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Libri

Parigi
CulturaEventiIn primo pianoLibri

Luigi La Rosa : Parigi, la mia salvezza e la mia rinascita

scritto da L'Interessante

Parigi

Di Christian Coduto

“Christian, sai che non sono mai stato a Caserta?”. Ha inizio così la mia chiacchierata con Luigi. Mentre passeggiamo per i giardini della Reggia, lo vedo girarsi intorno con curiosità, fame di sapere. Ha indosso una polo color vinaccia e dei pantaloni rosso pompeiano. Persino il trolley che si porta dietro è tendente al rosso. “Non è che sia il mio colore preferito” ammette ingenuamente “Il fatto è che il mio trolley l’ho distrutto e questo è di mia madre”.

Siciliano (messinese, per la precisione), vive tra l’Italia e la Francia da molto tempo. Come tutte le persone che provengono da terre ricche di sole, è socievole ed affettuoso. Lo riempiresti di abbracci, per quanto è gentile. Parla come se ci conoscessimo da una vita. si lascia andare a confidenze private con uno sguardo da eterno bambino e ascolta le mie parole quando gli racconto situazioni analoghe che ho vissuto anche io. Ama l’arte: rimane incantato dalla bellezza del palazzo edificato da Luigi Vanvitelli …

Luigi La Rosa ci parla della “sua” Parigi

Chi è Luigi La Rosa?

Luigi La Rosa è un’identità. Quella che cerca di assumere da sempre (e quello che sta cercando di diventare) è la figura di un narratore di storie e di personaggi che vengono da lontano e che portano nel rapporto con la città di Parigi, ma soprattutto nel rapporto con l’arte e con la dimensione estrema del vivere una loro autenticità personale.

Perché hai deciso di trasmettere le tue emozioni attraverso la scrittura?

Ho studiato per almeno 6 anni pianoforte e composizione. Fino a 18 anni ero convintissimo che il mio futuro sarebbe stato quello della musica. Premetto, però, che io scrivo da sempre. Mi dicono che da piccolino, quando avevo all’incirca 3 anni, stavo sul tappeto e scrivevo per interi pomeriggi … a 7 anni avevo già un quaderno di poesie … a 12 anni lessi il mio primo romanzo “Menzogne e sortilegio” di Elsa Morante. Da quel momento è stato un crescendo di letture nuove. Ad un certo punto mi resi conto che il mio rapporto con la parola stava diventando più forte del mio rapporto con la musica. Intendiamoci: ancora oggi, se ascolto un pezzo di Chopin mi viene la pelle d’oca … però era sempre più chiaro che la musica non era la strada che avrei dovuto e voluto seguire. La parola era il “luogo” in cui potevo essere completamente me stesso, per raggiungere quel massimo di intensità ed espressività verso le quali tendevo. In effetti iniziai a studiare pianoforte sul tardi, avevo già 12 anni … tra i 18 e i 20 anni la scrittura si è impossessata di me: ho messo da parte le poesie e ho iniziato a scrivere racconti, testi di narrativa e così via.

Parliamo di “La luce e il riposo” e il viaggio che fa il protagonista …

Quello del protagonista è un viaggio che, in qualche modo, si muove verso la ricerca di qualcosa: deve consegnare un libro (che ha trovato in metropolitana) ad un uomo. Quest’uomo, che è già comparso nel libro precedente, diventa automaticamente un ideale amoroso, sentimentale. Durante la ricerca, il protagonista si imbatte in alcune figure, che sono in realtà delle presenze, degli spettri, figure di uomini e donne vissuti anni addietro che, sempre a Parigi, hanno trovato una direzione nel piano dell’amore e della creatività perché sono tutti grandi artisti del passato. È un libro sull’inseguimento. Ci sono anche dei momenti di riposo, durante i quali il protagonista contempla Parigi, vive in questa dimensione onirica, ma di base è un romanzo di fughe verso questo ideale estetico, che accomuna poi tutti i personaggi descritti.

In tutti i miei libri c’è sempre questo bisogno di cercare Parigi per cercarsi e ritrovarsi. Parigi è un labirinto che sfugge a chi tenta di possederlo … a questo punto qual è la maturazione del personaggio? Rendersi conto che Parigi è stato un pretesto per una ricerca che è tutta interiore. Parigi è un luogo ideale, potrebbe essere Vienna, Berlino … come dice il poeta greco Konstantinos Kavafis “Itaca non è la meta che devi raggiungere, ma è quella spinta che ti ha portato a viaggiare”.

“Solo a Parigi e non altrove. Una guida sentimentale”. A chi è dedicata? A quale tipologia di lettore?

Non ha un lettore ideale. E’ una guida sentimentale perché ti porta attraverso la dimensione d’amore che hanno vissuto gli artisti. Però, allo stesso tempo, è un romanzo di formazione perché il personaggio perde un amore, ne incontra un altro. E, come sempre accade, subisce un’evoluzione, una crescita. Ed è anche un diario di viaggio perché è un reportage di come muoversi per la città. Quindi ci sono diverse stratificazioni per altrettante tipologie di potenziali lettori.

“Quel nome è amore. Itinerari d’artista a Parigi” …

Anche qui abbiamo degli itinerari. Il mio tentativo, in queste storie, è creare dei piccoli cammei in cui rappresento delle esistenze esemplari di artisti che sono diventati immensi nell’arte come Jean Cocteau, Raymond Radiguet, Jean-Frédéric Bazille o Carlos Casagemas, pittore amico e rivale di Pablo Picasso.

