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Fotografia

Emilio
CulturaCuriositàEventiIn primo piano

Emilio Porcaro: l’acchiappapensieri

scritto da L'Interessante

Emilio

Di Christian Coduto

A Napoli ci si ingegna. Si crea arte, si trasmettono emozioni, si dona calore in mille modi.

Le nuove generazioni sfruttano canali più recenti, ma sono in grado di riutilizzare anche vecchie forme di comunicazione, regalando loro nuova linfa vitale, reinventandole.

Oggi incontro Emilio Porcaro, un ragazzo giovanissimo. Egli è il fondatore di “Io penso che …”.

A lui piace esprimere impressioni attraverso la fotografia.

L’elemento caratteristico di questo lavoro è quello di donare alle persone fotografate, un foglio su cui ognuno può scrivere un pensiero, un concetto, uno stato d’animo. Lo stesso foglio diventa poi parte integrante (anzi, fondamentale) della foto che verrà scattata.

Ci diamo appuntamento al Nuovo Teatro Sanità, a Via San Vincenzo 1, dove c’è una mostra permanente di “Io penso che …”. Dopo un saluto a Mario Gelardi, il direttore artistico del teatro, mi soffermo a guardare gli shooting fotografici opera di Emilio e dei suoi collaboratori: immagini che straripano di vita, di gioia. Talvolta si evidenziano degli attimi di leggera malinconia (forse, per qualcosa che non è stato detto o fatto a tempo debito). Non sono scatti freddi: trasudano energia, si rimane incantati, sono vivi.

Emilio mi raggiunge poco dopo, con un sorriso contagioso. Sembra molto più piccolo dei suoi trenta anni (che sono già pochissimi, di per sé N.d.R.). Poi, quando inizia a parlare, rimango colpito dalla profondità delle sue parole.

Emilio Porcaro racconta il suo percorso artistico.

La prima domanda è d’obbligo: chi è Emilio Porcaro?

Allora (corruga le sopracciglia) … Emilio è un architetto di 31 anni che vive a Napoli. Ho vissuto a Londra per 5 mesi e a Firenze per un anno e mezzo. Solitamente, sfrutto il mio tempo libero per scattare fotografie.

Quando nasce la passione per la fotografia?

E’ nata quando ho iniziato l’università, intorno al 2006. All’inizio fotografavo paesaggi e tutto ciò che fosse relativo alle materie che stavo studiando (palazzi, strutture e via dicendo). Con la fotografia sono riuscito a comunicare. Intendo: La comunicazione verbale è bellissima, ma le fotografie mi permettono di sentire quel quid in più, proprio nel momento in cui scatto. Percepisco il luogo e le cose che mi circondano. Riesco così a catturare il tutto. E’ un discorso di empatia: se non riesci a cogliere ciò che gli ambienti e gli oggetti ti trasmettono, lo scatto risulterà freddo.

Sei il fondatore di “Io penso che …”, che è diventato un vero e proprio caso virale. Ti va di parlarcene?

Certo! Adesso parliamo di un vero e proprio collettivo: un foto progetto che è cresciuto nell’arco di soli due anni. Si è sviluppato in tutta Italia, grazie alla presenza di tanti fotografi che vanno da Palermo fino ad arrivare a Genova. E’ un progetto nato quasi come un gioco, durante il mio soggiorno a Firenze. Una sorta di controreazione alla fine della mia ultima storia. Non potevo credere che tutti gli esseri umani fossero portati a basare la propria vita sulla falsità, a non dire la verità. Avevo bisogno di capire se le persone fossero in grado di comunicare realmente. Siamo abituati a comunicare attraverso una patina  data dal digitale e poco de visu. Quindi, nel tempo, il target di “Io penso che …” ha assunto una forma più definita: quella della comunicazione sentita, reale.

Ha una sensibilità incredibile. Le sue parole hanno un peso. Glielo sta dando il ricordo di un dolore, un’esperienza che ha vissuto. Non c’è costruzione … solo tanta, tanta onestà. Si sta aprendo, mettendo a nudo di fronte ad una persona che non ha mai né visto né sentito prima. Ci vuole coraggio da vendere, gliene rendo davvero atto.

I protagonisti delle foto di “Io penso che …” sono attori di teatro, gente del mondo dello spettacolo, ma anche studenti, persone che girano per la città e così via. Come vengono scelti? Come affrontano il loro momento da “fotomodelli”?

