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Gomorra

Gallo
CinemaCulturaIn primo pianoTeatroTv

Gianfranco Gallo: un artista 365 giorni l’anno

scritto da L'Interessante

Gallo

Di Christian Coduto

Questo incontro mi incuriosisce.

Mi ha sempre affascinato il confine tra la realtà e la finzione.

Se facessi riferimento solo ai ruoli che ha interpretato, sarei tentato (superficialmente) di classificarlo come “cattivo e antipatico” … ma, d’altro canto, è in casi come questi che ci si rende conto se il lavoro di attore è fatto bene, in maniera magistrale: quando provi rabbia nei confronti di un personaggio sul grande schermo, significa che l’artista è riuscito a dargli la giusta connotazione.

Lo scoprirò presto…

Gianfranco Gallo mi accoglie con un bel sorriso e mi stringe la mano in maniera cordiale. Ha uno sguardo molto profondo, attento. Eppure trapela una leggera riservatezza.

Gianfranco Gallo risponde alle domande de “L’interessante”.

Chi è Gianfranco Gallo?

Un artista 24 ore al giorno per 365 giorni all’anno, un padre di due figlie bellissime, Bianca e Greta, un amico di Fox il mio Spitz … una persona leale, onesta, a volte dura come dura è la realtà, di certo troppo dura con se stessa. Una persona che ha sbagliato come tutte, che come tutte le persone ha sofferto e che per la legge della vita avrà fatto soffrire qualcuno, ma che è capace di slanci di affetto che nessuno sospetta se non chi la conosce davvero. Amo per sempre ma so anche cancellare per sempre.

La sua prima risposta mi lascia di stucco: il suo pensiero è lì, offerto senza fronzoli, immediato. Non vuole apparire perfetto, perché la perfezione non esiste. E’ un personaggio del mondo dello spettacolo, lo sappiamo, ma è soprattutto un essere umano. Il suo amore per il suo cagnolino è la dimostrazione di un animo buono.

Quando hai capito che la recitazione avrebbe fatto parte della tua vita?

Da sempre, con mio padre cantante ed attore e mia madre attrice, lo spettacolo in qualche modo è stato parte della mia vita. Poi verso i 15,16 anni capii che sarei stato dalla parte illuminata dai riflettori. In realtà avevo avvertito da subito la necessità di dovermi esprimere, ero timido e introverso, per questo a 10 anni scrivevo poesie. Ho sempre scritto, poi ho cantato, recitato, scritto commedie, testi drammatici, ho fatto quello che ero e oggi sono quello che faccio.

“Timido, introverso” … appunto. L’arte come autoanalisi, come via di uscita da una piccola chiusura caratteriale.

Attore, regista, autore … ti cimenti anche nel canto durante i tuoi spettacoli. Gianfranco Gallo è un artista completo. Hai fatto tanta gavetta, un termine ormai sconosciuto ai più. Al giorno d’oggi, partecipi ad un reality in cui raccogli pietre in Nicaragua e diventi protagonista di 15 serie tv e altrettanti lungometraggi. Non credi che questo sia un processo di involuzione culturale?

 

Io ho cominciato come cantante di Roberto De Simone, uno dei personaggi di maggior spicco della cultura musicale internazionale degli anni ’80, ma poi mi sono espresso in tante altre forme. Dipingo anche, con le mani, senza pennelli, forse roba strana ma se ne sento il bisogno lo faccio. L’involuzione culturale è stata dettata dal mercato: dalle TV commerciali in poi c’è stata una gara verso il basso, l’artista oggi spesso non si differenzia dal pubblico che lo guarda. In certi show, ad artista e pubblico puoi scambiare i ruoli e nessuno se ne accorge … l’artista, a mio giudizio, dovrebbe indicare qualcosa a chi lo segue da una poltrona con la testa in su.

Hai spesso interpretato magnificamente dei ruoli da cattivo. Quali sono i pregi ed i difetti del dare vita a personaggi “antipatici”?

Cerco sempre di variare quella cattiveria di cui parli. Come attore sono pignolo e i personaggi non sono mai gli stessi se li affronti facendogli e facendoti mille domande. La psicologia dei personaggi è tutto. I “cattivi” comunque difficilmente li dimentichi … il difetto, se di difetto si può parlare, sta nel fatto che se fai il cattivo per la maggior parte dei casi sarai sempre l’antieroe.

Lavori spesso con tuo fratello Massimiliano. Quanto è importante, per la riuscita di un progetto, di uno spettacolo, l’empatia che si viene a creare?

