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Tag

Francia

fiaba
CuriositàDall'Italia e dal MondoIn primo piano

E’ una fiaba sai, vera più che mai

scritto da L'Interessante

Fiaba

di Maria Rosaria Corsino

E’ una delle fiabe più note al mondo, una delle più apprezzate.

L’idea che Belle possa amare una bestia, riuscire a cambiarlo nel profondo ha fatto sospirare milioni di fanciulle che hanno poi creduto di poter davvero cambiare un uomo. Sbagliato.

Ma le fiabe ci piacciono proprio perché ci fanno sognare ad occhi aperti, eppure in questa storia ambientata in Francia un fondo di verità c’è eccome.

La vera storia de la Bella e la Bestia: meno fiaba, più realtà

Francia, metà del Cinquecento.

Enrico II viene incoronato Re di Francia e prende in moglie Caterina de Medici.

Come doni vengono portate le cose più strabilianti e meravigliose, fino a quando non viene presentato lui, il Selvaggio.

Creatura sentita solo nominare nei libri, a metà tra un uomo e un animale, rapisce bambini di cui si nutre e vive nascosto aspettando il momento giusto per colpire. E’ vigliacco, è rude, è una bestia.

Ma Enrico II è un uomo colto e intelligente e decide di accogliere nella sua corte Pedro Gonzales, il nome che viene dato al Selvaggio, per istruirlo ed educarlo. Per renderlo umano.

Con molta sorpresa dei suoi precettori, Pedro si dimostra intelligente e svelto ad imparare, divenendo così in poco tempo un uomo di lettere raffinato. Enrico II muore durante una giostra e il Delfino, Luigi XIII, è ancora minorenne così il potere passa nelle mani di Caterina. Caterina è una donna forte, prepotente. Decide che vuole dar moglie a Pedro e dopo una serie di colloqui trova la persona adatta per lui: Caterina, figlia di un servo di corte.

Caterina non sa a chi andrà in sposa, né può rifiutarsi: i Medici non amano sentirsi dire di no. Tutti temono la prima notte di nozze, che coincide con la luna piena, perché nonostante tutto Pedro è pur sempre un Selvaggio. Passano gli anni e la coppia ha cinque figli, due dei quali ricoperti di pelo come il padre gli altri tre invece, perfettamente normali. Caterina è soddisfatta e la famiglia lascia la Francia per trasferirsi prima a Parma e poi a Capodimonte dove vivrà serena lontana dagli occhi curiosi della gente.

Ma Pedro, è davvero un Selvaggio?

No. Pedro proviene dalle Canarie ed è un uomo a tutti gli effetti, ciò che lo rende diverso però è l’ipertricosi, una malattia che copre l’intero corpo di peli.

Non ci sono tazze parlanti o candelabri eccentrici, ma solo un sovrano che è riuscito a trovare l’umanità lì dove gli altri non riuscivano a vederla.

E’ una fiaba sai, vera più che mai was last modified: gennaio 2nd, 2017 by L'Interessante
2 gennaio 2017 0 commenti
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Se questo è un uomo
AttualitàIn primo pianoParliamone

Se questo è un uomo, anzi, un’umanità

scritto da L'Interessante

Se questa è un’umanità

Se l’Apocalisse potesse raccontare l’inizio del suo libro, guarderebbe il film di questa sciagura? Se solo Dio potesse “stancarsi della pace”, punirebbe questo supplizio?

Probabilmente “Allah”, così come ci viene rappresentato e raccontato dalle sacre scritture, risponderebbe di no, continuerebbe a predicare l’”amore per il prossimo”, farebbe crocifiggere nuovamente il proprio messia pur di espiare i peccati degli uomini, quegli stessi uomini che, al contrario, provocherebbero eternamente le leggi della natura, rifletterebbero la ferita più profonda del paradiso e condurrebbero la loro vita a mille senza aver paura di far scattare l’ultimo secondo della “personale bomba atomica”, la stessa con la quale un Kamikaze oggi crea, con il suo suicidio e con l’omicidio di tante altre vittime innocenti, quell’”inferno terrestre” chiamato Terrorismo. Perciò, se la risposta a queste domande è tanto difficile da dare quanto necessariamente importante da scoprire, la “virgola” che continua a permettere la scrittura di questa storia così difficile da affrontare è impossibile da cancellare: se il “giusto” è un concetto conforme ad un diritto naturale e positivo, allora questo mondo corrotto di oggi è soltanto lo specchio di ciò che l’uomo è stato capace di creare nel corso della sua storia, nel corso del suo percorso dal momento in cui ha posto, da una parte, tutti i suoi errori e le sue barbarie come funzione primaria, e dall’altra gli infiniti tribunali che hanno giudicato in maniera “divina” questa <<umanità sbagliata nata nel terrore della morte>>, spinta allo sfinimento dalle sue ultime lacrime di terrore.