Ha una conoscenza culturale a 360 gradi. Si destreggia con facilità tra pittura, scrittura, poesia e quant’altro. Provo leggera soggezione a relazionarmi con lui. Eppure, nulla in Luigi La Rosa lascia trasparire atteggiamenti di superiorità: è un uomo semplice, che ama condividere e mettersi in discussione.

Messina e Parigi … così distanti, così vicine. E decisamente poetiche …

Sì. Il luogo in cui sono nato e il luogo in cui sono rinato, rispettivamente. In realtà sono l’antitesi: la radice da cui mi stacco volontariamente (sebbene con un certo dolore) e la meta che scelgo con egual dolore perché lì ti assumi delle responsabilità. E’ un paese straniero, una lingua che non è la mia … adesso è diverso, ho tanti amici lì, ma all’inizio ero completamente solo. I due poli di un cammino ideale … la nascita e il punto di arrivo. Ammetto anche di essere molto combattuto tra i due poli, sento costantemente il bisogno di ritornare non solo a Messina, ma proprio in Italia. Parigi è la mia città, la amo incondizionatamente, ma non posso fare a meno dell’Italia e non sono in grado di rinunciare alla cultura che mi ha formato, che mi appartiene. Parigi è un arricchimento perché si aggiunge a ciò che era già mio, pensa al Rinascimento per esempio. Grazie al Rinascimento ho potuto quindi apprezzare e comprendere l’Impressionismo.

Che tipo di amore vivi? Sei uno di quelli che riesce ad essere distaccato o ti lanci a capofitto?

 

 

Io mi lancio completamente a capofitto! Vivo l’amore di pancia, di viscere. Il cervello e la razionalità li metto da parte. Anzi, ti dirò: quando sono innamorato, la razionalità la vedo proprio come una nemica. Il che mi porta a commettere dei casini assurdi (ridiamo amaramente), do delle capocciate terribili dalle quali devo poi riprendermi. Non mi pento del mio modo di amare perché sono situazioni che mi lasciano delle cose molto forti, sia in termini di passione sia di dolore e ferite. Ho un rapporto molto passionale e conflittuale con l’amore … è una forza per me necessaria, ma sento anche la crisi che genera in me.

Strano.

Normalmente, un personaggio famoso, un personaggio pubblico, è solito porsi di fronte all’intervistatore o ad un pubblico di potenziali acquirenti con l’aplomb di chi non ha dubbi, che sa perfettamente ciò che vuole.

Qui, invece, accade esattamente il contrario: Luigi mette in mostra i suoi punti deboli. Li espone senza timore di apparire imperfetto. Sa che sono parte di sé e, senza di essi, non sarebbe più l’uomo che ha visto crescere umanamente e culturalmente in tutti questi anni. L’amore gli dona e gli toglie qualcosa ogni volta, se ne rende conto. Eppure, non può farne a meno. Gestire le emozioni è complesso, soprattutto quando a viverle è una persona di una sensibilità così evidente come nel suo caso.

Qui da noi si dice che, quando un essere umano si fa male soprattutto in amore, poi gli altri lo devono venire a raccogliere con il cucchiaino. Tu ti fai aiutare dagli amici o ti salvi da solo?

Lo diciamo anche a Messina! Sai una cosa? Non solo mi faccio salvare quando l’amore finisce … io, già mentre sto vivendo il tormento dell’amore, giornalmente ho i miei preziosi amici, quelli più cari che mi tengono d’occhio e mi danno consigli. Il problema è che ho una testa mia e, dopo aver parlato con loro, faccio completamente l’opposto di ciò che mi hanno detto (ride fragorosamente). Ringrazio la vita per questi amici che mi vogliono un bene enorme … talvolta mi lasciano cadere perché sanno che il farmi male è necessario, ma allo stesso tempo mi dicono “Cadi pure, tanto ti rialziamo noi!”

Quanto di personale c’è nelle storie che racconti?

Tantissimo: quando scrivo io divento il personaggio. Avverto proprio il bisogno di entrare nelle storie che racconto, di farne parte. Divento contemporaneamente Raymond Radiguet, Carlos Casagemas … considera che, mentre le scrivo, io sto male … percepisco i crolli, sento le cadute, le accensioni, ma mi porto dietro anche le leggerezze, le passioni. Non è un caso che, nei miei libri, non si capisca mai perfettamente dove termini il personaggio e dove inizi Luigi La Rosa. E quando anche ti sembra di averlo capito, è un bluff perché c’è molto altro. E’ un gioco che coinvolge il lettore.

Aggiungo: c’è molto di me, ma anche di quello che mi piacerebbe essere. La forza, il coraggio che talvolta mi mancano, ma possiedo il desiderio di ottenerle, farle mie.

Spesso mi dicono “E’ strano … è una storia tragica, eppure si esce dal libro con una passionalità e una leggerezza inaspettate”. Il tutto avviene perché la passione e l’intensità dei protagonisti li riscatta in pieno.

Empatia. Ecco il suo tallone d’Achille: provare ciò che provano gli altri. Provare troppo. Impossibile chiedergli di agire diversamente: significherebbe rinnegare la sua vera natura. E’ una piccola condanna dell’essere, anche se dà l’idea di convivere bene con  i suoi “limiti”, sempre che così si possano definire …

Sei stato ospite di Rain Arcigay Caserta Onlus per presentare “Quel nome è amore”. Che impressioni hai avuto della serata e dell’associazione?

