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Referendum Costituzionale

referendum
AttualitàIn primo pianoPolitica

REFERENDUM: CHI GIOISCE E CHI PIANGE. MA NON HA VINTO NESSUNO. GLI ITALIANI PERDONO SEMPRE

scritto da Walter Magliocca

referendum

Referendum: schiacciante la vittoria del NO

Gli italiani si sono espressi sul quesito referendario. Non hanno creduto nel paventato cambiamento, non hanno ritenuto giusto fare un salto nel buio. L’affluenza alle urne, 68,5%, è la prova dell’importanza di questo voto. Il no ha sfiorato il 60% dei consensi. Ma gli italiani all’estero hanno invertito questo dato. Significherà qualcosa?

Tutti hanno compreso quello che andavano a votare?

Non era facile esprimersi. Non era facile scegliere. Ma per scegliere bene ci sarebbe voluta una spiegazione chiara, comprensibile e facilmente intellegibile. Ma soprattutto non faziosa. Mera utopia. E allora si sarebbe dovuto avere fiducia nell’interlocutore di turno. Ancora più utopistico. Un vecchio scritto a Boccadasse, a Genova, recita: “stavo bene per stare meglio, mi trovo qui”. Il significato è fin troppo chiaro. Non avendo certezza dell’auspicato miglioramento, gli italiani hanno giocato in difesa. Cambiare tanto per cambiare, per vedere cosa succede. No, troppo semplicistico e troppo rischioso. Fiducia nei politici? Neanche a parlarne. I fautori del no? Forse hanno ragione, ma anche la tesi del si non è da buttare. E mentre gli italiani, poveri illusi, si sforzavano di comprendere il significato del quesito referendario e di intendere,  nel giusto modo, tutti gli aspetti e le modifiche oggetto del voto, ecco accendersi la bagarre politica.

Niente referendum. Solo politica

Il voto? Solo un modo per esprimere il proprio credo politico. Renzi: dimissioni rimandate

More solito. Il politichese non è chiaro. C’è sempre dietrologia. E la dietrologia… fa male. Ma il cittadino italiano, oramai, ci è abituato. Una sorta di assuefazione. E allora? Gli italiani hanno detto chiaramente che la costituzione non va toccata. Chissà se per vera convinzione.

Da quesito referendario è diventata battaglia politica e il premier Matteo Renzi ha sicuramente errato nel personalizzare la battaglia e nel far ricadere su di se le eventuali conseguenze. In questa ottica appaiono giuste le sue dimissioni. Nella notte, immediate, a caldo. Salvo, poi, rimandarle, su input del presidente della Repubblica Mattarella, fino a  quando non sarà approvata la Legge di Bilancio.

E’ diventata in campagna elettorale ed è una battaglia politica, becera, senza esclusione di colpi bassi e non. E il quesito referendario? E’ passato già in second’ordine.

Ma ha vinto il NO?

Il responso delle urne apparentemente è chiaro. Ma già, come sovente capita, ognuno lo interpreta soggettivamente. Alcuni già hanno affermato che gli italiani, con questo voto, chiedono un cambio ancor più radicale della costituzione che miri al presidenzialismo.

Quindi, che si sia votato si o no verrà modificato il tiro e mischiate le carte per raggiungere lo scopo politico più vantaggioso.

Dopo che le dimissioni del premier saranno ratificate, ad approvazione avvenuta, si aprirà una fase di instabilità politica comunque dannosa per il paese e manna per gli speculatori.  

E l’andamento altalenante dei mercati finanziari, nella giornata odierna, ne sono la testimonianza più evidente.

Ora la speranza si chiama legge elettorale. Ma l’italiano medio sa bene che non potrà mai coronare il sogno di votare in piena libertà, con un vero criterio democratico.

Gli italiani hanno detto che la costituzione non va toccata e deve continuare ad essere lo strumento che garantisce il rispetto delle regole. Ma siamo convinti che le regole e le leggi costituzionali sono state sempre rispettate?

Tutti, si e no, a ripetere che ha vinto la democrazia. Belle parole. Di  circostanza.