L’ISIS pertanto sta iniziando a scrivere, sulla scia dei comandamenti antichi, le proprie “Leggi delle XII Tavole” del 21° secolo, senza tuttavia ripercorrere la medesima lealtà e determinazione con le quali furono originariamente redatte: le loro leggi non hanno nulla a che vedere con la giustizia, non possono coesistere con i significati di “società libera” e “dignità umana” ma vanno ben oltre le più oscure motivazioni; fondano sulla paura il loro vero moto di rivoluzione, abbandonando qualsiasi credo e ritirando dal mercato ogni fonte di avvicinamento al “Dio Cristiano”: solo agli occhi del loro vero Dio, Allah, si può ritrovare la salvezza e in suo nome si deve riscoprire l’essenza pura della vita; reclamano la “vittoria della fede”, quella fede tanto sconsacrata che arriva a reclutare fedeli sulla basi di orrori e omicidi di massa, continua a proclamare giustizia negli occhi insanguinati di chi muore innocente, termina la sua missione uccidendo la società e soffocando la decisione di chi non ha scelto di avere come “colpa” quella di pregare un Dio “infedele”. Ci troviamo di fronte a una guerra da affrontare come tale e senza mezzi termini? Mario Calabresi ricordava le motivazioni per cui questi “spiriti eletti” giocavano a fare la rivoluzione, si illudevano di essere quelle anime votate ad una nobile utopia, senza riuscire a capire perché i veri “figli del popolo” erano i bersagli della loro stupida follia; Papa Francesco, ancora, spiegava che questa forma di violenza e sopraffazione non poteva avere come ascia di guerra la parola di Dio, non poteva affondare i suoi colpi con la spada della religione, non poteva difendersi usando lo scudo del sacro perché non rappresentavano un pretesto per le azioni contrarie alla dignità umana e ai sui diritti fondamentali, quei stessi diritti che hanno sempre portato a pensare che <<quando un uomo prega, non spara>>; John Kerry si domandava invece sul perché una generazione così avanzata fosse ritornata ad assaporare lo stesso sangue versato in passato, testimoniando un “fascismo medievale e moderno” allo stesso tempo, una terza guerra mondiale contro un fantasma che non ha più rispetto per la vita, non vuole creare altro che disordine e caos, non vuole cibarsi di nulla se non della paura. Come un circolo vizioso, la minaccia terroristica si trasforma in ispirazione per un nuovo terrorismo, disseminando sulla propria strada quantità sempre maggiori di terrore e masse sempre più vaste di gente terrorizzata: i terroristi di oggi non sono persone libere, non si propongono alcun futuro e non hanno alcun passato sociale e politico da ricordare ma vivono soltanto un presente trasformato in carneficina di corpi, una strage che <<non ha come scopo riempire i cimiteri o buttare giù i nostri grattacieli ma distruggere la nostra anima, le nostre idee, i nostri sentimenti, i nostri sogni>>.

