Il vecchio Capodanno.
Di Erica Caimi
Se volete festeggiare due volte Capodanno, la Russia è il paese che fa per voi.
L’arrivo del nuovo anno si celebra esattamente come in Europa, la notte del 31 dicembre. E’ la festa delle famiglie, il momento in cui ci si riunisce per mangiare, bere champagne e scartare i regali. Pochi minuti prima che i dodici rintocchi dell’orologio del Cremlino battono la mezzanotte dall’alto della torre Spasskaja, il Presidente russo appare in TV per il suo consueto discorso di auguri alla Nazione. Si dice che se si riesce ad esprimere un desiderio tra il primo e l’ultimo rintocco, questo si avvererà certamente.
Esiste, però, un’altra curiosa tradizione che viene mantenuta in vita fin dal lontano 1918: quella di festeggiare il Capodanno un’altra volta, la notte tra 13 e il 14 gennaio e le ragioni sono da ricercare nella storia.
Storia del Capodanno nella Russia prerivoluzionaria
Nella Russia dei tempi pagani, l’arrivo del nuovo anno veniva celebrato a marzo, in concomitanza con l’equinozio di primavera, probabilmente perché associato al ciclo agricolo. Con l’adozione del cristianesimo da parte della Rus’ di Kiev (il primo stato russo fondato, secondo le antiche cronache, intorno alla metà del IX° secolo, che si estendeva su parte dell’attuale territorio ucraino, bielorusso e russo) e l’assimilazione del calendario bizantino, si spostò l’arrivo del nuovo anno al primo settembre. Questa incoerenza sopravvisse a lungo, poiché essendo il territorio estremamente vasto, in alcuni luoghi si continuava a festeggiare il Capodanno a marzo, mentre in altri a settembre. Soltanto alla fine del quindicesimo secolo, nell’antica Rus’, l’inizio del nuovo anno venne uniformato al primo settembre.
Venne poi l’epoca dello zar riformatore Pietro I, detto il Grande, che molto si prodigò per modernizzare l’Impero Russo e avvicinarlo il più possibile all’Europa. Perseguendo nel suo intento, con decreto datato 1699, lo zar stabilì ufficialmente che il nuovo anno dovesse cominciare il primo gennaio, esattamente come negli altri paesi europei. Con questa riforma, il calendario bizantino venne sostituito con quello Giuliano, il quale ha uno scarto di diversi giorni rispetto al nostro Gregoriano.
La Rivoluzione e il Vecchio Capodanno oggi
Dopo la rivoluzione russa del 1917, il governo bolscevico emanò un decreto che cambiò nuovamente lo scandire del tempo e delle festività, adottando il calendario Gregoriano. In quell’anno (1918), la differenza di giorni tra il calendario Giuliano, anche detto del “vecchio stile” e quello Gregoriano consisteva in tredici giorni. Il Vecchio Capodanno è una stranezza che nasce proprio dal passaggio da un sistema di calendario all’altro e dallo scarto di tredici giorni tra i due. Da quel momento, si cominciò a festeggiare il nuovo anno il 1° gennaio come nel resto del mondo, ma si conservò l’usanza di celebrare anche la notte tra 13 il 14 gennaio in onore del Vecchio Capodanno (Starij Novyj god, in russo) secondo il calendario Giuliano. Ancora oggi, sebbene non sia un giorno festivo, lo Starij Novyj god è una ricorrenza in più per riunirsi a festeggiare con famiglia o amici e mangiare i famosi vareniki con sorpresa, una vecchia e immancabile tradizione. In passato i varenki venivano preparati a mano, mentre oggi vengono più spesso acquistati al supermercato e comodamente cucinati. I vareniki, che assomigliano a dei ravioli, nascondono una sorpresa per chi li mangia: il ripieno è diverso per ogni raviolo e simboleggia ciò che ci si deve aspettare per l’anno venturo. Se nascosto nel ripieno c’è dello zucchero allora significa che l’anno sarà dolce, se c’è del pepe sarà un anno di forti sensazioni, con l’amarena ci attende molta fortuna, con la verza prosperità economica, con la patata un avanzamento di carriera e con i fagioli un allargamento della famiglia in vista. Le possibilità sono tantissime, per ogni gusto e auspicio, ma l’importante è non trovare quelli col sale perché….. portano sfortuna!