Caserta. Venerdì sera, ore venti circa.
Esco per incontrarmi con delle amiche, senza nessuna grande pretesa, solo la voglia di passare una serata tranquilla.
Ma sulla mia strada c’è un ostacolo: un semaforo rosso.
Che poi il problema non è il semaforo in sé, il problema sono i cinque ragazzi che mi circondano per lavarmi il parabrezza.
Rifiuto gentilmente dico no, che quei quattro spiccioli racimolati mi servono per pagare il parcheggio che sarà per la prossima volta, che per favore mi lascino in pace.
Ed uno particolarmente insistente allora mi spezza il tergicristallo. Cosa faccio, scendo? Non sia mai mi mettono le mani addosso.
Allora cosa faccio? Come li allontano? Loro sono troppi ed io sono solo una, neanche particolarmente forte o massiccia.
Mi arrendo, aspetto che smetta di insistere dicendo qualcosa in una lingua a me inconmprensibile, mentre le altre macchine dietro suonano inferocite perché ormai è verde e a nessuno importa che io sia sola in una situazione del genere.
Affranta faccio il conto di quanto mi costerà aggiustarlo, rovinando un Venerdì sera iniziato bene.
Però stavolta non voglio stare zitta; e dico stavolta perché questi episodi accadono quasi ogni giorno, e vanno solo peggiorando.
Chiamatemi razzista, xenofoba, come vi pare ma questa situazione deve cambiare.
Il fenomeno delle aggressioni ai semafori a Caserta sta diventando, in particolar modo sul Viale Carlo III, un qualcosa di sempre più presente e feroce, quasi incontrollabile.
Più e più volte sono state prese di punta ragazze e signore con la conseguenza di danni gravi e costosi.
Non c’è tutela, non c’è sicurezza si va affidandosi al caso e alla fortuna pregando che il semaforo sia verde e che non si debba iniziare una nuova lotta.
Maria Rosaria Corsino