La Francia è stato il paese europeo più colpito dagli attentati fino a questo momento: dal gennaio 2015 in poi nel paese transalpino sono state uccise circa 230 persone e altre centinaia sono rimaste ferite in razzie compiute dallo stesso gruppo e con le stesse modalità o dai cosiddetti “Lone Wolf”, i “lupi solitari” che agiscono da soli e ispirati da materiale di propaganda trovato online. Nella notte tra giovedì e venerdì, così, il presidente francese François Hollande ha annunciato l’estensione di altri tre mesi dello stato di emergenza, che permette alle forze di polizia di avere ulteriori poteri per condurre le indagini e arrestare i sospetti di questo assurdo eccidio: una nuova “guerra santa” sembra essere alle porte, una nuova battaglia appare vicina, una nuova vittoria deve essere portata a casa, non attraverso l’uccisione dei terroristi stessi ma eliminando le ragioni che li rendono tali. Le vicende che hanno raccontato la storia quasi romanzata di una tragedia dai molti annunciata si vanno susseguendosi su una catena di morte senza ancora una fine: tra il 7 e il 9 gennaio del 2015, infatti, l’ISIS fece scoprire per la prima volta all’occidente intero la vera brutalità con la quale i suoi “sudditi” erano capaci di colpire e affondare la corazzata francese: lo scudo della penna non riuscì a difendersi dagli spari incontrollati delle pistole dei due fratelli Saïd e Chérif Kouachi, facendo morire così la libertà di espressione della redazione di Charlie Hebdo, travolta dall’emblema oramai insanguinato e sconfitto della “Libertè, Egalitè, Fraternitè”. Il 13 novembre del 2015 toccò, invece, al teatro Bataclan narrare uno degli attentati terroristici più gravi nella storia francese: quel giorno furono uccise 130 persone, diventate speciali per una notte per essere state capaci di affrontare la morte e volare in cielo dallo stesso Dio che gli attentatori tanto invocavano, un “Allahu Akbar” diventato slogan di tragedie e drammi troppo ingiusti. Ultimo, ma non di minore importanza, l’attentato recente del 14 luglio 2016 a Nizza che ha visto, questa volta, un camion essere il protagonista indiscusso della scena macabra realizzata durante l’anniversario della Presa della Bastiglia: nell’attacco sono state uccise 84 persone da uno zig-zag mortale che ha “investito la vita” e ha condannato per l’ennesima volta l’umanità ad un bilancio complessivo spaventoso, la rivendicazione devastante di un “diavolo nelle vesti di un finto angelo”. Se la Francia, così, viene torturata da un boia che le estirpa via un pezzo alla volta della sua esistenza sociale e culturale, dall’altra la Turchia si affaccia ad una visione addirittura peggiore, un presente che raffigura l’altra faccia della medaglia ma con un medesimo destino: il 12 gennaio del 2016 un esplosione nella piazza Sultanahmet, vicino alla Moschea Blu e a Santa Sofia, ha ucciso 13 persone e ha determinato l’inizio di una trasformazione radicale all’interno della nazione, vista non più come invulnerabile agli attacchi esterni ma soggetta alle usurpazioni islamiche con scopo chiaramente distruttivo; pochi mesi più tardi, il 28 giugno del 2016, un’altra esplosione all’interno dell’aeroporto internazionale Ataturk di Istanbul ha sancito l’uccisione di 41 persone: quello che non doveva rappresentare un pericolo, si è trasformato lentamente nell’incubo peggiore di uno stato che ha visto divorare pian piano la paura negli occhi di coloro che hanno accolto i “foreign fighters” inconsapevoli di così tanta crudeltà, così tanta malvagità manifestata nel nero della loro bandiera e messa in risalto nel bianco della scritta “Non c’è altro Dio al di fuori di Dio”.

Dopo Nizza è ripartito pertanto il macabro rito del “toto-attentati”: dove, come e quando colpiranno i jihadisti legati all’Isis? Gli 007 europei sono in allarme e gli occhi sono ora puntati ancora una volta sul Belgio, che oggi, 21 luglio, festeggerà la sua festa nazionale: <<è probabile che i prossimi attacchi assumano sempre più una modalità ibrida composta da un gruppo di fuoco, attentatori suicidi e auto-bomba>>, afferma il capo sezione della polizia belga di Bruxelles, in procinto di prepararsi ad una nuova guerriglia armata per difendere la dignità di una nazione che, insieme al resto dell’Europa, non vuole chinarsi di fronte al “potere docile di un cane rabbioso”.
Tuttavia la domanda che più inneggia alla speranza di una realtà più forte in grado di sconfiggere la crescente debolezza dell’occidente è quella che ha una base ancora da costruire, delle mura già bombardate ma una fortezza tutta da migliorare: l’ISIS si può davvero sconfiggere? Lo Stato Islamico, infatti, sta mostrando due identità diverse di una stessa faccia: da una parte l’armata mussulmana ottiene vittorie su vittorie attraverso un arricchimento economico dovuto alle conquiste di città colme del cosiddetto “oro nero” e un feroce bombardamento dell’Europa infedele; dall’altra, cercando di dividere l’Occidente dai paesi musulmani, la stessa potrebbe aver provocato l’effetto contrario: compattare il mondo contro una comune minaccia, l’ISIS, un errore, questo, che gli potrà essere fatale. Davanti lo sdegno mondiale nei confronti dei recenti attentati terroristici gli Stati Uniti e gli alleati hanno ora finalmente la possibilità di costituire una forza unificata contro l’ISIS e contro altri gruppi estremisti: per sconfiggerlo sarebbe necessario un piano condiviso, un progetto ben definito sulla fiducia e sulla sicurezza che potrebbe essere ispirato da una nuova azione coordinata, una struttura di comando comune che unisca le risorse di Stati Uniti, Turchia,  Francia e di tutti gli altri stati colpiti dal terrorismo ISIS: se la speranza è l’ultima a morire, allora sarebbe compito universale renderla immortale.

