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Tag

Terrorismo

Londra
AttualitàCronacaIn primo piano

Londra: attacco al Parlamento

scritto da L'Interessante

Londra

Di Carmen Giaquinto

Mercoledì 22 marzo, ore 15:30 locali. Nei pressi del Palazzo di Westminster, sede del Parlamento britannico, si è scatenato il panico che ha riportato la memoria indietro di un anno, agli attentati alla metropolitana e all’aeroporto di Bruxelles o a dodici anni prima, quando proprio nel metrò di Londra, si consumò l’attacco dei kamikaze islamici. Stavolta un uomo, a bordo di un’automobile Hyundai i40, è salito, all’improvviso, sul marciapiede adiacente al Parlamento, falciando le persone che a quell’ora sono come sempre numerose. Dopo essersi schiantato contro una cancellata laterale, l’uomo è uscito dall’auto, armato di uno o più coltelli: ha cominciato a correre verso l’ingresso del Parlamento ed ha accoltellato un poliziotto che si trovava nel perimetro del Palazzo, prima di essere colpito e ucciso da alcuni colpi di arma da fuoco sparati dalla polizia. Oltre all’assalitore e al poliziotto, hanno perso la vita anche un uomo di cinquant’anni ed una donna di quaranta, mentre il bilancio dei feriti è di almeno quaranta persone, tra cui due italiane. La polizia di Londra, Scotland Yard, ha affermato di conoscere l’identità dell’uomo che ha compiuto l’attacco ma non l’ha ancora diffusa, mentre ha smentito si tratti di Trevor Brooks, noto come Abu Izzaden, ancora in carcere. L’uomo, portavoce degli estremisti islamici in Gran Bretagna e considerato un “predicatore d’odio”, è arcinoto all’intelligence britannica dal 2006. Finora non ci sono ancora state rivendicazioni da parte dell’Isis, se non le solite “esultanze” su alcuni siti jihadisti (“Sangue al sangue”; “vendetta” per i bombardamenti britannici su Mosul).

 

 

 

La reazione di Londra

La prima reazione si materializza all’indomani dell’attentato con una serie di blitz portati avanti tutta la notte in ambienti considerati vicini al radicalismo islamico, che hanno portato a ben sette arresti tra Londra e Birmingham, dove l’attentatore avrebbe noleggiato il suv, notizia diffuse poche ore dopo dalla Bbc.

 

 

Solidarietà per Londra

Non sono mancati, come al solito, messaggi di sostegno da tutto il mondo. Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, parlando con il primo ministro britannico Theresa May, ha garantito «piena collaborazione e sostegno del Governo Usa nella risposta all’attacco e per portare i responsabili davanti alla giustizia». Ha, inoltre, lodato l’efficacia della reazione delle forze dell’ordine e dei servizi di soccorso. Le autorità francesi hanno fatto sapere che in segno di solidarietà le luci della Tour Eiffel si spegneranno a mezzanotte. «Dobbiamo capire che il terrorismo riguarda tutti noi e la Francia, colpita molte volte, sa quanto il popolo del Regno Unito soffre oggi» ha dichiarato il Presidente francese François Hollande. Vicinanza espressa anche dal cancelliere tedesco Angela Merkel, ferma nella decisione di combattere la piaga del terrorismo insieme a tutte le potenze europee e non.

 

 

 

Londra: attacco al Parlamento was last modified: marzo 23rd, 2017 by L'Interessante
23 marzo 2017 0 commenti
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Trump
AttualitàIn primo pianoPolitica

TRUMP, UNA CONTRADDIZIONE VIVENTE

scritto da L'Interessante

Trump

 

Di Valerio Andalò

Trump, giorno dopo giorno, si sta dimostrando un personaggio esplosivo. Le dichiarazioni contrarie al politically correct e le azioni non convenzionali, ormai all’ordine del giorno, ne fanno una figura più che controversa. Il neo presidente USA non è un uomo “che compone”, non è un abile stratega che cerca di tessere la tela della diplomazia. Piuttosto è una persona che tende a dividere e che pare agire seguendo il motto “o con me o contro di me”. C’è poco da dire, il miliardario datosi alla politica a tempo pieno, o lo si ama alla follia o lo si disprezza. Tuttavia, nonostante questa amministrazione sia alla guida degli Stati Uniti da pochissimi mesi, si notano alcune crepe.