Per me tutte le persone sono uguali, visto che il centro del progetto è il pensiero. Ho notato che, da tempo, si tende a dare troppa importanza alla notorietà, se uno è in grado di stare su uno schermo oppure no. “Io penso che …” permette alle persone di esprimere ciò che pensano, in maniera concreta. Senza fregarsene dei like che possono eventualmente ottenere. Si crea una sorta di rapporto di amicizia, un’empatia tra il fotografato e il fotografo.

Come scelgo le persone? Guarda, io osservo tanto. Deve colpirmi un viso, un particolare dell’abbigliamento, un atteggiamento.

La reazione delle persone coinvolte è quasi sempre positiva, anche se capita di incontrare qualcuno che non ama o non vuole essere fotografato. 

Non parlerei di fotomodelli. Prima di scattare la foto, cerco di far capire alle persone il vero significato del progetto, che la popolarità non c’entra nulla!

Le foto sono in bianco e nero, cosa che adoro perché il tutto aggiunge fascino al progetto. Gli altri colori sono “banditi”, se escludiamo qualche deliziosa comparsata di un blu, ad esempio, tra le imbracature di alcune acrobate o il rosso e il verde dei pensieri che vengono trascritti sui fogli. Perché questa scelta?

Sì c’è sempre un colore che varia, che è quello della scritta. La scelta è legata al fatto che l’occhio umano è attratto, in primis, da tutto ciò che è colorato. Poiché il progetto deve dare importanza ai pensieri, sono proprio le parole che devono risaltare, devono rimanere impresse. Tutto il resto rimane in bianco e nero perché passa in secondo piano. La foto, in effetti, può essere letta a tre livelli: la parte scritta, l’inquadramento della persona e, infine, il contesto, la location. Talvolta qualcuno mi dice “No, forse quello che voglio scrivere è banale, non è il caso”. Non sono d’accordo: se una cosa è sentita, se è reale, non sarà mai banale. Ovviamente, chi leggerà quella scritta, quel pensiero, potrà avere una reazione positiva o negativa. E questa è una dinamica che mi affascina molto.

Tanti i partner di questo progetto, tra i quali l’Assessorato alla cultura e Assessorato ai giovani del comune di Napoli …

Guarda, colgo l’occasione per ringraziare l’Assessore Alessandra Clemente, che ha creduto sin dal principio al mio progetto; mi ha dato spazio, lo ha pubblicizzato. Alessandra è una persona che ama chi ha voglia di fare.

Continuiamo a collaborare anche con il Teatro Bellini, il Nuovo Teatro Sanità, L’Ente Cassa Risparmio Firenze, il progetto “Siamo Solidali” sempre a Firenze … è un progetto no profit, mi preme ricordarlo. Quando c’è un’idea che viene vista e apprezzata, le persone sono ben liete di partecipare.

Le foto vengono “ritoccate” o lasciate tal quali?

Le foto non vengono mai ritoccate. Non ci sono modifiche dei tratti somatici delle persone. C’è il bianco e nero, ma la foto rimane quella. Sarebbe un’alterazione della realtà e non lo accetterei. Per me è necessario mostrare la realtà dei fatti.

Un fotografo deve essere in grado di cogliere l’attimo: quanto tempo richiede uno scatto? Sembra una domanda banale, vero?

Nel mio caso, tanto pochi minuti quanto una mezz’ora complessiva. E’ cambiato il mio modo di fotografare: all’inizio, le persone tenevano in mano il foglio con la scritta. Ora, invece, metto il cartello vicino alle persone, al fine di avere una composizione maggiore. Mi piace molto studiare le posture. A volte tendo a dare un’interpretazione di ciò che è stato scritto proprio in base al linguaggio del corpo. Spesso mi dicono che riesco a catturare l’attimo, l’emozione. E’ una cosa che mi gratifica, mi rende felice. Significa riuscire ad agguantare l’essenza del soggetto immortalato.

Architetto, fotografo e (inconsapevole) psicologo. Mica male eh?

Hai vissuto per un po’ a Londra. Cosa ti ha lasciato quel periodo in termini di comunicazione ed eterogeneità culturale?

Londra mi ha formato completamente. E’ una realtà così varia e variegata, ti dona tanti input, ti elasticizza la mente. Tutti dovrebbero vivere per un po’ al di fuori della propria realtà quotidiana. Non esiste il luogo perfetto. Siamo propensi a credere che il posto migliore sia quello in cui viviamo o siamo cresciuti, ma non è affatto così. Le realtà sono varie, ci sono tanti tipi di comunicazioni differenti. Si viene a contatto con molteplici culture; ciò ti permette di crescere.