Fuori dal palco sarebbe indispensabile ma si sa che a volte c’è e a volte no. Per quel che vede il pubblico invece, l’empatia ormai siamo in grado di crearla per l’occasione e di metterla a disposizione di chi la vuole trovare, quando vogliamo noi. E’ un bene, alla fine il nostro è un mestiere.

In “A Sud di New York” sei stato diretto da Elena Bonelli. Pensi che ci siano differenze, in termini di sensibilità, quando alla regia c’è una donna?

Con lei è stato un breve incontro, mentre con Francesca Comencini quest’anno ho girato tanto e devo dire che la differenza la noti: Francesca è eccezionale, lei non scinde mai la donna dalla regista e dunque il set acquista una sensibilità, una dolcezza, un mood unici. Anche se è una tosta … ma le donne sono così. Io la adoro.

 

Hai lavorato in “Un posto al sole”. Come vivi le esperienze del tubo catodico? Ci sono i puristi che storcono un po’ le labbra quando si parla di televisione …

Sì sono stato Rocco Giordano per più di un anno e mezzo, poi ho recitato ne “La Nuova Squadra”, ne “Il Clan dei Camorristi” e poi in “Don Matteo”, “Sotto Copertura”, “Squadra Mobile” e da due anni sono nel cast della serie che i giornali americani hanno reputato la terza a livello mondiale: “Gomorra”. Recito il ruolo di Giuseppe Avitabile, suocero di Genny che nella terza stagione da novembre su Sky, avrà un ruolo fondamentale. Questo per dire che non c’è una sola TV, io le ho frequentate un po’ tutte. C’è quella fatta bene, meno bene o benissimo. “Gomorra” ad esempio per tempi, professionalità, organizzazione, regie, sceneggiature, direttori della fotografia e quant’altro non ha nulla di diverso dal Cinema. Fatto sta che la TV ti da la popolarità che il grande schermo non offre soprattutto in quest’epoca. I grandi investimenti sono per le serie, per questo molti grandi attori e molti grandi registi sono passati a fare TV, secondo me è un bene perché sale il livello della produzione televisiva ed un male perché il Cinema finirà sempre di più per essere un’esclusiva di chi fa botteghino senza necessariamente fare Arte, anzi.

C’è un ruolo che vorresti interpretare e che non ti hanno ancora offerto?

In Teatro Cyrano e Shylock de “Il Mercante di Venezia”, al Cinema mi piacerebbe interpretare invece un personaggio complesso tipo Hannibal Lecter o all’opposto, una figura come quella di Padre Pio, caratteri diversissimi ma intriganti, contorti, da studiare per mesi e restituire poi agli spettatori secondo la mia sensibilità.

 

Un dualismo interessante: gli estremi che affascinano. Sono sicuro: darebbe vita a due personaggi altrettanto indimenticabili.

Domanda multipla: ultimo film visto al cinema, ultimo cd acquistato, ultimo libro letto, ultimo spettacolo teatrale al quale hai assistito.

Al Cinema “Indivisibili” dove sono Don Salvatore … dopo la vittoria al Festival di Venezia, del settembre 2016, avrò assistito come ospite ad una decina di proiezioni ed in estate non c’è stata arena che non lo abbia proiettato; la più bella è stata quella dell’isola di Tavolara in Sardegna per il Festival del Cinema organizzato dal Piera Detassis, direttore di Ciak: uno scenario unico, da sogno, da film appunto. Per i CD sono un pirata on line ma non lo dire in giro (ridacchia), faccio le mie selezioni. Sto leggendo un libro su Charlie Chaplin. Per quanto riguarda l’ultimo spettacolo teatrale non ricordo: il Teatro non mi attira molto in questo periodo. Certamente sarà stato uno spettacolo in uno dei quei piccoli teatrini anche in provincia dove vado spesso, che non fanno pubblicità perché non hanno i soldi ma dove si fanno messe in scena con un senso ed una motivazione.

Cosa dobbiamo attenderci da Gianfranco Gallo?

Se ve lo dice avvisatemi.

Ride di gusto. Ha un’ironia educata, mai sopra le righe. Un giusto equilibro tra la sua riservatezza e il suo lavoro, che comporta inevitabilmente un continuo contatto, continue interazioni con le persone.

Ed ora marzulliamo un po’: fatti una domanda e datti una risposta

Perché hai rilasciato un’altra intervista? Perché non erano le solite domande.