L’unico exit poll confermato è sempre lo stesso: non ci sono né vincitori né vinti. A perdere sempre noi italiani. Ma tanto avevamo già perso.

REFERENDUM: CHI GIOISCE E CHI PIANGE. MA NON HA VINTO NESSUNO. GLI ITALIANI PERDONO SEMPRE was last modified: dicembre 7th, 2016 by Walter Magliocca
5 dicembre 2016 0 commenti
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referendum
AttualitàIn primo pianoParliamone

Il referendum non ci riporterà a casa: lo sfogo di un’italiana all’estero

scritto da L'Interessante

Referendum

Di Michela Salzillo

C’è chi dice “Sì”, c’è chi dice” No”, ma c’è pure chi non ci sta. Mentre il conto alla rovescia raddrizza le distanze dal 4 dicembre, data in cui si decideranno le sorti ultime del referendum costituzionale proposto dal governo Renzi, la barca di chi è chiamato a decidere pare essere ancora in alto mare. Al di là dei sondaggi ordinari, che continuano a fornire variazioni pendenti dall’ una o dall’altra parte, quel che emerge è una intricata confusione sull’argomento. Come se contasse sapere la risposta e non la domanda, come se per decidere bastasse capire per chi o cosa simpatizzare. Non è la prima volta che succede, è da un po’ che sulla sfiducia l’ Italia costruisce le sue scelte, ed è forse da troppo che con la  parola democrazia non riesce  più a  fare sul serio. Mentre l’ intento comune è  totalmente occupato a sbarrare le vie d’ uscita a chi non rappresenta le esigenze di molti,  la voglia di capire non sembra più essere prioritaria rispetto alla volontà di “cacciarli tutti”.

A sentire il peso di questa ingiustizia, che sembra sempre più grande delle alternative possibili, sono soprattutto i giovani, quelli che restano e quelli che se ne vanno. Il futuro dell’ Italia sta diventando sempre più forestiero. La fuga dei cervelli, tanto agognata dalle statistiche e i salotti da “ prima serata,” non appare più un’eccezione, ma la regola che troppe volte restituisce dignità.

 A chi ha dovuto imparare a chiamare casa un posto lontano dagli affetti, al coraggio di chi si è fatto strada lontano dalle abitudini rassicuranti del proprio paese, al ragazzo qualunque che con l’ Italia ha dovuto tagliare i ponti, è arrivata, in questi giorni di trepidante attesa, la lettera del presidente del consiglio. Una missiva dal tono formale, che invita gli italiani all’estero ad esprimere il proprio parere sul referendum costituzionale. Lo scomodo doveroso ha provocato, in alcuni casi, parecchio dissenso, e qualcuno non l’ha mandata di certo a dire.

Floriana risponde al Referendum

Si chiama Floriana, la ragazza che pochi giorni fa, sfruttando uno spazio della trasmissione “piazzapulita”, in onda su La7 ogni giovedì sera, ha detto a Renzi la sua verità, una di quelle in cui è difficile non riconoscersi, una di quelle che fa riflettere:

“Sono Floriana Parisi, nata è cresciuta a Palermo, vivo da ben cinque anni a Parigi e sono vice direttrice di un grand hotel, pur avendo una laurea in scienze delle attività motorie e sportive. Ti volevo innanzitutto ringraziare per la tua bellissima letterina, ma voglio dirti anche che avresti potuto risparmiare tantissimi soldi, inviando, semplicemente, una e- mail a tutti gli italiani residenti all’estero. Nella tua lettera dici che siamo un paese dalla politica debole, e che basta un “Sì” per renderlo molto più credibile e prestigioso. Sarebbe stato più gradevole inviare una lettera in cui tu chiedevi a noi il perché della nostra partenza; una lettera in cui ci chiedevi di rientrare in patria perché l’ Italia ha bisogno anche di noi, e non solo per votare. Io ti dico che andrò a votare comunque, voterò da Parigi, controvoglia, ma, fondamentalmente, che io voti sì o che io voti no, a mia madre, a mio padre e a mio fratello, non cambia assolutamente nulla. Quel posto a tavola sarà ugualmente vuoto, anche dopo il 4 di dicembre, quando tu ti scorderai nuovamente di noi, italiani all’ estero.”

