genere sembra inutile, tutto pare avvicinarsi al passato, agli anni in cui certe cose neppure si immaginavano. È come se fosse un piacere vissuto a metà, la punta di un eroismo che si è trovato per puro caso a far capolinea nell’ ordinario, e che non può appartenerci veramente, ma non è così. Non deve esserlo. Ricominciare sempre, sui continui rattoppi non è facile, e la fiducia è un qualcosa di difficile da difendere dalle delusioni. Sono tante le madri che potrebbero chiamarsi Mirella, ancora oggi, per motivi diversi, certo, ma non meno degni di essere sottolineati. Sono quelle che, pur avendo la possibilità di accompagnare i propri figli a scuola devono lottare costantemente per rivendicare il diritto agli insegnanti di sostegno che, ce lo insegna la cronaca, quando ci sono, spesso, non vengono pagati a sufficienza per coprire l’ intero orario scolastico. Questo comporta che molti ragazzi con disabilità, pur non essendo inseriti in una classe differenziale, perché la legge è non lo prevede più, spesso vivano la stessa sensazione di disagio. Siamo sicuri che sia tutto così come dovrebbe essere?