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referendum

Incontro
AttualitàIn primo pianoParliamone

Referendum: un incontro per vederci chiaro

scritto da L'Interessante

Incontro

di Maria Rosaria Corsino

Ad un mese dallo svolgimento del referendum costituzionale del 4 Dicembre “Il Sabato delle Idee”, il pensatoio napoletano che riunisce alcune delle migliori eccellenze scientifiche, culturali ed accademiche del Mezzogiorno,promuove un incontro aperto alla città per favorire un confronto multidisciplinare sulle diverse ragioni di voto.

“La Costituzione in cammino: scenari e prospettive del referendum” è il titolo dell’incontro che si svolgerà Giovedì 3 novembre alle 16.30 presso il Centro Congressi dell’Università degli Studi di Napoli Federico II in via Partenope.

“Un confronto sereno e ragionato tra studiosi, politici, studenti e società civile che provi ad analizzare senza preconcetti le diverse prospettive che potrebbero aprirsi per il nostro Paese a seconda dell’esito del voto referendario rappresenta un importante contributo alla discussione democratica e alla formazione di una scelta di partecipazione consapevole al voto”. Così Marco Salvatore, fondatore de “Il Sabato delle Idee”, spiega le ragioni di questa nuova iniziativa che, per favorire un’ampia discussione che analizzi le ragioni politiche e giuridiche della riforma anche in maniera comparatistica rispetto a quello che accade negli altri Stati europei, radunerà a Napoli due dei principali esponenti degli schieramenti politici contrapposti nel voto referendario, come l’ex presidente del Senato,Renato Schifanie il senatore Luigi Zanda della Commissione Affari Costituzionali, ma anche alcuni dei più autorevoli studiosi italiani in tema di diritto costituzionale, come il giudice emerito della Corte Costituzionale,Sabino Cassese, e in tema di sistemi politici europei, come Biagio De Giovanni, professore emerito di Filosofia politica all’Università “L’Orientale” di Napoli e Paolo Pombeni, professore emerito di Storia dell’Europa all’Università degli Studi di Bologna. Ad ‘arbitrare’ il confronto, aperto anche ai quesiti del pubblico, ci sarà il direttore de “Il Mattino”,Alessandro Barbano.

Il Sabato delle Idee: un incontro interessante

“Il Sabato delle Idee” è un’iniziativa ideata nel 2009 dalla Fondazione SDN e dall’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli con l’obiettivo di far sorgere a Napoli nuovi spazi di discussione e di “risvegliare” la riflessione ma soprattutto la produzione di nuove idee nella società civile e nella classe dirigente nazionale, partendo da Napoli. E già dalla seconda edizione del Sabato delle Idee l’allargamento dei partner dell’iniziativa ha dimostrato come nella città di Napoli vi siano tante realtà scientifiche e culturali che hanno passione e capacità per impegnarsi nel rilancio della città. L’auspicio è che la rete delle eccellenze campane che scelgono di lavorare insieme possa crescere sempre di più, per realizzare l’obiettivo fondante del Sabato delle Idee: promuovere l’impegno civile, la partecipazione ragionata e la realizzazione di progetti concreti per lo sviluppo di Napoli e del Mezzogiorno contro l’indifferenza, la rassegnazione ed il pessimismo.

Referendum: un incontro per vederci chiaro was last modified: novembre 3rd, 2016 by L'Interessante
3 novembre 2016 0 commenti
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referendum
AttualitàCulturaIn primo piano

REFERENDUM DEL 4 DICEMBRE: LE RAGIONI DEL “SI” E DEL “NO”. I L DUBBIO PERMANE

scritto da Walter Magliocca

referendum

Nella sala della Biblioteca Diocesana in piazza Duomo, a Caserta,  si è tenuto,  questo pomeriggio, un convegno molto seguito e sentito sul tema: “Le ragioni del NO, le ragioni del Si”. L’iniziativa è stata promossa dall’associazione “Risorse e Futuro”, presieduta dal magistrato dott. Andrea della Selva e dal Dipartimento di Giurisprudenza della Seconda Università, diretto dal professor Lorenzo Chieffi ed accreditata all’Ordine degli Avvocati di Santa Maria Capua Vetere.

Referendum: tema importante e molto delicato. Chiarite le ragioni delle posizioni contrapposte

Nonostante l’importanza e la delicatezza del tema, i relatori sono riusciti con estrema chiarezza a far comprendere, alla qualificata platea, le ragioni di diritto e politiche del voto referendario che si terrà il prossimo 4 dicembre.

