Cani.
Il regista Thor Freudenthal afferma che i cani piacciono molto al cinema per via della loro personalità: pare siano in grado di “bucare lo schermo”
Oggi i cani sono ampiamente diffusi nei film e nei media digitali, ma erano molto presenti anche nel cinema delle origini.
Un illustre esempio è “Vita da cani” del 1918, con la locandina recante Charlot depresso con accanto un meticcio che gli rassomiglia.
Correvano gli anni 30 e 40 quando “Pete the Pup”, bellissimo esemplare di american pit bull terrier diveniva la mascotte dei bambini della serie di film Simpatiche canaglie, andata in onda per tantissimi anni.
Contemporaneo di Pete è “Rin Tin Tin”, il pastore tedesco preferito d’America presente al cinema dal 1923 al 1931. Il primo cane attore ad interpretare Rinty fu trovato cucciolo da un soldato americano in un canile bombardato dai tedeschi, alla fine della prima guerra mondiale.
Invece dal famoso racconto di Eric Knight “Torna a casa Lassie” nel 1938 , prende origine sul grande e piccolo schermo la storia del nobile collie più longevo del mondo.Sul set si sono alternati otto collie maschi nel ruolo di protagonista che però originariamente era femminile.
Nel 1992 sotto la direzione di Brian Levant prende vita “Beethoven”, il San Bernardo le cui avventure maldestre hanno portato il sorriso sul volto di tantissimi bambini .
Il 2008 è l’anno di “Io&Marley” film diretto da David Frankel, basato sull’omonimo romanzo di John Grogan, interpretato da Owen Wilson e Jennifer Aniston. “Un cane non se ne fa niente di macchine costose, case grandi o vestiti firmati. Un bastone marcio per lui è sufficiente, a un cane non importa se sei ricco o povero, brillante o imbranato, intelligente o stupido, se gli dai il tuo cuore ti darà il suo”, dirà il protagonista nell’epilogo del film.
Nell’anno successivo esce nelle sale il film Hachiko, diretto da Lasse Hallstrom con Richard Gere, ispirato alla storia vera del cane giapponese Hachiko . La trama racconta del rapporto indissolubile tra l’akita e il professore di musica Parker Wilson. Ogni giorno il cane accompagna il proprietario alla stazione e questa abitudine non cambierà anche dopo la morte improvvisa del professore: il cane continuerà ad aspettarlo in stazione per circa nove anni.
Spesso purtroppo le sorti di una razza sono legate al cinema; dalle intense campagne di marketing che accompagnano l’uscita di questi film scaturiscono sia successi commerciali sia tragedie domestiche. Ne scatta spesso la moda inconsapevole com’è avvenuto nel caso dei dalmata ne “La carica dei 101”.
Tutto ciò si verifica perché chi acquista quella determinata razza è convinto che il cane abbia tutte le doti e i comportamenti promossi dal film; da qui nasce la frustrazione per l’aspettativa delusa o l’amarezza di relazionarsi con un soggetto diverso dall’attore. Ma l’errore è tipicamente umano; è nostra la proiezione. E’ nostra l’aspettativa. E’ nostra la romanzata.
È giusto scegliere un cane con delle predisposizioni di razza che pensiamo ci siano congeniali; ciò però non significa aspettarsi di trovare un soggetto addestrato per competenze specifiche di un film.
È consapevole della scelta chi chiede, s’informa, visiona nella realtà cosa quel cane rappresenti. Sarebbe utile raccogliere informazioni sui blog degli allevatori o ancor di più parlare direttamente con proprietari di quella razza che possano dirci il loro amico a quattro zampe che tipetto è.
Una scelta errata può ricadere su un sistema famiglia intero, e soprattutto sul cane che rischia di finire nella gabbia di un canile.