Così i luoghi dei massacri si moltiplicano, si agganciano ad una spirale che non vede un termine ultimo: si fa fatica a ricordarli tutti e alla fine resta solo il dolore per le vittime e per i loro cari, civili innocenti e inermi che si aggiungono ai milioni di esseri umani vittime della violenza, vittime delle guerre del nostro tempo. Le vite spezzate di tutti loro ci impongono di riflettere, ci chiedono di agire per uscire dal vortice del terrorismo e di insistere a sperare che <<esista una umanità che non invoca la vendetta per ogni offesa, una umanità che accanto a tutte le vittime scopra come unica sensata prospettiva la pace>>: se questa è una utopia, allora in essa risiede la sola realistica, ragionevole speranza di un futuro umano migliore, la stessa speranza nel sapere che nulla viene dimenticato, tutto diviene storia da insegnare e “ciò che è morto, non muoia mai”.

Michele Calamaio

Se questo è un uomo, anzi, un’umanità was last modified: luglio 21st, 2016 by L'Interessante
21 luglio 2016 0 commenti
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moda
AttualitàIn primo pianoParliamone

Moda anoressia? La Francia dice no!

scritto da Roberta Magliocca

“Sfatiamo il mito secondo il quale le modelle sono stupide. Sono ragazze intraprendenti e indipendenti, imprenditrici di loro stesse. Ma sfatiamo anche il mito della moda che afferma che le modelle sono belle”.

Così, qualche mese fa, durante la trasmissione del simpaticissimo Pif, Il Testimone – in onda su MTV – si esprimeva un manager di moda, che questo mondo lo conosce bene. La Francia sembra essersene accorta prima degli altri. Oliver Véran, infatti, deputato della maggioranza socialista, ha promosso una battaglia contro il messaggio che la moda di tutto il mondo, soprattutto quella che sfila in passerella, manda a chi, dall’altra parte dei riflettori, sta a guardare e, troppo spesso, ad imitare. Accanto a Véran, scende in campo anche il Ministro della Salute francese Marisol Touraine. E se da un lato il messaggio “Tondo è bello” può essere soggettivo, il disperato appello “Anoressia è malattia” non solo è scientificamente obiettivo, ma deve essere necessariamente condiviso ed urlato.   

La moda, da sempre, ci dice che se vogliamo essere accettati dal lato bello del mondo, dobbiamo seguire canoni, colori e taglie ben precisi, altrimenti si è out. Ed i colori possiamo farceli anche piacere, ma le taglie? Indipendentemente dalla bellezza, siamo sicuri che una taglia 38 – di un corpo di circa 180 cm di altezza – sia il giusto messaggio da mandare a ragazzine adolescenti che cercano solo di essere accettate?

Per un attimo smetto i panni della giornalista e vesto i panni – larghi, larghissimi – di una donna che da sempre ha dovuto fare i conti con i suoi chili di troppo. Entrare nei negozi e non trovare la propria taglia significa solo una cosa: la moda a te non ha pensato, la moda non sa che esisti, la moda quelle come te non le accetta. E te ne fai una ragione, inizi a credere che se sei oversize la colpa è tua.