Il referendum non ci riporterà a casa: lo sfogo di un’italiana all’estero was last modified: novembre 22nd, 2016 by L'Interessante
22 novembre 2016 0 commenti
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Matteo renzi
AttualitàIn primo pianoParliamonePolitica

Renzi o Non Renzi? Questo è il Dilemma!

scritto da L'Interessante

Renzi

<<Mai fidarsi troppo del giudizio dei cittadini: basti pensare che nel referendum più famoso della storia hanno liberato Barabba>> diceva Crozza in uno dei suoi più celebri discorsi, sottolineando come il Referendum stesso possa trasformarsi pericolosamente in un Giuda che pugnala alle spalle il proprio Messia, in un cane che tradisce il proprio padrone, in un “Barabba” che, muto nel suo silenzio indifferente,  scatena poi tutte le sue conseguenze una volta liberato: “mai fidarsi”, ripeteva il comico, per evitare la concretizzazione di un assenso che ha vissuto di menzogne mescolate a verità nascoste per troppo tempo; <<Non votare è come non innaffiare la pianta della democrazia>> affermava, al contrario, Elio, interrogato anche egli sulle capacità tanto piccole quanto fondamentali di quella stessa decisione portata avanti con il coraggio di chi crede nella virtù del popolo, di chi desidera rappresentare la possibilità determinate nella scelta “saggia e giusta” del futuro, di chi vuole iniziare a vedere attivamente come può una quantità minima di acqua avere la forza di far fiorire nuove piante, più forti, più “autotrofe”. La verità, tuttavia, si trova nel mezzo: infatti, se da una parte bisogna offrire al cittadino l’informazione pura e semplice, dall’altra occorre rifornirlo continuamente dei mezzi necessari per valutare criticamente i quesiti proposti dal referendum, chiarire loro i pro e i contro, affrontare gli argomenti di valutazione in maniera chiara e costruire un vero e proprio “palazzo di vetro” per evitare di distorcere il processo di decisione democratica.

Ma siccome la teoria ha sempre redatto parole tanto autorevoli ma poco effettive, ci pensa la pratica a chiamare in causa l’azione:

il prossimo ottobre gli italiani saranno chiamati a votare un referendum costituzionale per approvare o respingere la riforma Boschi – Renzi ratificata definitivamente lo scorso 12 aprile e che porta il nome dell’attuale ministra Maria Elena Boschi, promotrice principale insieme al governo di Matteo Renzi

Ed è proprio intorno a questi due ultimi personaggi che si genera la domanda tipica da porre, quella che, rea della sua tradizione, necessita tanto coraggio prima di essere impostata: “Ce la faranno i nostri eroi a farla franca?”: perché si, in caso di sconfitta come ultimamente successo nel Referendum Costituzionale del 2006, il presidente del consiglio rischia di dire addio, insieme alla sua compagna di viaggio, alla sua poltrona d’oro e lasciare affondare una nave attaccata dai tanti sin dal momento in cui è salpata, Berlusconi docet. E così, esattamente come quella di dieci anni fa, la riforma è stata dapprima approvata in doppia lettura da camera e senato e dovrà ora passare al vaglio dei cittadini: non è previsto il raggiungimento del quorum perché, a differenza del referendum abrogativo, non è necessario che vada a votare il 50 per cento più uno degli aventi diritto ma, appunto, vinceranno i “sì” o i “no” indipendentemente da quante persone andranno ad esprimersi.