Gianfranco Gallo mi saluta così: con una risposta del tutto inaspettata (e gradita).

Che dite, è davvero così malvagio come appare al cinema e in televisione?

Ph: Spectra

Gianfranco Gallo: un artista 365 giorni l’anno was last modified: agosto 21st, 2017 by L'Interessante
21 agosto 2017 0 commenti
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Elena
CulturaIn primo piano

Elena Starace: un’attrice alla ricerca di sé, attraverso l’infinito

scritto da L'Interessante

Elena.

Di Christian Coduto

La prima volta che ho visto da vicino Elena Starace è stato al cinema: era intenta a sgranocchiare allegramente dei nachos nei pressi della sala in cui avrebbero proiettato il film

Conoscevo le sue belle qualità di attrice grazie alla sua partecipazione in diversi progetti televisivi ed ero rimasto incantato da quegli occhioni così buoni ed espressivi, circondati da una massa deliziosa di riccioli biondi. Vuoi per timore, vuoi per imbarazzo non mi avvicinai per salutarla. Si accostò, invece, una ragazza che, con fare vivace la riempì di complimenti. Vederla arrossire e chiedere scusa perché non poteva darle la mano a causa delle mani sporche di ketchup me la fece apparire immediatamente simpatica. Una diva a misura di essere umano.

A mano a mano le cose sono cambiate: ho avuto l’onore di vedere Elena sul palco in diversi spettacoli e di averla come ospite nella rassegna di cinema indipendente italiano di cui sono direttore artistico: l’Independent Duel.

E quello sguardo così pulito non l’ha perso mai.

E’ una bella mattinata di febbraio; ci incontriamo nei pressi di un bar rumorosissimo. Mi viene incontro con un bel sorriso stampato sul viso. La osservo sorpreso: ha cambiato il colore dei capelli! “Per esigenze di copione in questo periodo sono rossa. Mi piace cambiare, trasformarmi”, rivela.

Mentre prenotiamo da bere, noto la sua postura: piacevole, garbata, aggraziata. E’ vestita in maniera semplice, ma potrebbe indossare qualsiasi cosa, risultando sempre elegante.

 

Elena Starace si racconta in un’ intervista

D: Allora … eccoci qui (sorride). Iniziamo con una domanda facile facile: chi è Elena Starace?

R: (Spalanca gli occhi) Eh, mica è così semplice questa domanda, sai? Dunque: sono una figlia, una sorella e una zia.  Amo la vita e soprattutto viaggiare. Se fosse per me, starei sempre in treno. Figurati che una mia amica rumena, in uno dei miei tanti momenti di assenza e di distrazione, da lontano mi disse unde esti, cioè dove sei? Questa frase mi è piaciuta così tanto che ho deciso poi di tatuarmela perché mi rappresenta al meglio; sento spesso di essere da un’altra parte rispetto alla situazione che sto vivendo. Nonostante questo, però, riesco sempre a vivere le cose in pieno e cerco di trarne sempre il meglio.

D: Artisticamente, sei nata come ballerina di danza classica e jazz. Come ha avuto inizio l’amore per la recitazione?

R: E’ iniziato a 12 anni per superare la mia timidezza e anche per curiosità: Giovanni Compagnone aveva organizzato un corso di recitazione a Capua, nel meraviglioso teatro Ricciardi. Per ironia della sorte, ho ritrovato poi Giovanni dopo molti anni e abbiamo deciso di collaborare. Abbiamo iniziato con il grande Eduardo e proseguiremo sicuramente con Eduardo; il nostro viaggio ci ha portato fino in Puglia, un’esperienza bellissima. Una compagnia molto affiatata, molto unita quella dei Qua..si teatro. Nei primi periodi ho proseguito questa nuova passione parallelamente a quella per la danza classica, poi ho fatto una scelta. Insieme ai ragazzi del Teatro Serra, uno spazio aperto da pochissimo a Via Diocleziano a Fuorigrotta, sto preparando invece una versione napoletana de “I miserabili”, in cui interpreto Santina e Cosetta, due personaggi molto diversi tra loro. E’ un teatro off, molto intimo. Saremo in scena il 18 e il 19 febbraio, vi aspetto!

D: La danza classica ha delle regole molto ferree, molto precise. Credi che ti abbia donato la costanza necessaria per affrontare questo tipo di lavoro?