Mi sono trovato benissimo! Un gruppo di persone meravigliose. Mi è piaciuto tanto il senso di unione, amicizia, libertà e rispetto. C’è l’impegno, il confronto che non è sempre frequente, purtroppo. Ideali, sentimenti, passioni … tutto ciò è molto bello davvero. E’ stata un festa, tanto interesse nei confronti del libro. Auguro a Rain un lavoro costante di crescita, perché di queste associazioni ne abbiamo tanto bisogno. Spero rimanga invariato il senso di giocosità, perché questo spirito di amicizia è unico.

Qual è il film della tua vita e perché?

Ne ho diversi, ma quello che rivedo sempre con maggiore struggimento è “Il favoloso mondo di Amelie” perché c’è quella dimensione di candore, mista a diversità, che sento molto nel mio rapporto con Parigi. Il personaggio interpretato da Audrey Tautou mi assomiglia tanto: da un lato è una sognatrice, ha un’idea estetica della vita, ma è anche una diversa, per certi versi può sembrare strana, esce dagli schemi. Quel suo senso di poesia mi ha fatto innamorare di Parigi per la prima volta. Tra le altre cose … più di metà del libro è stato scritto nel bar in cui è girato “Amelie”. Un localino delizioso a Montmartre … dietro di me c’era la locandina del film, il nanetto in bagno e così via.

Se dovessero trarre un film da uno dei tuoi libri, quali attori vorresti?

Per il mio ultimo libro? Sicuramente vorrei Michael Fassbender nel cast, un attore pazzesco. E Meryl Streep! Un’attrice e una donna dal fascino infinito.

E adesso marzulliamo : fatti una domanda e datti una risposta                                                                                                                                                             

“Ma ti stancherai mai di Parigi?” La risposta, ovviamente, è NO! Spesso gli amici mi dicono che, con il passare del tempo, anche questa città diventerà come tutte le altre. Invece a me succede l’opposto: più passa il tempo, più sento la necessità di viverla e conoscerla ulteriormente.

Prima di salutarci, rivolgo a Luigi un’ulteriore domanda … “Una piccola curiosità: ma hai mai visto Midnight in Paris?” “Certo” risponde all’istante “Dodici volte! Lo amo da morire!”

Non avevo alcun dubbio …

Luigi La Rosa : Parigi, la mia salvezza e la mia rinascita was last modified: giugno 1st, 2017 by L'Interessante
1 giugno 2017 0 commenti
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Pino
CulturaIn primo pianoLibri

Dieci domande per Pino Imperatore

scritto da L'Interessante

Pino

Di Maura Messina

È tempo di novità per L’interessante, che oggi si appresta ad inaugurare una nuova rubrica. L’abbiamo pensata per tutti coloro i quali vogliono sentir parlare di libri, di novità, storie e curiosità in maniera veloce ma non superflua. È Un format che calza a pennello sulle esigenze dei lettori più pigri. 10?II ( dieci domande per l’ intervista interessante) è un focus veloce sulla letteratura e gli scrittori contemporanei. Curato da Maura Messina, ospiterà ogni volta libri e autori differenti. A tagliare il nastro è lo scrittore partenopeo Pino Imperatore che, in una fluida scala da uno a dieci, ci ha raccontato di sé e del suo nuovo libro.

Buona lettura!

Dieci domande per l’ intervista interessante a Pino Imperatore

 

1) Un rigo per presentarti.

Mi chiamo Pino Imperatore, sono un uomo del Sud e scrivo per donare sorrisi e pensieri in libertà.

2) Due righe per scoprire il titolo e un accenno alla trama di un tuo libro.

Il romanzo “Questa scuola non è un albergo”. Le vicende private, le avventure scolastiche, le speranze e il coraggio di un diciottenne che ama intensamente la vita.

3) Tre righe dedicate al protagonista.

Angelo D’Amore abita nel quartiere napoletano di San Giovanni a Teduccio, ha una famiglia stravagante, è orfano di madre, frequenta l’ultimo anno di un istituto alberghiero, ha i compagni di classe e i professori più strampalati del mondo, è bello, simpatico e generosissimo.

4) Quattro righe per il personaggio al quale ti senti più legato.

Cico, il pappagallo parlante di casa D’Amore. Anarchico, curioso, indisponente, mette il becco in tutti i fatti e misfatti che coinvolgono Angelo, i suoi familiari e i suoi amici. Ha un’intelligenza straordinaria, va spesso a caccia di pennute disponibili e consenzienti e conosce varie espressioni; la sua preferita è: «Pappa subito!».

5) Cinque righe per commentare il tuo libro preferito.

“L’amore ai tempi del colera” di Gabriel García Márquez. Il romanzo perfetto. Un capolavoro assoluto, scritto con uno stile leggiadro e sublime. Non solo una meravigliosa storia d’amore, ma il ritratto di un’epoca e di un mondo. Florentino Ariza e Fermina Daza sembrano pennellati – insieme a tutti i personaggi comprimari dell’opera e ai luoghi in cui interagiscono – da una mano divina; la stessa che ha creato un’altra meraviglia della letteratura come “Cent’anni di solitudine”.

6) Sei righe per raccontarci come nasce la tua passione per la scrittura.

La mia passione per la scrittura è figlia della mia passione per la lettura. Sono un divoratore di libri, riviste, quotidiani, fumetti, parole. Da sempre. Anche il foglietto illustrativo di un farmaco può incuriosirmi. Le mie più remote prove di scrittura risalgono al periodo adolescenziale: elaboravo poesie, aforismi, battute, racconti. Poi il mio interesse si è decisamente spostato sulla letteratura comica e umoristica, e sono arrivati i primi premi letterari, i primi libri, i romanzi, le opere teatrali. Una lunga semina di sorrisi e risate, che spero duri ancora a lungo.