Quello che gli addetti ai lavori hanno concepito solo negli ultimi mesi è stato molto tempo prima realizzato dall’intuizione politica dei due politici di trasformare totalmente l’assetto istituzionale del paese, una trasformazione degna di essere presentata come la svolta della nazione ma altrettanto preoccupata dall’essere acclamata come l’eroina dei due mondi: la riforma, pertanto, si propone di vestire i panni di Anita Garibaldi, nell’intento di compiere la medesima impresa svolta due secoli fa, e di ammodernare un processo fattosi vecchio. Come? Superando dapprima il bicameralismo perfetto, che di perfetto presenta in effetti solo il nome: attualmente tutte le leggi, sia ordinarie sia costituzionali, devono essere approvate da entrambe le camere; con la potenziale entrata in vigore della riforma, invece, la camera dei deputati diventa l’unico organo eletto dai cittadini a suffragio universale diretto e l’unica assemblea che potrà sia approvare le leggi ordinarie e di bilancio che accordare la fiducia al governo, lasciando cadere, inevitabilmente, il Senato nel baratro della decadenza, nella “fossa dei leoni”: l’organo collegiale diventerebbe a tutti gli effetti solo un organo rappresentativo delle autonomie regionali composto non più da 315 senatori ma da 100, eletti direttamente dai cittadini e pagati con uno stipendio da amministratori, che potrà esprimere pareri sui progetti di legge approvati dalla camera e proporre modifiche entro trenta giorni dall’approvazione della legge, esercitando, pertanto, una funzione di “perfetto raccordo” tra lo stato, le regioni e i comuni. I provvedimenti successivi saranno presi in funzione di una “economizzazione” delle spese, quegli stessi costi tanto criticati in passato dalla popolazione e ora pronti ad essere allontanati dal premier, il <<Demolition Man>> per il Times, l’”uomo tutto d’un pRezzo” per il resto del mondo: verrà abolito il Consiglio nazionale per l’economia e il lavoro, organo ausiliare previsto dalla costituzione con la funzione consultiva per quanto riguarda le leggi sull’economia e il lavoro; verranno ridotte le partecipazioni in sede di elezioni presidenziale con l’esclusione dei delegati regionali a favore delle camere in seduta comune; torneranno “alla base” una ventina di materia di competenza esclusiva dello stato come l’ambiente, la gestione di trasporti e navigazione, la produzione e la distribuzione dell’energia, insieme alle politiche per il lavoro; infine sarà innalzato il tetto mimino di firme per la proposta di una legge d’iniziativa popolare, che passerà da 50mila a 150.

La battaglia tra gli schieramenti è appena cominciata sottoforma di campagna elettorale, il “salto di qualità” tanto respirato nell’aria di chi osanna il “si” è un passo coraggioso, l’”Italicum” appena votato che trasformerebbe la nazione con sovranità popolare in un paese autoritario è un pensiero stabile: il referendum visto come <<L’anticamera di uno stravolgimento totale dei principi della nostra Costituzione>> diventa così il grido di battaglia dei “Comitati del NO”, contrastato sull’altro fronte in maniera trasversale dai “Sostenitori del SI” con lo striscione “La nostra costituzione è la più bella al mondo, ma si può cambiare”. Come cani pronti a scannarsi per la propria preda, così le ragioni di una o dell’altra fazione provano a mostrare al mondo politico il macchinoso e costoso processo della guerra: da una parte la <<Madre di tutte le riforme>> persuade il pensiero del popolo in maniera positiva grazie al “taglio delle poltrone”, che permetterà di risparmiare 500 miliardi di euro l’anno e semplificherà l’iter legislativo evitando la “navetta”, ossia il viaggio che i testi di legge compiono più volte tra Camera e Senato per essere approvati; dall’altra la stessa <<Riforma non legittima>> allontana la sua approvazione, colpevole di un bicameralismo mai davvero superato bensì confuso mediante la creazione di potenziali conflitti di competenza tra Stato e Regione e tra Camera e nuovo Senato, e di una dettatura del governo, prodotta per iniziativa libera del parlamento e non scritta in maniera chiara e semplice. E’ bene quindi informarsi con intelligenza e accuratezza su cosa scegliere per il cambiamento o il mantenimento di una società che deve, a prescindere, portare i suoi frutti e rendersi conto che il voto è un diritto cittadino conquistato nel corso della storia: va rispettato, va consigliato ma soprattutto va usato nella maniera più giusta possibile, una giustezza che, nella sua soggettività, trova sempre un punto in comune con le altre opinioni salvaguardando il domani, perché è bene rammentare che se “gli storici falsificano il passato, i politici lo fanno con il futuro”.

Michele Calamaio

 

Renzi o Non Renzi? Questo è il Dilemma! was last modified: luglio 15th, 2016 by L'Interessante
15 luglio 2016 0 commenti
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