Le mostre fotografiche dedicate a “Io penso che …” sono tantissime, tra Napoli, Torino e Firenze (alcune delle quali, permanenti!). E’ una realtà che interessa tante città italiane, oltre a quelle che ho citato prima, anche: Milano, Torino, Roma, Palermo e Genova. Un risultato impressionante. Quanto lavoro ha alle spalle?

Ci sono due mostre permanenti: una al teatro Bellini e un’altra al Nuovo Teatro Sanità. “Io penso che … “ funziona per un semplice motivo: il pensiero è ovunque, non è legato ad un singolo luogo. Non ho mai amato la territorialità, non mi sono mai sentito solo partenopeo, quanto piuttosto un cittadino italiano o, volendo enfatizzare, un cittadino del mondo (sorride). La territorialità fa sì che le cose vengano fatte esclusivamente “di pancia”. Sarebbe necessario invece ragionare con la mente, il cuore e la pancia. Solo così si crea un qualcosa che può essere usato e che non sia legato ad un contesto. Con questo foto progetto siamo stati a Londra, Madrid, Berlino e Monaco. Abbiamo studiato i pensieri degli italiani che vivono all’estero.

Il lavoro alle spalle è immenso. Un grazie va ovviamente ai ragazzi che lavorano con me. Sono tutti incredibili, soprattutto Guglielmo Verrienti e Mario Falco, che sono amici da una vita e mi danno una mano in maniera assidua.

A tal proposito: questo è il sito del nostro progetto: http://www.iopensoche.altervista.org/

Il pensiero n.499 vede come protagonista proprio te

Questa foto è stata scattata da Federica Cilento. “Io penso che … bisogna capire per cosa vale la pena attendere” che è poi il mio modus vivendi. E’ una frase ricorrente nella mia vita: spesso mi sono ritrovato a dover capire per cosa valesse la pena attendere. Il che, nel tempo, mi ha reso molto paziente. Prendo le cose a mano a mano, così come vengono. Cerco di concentrarmi su ciò che mi sono prefissato; non mi arrendo facilmente. Se hai la pazienza di coltivare le cose, ottieni i giusti frutti.

“Io penso che …” è sicuramente un gran bel lavoro di gruppo. Quali sono gli altri membri dello staff?

Marco Rinaldi (Palermo), Anna Rita Cattolico (Roma) Eleonora Litta (Firenze) Baldassare Tudisco (Torino), Jacopo Ardolino (Milano) e Roberto Palombo (Genova). Poi c’è la “squadra napoletana”, come la chiamo io: il fotografo Guglielmo Verrienti, il web master Mario Falco, la video maker Linda Russomanno e la fotografa e press office Federica Cilento. Come già dicevo prima, soprattutto Mario e Guglielmo sono dei collaboratori incredibili, oltre che amici fraterni.

Io mi occupo di cinema. La fotografia e il cinema hanno tanto in comune, essendo due meravigliose forme d’arte. Qual è il film della tua vita?

“The terminal” con Tom Hanks. In questo film lui interpreta un uomo che cerca di comunicare, di farsi comprendere, nonostante le difficoltà iniziali. Anche io sono così, in alcune occasioni. Per errore mio, forse, o per sensibilità differenti. Il problema spesso è proprio questo: la capacità di sentire. Non tutti ne sono in grado, ne hanno voglia. A volte è necessario trovare delle nuove chiavi di lettura per interagire con le persone. Con altri, invece, tutto è più spontaneo, immediato. Quando accade, è una cosa meravigliosa.

Cosa dobbiamo attenderci da Emilio Porcaro per questo 2017?

Spero tantissime cose. Il progetto “Io penso che …” proseguirà ancora a lungo; lo affronto con grande passione, con un gruppo davvero coeso e compatto. Mi auguro di fare ancora tante mostre e di far capire alle persone che è importante essere se stessi. Questa è l’unica chiave che permette di andare avanti. Non sono un Guru e non mi reputo tale, sia chiaro, però con questo progetto posso non solo donare, ma anche ricevere dagli altri. Un interscambio necessario per crescere, ascoltando storie sempre diverse.

 

Fatti una domanda e datti una risposta …

“Perché continui a fare tutto questo?” “Perché, nonostante tutto, ne vale davvero la pena!”