7) Sette righe per rivelarci altre tue passioni.

Tante. Il teatro, non solo quello comico: Ionesco, Beckett, Pirandello, Osborne, Pinter, De Filippo, Brecht, García Lorca, Sarah Kane. Il cinema, soprattutto quello comico: Totò, Troisi, Chaplin, Laurel & Hardy, i fratelli Marx, Jacques Tati, Mel Brooks, Peter Sellers, John Belushi, Gene Wilder, i Monty Python, Woody Allen. La musica rock, tutta. Il cabaret, in particolare nella forma della stand-up comedy. La filosofia strutturalista, da Lévi-Strauss a Foucault, da Althusser a Lacan. L’arte surrealista, da Magritte a Dalí, da Miró a Max Ernst. E poi la psicologia, le neuroscienze, l’antropologia, la ludolinguistica. E poi Napoli, città infinita e mia sconfinata passione.

8) Otto righe per ritornare al tuo libro: chi vorresti lo leggesse?

Soprattutto i ragazzi, che possono scoprire tra le sue pagine sia episodi divertenti sia spunti di riflessione utili alla loro crescita personale. Ma è un romanzo adatto anche agli adulti desiderosi di richiamare alla memoria la loro adolescenza, la loro giovinezza, i momenti trascorsi sui banchi di scuola. Nei fatti è già così: “Questa scuola non è un albergo” è stato finora apprezzato da migliaia di lettori di tutte le età e adottato da tanti istituti scolastici. Per mia precisa volontà, l’ho arricchito di varie tematiche di attualità: il sistema educativo, i rapporti familiari, la mancanza di lavoro, le relazioni amorose, l’amicizia, il bullismo, l’uso e l’abuso dei social media, il rispetto per l’ambiente in cui si vive, l’importanza della cultura. La trama e i personaggi evocano numerose suggestioni.

9) Nove righe per salutare i lettori e convincerli a leggere tutto fino alla fine… perché il più bello, si sa, arriva alla fine.

Il bello arriva alla fine solo se si è lavorato sodo, con impegno e sacrifici, per costruire un percorso solido, sincero, credibile. «La cosa più difficile che ci sia al mondo è scrivere una prosa assolutamente onesta sugli esseri umani», diceva Hemingway. Io quando costruisco le mie storie cerco di trovare il giusto equilibrio fra ragione e sentimento, fra cervello e cuore, prendendo spunto dalla realtà. E ogni volta è il cuore a vincere. I pensieri, le idee, le invenzioni puntano sulla velocità; i battiti, invece, si fondano sulla resistenza e procurano emozioni forti e durature. È per questo che amo i colori caldi: il rosso, il giallo, l’arancione; danno vivacità alla vita, la rendono piacevole e brillante. Ed è per lo stesso motivo che non amo chi vede sempre il bicchiere mezzo vuoto: mi fa tristezza e pena. Viva l’allegria, viva la gioia! Senza di esse si precipita nella vacuità delle ombre.

 

10) Dieci righe per citare uno stralcio della tua opera.

«Un tempo San Giovanni era una zona industriale. Fabbriche, cantieri, laboratori artigianali. Non è rimasto quasi nulla. Molti capannoni sono abbandonati da decenni. Da piccolo ci andavo a giocare con altri bambini; inventavamo storie, mestieri, strumenti di lavoro; io ero il capomastro. Un pomeriggio in un cantiere in disuso trovammo dei martelli e dei chiodi, recuperammo un po’ di assi di legno e in una settimana costruimmo una barca. Ci procurammo dei barattoli di vernice e dei pennelli e la dipingemmo di rosso e di blu. Con un’asta facemmo l’albero maestro e ci piazzammo sopra la bandiera dei pirati. Poi scrivemmo su dei pezzetti di carta i nostri desideri, li sistemammo a prua in una scatola di latta, portammo la barca sulla spiaggia e la mettemmo in mare. Ho ancora in mente la scena: noi allineati sulla riva, impettiti e orgogliosi, e la barca che pian piano prendeva il largo. Portando verso l’orizzonte i nostri sogni».

Dieci domande per Pino Imperatore was last modified: marzo 9th, 2017 by L'Interessante
9 marzo 2017 0 commenti
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femminilità
In primo piano

La femminilità e gli amori malati in “Io che amo solo me”!

scritto da L'Interessante

femminilità


Il rispetto è soprattutto una questione di cultura: “io che amo solo me” è un libro che lo insegna.

Io che amo solo me è il mantra delle donne che ce l’hanno fatta a sfuggire dalle distorsioni che l’amore malato riserva. Ma è anche l’invocazione silente di quelle donne che da questa trappola emotiva ancora si devono liberare, quelle donne che subiscono, quelle donne che si mortificano, quelle donne che non si sentono abbastanza, che restano anche quando l’unica scelta accettabile sarebbe andar via. Elemento di congiunzione di tutte le storie che animano questa antologia “terapeutica” che intervalla parole e immagini, utile guida comportamentale per le donne ma anche per qualche maschio intemperante, è la molteplicità scandita dall’intercultura, e il senso del viaggio che non sempre rappresenta un ritorno, anzi talvolta diventa salvifico proprio perché è in se stesso un congedo. Le donne che si amano spesso tacciono eppure sanno parlare; sanno parlare d’amore, di vita condivisa, di tempo intimo, di forza e fragilità insieme, di colori e raffigurazioni, di luci e di ombre. Le donne che si amano sono quelle che all’improvviso, un giorno come tanti che però fa la differenza, interrompono il silenzio della solitudine e si ripetono a gran voce che la rinascita è finalmente reale.

