Medicina
Di Antonio Andolfi
Il premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia 2016 è stato assegnato allo scienziato giapponese Yoshinori Ohsumi, per le sue scoperte sui meccanismi di autofagia, il meccanismo con cui le cellule riciclano parte del loro stesso contenuto
In medicina si iniziò a parlare di autofagia, termine che significa “mangiare se stessi”, nei primi anni Sessanta, quando si notò che una cellula è in grado di distruggere i propri contenuti racchiudendoli in una membrana, inviata poi ai lisosomi, gli organelli cellulari che si occupano dello smaltimento dei materiali.
Il termine autofagia fu inventato nel 1963 da Christian de Duve, ma per molti anni i ricercatori non hanno capito bene come funzionasse questo meccanismo, fondamentale per la vita. Questo fino agli esperimenti di Ohsumi, negli anni ’90, che grazie ad alcuni brillanti intuizioni, riuscì a svelare i dettagli di questo sofisticato meccanismo.
L’autofagia controlla importanti funzioni fisiologiche nei componenti più basilari del corpo: fornisce molto velocemente combustibile alla cellula e permette il rinnovo dei suoi componenti. E’ pertanto fondamentale nella risposta alla mancanza di alimenti e altri tipi di stress.
Ha anche altre funzioni: dopo un’infezione, elimina i batteri e i virus; negli embrioni contribuisce alla differenziazione cellulare; serve per eliminare le proteine e gli organelli danneggiati, e in questo modo riesce a contrastare gli effetti negativi dell’invecchiamennto cellulare. Si è anche notato che il malfunzionamento dell’autofagia è collegato al Parkinson, al diabete di tipo 2 e ad altre patologie degli anziani.
Nel suo laboratorio di Tokyo Ohsumi condusse una serie di esperimenti con lieviti, identificando i geni che determinano i meccanismi dell’autofagia. Le cellule dei lieviti sono relativamente semplici da studiare e spesso usate come modello per i geni cruciali per i processi di organismi cellulari. Ma sono anche molto piccoli, e le loro strutture non sempre risultano facilmente distinguibili al microscopio.
Ohsumi pensò che se fosse riuscito a disturbare il processo di degradazione nei vacuoli, gli organuli cellulari in cui avviene l’autofagia nei lieviti, gli autofagosomi, paragonabili ai “camion della nettezza urbana” delle cellule, si sarebbero accumulati nei vacuoli, fino a risultare visibili. Funzionò e Ohsumi riuscì a provare che l’autofagia avveniva anche nel lievito. Soprattutto, aveva a questo punto ideato un metodo per identificare i geni chiave coinvolti nel processo: analizzando migliaia di ceppi di lievito, identificò i 15 geni essenziali nel processo. E, a questo punto, passò a studiare l’autofagia nell’uomo.
Nel 2004 Ohsumi riassunse il suo studio su Nature. L’autofagia è fondamentale nel sistema immunitario dell’organismo: quando batteri come streptococco e salmonella infettano le cellule, vengono smaltiti anche con questo processo. Mentre altri patogeni come Listeria e Shigella riescono a sfuggire alla distruzione.
Yoshinori Ohsumi è nato nel 1945 a Fukuoka, in Giappone. Ha conseguito un dottorato di ricerca presso l’Università di Tokyo nel 1974. Dopo aver trascorso tre anni alla Rockefeller University, New York, Stati Uniti, è tornato all’Università di Tokyo, dove ha stabilito il suo gruppo di ricerca nel 1988. Dal 2009 è professore presso il Tokyo Institute of Technology.