Ma davvero è una colpa? Lungi da me essere io stessa autrice dell’ Elogio all’abbuffata, perché al pari dell’anoressia, l’obesità è una malattia. Ma dalla taglia 38 alla taglia 56 c’è una via di mezzo che si chiama normalità, c’è un corpo che dice “Sono al mondo, ho il diritto di esserci, tu – moda – hai il diritto di vestirmi e di accettarmi”.

Da tempo vediamo donne in oriente indossare il burqua pensando che subiscano un’ingiustizia inaccettabile, come una catena fatta di stoffa. Ecco, la taglia 38 in passerella è il burqua dell’occidente.

di Roberta Magliocca

Moda anoressia? La Francia dice no! was last modified: maggio 28th, 2016 by Roberta Magliocca
28 maggio 2016 0 commenti
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Bruxelles
AttualitàIn primo pianoParliamone

Bruxelles: ennesimo False Flag?

scritto da Roberta Magliocca

E’ passata una settimana dall’attentato all’ aeroporto e alla metropolitana di Bruxelles, cuore del Belgio, cuore d’Europa. 

Eppure c’è chi pensa che bombe, morti e feriti siano tutta una montatura dei grandi d’Occidente per farci vivere nel terrore, per tenere in mano il popolo e manovrarlo come se fosse una macchia di marionette di cui decidere vita, morte e spostamenti. 

Bruxelles: i video della tragedia

Già Striscia La Notizia, nella puntata del 23 Marzo, giorno dopo gli attacchi, aveva mostrato al popolo italiano come Sky tg 24 avesse sbagliato a mandare in onda un servizio, mostrando la ripresa dell’attacco a Mosca nel 2011, facendolo passare per gli attentati di Bruxelles. Ovviamente, Striscia la Notizia percorre la pista dello sbaglio giornalistico, non accusando di malafede i colleghi di Sky, ma solo di distrazione. C’è chi invece ha pensato che i media abbiano avallato i giochi di potere dei capi d’Europa, mandando in onda servizi falsi e ben recitati.

Infatti, a Febbraio, a circa 400 metri di distanza dal luogo dell’attentato di Bruxelles, ci sarebbe stata un’esercitazione dei Vigili del Fuoco e di tutti gli organi preposti ad intervenire durante attentati del genere. Queste esercitazioni – provviste di feriti finti, barelle, ambulanze e quant’altro – sarebbero state filmate a dovere dagli enti di informazione locali e mandate in onda il 22 Marzo scorso. 

Chi scrive, ovviamente, usa tutti i condizionali del caso perchè, basandoci solo su un video molto dettagliato recuperato sul web (guardalo qui), non vorremmo mai mancare di rispetto al dolore e alla carneficina che sta dilagando nel mondo in questo tristissimo periodo storico.

Ma non è la prima volta che dietro ad attacchi terroristici si crede possa esserci il governo dello stesso paese attaccato. Basti pensare all’attentato alle Torri Gemelle di New York, che sarebbe stato organizzato dall’ America per giustificare i suoi affari (clicca qui).

Ancora una volta sottolineo i condizionali e i forse, i non so. Non sarà molto giornalistico ma è giusto portare all’attenzione di chi si informa attraverso telegiornali e quotidiani, che c’è in giro un’altra ipotesi di verità. Assurda? Sbagliata? Forse. Ma c’è. E andrebbe indagata per capire fino a che punto può l’essere umano.

Perchè L’interessante non sta con la Francia, con Bruxelles o con altri, ma si commuove per la tragedia delle persone. Perchè questo occidente a suo dire civilizzato, a suo dire per la pace, a suo dire non a nostro dire, ha fatto più vittime di quanto in quella sera a Parigi, o in quella mattina a Bruxelles si siano contate. Abbiamo pianto per un 11 Settembre d’impatto, ma ciò che è successo il 10 Settembre e i giorni prima e prima ancora l’abbiamo dimenticato per addormentare le nostre coscienze. O forse non l’abbiamo mai conosciuto. Prima di piangere, dovremmo ricordarci che abbiamo fatto piangere. Ma sono lacrime africane, siriane, palestinesi. Le lacrime europee, a quanto pare, hanno più valore. Lacrime occidentali, baciamo le mani.
L’Interessante non sta con chi manovra i fili, si commuove per chi resta giù, a terra, lontano dai vertici. E piange lacrime mondiali, di un solo colore, di un solo dolore.