La femminilità e gli amori malati in “Io che amo solo me”! was last modified: marzo 6th, 2017 by L'Interessante
5 marzo 2017 0 commenti
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De Piante
CulturaIn primo pianoLibri

De Piante Editore: libri perduti in versione pregiata

scritto da L'Interessante

De Piante.

Di Erica Caimi

A Milano nasce un nuovo progetto editoriale, la casa editrice De Piante, che si presenta al mercato con un’idea innovativa e unica nel suo genere: quella di pubblicare “pochi libri per pochi”, per riassumere lo spirito usando il loro stesso slogan.

La neonata casa editrice prende il nome dal suo socio fondatore, Cristina Toffolo De Piante, imprenditrice con esperienza nel settore grafico che condivide quest’ambiziosa avventura con Luigi Mascheroni, giornalista culturale del Giornale, e Angelo Crespi, giornalista e critico d’arte.

De Piante, cosa offre di diverso?

Questa nuova casa editrice del tutto “artigianale” si pone come obiettivo quello di riscoprire opere rare e pubblicare inediti dell’orizzonte letterario italiano proponendo al lettore prose d’arte, reportage, elzeviri, lettere, conferenze, poesie e brevi saggi storico-critici. 

Oltre a dare risalto ai testi “perduti”, un’attenzione particolare verrà riservata all’oggetto libro, che sarà minuziosamente curato sia da un punto di vista tipografico, tra cui scelta della carta e dell’inchiostro, sia da quello estetico, poiché la sovra copertina sarà disegnata appositamente da un artista e cambierà ogni volta. Dulcis in fundo, i fondatori si propongono di sfruttare al massimo le potenzialità culturali del nostro paese, puntando sul 100% made in Italy, per cui il risultato sarà un prodotto rigorosamente italiano dalla A alla Z.

Come ci si può aspettare, i libri pubblicati in un anno saranno pochissimi, ciascuno in tiratura limitata, del resto come recita il motto “pochi libri per pochi”.

Pubblicazioni di De Piante nel 2017

Il primo volume già in vendita è Non posseggo nemmeno una Divina Commedia di Eugenio Montale, opera stampata in 500 esemplari (postfazione di Davide Brullo, copertina firmata dall’artista Roberto Floreani), tra cui si contano 99 copie numerate a mano e 10 copie d’artista. Si tratta di una raccolta di tre lettere inedite del poeta Nobel indirizzate al classicista Manara Valgimigli, datate tra il 1946 e il 1954, le quali ci restituiscono un’immagine inedita dell’artista.

Quest’anno la De Piante ha in programma la pubblicazione di 4 libri in totale con tiratura di circa 300 copie a uscita. In arrivo, un racconto inedito di Piero Chiara su un viaggio in macchina con Ezra Pound dal castello Brunnenburg, un articolo del 1974 di Fruttero e Lucentini che espone quattro immaginarie trame eversive da suggerire ai giornalisti per descrivere gli anni di piombo, e sono in corso trattative per due inediti di Guido Morselli e di Carlo Emilio Gadda.

Un progetto in controtendenza nell’era del digitale, che spera di ricavarsi una minuscola fetta di mercato per sopravvivere, puntando sull’esclusività del prodotto offerto. In effetti, la stessa casa editrice si descrive in questi termini “De Piante Editore si pone come una nuova casa editrice con un progetto editoriale al di fuori e al di là dei percorsi comuni. Culturalmente orientata a ottenere il massimo del profitto, dove per profitto si intende la qualità del prodotto, ed economicamente pensata per realizzare il pareggio di bilancio, ossia con un catalogo contenuto dal punto di vista quantitativo, la casa editrice vuole essere per pochi senza essere elitaria, ambiziosa senza essere arrogante, elegante senza essere vistosa”.

De Piante Editore: libri perduti in versione pregiata was last modified: gennaio 23rd, 2017 by L'Interessante
23 gennaio 2017 0 commenti
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Misteri
CulturaIn primo pianoLibri

Misteri e segreti dei quartieri di Napoli

scritto da L'Interessante

Misteri.

Il libro Misteri e segreti dei quartieri di Napoli (Newton Compton Editori) del giornalista Marco Perillo sarà presentato sabato 17 dicembre alle 11 nell’Atelier di Lello Esposito nelle scuderie di Palazzo Sansevero (piazza San Domenico Maggiore)

 Con l’autore e col padrone di casa interverranno il giornalista e scrittore Pierluigi Razzano e il saggista Carlo Raso. Brani del libro saranno letti dall’attore Gianni Sallustro. Ingresso libero.

“Misteri e segreti dei quartieri di Napoli” di Marco Perillo

Un viaggio nel cuore di Napoli tra mistero, storia e leggenda. In una città in cui ogni anfratto, ogni angolo, ogni facciata di palazzo reca in sé una storia nascosta. Per scoprirle bisogna scrostare i sedimenti del tempo, quelli di una città in cui i millenni passati convivono con l’oggi tra una via e l’altra, sia che passeggiamo nel centro storico, sia che ci perdiamo in una strada di periferia.