Quattro interrogativi sull’azione politica del presidente Trump

1)   Trump ha deciso di rivedere tutta la parte relativa agli “accordi sul clima” e puntare nuovamente sui combustibili fossili. Ora, partendo dal presupposto che il clima “cambia durante le ere” ma che “anche noi ci stiamo mettendo del nostro per velocizzare questo cambiamento”, una riflessione sorge spontanea: il puntare sui fossili determinerà un aumento dell’effetto serra e dunque un aumento della desertificazione dell’area sub sahariana. Tutto ciò comporterà un aumento esponenziale della migrazione per motivi economici (considerando la mutazione dei territori). Non è un controsenso battersi contro l’immigrazione ma al contempo creare le condizioni affinché il fenomeno aumenti?

 

2)   Trump ha nominato all’interno del suo team governativo personaggi come: Steve Mnuchin (un passato importante in Goldman Sachs), Jay Clayton (potente avvocato di Wall Street) e Rex Tillerson (ad della compagnia petrolifera ExxonMobil). Come si concilia tutto questo con la presunta “vocazione anti establishment” del neo presidente?

 

3)   Trump recentemente ha firmato il decreto con cui è stato vietato l’arrivo di cittadini  di sette Paesi mussulmani (Iraq, Iran, Yemen, Libia, Siria, Somalia e Sudan). Sono esclusi alcuni Paesi con cui la Trump oranization fa affari o è in procinto di firmare accordi. Tra questi ci sono Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti e Libano, da cui arrivarono i terroristi dell’11 settembre 2001. Inoltre, nella lista nera non figurano l’Indonesia (uno dei più grandi stati a maggioranza mussulmana) e il Pakistan, da tempo accusato di sostenere e finanziare il terrorismo e definito da Trump, subito dopo l’elezione, un “paese fantastico”. Ricordiamo che l’attentato di San Bernardino del 2015 fu commesso da una coppia di origini pachistane. Omissioni che per la stampa americana indicano chiaramente un conflitto di interesse. Pertanto, non è una contraddizione sostenere di voler combattere aspramente il terrorismo senza  inserire nella “black list” i principali “stati canaglia”?

 

4)   Trump, come ogni buon reazionario che si rispetti, ha sempre avuto parole di fuoco nei confronti dei “comunisti”. D’altra parte il partito di McCarthy si è sempre dimostrato particolarmente sensibile nella difesa del “Mondo libero dal pericolo rosso”. L’Unione Sovietica  era considerata il male assoluto e non poche volte gli USA intervennero materialmente per cercare di arginare “il diffondersi dell’idea socialista”. Spesso con una politica estera quanto mai bizzarra: tra colpi di stato in Sud America, guerre più o meno incomprensibili (Corea e Vietnam) e finanziamenti ai mujaheddin in Medio Oriente (precursori dell’estremismo islamico). Oggi uno dei principali alleati del presidente statunitense è la Russia. In particolare Trump considera Putin una figura di riferimento, nonostante il leader russo “mostri una gestione tipicamente stalinista del potere”, adeguata ovviamente ai tempi. Senza dimenticare le oscure manovre del Cremlino che pare abbiano “influenzato” il risultato delle ultime “presidenziali”. Non è forse grottesco osservare un’amministrazione legata al “Tea Party” (la parte più reazionaria del partito repubblicano che si identifica naturalmente in Trump) andare a braccetto (per non dire sottomessa) con l’ex spauracchio russo?

Sarebbe bello poter porre queste domande direttamente a Trump o in mancanza al suo staff, nonostante qualche giorno fa il Presidente abbia escluso da un suo breafing i corrispondenti della CNN e del New York Times.

 

 

TRUMP, UNA CONTRADDIZIONE VIVENTE was last modified: marzo 2nd, 2017 by L'Interessante
2 marzo 2017 0 commenti
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Zia Titina e L'Isis Peppe Lanzetta
CulturaIn primo pianoLibri

Zia Titina e L’Isis: Peppe Lanzetta per Tullio Pironti Editore

scritto da L'Interessante

Peppe Lanzetta

Di Roberta Magliocca

Da Napoli in Francia, passando per Vietri sul Mare e la Siria, da Zia Titina a Varoufakis, con Giggino e la Merkel. Un libro che non è un libro, una storia che non è una storia.