Roberta Magliocca

Bruxelles: ennesimo False Flag? was last modified: marzo 29th, 2016 by Roberta Magliocca
29 marzo 2016 0 commenti
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Guappecartò
CulturaEventi

Guappecartò: da Parigi a Caserta, passando per la capitale

scritto da L'Interessante

Guappecartò

Martedì 22 marzo scorso si è tenuto nell’accogliente ed elegante scenario del teatro Sala Uno sito in piazza Porta di S.Giovanni in Roma, il concerto AMAY Live dell’unsamble Guappecartò e la cantante  NERIPE’ con la partecipazione del pianista e compositore Stefano PIRO.
Il ricavato della serata è stato devoluto in beneficenza alla Casa Internazionale Delle Donne che opera in Roma. Infatti il clou del programma è stato costituito da nove canzoni dedicate a nove grandi donne della storia: Rose Parks, Marie Curie , Frida Kahlo, Margherita Hack, Aung San Suu Kyi, Saffo, Samantha Cristoforetti, Leyma Gbowee e Kikki.
I nove brani, di “struggente bellezza” per dirla con le parole di uno dei brani eseguiti -Un fiore nascosto-, sono stati composti dal maestro Stefano Piro e la stessa NERIPE ‘e co-arrangiati dagli stessi autori e i GUAPPECARTO’.

Guappecarto’: tutta l’Italia in un gruppo

Il lettore potrebbe chiedersi come mai si parla di questo evento su una testata giornalistica che ha nei suoi intendimenti quello di parlare di ciò che succede a CE-NA (Caserta e Napoli). Il motivo è molto semplice: del gruppo GUAPPECARTO’ fanno parte due ragazzi di S.Maria C.V., Pierluigi D’Amore (Braghetta) al basso e Marco Sica(O’ malamente) violino.  Ma non mancano le altre regioni d’Italia: Frank Cosentino alla chitarra è di Udine, Claudio de Vecchio – detto Dottor Zingarone – alla Fisarmonica è di Matera, Natale La Riccia – Batterista detto ‘O Professore – è di Foggia.
I ragazzi hanno cominciato a suonare per strada. Ma si sono formati artisticamente a Parigi dove sono stati “portati” dall’attrice transalpina Madeleine Fischer. La loro musica raccoglie l’inflessione di vari generi (folk mediterraneo, sudamericano, musica tzigana, tango argentino, jazz fino alla musica classica) che però sfociano poi in uno stile particolare e spontaneamente genuino grazie all’uso sapiente e virtuosistico degli strumenti, suonati talora in modo del tutto personale e spettacolare. Il tutto produce un effetto unico e suggestivo che trascina  ed entusiasma. La critica francese, infatti, li indica come coloro che riescono a fare ballare il pubblico sulle sedie. Il che avviene  effettivamente  durante i loro concerti.
Anche l’altra sera il pubblico ha vissuto le stesse emozioni , con una piacevolissima novità: la presenza sul palco del pianista Stefano Piro e della stupenda voce di NERIPE’, poliedrica artista a tutto tondo (è infatti anche attrice e danzatrice) che ha interpretato in maniera sublime i nove bellissimi brani emozionandosi ed emozionando. La sua voce potente, ma nello stesso tempo calda e dolcissima, si è fusa mirabilmente con le particolari sonorità dei “Guappi” producendo un effetto suggestivo e commovente grazie anche alle struggenti melodie ben adattate ai delicati testi.
Apprezzabile, significativo e al contempo  discreto il contributo delle coriste: le giovanissime Marina Ladduca e Sabrina Fiorella. Molto gradevoli anche le presentazioni dei vari brani fatte dalla stessa NERIPE’.
A fine serata gli artisti ci hanno confidato che c’è stato un intenso lavoro di quasi tre anni per la realizzazione del concept album “AMAY” che promuoveranno nel corso della prossima estate in vari festival e manifestazioni. Con i GUAPPECARTO’ l’appuntamento più vicino è quello di giovedì 24 marzo allo storico Jarmusch Club di Caserta.

Domenico Magliocca

Guappecartò: da Parigi a Caserta, passando per la capitale was last modified: marzo 24th, 2016 by L'Interessante
24 marzo 2016 0 commenti
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