 “Misteri e segreti dei quartieri di Napoli” di Marco Perillo (Newton Compton Editori) racconta come farlo, attraverso 10 passeggiate narrative che attraverseranno tutta la città. Dal cuore di Neapolis fino al porto, da Montecalvario a Chiaia, da Posillipo a Fuorigrotta, il lettore sarà protagonista di una sorta di flânerie tra strade, vicoli, monumenti e piazze fatta di aneddoti, cenni storici, curiosità, aspetti misteriosi del luogo che si andrà esplorando.

Marco Perillo è nato nel 1983. Giornalista professionista, ha lavorato per il Corriere del Mezzogiorno e attualmente è redattore a Il Mattino di Napoli. Ha pubblicato la raccolta di poesie Raggi di Terra (Guida, 2007), il romanzo Phlegraios – L’ultimo segreto di San Paolo (Rogiosi, 2014, Premio Megaris e Premio Cypraea), il racconto Il sogno di Natale (Alessandro Polidoro Editore, 2015) e del saggio Misteri e segreti dei quartieri di Napoli (Newton Compton, 2016). È autore, con Alessandro Chetta, del documentario Mirabiles – I custodi del mito (2016).

Misteri e segreti dei quartieri di Napoli was last modified: dicembre 14th, 2016 by L'Interessante
14 dicembre 2016 0 commenti
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Romolo Bianco
CulturaIn primo pianoLibri

Io di Più: ecco la Napoli di Romolo Bianco

scritto da Roberta Magliocca

Romolo Bianco

Di Roberta Magliocca

“Io di più” dello scrittore, cantante, attore e chissà quante altre cose Romolo Bianco per la Tullio Pironti Editore. Mille Napoli. Tutte in una. Tutte e nessuna di esse

Napoli, estate. Il sudore della miseria e le notti invisibili di una Napoli che tutti sanno esistere sul serio, ma nessuno vuol conoscere davvero. Napoli, moglie. I sogni di un futuro da signora, ma ci si ritrova giovanissima ed incinta e il matrimonio che diventa l’unica soluzione. E addio aristocrazia napoletana, addio lusso . Napoli, figlie. Una brillante quasi dottoressa. Una senza diploma con un amore forte senza fondamenta economiche e lavorative. Napoli, lavoro. Quello che c’è, quello che fai da anni, in automatico senza pensarci, senza sognarlo. Senza. Napoli, breve. La scrittura di Romolo Bianco arriva dritto al punto. All’essenziale. Punto. A capo. E poi di nuovo punto. Di storia in storia, di emozione in emozione, di crudeltà in crudeltà, di fine in salvezza.

Che viaggio meravigliosamente infame, questo libro qui. Tra le pagine si sente la voce di una formazione unica e frammentaria allo stesso tempo: Lanzetta, il teatro e un po’ di strada vissuta, perchè altrimenti certi luoghi e profumi non sai descriverli. E per qualche parola ridi grottescamente, qualche rigo più in là ti incazzi veracemente per una Napoli bellissima e maledetta. Poi ti commuovi. Perchè se sai leggere, leggere sul serio, in ogni storia rivivi un po’ di te, un po’ del tuo passato, un po’ del tuo futuro da salvare. 

Romolo Bianco è nato a Napoli nel 1983. Attore e cantante, ha esordito giovanissimo con Mario Scarpetta, legandosi quindi alla tradizione del teatro popolare, e in particolar modo al lavoro di recupero delle canzoni classiche napoletane.
Nel 2005 inizia a collaborare con Peppe Lanzetta, portando in scena diversi spettacoli; ricordiamo in questa sede: Ricordo di Domenico Rea (2005), Unicum per Pomigliano (2006), Medea Napoli (2006), L’opera di periferia (2007); al 2010 si data la sua partecipazione allo spettacolo Blackout, di Andrea Manzi, con Mariano Rigillo.
Scrive e reinterpreta in chiave postmoderna la maschera di Pulcinella attraverso varie farse come Buona sera per tutte le sere(2008), Prendetelo, questo pazzo è vostro (2011) e L’Italia è tutta una farsa (2012).
Ha curato una nota rubrica per il quotidiano «Roma» sulla canzone classica napoletana e ha già al suo attivo un album, Always by Napoli, distribuito in Italia, Germania e Stati Uniti. www.romolobianco.com

 

Io di Più: ecco la Napoli di Romolo Bianco was last modified: novembre 14th, 2016 by Roberta Magliocca
8 novembre 2016 0 commenti
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Psicologo
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Lo psicologo in libreria

scritto da L'Interessante

Psicologo

Di Michela Salzillo

Chi è lo psicologo? Che lavoro fa? Legge nel pensiero? Se ne accorge se dico una bugia? Ma soprattutto, vuole i soldi per farsi due chiacchiere?

Solo qualche settimana fa vi avevamo segnalato “il caffè con lo psicologo”, ricordate? Un incontro gratuito, con un professionista del settore, nato per sfatare molti dei miti legati alla figura del terapeuta. Ad idearlo, il dottor Fabio Ianniello che, con questo progetto itinerante, ha cercato di rendere accessibili le verità sul mondo della psicologia, attraverso l’utilizzo di un rituale semplice e piacevole come quello del caffè a metà mattinata.

Ebbene, dopo il grande successo ottenuto con l’ultimo appuntamento, quello dello scorso 29 settembre presso il bar “Monello” di Santa Maria Capua Vetere (CE), lo psicologo torna con una formula leggermente rinnovata ma altrettanto interessante.