A “fare gli onori di casa” è stato il presidente dell’associazione, dott. Della Selva il quale, salutando gli intervenuti e ringraziando i relatori, ha ribadito: “Non voglio considerarlo un dibattito, ma un sereno confronto culturale, con esplicazione delle motivazioni contrapposte, nonché un approfondimento su un tema che interessa il mondo politico nonché i cultori del diritto, oggetto del referendum costituzionale. E’ un momento importante non solo per il presente ma anche per il futuro del nostro paese”.

 A coordinare gli interventi è stato, con molta equanimità il professor Lorenzo Chieffi, direttore del Dipartimento di Giurisprudenza alla seconda Università degli studi di Napoli che, prendendo spunto dalle varie posizioni, ha precisato che “non sussistono dubbi sulla correttezza del quesito referendario”.

Posizioni contrastanti ma supportate da dialettica convincente

Da una parte le ragioni del “No” sono state illustrate, in punto di diritto, dal professor Claudio De Fiores, docente di Diritto Costituzionale alla Sun e in ottica politica dall’onorevole Carlo Sarro, componente la Commissione Giustizia della Camera di Deputati. Dall’altra, le ragioni del “Si” sono state perorate dal professor Tommaso Eduardo Frosini, docente di Diritto Pubblico Comparato all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e dal senatore Lucio Romano, componente la prima Commissione permanente Affari Costituzionali del Senato.

 Le ragioni del “No”

Ad iniziare la serie degli interventi è stato il professore De Fiores che, a sostegno della tesi del “No”, ha rimarcato “anziché superare il bicameralismo paritario, la riforma lo rende  più confuso  creando conflitti di competenza tra Stato e Regioni e tra Camera e nuovo Senato”. Per poi continuare: “ la riforma non semplifica il processo di produzione delle leggi, ma lo complica: le norme che regolano il nuovo Senato, infatti, produrrebbero almeno 7 procedimenti  legislativi differenti”. Sulle modifiche al Titolo V: “Una mossa al contrario: dopo anni si decide che le Regioni hanno troppi poteri e si va ad accentrare. Peccato che non si tolgano quei poteri alle Regioni a Statuto speciale”.

Il senatore Sarro, sempre a sostegno delle ragioni del “No”, ha precisato “ i costi della politica non verranno dimezzati: con la riforma si andrà a risparmiare solo il 20%. Per ridurre gli stipendi sarebbe bastata una legge ordinaria. Si tratta, tra l’altro,  di una riforma non legittima perché prodotta da un Parlamento eletto con una legge elettorale dichiarata incostituzionale. Inoltre, anche gli amministratori locali, chiamati a comporre il nuovo Senato, godrebbero dell’immunità parlamentare. Il combinato disposto, riforma costituzionale – Italicum, accentrerebbe il potere nella mani del governo, di un solo partito e di un solo leader. I senatori, che non saranno eletti direttamente dai cittadini ma nominati dalle Regioni, a questo punto avrebbero almeno dovuto avere un vincolo di mandato”.

Le ragioni del “Si”

Il senatore Romano, per le ragioni del “Si” ha evidenziato che “la riforma prima di tutto consente per la prima volta di superare il bicameralismo perfetto, sul quale da anni c’è un forte ripensamento sia giuridico che politico. Il Senato non sarà più chiamato ad esprimere la fiducia al Governo e avrà scopi diversi. Sono solo sei gli articoli modificati. Comunque il primo passo decisivo sta proprio nella fiducia legata a una sola Camera”.

Il professore Frosini  ha evidenziato che “il voto del prossimo 4 dicembre non è uno stravolgimento, ma una “manutenzione” della Costituzione. Si supera il famoso ping-pong tra Camera e Senato, con notevoli benefici in termini di tempo. la diminuzione del numero dei parlamentari e l’abolizione del Cnel produrrà notevoli risparmi grazie all’introduzione del referendum propositivo e le modifiche sul quorum referendario migliora la qualità delle democrazia”. In merito al Titolo V della Costituzione: “Si opera per superare il problema del conflitto Stato-Regioni, che negli ultimi anni ha gravato enormemente sulla Corte Costituzionale. Rappresenta un salto di qualità per il sistema politico italiano e per il suo farraginoso processo legislativo, garantendo maggiore stabilità a un Paese che ha visto 63 governi susseguirsi negli ultimi 70 anni”.