R: La costanza, no. Io non sono una persona costante, persino emotivamente. Questo è un mio difetto. Certo, sono molto seria: se prendo un impegno, lo porto sicuramente a termine. La danza classica mi ha dato una grande formazione fisica; è come se mi avesse modellato il corpo, la maniera di muovermi, la maniera di camminare. Il portamento, insomma. Mi ha fatto capire l’importanza delle piccole cose che formano l’insieme. Intendo: lavori tutti i giorni su una cosa, che è un piccolissimo elemento facente parte di un insieme perfetto, l’importanza del dettaglio.

D: Il tuo esordio, nel 2012, è all’insegna di un grandissimo successo con “Benvenuti a tavola” (e relativo seguito l’anno successivo) in cui reciti accanto al fianco di Giorgio Tirabassi e Fabrizio Bentivoglio …

R: Un’esperienza che mi ha catapultato nel mondo della televisione, del cinema, degli attori VERI. Io, piccolissima, accanto ad attori bravissimi. E’ stato davvero bello prendere a questo progetto. Ho imparato tanto. E’ stata una produzione importante, parliamo di Taodue e Canale 5. Se tornassi indietro, lo rifarei altre mille volte. Avrei voluto che la serie continuasse per altre 10 stagioni! Amavo molto il personaggio di Giovanna Perrone che, tra le altre cose, proprio nel corso della seconda serie era stato sviluppato in maniera interessante. Conservo ancora degli ottimi rapporti con gli attori del cast.

D: A tal proposito … che rapporto hai con la cucina? Sei una buona cuoca?

R: Mm no! Però sono una buona forchetta! (ridiamo) Assaggerei di tutto, tranne le cavallette. Amo la cucina thailandese, quella giapponese e quella greca. Utilizzatemi come assaggiatrice ufficiale!

D: Un’altra serie alla quale so che sei molto legata è “Per amore del mio popolo” …

R: Uh a proposito: amo anche queste (il cameriere ha appena portato un vassoio di patatine). Allora …  sono molto fiera di aver preso parte a questa operazione. Antonio Frazzi è un grande regista, che ha voglia di raccontare in maniera pulita e potente, incisiva. La distinzione netta tra il bene e il male. Il suo Don Diana è un eroe, un ribelle, un rivoluzionario. E io adoro i ribelli!

D: Ed ecco, quindi, “Gomorra – la serie” … un vero e proprio caso a livello mondiale …

R: Sì, lo è stato e lo è ancora (mentre parla, autografa il box della prima stagione che le ho porto). Non poteva essere altrimenti, è un’operazione titanica.

D: Siete rimasti sorpresi del successo?

R: Oddio no! Durante le riprese della prima stagione, si sentiva già nell’aria di far parte di una cosa enorme. Era una scommessa, però c’era così tanta potenza e perfezione intorno, non poteva che risultare bellissimo. Tra le altre cose, Stefano Sollima proveniva da enormi successi, quindi la cifra stilistica era riconoscibilissima. E’ un regista geniale. La mia  Noemi forse avrebbe potuto avere più spazio, ma il focus era ovviamente un altro: al di là di Imma Savastano (interpretata da Maria Pia Calzone) le donne sono leggermente di contorno.

D: Ti va di parlarci di “Limbo” in cui sei stata diretta da Lucio Pellegrini, dopo “Benvenuti a tavola 2”?

R: “Limbo” è stato inaspettato e molto piacevole. Ho fatto il provino, ma è stato l’unico caso in cui sono stata chiamata dal regista. Mi ero trovata benissimo ad essere diretta da Lucio, che per questo ruolo aveva in mente proprio me. Un ruolo piccolo, ma molto forte. Ho lavorato accanto a Kasia Smutniak, che è meravigliosa, di una dolcezza e di una bellezza incredibili. Era tutto condensato, durante la sequenza di un battesimo. Il mio personaggio, Imma, era una vedova consapevole del fatto che il marito fosse stato innamorato di Manuela, il personaggio interpretato appunto da Kasia. Quindi un dolore misto a rabbia e rimpianto perché le ultime parole che aveva detto al marito, prima della sua morte, erano state distruttive. Imma fa un gesto bellissimo, durante la cerimonia: quello di dare il bimbo in braccio alla donna che il marito ha amato. Vedi? A volte, dei piccoli ruoli, nascondo un intero universo.

Parla di attori importanti con i quali ha lavorato, ha preso parte a progetti di successo … snocciola simpatici aneddoti come se fosse la cosa più naturale del mondo. Non c’è alcun segnale di ansia da protagonismo. La immagini serena. Eppure il suo sguardo lascia intravedere qualche segnale di insofferenza. Quasi come se stesse pensando a cosa fare per potersi migliorare.

