canile
Di Luigi Sacchettino
Cari lettori interessati oggi parleremo di canile e dei cani che vi vengono lasciati. Ci riflettevo, poiché in settimana sono stato chiamato per effettuare una valutazione di un soggetto rientratovi all’età di un anno e mezzo. Sì, i proprietari hanno voluto ricondurlo in struttura. Non essendo più in grado di gestirlo.
Il soggetto mostrava evidenti segni di paura, ed è rimasto per tutto il tempo della consulenza in un angolo. Tremante.
I motivi che possono spingere i proprietari a ricondurre un cane in canile sono molteplici; condivisibili o meno, etici o meno, consapevoli o meno, non è il focus di questo articolo.
Vita di canile, per cani di casa
Mi piacerebbe spostare l’attenzione su cosa può pensare e vivere un cane quando si trova rinchiuso in box; magari poche ore prima era al caldo di casa propria.
Se provo a calarmi nei panni di quel cane, la sensazione che subito sento viva nel corpo e nella mente è la reclusione.
Sensazione di smarrimento. Oddio, dove sono? Perché sono qui? Quale reato ho commesso? Io sono innocente. Ci deve essere un errore. I miei familiari arriveranno a breve, e faranno di tutto per farmi uscire di qui.
Paura. Intanto devo cercare di rimanere calmo, non farmi prendere dal panico. Monitorare l’ambiente, le risorse. Cercare di capire come ci si muove. Ho paura, accidenti.
Odori fortissimi. La stimolazione olfattiva è pungente. Gli odori sono pregnanti. C’è odore di stress, misto ad odore di detergente chimico. Le tracce olfattive sono sempre le stesse. Non ci sono odori familiari, né nuovi odori. E’ tutto un nasicare sempre la stessa cosa.
Compagni di cella che non conosco. Forse anche poco accoglienti. Quindi devo stare attento a come mi muovo, devo evitare conflitti perché non ci sarebbero le giuste vie di fuga , ma anche dosare gli evitamenti. Non li ho potuti scegliere. Toccherà indossare qualche maschera.
Condivisioni di pasti. Poco bilanciati ed attenti al mio fabbisogno: mi piacciono o no, è l’unica forma di sostentamento. Figuriamoci l’appagamento del palato e i gusti.
Condivisione degli spazi. Ho bisogno di quell’ora di libertà, ma allo stesso tempo la temo. Tutta questa condivisione con persone che non conosco mi rende suscettibile, in allerta. Si crea un gran caos nel momento dell’uscita. “Guardati il fianco Luigi, lì c’è un posto libero al sole, e delle facce che sembrano meno tensive”.
Noia. C’è poco da fare, avrei bisogno dei miei libri, delle lunghe chiacchierate con gli amici. Del mio cinema il mercoledì.
Freddo. Fa proprio freddo qui; la pioggia a volte arriva a letto. E l’umidità si sente fin dentro le ossa. Ho delle coperte, ma non sono bastevoli.
Sensazione di abbandono. Non ho notizie del mio gruppo famiglia. Non so cosa sia successo. Mi sento ferito. Confuso. Stordito. Avvilito. Arrabbiato. Ma io chi ero? Ed ora, chi sono?
Queste sono solo supposizioni. Sensazioni. Immaginarsi cosa possa accadere nella mente evoluta di un cane non è cosa facile. Il cane, animale sociale.
Ma se proviamo a calarci in queste sensazioni prima di decidere per un rientro di un cane in canile, beh, potremmo almeno dire di averlo fatto consapevolmente. Che ce ne importino o meno le conseguenze, ne avremo una lucida consapevolezza.
Perché il canile, per quanto possa essere gestito amorevolmente, resta pur sempre una gabbia. E’ progettato per essere a tempo. Limitato.
Ma se ci si resta a lungo sarà l’espressione serena del comportamento del cane ad essere limitata. A volte irreversibilmente.
Ho i brividi solo a pensarlo.
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