Nel corso del convegno, gli interventi hanno toccato anche l’altro grande tema politico del momento, quello della Legge elettorale, che non sarà comunque oggetto del referendum del 4 dicembre.  

Le ragioni del “Si” e del “No” sono state espresse con arte nell’argomentare e con un confronto dialettico sereno, anche se su tesi contrapposte. I relatori sono riusciti a incidere con sicurezza su concetti e temi molto dibattuti.

I cittadini saranno chiamati, il 4 dicembre, ad esprimersi, nonostante tutto,  su un quesito fondamentale nella vita politica del paese

Sfogliare la margherita forse sarebbe più semplice.    

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REFERENDUM DEL 4 DICEMBRE: LE RAGIONI DEL “SI” E DEL “NO”. I L DUBBIO PERMANE was last modified: ottobre 17th, 2016 by Walter Magliocca
17 ottobre 2016 0 commenti
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Trivelle
CulturaEventiIn primo piano

Che non siano solo le trivelle il nostro unico pensiero

scritto da Roberta Magliocca

Che non siano solo le trivelle il nostro unico pensiero

Trivelle si, trivelle no, non solo trivelle

Il 17 Aprile si sta avvicinando e le polemiche – soprattutto sul web e sui social – si stanno districando tra il SI, il NO, l’astensione. Le battaglie etiche contro quelle economiche, le preoccupazioni per una salute del mondo che tanto sembra importante. Ora.

Si, perchè che fine hanno fatto le fiaccolate per la Terra dei Fuochi? L’allarmismo per la diossina? E le polveri sottili, si, gli incentivi per i mezzi pubblici, la circolazione a targhe alterne? Per non parlare della dieta mediterranea, quella vegana. L’aspartame ieri faceva bene, oggi è veleno. 

Tutti grandi problemi, tutti terremoti, tante corse al riparo per poi dimenticarsi di ogni pericolo e ritornare ad occuparsi della prossima imminente catastrofe.

Ma abbiamo mai pensato a rendere il mondo un posto migliore con piccoli gesti, ogni giorno, a poco a poco, senza dover per forza gridare alla tragedia? Perchè se noi andiamo a votare SI per lo smantellamento degli stabilimenti, per dire no alle trivelle, ma poi continuiamo a mantenere le nostre abitudini, questo mondo non lo salviamo.

Se per fare anche solo 500 metri prendiamo la macchina, se con distrazione non ci occupiamo della differenziata, se per non lavare le stoviglie la sera continuiamo ad usare i piatti di plastica, se non smettiamo di fumare, se continuiamo a mangiare tanto e male, se la natura non sarà nei nostri pensieri chiodo fisso da preservare, beh, votare SI al referendum non solo non ci salverà, ma farà emergere un dato certo: la nostra incoerenza.

Roberta Magliocca

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Che non siano solo le trivelle il nostro unico pensiero was last modified: aprile 5th, 2016 by Roberta Magliocca
5 aprile 2016 0 commenti
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trivellazioni
AttualitàIn primo piano

Trivellazioni: silenzio sul referendum

scritto da Walter Magliocca

trivellazioni

Le istituzioni al fianco del cittadino. Sempre più mera utopia.

Il 17 aprile prossimo si voterà per il referendum sulle trivellazioni ma, volutamente, nessuno ne parla.

Lo scopo? Non far raggiungere il quorun in quanto il governo Renzi non era d’accordo sul voto referendario. Un referendum dovrebbe essere scevro dalle battaglie politiche, dovrebbe essere uno strumento di democrazia nelle mani del cittadino per poter esprimere una propria idea, un proprio convincimento e soprattutto una speranza di poter incidere nel sociale con un voto libero.

Ma, anche in questo caso, non è così. Prima, per la raccolta firme: battaglie e veti. Il voto che diventa una battaglia politica a favore di questo o quell’altro schieramento ed infine far di tutto per far boicottare il voto. Il cittadino, già stressato e vessato è tentato dall’optare per il “non voto”.

Ma se, svegliandosi dal torpore dicesse: “No. Voglio esprimere il mio voto libero, ho deciso, vado”, e, nell’ipotesi, la votazione risultasse valida, nulla sarebbe ancora definito. I cittadini non vincono mai.