“Zia Titina e L’Isis” di Peppe Lanzetta – edito dalla Tullio Pironti Editore – è un sorso d’acqua, che verso le ultime pagine diventa veleno per coscienze aride. 

Giggino l’elettrauto è scuro di carnagione e con la barba nera. Un giorno è lì che fa la spesa quando viene scambiato per un terrorista. Ritenuto potenzialmente pericoloso, viene trascinato in questura: <<Risultava una somiglianza bestiale con un Foreign Fighter che si chiamava Abdul Abdal Abdel Abdol Luigi, nato ad Aleppo e residente a Caivano, in via delle Rose […]>>.

Questo si legge nella seconda di copertina. Da questa breve introduzione e per chi conosce la penna di Peppe Lanzetta, è facile intuire l’ironia di quanto si sta per raccontare, il pizzico di sarcasmo che rende tutto un po’ più irriverente e satirico. Perchè non si può definire comico questo libro. E’, piuttosto, drammaticamente brillante, storicamente vero e purtroppo senza alcuna vena di esagerazione tipica di chi vuole raccontare la realtà facendo sorridere.

E si sorride leggendo queste pagine, a volte si ride davvero. Ma la risata lascia quel retrogusto amaro di verità e tristezza. Quello che si legge, oltre alla storia dello sfortunato Giggino, è la paura post attentati. Charlie Hebdo prima, il Bataclan poi hanno innescato questa bomba chiamata odio in primis, paura subito dopo, diffidenza sempre. Traducendo tutto il mondo in un contesto napoletano euforico e senza filtri, Lanzetta ci serve su un piatto d’argento la nostra incapacità di fidarci, di aprirci e di conoscere. Ci siamo chiusi nella paura e nel luogo comune, dei clichè ne abbiamo fatto posti sicuri dove vivere. E diciamolo, il terrore generale lo si è usato spesso come scusa per giustificare razzismo ed odio, per una lotta tra poveri, per portare voti ad un partito.

Ma nessun dito puntato, nessun giudizio. C’è solo una tenace zia Titina che proprio non ci sta a vedere il proprio nipote in prigione. Ma nelle ultime pagine del libro c’è una guerra nel mondo che non fa ridere. C’è un Natale che commuove. C’è una scelta di vita. 

Zia Titina e L’Isis: Peppe Lanzetta per Tullio Pironti Editore was last modified: settembre 28th, 2016 by L'Interessante
28 settembre 2016 0 commenti
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New York
AttualitàCronacaIn primo pianoParliamone

New York: la vita quotidiana per fare esplodere la paura

scritto da L'Interessante

New York

Vignetta di Giuseppe La Micela

Articolo di Roberta Magliocca

Non è passato molto dall’11 Settembre, da quel triste anniversario che ogni anno ci fa alzare gli occhi al cielo e ci fa ammiccare con sospetto a qualunque aereo voli tra le nuvole. Ma tutti noi, gli americani ancor di più, sanno che l’11 Settebre è data – ormai – tristemente sicura, che il terrore, per essere tale, deve colpirti di sorpresa mentre sei a lavoro, o a casa a guardare la tv o al cinema con gli amici. La paura per essere spaventosa voglia di diventare invisibile deve sorprenderti quando la tristezza è l’ultimo dei tuoi pensieri, per poi diventarne il primo, l’unico, l’inevitabile. E così, mentre pensi che nulla ti può capitare di male perchè non ci sono fucili nei paragi, nessuna arma nucleare, nessuna epidemia che possa contagiarti, capisci che anche una pentola a pressione può minacciare la tua sicurezza. New York ha dovuto fare i conti con una vita quotidiana che può essere messa in pericolo dall’alto e dal basso, da un logico piano di odio e guerra o dalla follia di un pazzo. 

New York: arrestato un sospettato

Ora sembra tutto finito. La polizia ha arrestato un giovane afghano di 28 anni. La paura è passata, per fortuna nessun ferito. Sembra si escluda l’ipotesi “terrorismo”. Ma di certo una cosa l’abbiamo capita: non dobbiamo aspettarci per forza tute mimetiche e un attacco aereo per sentirci in guerra. Non siamo al sicuro. Non più, almeno.