Trovare una chiave di lettura.

Una ricerca di sé.

Chissà dove la sta portando la sua mente in questo momento.

Nasconde un animo molto forte, ma anche una profonda malinconia. Quegli occhi non mentono.

D: Sei un volto molto noto al pubblico di Raitre, grazie alla tua partecipazione alla serie “Un posto al sole”, che ha un successo che prosegue, costante, da tanti anni …

R: 20 anni! Entri lì ed è tutto stranissimo, perché è come attraversare la soglia di un altro universo. E’ stata una sorpresa: io sono arrivata lì e ho pensato che, entrando in una struttura così collaudata, non sarei riuscita ad integrarmi. Invece tutti sono stati carinissimi, mi hanno messo a mio agio, aiutandomi persino ad orientarmi negli studi. Devi sapere che io ho un senso dell’orientamento pessimo! Figurati che, una volta, sono andata in giro per la Rai con l’accappatoio di scena e le ciabatte perché avevo sbagliato strada! Dovevo scendere solo una rampa di scale e invece ho attraversato tutta la Rai! La gente mi guardava e rideva … anche perché, diciamocelo, quell’accappatoio era orribile (scoppiamo a ridere). Passai davanti agli uffici, gli impiegati in giacca e cravatta … una figuraccia! Però, con una faccia tosta, che normalmente non ho, proseguii fiera, come se avessi indossato il vestito di uno stilista famoso nel mondo. “Un posto al sole” lo rifarei mille volte anche perché ha una struttura ed un ritmo molto veloci.

D: E poi c’è tanta professionalità: continuare, con una certa prolificità, a scrivere una sceneggiatura che si evolve in base a ciò che avviene fuori, nella vita di tutti i giorni, non è facile …

R: Ecco, proprio per questo prima facevo riferimento ad un sistema dinamico, che tende al miglioramento. C’è stata sicuramente un’evoluzione nel corso degli anni, in base agli sviluppi tecnologici e ai nuovi mezzi a disposizione. C’è una continua ricerca, si aggiornano. Sono protesi alla perfezione.

D: Nel 2016 partecipi al film “Vita cuore battito”, che sbanca i botteghini italiani … (nel frattempo metto sul tavolino il dvd del film)

R: (Mi guarda divertita). Ok, adesso ti firmo anche questo! Allora … Un cameo divertente! Tutto molto colorato e colorito. Ho avuto la fortuna di conoscere Miriam Rigione, che è una ragazza simpaticissima. Un prodotto carino, intessuto di tanta napoletanità. So che è piaciuto tantissimo ai più piccoli, che ovviamente seguono gli Arteteca in tv nel programma “Made in Sud”.

D: Sei la protagonista di “Road to Calessi” di Marco Sommella, un film completamente indipendente. Il progetto non è ancora uscito nelle sale, puoi darci qualche anticipazione?

R: E’ un thriller. Scritto molto bene, a mio avviso, ed interpretato altrettanto bene. Ho apprezzato la location: nei boschi al confine tra il beneventano e il Molise, una zona meravigliosa. Abbiamo girato in estate, si stava molto freschi. A livello umano, un’esperienza positiva: si era creata una sorta di comunità agreste … era uno spasso mangiare, ad esempio, il caciocavallo sull’erba come se stessimo facendo un picnic! Le riprese interessanti. Vorrei tanto vederlo in sala! Affronta un tema molto delicato: quello delle sette, dei sacrifici umani e del plagio di giovani ragazzi da parte di qualche malato di mente che, con una personalità sicuramente forte, riesce a muovere i fili delle vite altrui, fino a spezzarli.

D: Visto che hai così tanto tempo libero, sei riuscita a dedicarti anche alla scrittura!

R: Ma in realtà è la scrittura che trova me, mi trova sempre. Mi sento in debito con lei e anche un po’ in colpa, perché c’è tanto che vorrebbe uscire e io per paura non la faccio uscire. Però non può rimanere lì per sempre, prima o poi esploderà, indipendentemente dalla tua volontà.