Prima di salutarci, Emilio mi chiede se può scattarmi una foto da inserire nel progetto. Accetto con entusiasmo e molto piacere. “Sai già cosa scrivere?” mi chiede. Ci penso un attimo, prendo in mano un pennarello di colore blu e completo la frase “Io penso che … cadere, farsi un po’ male e rialzarti (un po’) più forti di prima … sia l’essenza della vita!”

Ph. Daniela Affinito

Emilio Porcaro: l’acchiappapensieri was last modified: maggio 6th, 2017 by L'Interessante
6 maggio 2017 0 commenti
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Qetography
CulturaIn primo piano

Qetography: tutti per uno

scritto da L'Interessante

Qetography

“Nella fotografia esistono, come in tutte le cose, delle persone che sanno vedere e altre che non sanno nemmeno guardare.” (Nadar)

Un instante, un attimo, una frazione di secondo. E’ questo ciò che uno scatto può cogliere, mostrare e rendere indelebile. Anche un silenzio può dire qualcosa così come un fiume o un fiore, basta saper aspettare il momento giusto. E scattare.
L’arte della fotografia è questo, rendere speciale anche ciò che agli occhi di molti può sembrare banale o scontato.
No, come in tutte le cose è necessario fermarsi a guardare, a studiare con occhi curiosi, ad interpretare.

Nasce così QETOGRAPHY, un evento organizzato dalla Qeto, organizzazione salernitana che si occupa di organizzare eventi sul territorio per favorire lo spirito di aggregazione

Qetography permetterà, il 21 Aprile 2016, a tutti i fotografi professionisti e non di esporre i propri lavori all’interno della villa comunale di Fisciano. Partecipare è molto semplice: si possono consegnare massimo 3 foto in formato A4 entro il 19 Aprile presso la stessa villa o direttamente agli organizzatori.
Un’opportunità certamente da cogliere soprattutto per chi vuole farsi conoscere e far conoscere i propri lavori.

L’Interessante a questo punto, non può che augurarvi buona fortuna!

Maria Rosaria Corsino

Qetography: tutti per uno was last modified: aprile 14th, 2016 by L'Interessante
14 aprile 2016 0 commenti
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Storie di Napoli e dintorni
CulturaEventiIn primo piano

Storie di Napoli e…dintorni

scritto da L'Interessante

Storie di Napoli

Tornano gli eventi targati The Dreamers, con una serata unica nel suo genere.
Fotografi, scrittori e musicisti, appartenenti a mondi completamente differenti, si uniranno con unico scopo, quello di raccontare attraverso le proprie opere Napoli e le sue vicende.

A fare da sfondo a questa mostra sarà Villa Cicala, teatro già di numerosi eventi dell’associazione nel passato, sita a Melito di Napoli in via Aldo Moro, trasformata per l’occasione in un vero e proprio museo con sale organizzate e differenziate una dall’ altra.

Presente inoltre un punto ristoro, con aperitivo, durante il quale avremo la possibilità di scambiare una chiacchiera con i nostri amici e con gli artisti partecipanti alla mostra.

Tutto questo il nove aprile, per condividere insieme l’ennesima serata all’ insegna dei sogni, nostri e della nostra città.

Storie di Napoli: la scaletta


Di seguito il programma suggerito della mostra, ricordando agli ospiti però, che tutte le sale saranno aperte durante l’intera durata dell’evento:

Ore 16:00
1. Inizio mostra fotografica a cura dei ragazzi di Storie di Napoli e di Vincenzo Cicala.
2. Inizio mostra d’arte a cura di Lucrezia di Fiore.

Ore 19:00
Presentazione del libro “Storie di Napoli”, edito da Spazio Cultura Italia, con l’intervento di Mimì De Maio, presidente della casa editrice, e gli autori dell’opera.

Ore 20:30
Inizio aperitivo.

Ore 21:00
Esibizione musicale della neonata band “Pretesti”.

Ore 22:00
Djset/afterparty con musica anni 70/80.

——–
Ricordiamo che l’evento sarà a sfondo benefico e non a scopo di lucro.
Pertanto gli ospiti saranno invitati a rilasciare una donazione a partire da 5€.

Per qualunque info o chiarimento sull’ evento potete contattarci alla nostra pagina Facebook o all’indirizzo email thedreamersmelito@gmail.com – cell. 3463995664

In collaborazione con:
Spazio Cultura Italia, Suburbio.it, “Il Fornaio” di Aldo Pagliuca, l’enoteca “Il Vinaio” di Davide Pellecchia

Storie di Napoli e…dintorni was last modified: aprile 7th, 2016 by L'Interessante
7 aprile 2016 0 commenti
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