New York: la vita quotidiana per fare esplodere la paura was last modified: settembre 20th, 2016 by L'Interessante
20 settembre 2016 0 commenti
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Nizza
AttualitàCronacaIn primo pianoParliamone

Nizza Turchia: siamo sempre stati in guerra

scritto da L'Interessante

Nizza

Siamo sempre stati in guerra, è la storia a parlare per chi fa fatica ad ammetterlo. La vita non ha mai smesso di rischiare la morte e il mondo si è avvicinato in diverse occasioni alla fine.

 “Stiamo cadendo a pezzi”, di pensieri che assomigliano a parole del genere ne stiamo facendo tanti.  In questi giorni in cui il terrore sembra volersi guadagnare la normalità, sbeffeggiando il futuro, il dramma appare come una galera senza sconto di pena.

La strage di Nizza, prima, e il colpo di Stato in Turchia, poi, conclusosi in breve tempo, ma con addosso il carico di novanta morti, ci stanno facendo esercitare alla paura

Abbiamo cominciato a fare gli addominali quando nel gennaio del 2015 fu attentata la sede del giornale satirico, Charlie Hebdo, a Parigi. In quella occasione morirono dodici persone, che pagarono con la vita lo scotto di fare ironia sul popolo islamico. È seguita  la serie di attentati terroristici di  Novembre , quando, durante un concerto, furono uccisi molti giovani al Bataclan, tra cui l’italiana Valeria Solesin. Da qui, come spesso accade in queste occasioni, giornali, televisioni e social si sono coalizzati in catene che fossero simbolo di pace e traduzione   di tolleranza fra etnie e religioni. La commemorazione, però, dura sempre il tempo di allontanare cattivi pensieri. Tutto, prima o poi, torna a non riguardarci più, almeno fino a quando non si contano nuovi morti e altri feriti.  È bastato  quello che è accaduto giovedì ,14 luglio, a Nizza,a farci ricordare che non è cambiato nulla e che, forse, il Dio in cui crediamo è impegnato a capire fin dove vogliamo arrivare.

Erano le 22:30 quando un camion di grandi dimensioni e di colore bianco ha travolto la folla intenta  a godersi lo spettacolo pirotecnico, messo in scena per celebrare la presa della bastiglia del 14 luglio 1789. Voleva essere un giorno di festa, invece, nel sud del paese, lungo la famosa Promenade des Anglais, si è consumata una carneficina che ha contato più di ottanta  morti, tra cui molti bambini, e più di duecento feriti.

L’attentatore, un trentunenne di origine franco- tunisina, residente a Nizza e pregiudicato per aver commesso reati di piccolo calibro, ha guidato a zig- zag per centinaia di metri, sparando colpi di mitra dal finestrino del furgone, per investire più persone possibili.

A testimoniarlo, anche video amatoriali, girati dai sopravvissuti alla strage  e caricati  in rete, come caramelle al mercato, da più testate giornalistiche, spacciandoli, ovviamente, per notizia. Ma qual è la rilevanza fattiva in un frame che documenta l’emorragia di un corpo esanime? Cosa aggiunge alla tragedia diffondere una foto che ritrae una bambina senza più vita, coperta in volto, con una bambola  al suo fianco? Direi nulla. Ma un clic, per alcuni, vale molto più del cattivo gusto.

Nessuna riserva anche fra l’opinione comune,che grida allo scandalo, perché l’Isis non si sa bene cosa sia, potrebbe essere chiunque il prossimo a farsi saltare in aria in mezzo ad una moltitudine di persone di chissà quale parte del mondo. Dal vicino di auto bus, allo sconosciuto in ascensore. Non ci risparmiamo l’invettiva per nessuna ragione al mondo, perché siamo spaventati, come è  giusto che sia.

 Loro sono i disumani, certo, e noi i buoni che scagliamo mille pietre al minuto.

Posto che la violenza non potrà mai essere giustificata, siamo davvero sicuri, che a prescindere dal folle terrorismo, gli occidentali non abbiano giocato, per troppo tempo, a tirare la corda?

Michela Salzillo

Nizza Turchia: siamo sempre stati in guerra was last modified: luglio 16th, 2016 by L'Interessante
16 luglio 2016 0 commenti
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