D: E quindi è uscito “Anime pezzentelle” …

R: Sì, il mio primo romanzo. E non sarà l’ultimo, perché voglio scrivere e scrivere ancora …. Ma come? Anche questo? (Prende la copia del suo libro che conservavo nello zainetto e mi scrive una dedica molto carina). E’ nato come uno spettacolo di teatro di narrazione, poi mi sono accorta, mentre lo portavo in scena, che avevo bisogno di uno spazio più ampio, di un respiro più ampio rispetto al palcoscenico per i vari personaggi che potevo interpretare. Avevo bisogno della carta, che mi desse il senso dell’infinito a disposizione, per quanto in realtà non è che sia lunghissimo (169 pag. Edizioni L’erudita). E’ un libro che condensa una lunga storia, un lungo percorso di formazione, di crescita personale del personaggio. Ho tentato di raccontare per immagini, come in un film. Mi sono concentrata su quante volte la vita ci costringa a cambiare e come fare per sopravvivere.

Il parlare della scrittura sembra averle dato linfa vitale: la vedo illuminarsi di una nuova luce; la ricerca dell’infinito attraverso la parola è un’impresa ardua, che farebbe paura alla stragrande maggioranza degli esseri umani. Ma lei non ne è spaventata, ha solo l’impressione di non essere all’altezza. Molto pragmatica,  autocritica, ma sognatrice e pindarica allo stesso momento. Una contraddizione affascinante, che è piacevole seguire, ma in cui è facile perdersi.

D: Nel frattempo, sei stata coinvolta nel cortometraggio “La condanna dell’essere”, che verrà proiettato sabato 18 febbraio al Duel Village Caserta …

R: Adriano Morelli, il regista, ha una maniera di raccontare in maniera onesta. Non vuole prendere in giro lo spettatore, non usa filtri, tattiche. E’ molto chiaro nella narrazione degli eventi e nel descrivere i sentimenti. E’ come se guardassi una cosa pulita anche se ti sta mostrando la cosa più sporca, come una perversione ad esempio. Una narrazione che ritorna all’origine. In questo corto ho un piccolissimo ruolo, ma è stato molto carino girare con lui, anche perché da qui è nata una collaborazione per il suo secondo cortometraggio; ancora non ha un titolo preciso, però in questo caso la collaborazione è a livello di scrittura. Non posso spoilerare molto, ma il tema principale sarà quello della ipocrisia.

D: Cinema, teatro, televisione, letteratura e la musica … la tua collaborazione con il pianista Marco Mantovanelli!

R: (Si illumina) Io e Marco, insieme a Luca De Simone, un grande percussionista, stiamo realizzando un progetto di narrazione e musica su “Anime pezzentelle”. Abbiamo preso una linea che possa scivolare e scorrere nel modo migliore possibile e che arrivi all’universale, più che nel dettaglio del fatto in sé, che tocchi l’esperienza che ognuno di noi può aver vissuto in un percorso. Ci rivolgiamo ad un pubblico il più vasto possibile, è un progetto fruibile da tutti. E’ interessantissimo vedere questi due mostri sacri creare in un attimo delle atmosfere, delle musiche. E’ bello perché, grazie al loro costante tappeto sonoro, sembra di vedere un film. Sono entrambi degli sperimentatori, non si limitano alla superficie. La storia parte a Napoli e loro hanno ricreato delle sonorità che rimandano alla classicissima musica napoletana, ma con un’interpretazione molto fresca. Ci siamo anche dati un nome: La logique du phantasme. E’ una definizione di psicologia che ha proposto Luca, che è uno psicanalista. E’ tutto quello che fa parte della tua vita a cui non riesci più a pensare razionalmente, dei traumi per esempio e che, sotto, lavora secondo una logica e ti spinge a fare delle cose. Andando ad analizzare, ci si rende conto che, alla base, sono sempre gli stessi meccanismi che tornano e ritornano. Un fantasma che opera e ti condiziona.

D: Prima di salutarci, una domanda alla Marzullo … anzi, più precisamente: Fatti una domanda e datti una risposta!

R: A quale luogo pensi di appartenere? Sicuramente la campagna. Non abbandonerei mai il mio lavoro, che amo da morire, ma liberarmi da tutti i fronzoli aggiuntivi e dal sistema mi renderebbe felice. Però non lo faccio perché siamo tutti legati ad un sistema che non ci permette di sganciarci. A questo punto mi chiedo: questo blocco che vedo è una scusa perché ho paura oppure è la verità? E secondo me è la prima (sorride).

Be … forse è davvero questa la tua strada: ritrovare le tue radici. Seguire il tuo istinto e dare un (nuovo) stravolgimento alla tua vita. Come già in passato, quando hai appeso le scarpette al chiodo per calcare il palcoscenico, ma per dare stavolta libero sfogo alle tue emozioni più celate, che non riuscivano ad essere espresse. Ti auguro che questo viaggio ti porti lì dove desideri, affinché tu possa trovare una serenità d’animo che ti meriti e che ti renda felice. In bocca al lupo!