Ritorna tutto al vaglio del parlamento che deciderà nuovamente in base alla maggioranza esistente, con legge che potrebbe essere in parte contraria a quanto emerso dalle urne.

Allora: siamo ritornati al punto di partenza.

Ma i cittadini italiani, quelli pensanti, quelli che non intendono farsi condizionare, il loro voto il 17 aprile lo dovranno esprimere solo per la ragione che si sta facendo di tutto per tenerli all’oscuro del referendum e lontano dalle urne. Molto poco democratico.

LA STORIA DEL REFERENDUM SULLE TRIVELLAZIONI

La consultazione popolare è stata promossa da nove  (in origine dieci) consigli regionali: Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise con l’appoggio  di movimenti e associazioni ambientaliste. Lo scopo quello di fermare le trivellazioni nei mari italiani.

Tra gli altri saranno interessati dalla misura: il giacimento Guendalina (Eni) nell’Adriatico, il giacimento Gospo (Edison) nell’Adriatico e il giacimento Vega (Edison) davanti a Ragusa, in Sicilia. Non saranno interessate dal referendum tutte le 106 piattaforme petrolifere presenti nel mare italiano per estrarre petrolio o metano.

 E’ rimasto in piedi un solo quesito su sei. Infatti dieci consigli regionali (Abruzzo, Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna,Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise) hanno promosso sei quesiti referendari sulla ricerca e l’estrazione degli idrocarburi in Italia. L’Abruzzo si è poi ritirato dalla lista dei promotori. A dicembre del 2o15 il governo ha proposto delle modifiche alla legge di stabilità sugli stessi temi affrontati dai quesiti referendari, per questo la cassazione ha riesaminato i quesiti e l’8 gennaio ne ha dichiarato ammissibile solo uno, perché gli altri sette sarebbero stati recepiti dalla legge di stabilità.

Alcune regioni hanno proposto ricorso. Se la corte costituzionale accogliesse i ricorsi delle regioni, i due quesiti referendari in precedenza non ammessi tornerebbero a essere validi e dovranno essere sottoposti agli elettori. I due quesiti riguardano il “piano delle aree” (ossia lo strumento di pianificazione delle trivellazioni che prevede il coinvolgimento delle regioni, abolito dal governo con un emendamento alla legge di stabilità) e la durata dei titoli per la ricerca e lo sfruttamento degli idrocarburi liquidi e gassosi sulla terraferma. La Storia continua.

Con il referendum si chiede di abrogare il comma 17 dell’articolo 6 del Codice dell’ambiente – dlgs n. 152 del 2006 – nella parte in cui prevede che le trivellazioni nelle acque territoriali italiane  – cioè quelle che si trovano entro le 12 miglia dalla costa – continuino fino a quando il giacimento lo consente.

In pratica si chiede che vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio quando scadranno le concessioni.

 Quindi se vince il fronte del “sì” verranno bloccate le concessioni alla scadenza dei contratti. Però ad essere interessate saranno solo alcune delle 106 piattaforme petrolifere presenti nel mare territoriale italiano. Se, invece avrà la maggioranza il fronte del “no”, la situazione resterà invariata. Alla scadenza delle concessioni le compagnie petrolifere potranno chiedere un prolungamento.

 Naturalmente, come spesso avviene in questi casi , si strumentalizza il voto adducendo quale giustificazione che la vincita del “si” potrebbe avere forti ripercussioni sul mercato economico con conseguente fuga di investimenti , chiusura di imprese e conseguenti licenziamenti.

La quantità di petrolio e metano presente nel  sottosuolo Italia non è dato sapere.

Il presidente del Consiglio Matteo Renzi, con l’approvazione dello sblocca Italia,  ha parlato di “investimenti per 15 miliardi di euro, 25 mila nuovi posti di lavoro e un risparmio sulla fattura energetica nazionale di 5 miliardi l’anno”.

Naturalmente dubitiamo che ciò possa accadere e il danno sull’ambiente non è stato considerato né valutato. Non conviene. È ovvio.

Non si comprende perché nel nostro “bel Paese” l’industria turismo non debba essere migliorata. Quello che si perde da una parte, si guadagna dall’altra.

Ma evidentemente, anzi senza ombra di dubbio, il guadagno per “i terzi” e il tornaconto personale non c’è.

Trivellazioni: silenzio sul referendum was last modified: marzo 12th, 2016 by Walter Magliocca
12 marzo 2016 0 commenti
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