Parte domani il primo appuntamento con “ lo psicologo in libreria: nuove possibilità per storie inceppate”. Anche il nuovo format , come quello precedente, è gratuito.  L’incontro si presenta come una particolare occasione in cui chi vorrà potrà confrontarsi con le proprie storie e, ancor di più, con i diversi modi che esistono per raccontarla

Il dottor Ianniello, laureato in psicologia clinica e dello sviluppo, specializzato in psicoterapia sistemico relazionale, esperto in formazione e dinamiche di gruppo, vi aspetta domani fra le copertine della Libreria Spartaco, in via Martucci a Santa Maria Capua Vetere (CE).

“Una libreria è un posto pieno di storie, un luogo bellissimo per raccontarsi e, magari, provare a riscriversi. Lo psicologo in libreria è proprio questo: un ‘occasione abitata da storie; è il piacevole rischio di un colpo di scena, ci ha detto il dottor Ianniello.

Un’ opportunità di questo tipo, ribadisce, prende forma per  avvicinare le persone alla figura dello psicologo, cercando di allontanarle dei pregiudizi e gli stereotipi che non servono a nessuno.

Partecipare è semplice, basta prenotare gratuitamente un incontro, chiamando o inviando un sms al 3477494306 entro la giornata di oggi.

Lo psicologo in libreria was last modified: ottobre 3rd, 2016 by L'Interessante
3 ottobre 2016 0 commenti
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Manoscritto
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Manoscritto Antico: come leggerlo senza toccarlo. Quando la tecnologia è a servizio del passato

scritto da L'Interessante

Manoscritto

Manoscritto

Di Antonio Andolfi

Spesso la tecnologia va in aiuto della storia e dell’archeologia, come accade in questo caso.

Un fragilissimo e antico rotolo ebraico, impossibile da “sfogliare” e da leggere,  è stato letto grazie a una tecnica elaborata, chiamata “virtual unwrapping” (sfogliamento virtuale), un processo di scansioni 3D in alta risoluzione.

Si è così potuto leggere quello che è considerato come il più antico reperto di frammenti del Vecchio Testamento, senza doverlo materialmente toccare. Si chiama rotolo di En-Gedi, contiene frammenti di uno dei primi cinque libri della Bibbia, il Levitico, cioè un insieme di leggi religiose e sociali.

La sua datazione è molto incerta, dal III- IV secolo a.C. al I d.C.

Il rotolo è stato rinvenuto nel 1970 nell’area di En-Gedi in Israele, da cui prende il nome, sito di un’antica e numerosa comunità ebraica. In seguito ad un incendio attorno al ‘600, il rotolo si è quasi completamente carbonizzato. In questo stato era impossibile aprirlo, perchè si sarebbe polverizzato.

Ora però, lo si è potuto aprire e decifrare, grazie alla tomografia micro-computerizzata, che ha permesso di ottenere la posizione delle tracce di inchiostro del testo originale sul rotolo. La qualità delle immagini ottenute è straordinaria, tale da rendere leggibile gran parte del testo.

Il rotolo mostra oggi 18 righe di testo (in origine erano 35) per ogni colonna e, come tutti i testi ebraici, è composto solo da consonanti. Secondo gli esperti il testo corrisponde esattamente a quanto oggi si trova nella Bibbia ebraica, e questo è una conferma della sua autenticità.

Ora si spera di poter applicare la stessa tecnica anche sui Rotoli del Mar Morto, composti da circa 900 documenti, scoperti tra il 1947 e il 1956 in undici grotte, molti di questi reperti sono impossibili da aprire.

Manoscritto Antico: come leggerlo senza toccarlo. Quando la tecnologia è a servizio del passato was last modified: settembre 30th, 2016 by L'Interessante
30 settembre 2016 0 commenti
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Approdi Invisibili
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Approdi Invisibili: Argia Maina per la Roundmidnight Edizioni

scritto da L'Interessante

Approdi Invisibili

Di Roberta Magliocca

Quante volte l’ho fatto. Ho preso il treno, il pullman, l’aereo. Francia, Spagna, Germania.  Ho visto ballerine andaluse ballare a piedi scalzi sotto il sole cocente di Malaga. Ho salito a piedi la Tour Eiffel fino quasi a toccare il cielo. A Londra ero ubriaca…di tutto, e ubriaca mi sono seduta sui marciapiedi di Camden Town con persone sconosciute a cantare Beatles e chissà cos’altro, non ricordo. In Germania ho toccato un muro e Berlino Est ha toccato me con una storia carica di rose e sofferenza. Nelle metropolitane di Madrid c’erano quartetti d’archi e sulla Rambla, a Barcellona, mi sono persa in dei colori di un carnevale perenne. Ne ho lanciate di monetine a Roma, e poi mi sono seduta sulle panchine di Sorrento di fronte al mare. E lì ho aspettato. Ho dormito sugli scogli della Sicilia e nuotato nelle acque della Calabria. Ho viaggiato, verso approdi veri e fisici, così maestosi da esistere, esistere veramente, con tutta la sicurezza della terra ferma riscontrabile e ritrovabile, con tutta la vigliaccheria di un biglietto di ritorno sempre tra le mani pronta a riportarmi sana e salva al punto di partenza.

Poi ti imbatti, per lavoro o per destino, in un libro che inizi a leggere seduta alla scrivania del tuo studio, con gli occhiali da vista appoggiati sulla punta del naso (e tempo fa avevi giurato che non ti sarebbe mai successo, non a ventotto anni almeno) e una matita per sottolineare e appuntare cose importanti per la recensione. Libri che cominci così per poi finirli, stesa sul letto, e fanculo matite e appunti, e degli occhiali non ho bisogno: questi libri non li leggi con gli occhi. E capisci che non hai mai viaggiato, non davvero. 