Elena

Elena Starace: un’attrice alla ricerca di sé, attraverso l’infinito was last modified: febbraio 18th, 2017 by L'Interessante
18 febbraio 2017 0 commenti
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Gomorra
CulturaIn primo pianoTv

Gomorra: provini e conseguenze

scritto da L'Interessante

Gomorra

La redazione de L’interessante è stata luogo fertile di un esperimento sociologico e antropologico del tutto involontario e sorprendente.

Ci siamo trovati, senza volerlo davvero, o meglio, senza che questo fosse il nostro intento, spettatori di un fenomeno che ci era giunto alle orecchie come possibile, ma che mai avremmo pensato fosse vero in ogni sua descrizione, per nulla esagerato o inventato.

Anche perché, per colpa o per gloria, noi de L’Interessante, la serie Gomorra non l’abbiamo mai vista, non suscitando in noi alcun interesse né lavorativo, né privato. 

Ma i comunicati stampa che giungono in redazione, se di interesse pubblico, li pubblichiamo. E così abbiamo fatto poco più di un mese fa, l’8 Giugno scorso. Abbiamo provveduto, infatti, a pubblicare tramite i nostri canali, un comunicato riguardante i provini della terza stagione della serie più vista e discussa del momento. Ci teniamo a precisare che tale articolo, chiaramente e senza possibilità di equivoci, parlava di una giornata di provini già conclusa, il giorno precedente, e che – almeno in quel luogo – non ce ne sarebbero state altre.

Insomma, un articolo come un altro. Se non per le reazioni che ha scatenato in giro per il web. 

L’effetto Gomorra non si è fatto attendere

Ignorando il fatto che fossimo una testata giornalistica e non un’agenzia di produzione, e anche questo è chiaro alla prima occhiata entrando nel nostro sito, saltando la parte che affermava “i provini si sono tenuti ieri, unica data”, giovani e meno giovani ci hanno contattato – e ci contattano ancora oggi – volendo fissare appuntamenti per sostenere il provino.

Posto che sarebbe bene leggere il testo di un articolo e non solo il titolo, almeno se si ha intenzione di interagire in un secondo momento, il punto non è questo. Quello che ha attirato la nostra attenzione di questo effetto collaterale, è stato il tipo di messaggi che hanno letteralmente intasato le nostre caselle di posta elettronica. 

  • Sono disperato per mio figlio che vorrebbe tentare di far parte di questo casting meraviglioso
  • Ciao mi chiamo Francesco ho 17 anni sono di barra e il mio sogno e entrare nel mondo cinematografico ,nel caso vi rimango il mio numero
  • “SI NU ME CCHIAMMAT VE SVIT A CAP AGOPP O COLL ….. .
    AHAHAHHH. .SCHERZO…ERO GIÀ ENTRATO NELLA PART
  • SAREBBE BELLISSIMO…IL MIO SOGNO NEL CASSETTO…..CONTATTATEMIIIIIIIIIII VI PREGOOOOOOO
  • ciao mi chiamo salvatore e il mio sogno partecipare a questa serie sono del 72 e ho una figura interessante posso partecipare eccome
  • MI CHIAMO CONSIGLIA HO 32 ANNI SONO NAPOLETANA, HO I CAPELLI LUNGHI CASTANO SCURO E OCCHI VERDI E SONO ALTA 169 SPERO DI ESSERE CONTATTATA PER POTER PARTECIPARE

Questi sono solo alcuni messaggi giunti in redazione. Non vogliamo parlare della natura delle candidature che – per forma, lingua e contenuto – lascia molto a desiderare. Ma, ancora una volta, il punto non è questo.

Quello che ci siamo chiesti rimanda ad un altro piano della realtà: i ragazzi che hanno come unico sogno raggiungere fama e successo attraverso Gomorra, sanno di cosa stiamo parlando? Non parlo delle condizioni di vita di alcune zone di Napoli e del casertano perchè, purtroppo, molti di questi ragazzi le conoscono certo meglio di me vivendoci appieno le giornate e, forse per questo, volendo scappare cercando il riscatto del successo.

Parlo del fenomeno Gomorra, di questa pagliacciata che ci ha reso tutti un medesimo personaggio dalle stesse battute, lontanissimi da una realtà che il regista ora e lo scrittore Roberto Saviano in passato, hanno voluto spettacolarizzare per un proprio ritorno economico e di immagine fregandosene di un popolo che a fatica tenta di salvare un briciolo di dignità e rispetto.

Quindi, ragazzi, volevamo dirvi due cose. La prima è un’informazione di servizio: siamo un giornale online. Non organizziamo provini per Gomorra e non abbiamo alcuna informazione a riguardo. La seconda è un consiglio: non cadete nella trappola del fumo negli occhi, perchè di reale queste situazioni non hanno nulla. Amate recitare? Scegliete il teatro vero, il cinema di qualità. Studiate. Studiate non solo recitazione, studiate la storia della vostra città e distaccatevi da queste pantomime strappa soldi a discapito di un mondo che ha le sue difficoltà, che arranca ma che non è Gomorra, non è Roberto Saviano, non è stai senza pensieri.

Mandate questa gente a prendere il perdono dal loro Dio denaro. Voi salvaguardate questa città, questa Italia, questo mondo con l’arte. L’arte vera.

Roberta Magliocca

Gomorra: provini e conseguenze was last modified: luglio 17th, 2016 by L'Interessante
17 luglio 2016 0 commenti
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fiore
CinemaCulturaIn primo pianoTv

Fiore. Claudio Giovannesi da Gomorra al Duel Village

scritto da L'Interessante

Fiore

Claudio Giovannesi da Gomorra al Duel Village

Il regista in sala per presentare il film: Fiore

Venerdì 10 giugno alle ore 21.00  in via Borsellino a Caserta

Il regista Claudio Giovannesi sarà al Duel Village di Caserta venerdì 10 giugno alle ore 21 per presentare la sua nuova opera Fiore. Il film è il racconto del desiderio d’amore di una ragazza adolescente e della forza di un sentimento che infrange ogni legge. Presentato all’ultimo Festival di Cannes nella sezione Quinzane des Réalisateurs, Fiore , sceneggiato dal casertano Filippo Gravino, è interpretato da Valerio Mastandrea e da due giovani esordienti che colpiscono per immediatezza e carisma. La protagonista femminile Daphne Scoccia sarà presente in sala, al fianco del regista, per rispondere alle domande del pubblico . Il suo personaggio è particolarmente complesso. Un vero e proprio gatto selvatico con alcuni precedenti alle spalle, una madre assente e un padre amorevole ma inadeguato che ha conosciuto da vicino la galera. Dafne vive alla giornata, e anche in riformatorio afferma la sua indole ribelle. Ma è anche una creatura profondamente sensibile, capace di profonda compassione e di quella solidarietà umana che nei suoi confronti è quasi sempre mancata. Un film che racconta ‘gli ultimi’ e che ha conquistato pubblico e critica consacrando il talento di Giovannesi che si era già fatto notare al cinema con ‘Alì ha gli occhi azzurri’ e in tv con la serie Gomorra 2 , sua infatti la direzione degli ultimi due episodi in onda.

Fiore. Claudio Giovannesi da Gomorra al Duel Village was last modified: giugno 8th, 2016 by L'Interessante
8 giugno 2016 0 commenti
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Gomorra 3: i casting al Duel Village

scritto da L'Interessante

Gomorra

Gomorra. Ieri mattina in via Borsellino i provini per la nuova stagione della serie tv

Al Duel Village di Caserta ieri mattina si sono svolti i provini per Gomorra 3. Ci hanno provato in trenta. Attori professionisti e non. Si sono calati nel ruolo di Giovanni oppure di Eduardo (a seconda della parte che era stata loro assegnata), due nuovi personaggi che il pubblico di Gomorra potrà seguire nella terza stagione della fortunata serie televisiva venduta in tutto il mondo. Bocche cucite da parte della produzione sulle nuove scene da girare così come su tempistica e location, pochi indizi anche su questi due personaggi. Agli aspiranti protagonisti dei nuovi episodi sono state affidate infatti poche battute che poco o nulla svelano su quanto accadrà nelle nuove puntate. Grande la soddisfazione del titolare del Duel Village, Silvestro Marino, che ben volentieri ha messo a disposizione le sale del cinema per i casting. ‘Il Duel Village – ha dichiarato – si rivela ancora una volta un valido punto di riferimento per le produzioni cinematografiche e televisive. Siamo da sempre aperti a tutte le iniziative che coniugano l’amore per la settima arte con la valorizzazione dei talenti. Speriamo di poter portare avanti questa collaborazione con l’auspicio  che possa tradursi in futuro in un appuntamento stabile’.

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8 giugno 2016 56 commenti
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