Argia Maina, nel suo libro Approdi Invisibili, edito dalla Roundmidnight Edizioni, riesce – senza esserne l’intento – a far vedere quella linea sottile tra il viaggiatore ed il turista

Per essere turista ti muovi, in giro per il mondo, con cartine, mappe e macchina fotografica. Il viaggiatore non ha bisogno di muoversi fisicamente, ma è quello che si sconvolge dentro, si cammina nelle vene e nei battiti, maledice i colpi allo stomaco, digerisce male i colpi all’anima, col timore di amare troppo senza ricevere mai abbastanza. 

Potrei dire che Approdi invisibili è un viaggio nei sentimenti, ma sarebbe riduttivo. E’ un viaggio di chi dentro si siede a tavola e fa due conti con la propria esistenza, ma che il mondo fuori non lo scorda. E sa vederne la meraviglia.

E’ un libro pieno di imperfezioni quello di Argia. Non fraintendetemi, non sto parlando della lingua, della forma o di errori di distrazione. Argia l’Italiano lo conosce bene, le parole sa usarle. E la Roundmidnight è una casa editrice attenta, il suo lavoro lo sa fare. Parlo di imperfezioni della vita. Non che sia sua peculiarità. La vita di ognuno di noi è costellata di imperfezioni. Argia ha il coraggio di mostrarle, così come sono, con quella penna sul foglio, con il sublime sull’anima.

Approdi Invisibili è mare e rocce, case e colori, dentro e fuori. In un continuo trovare le proprie emozioni scritte sui muri, o acquattate negli angoli del mondo, esplose in mille naufragi e farfalle.

Approdi Invisibili: Argia Maina per la Roundmidnight Edizioni was last modified: settembre 28th, 2016 by L'Interessante
28 settembre 2016 0 commenti
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Dylan Dog
CulturaIn primo piano

Dylan Dog: trentenne da incubo

scritto da L'Interessante

Dylan Dog

Di Erica Caimi

Lunedì scorso a Milano si sono tenuti i festeggiamenti per il compleanno di uno dei fumetti più amati in Italia: Dylan Dog. Era il 26 settembre 1986 quando il primo numero dell’indagatore dell’incubo, “L’alba dei morti viventi”, veniva pubblicato da Sergio Bonelli Editore, allora Daim Press, regalando agli appassionati del genere un’avventura, scritta da Tiziano Sclavi e illustrata da Angelo Stano, destinata a rimanere nella storia del fumetto.

Sergio Bonelli Editore ha voluto festeggiare il trentesimo compleanno con l’uscita del Dylan Dog n. 361, Mater Dolorosa, scritto da Roberto Recchioni, curatore editoriale di Dylan Dog, disegnato da Gigi Cavenago, con copertina siglata Angelo Stano. Ieri, a Milano, lo stesso editore ha organizzato il Dylan Dog Horror Day, una giornata all’insegna di appuntamenti aperti a tutti, tra cui la zombie walk, una camminata in cui i fan mascherati da zombie e i cosplayer dei personaggi di Dylan Dog hanno attraversato il centro e ricreato davanti al Duomo il primo frontespizio live della storia di Dylan, disegno ispirato al Quarto Stato di G. Pellizza da Volpedo. La marcia è terminata al The Space Cinema Odeon, con la proiezione di “La Notte dei Morti Viventi” di George A. Romero e del documentario in anteprima assoluta “Dylan Dog – 30 anni di incubi”.

 I festeggiamenti continueranno con il n. 362 (in edicola dal 29 ottobre), molto atteso poichè segnerà il ritorno alla sceneggiatura di Tiziano Sclavi dopo ben nove anni di latitanza. La storia, dal titolo “Dopo un lungo silenzio”, affronterà due temi molto impegnativi: l’alcolismo e la solitudine. I disegni saranno realizzati da Giampiero Casertano, storico illustratore del personaggio.

Breve storia di Dylan Dog

Il personaggio deve il suo nome al poeta Dylan Thomas, che Tiziano Sclavi attribuiva provvisoriamente a ogni soggetto nelle prime fasi della realizzazione e che in questo caso non venne più cambiato.  Dylan Dog, le cui sembianze si rifanno all’attore Rupert Everett su richiesta dello stesso Sclavi, è un eroe atipico, che soffre di diverse fobie e vive al numero 7 di Craven Road, in una Londra  gotica e decadente. Il detective playboy veste di nero e rosso, indossa le Clark, guida un maggiolone, ha un assistente, Groucho, sosia di Groucho Marx e un superiore, l’ispettore Bloch di Scotland Yard.

Sebbene all’inizio il fumetto non sembra essere destinato a un grande successo, più tardi, le vendite arriveranno a superare addiruttura quelle di Tex, il fumetto più venduto in Italia. Anche a distanza di tempo, nel mondo del collezionismo, l’attenzione ha raggiunto livelli tali da far schizzare alle stelle le quotazioni del leggendario numero 1, portando addirittura qualcuno a stampare copie false per poi farle circolare nelle svariate fiere di settore.

E pensare che tutto ebbe inizio nella lontana primavera del 1985, quando Tiziano Sclavi presentò a Sergio Bonelli una breve relazione con il seguente progetto: «Oltre alla fantascienza, l’altra serie del 1986 potrebbe essere horror… Secondo me, vale la pena di tentare». In effetti, ne è valsa la pena.

Dylan Dog: trentenne da incubo was last modified: settembre 28th, 2016 by L'Interessante
28 settembre 2016 0 commenti
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