Russia
Di Erica Caimi
Si è concluso lo spoglio dei voti per l’elezione dei rappresentanti della Duma, la camera bassa del Parlamento della Federazione Russa, decretando formalmente la prevedibile vincita di “Edinaja Rossija”, Russia Unita, il partito di Vladimir Putin
I cittadini della Federazione Russa sono stati chiamati alle urne e hanno potuto esprimere la loro preferenza nell’unica giornata di ieri 18 settembre.
Le elezioni si sono tenute con sistema elettorale misto: su 450 deputati totali, 225 sono eletti da liste di partito (sistema proporzionale), e 225 con sistema maggioritario basato su un collegio uninominale. Per entrare a far parte della Duma ogni partito ha dovuto superare la barriera del 5%, prevista dalla legge elettorale vigente.
Passando ai dati concreti, il partito Russia Unita ha ottenuto il 54,21% dei gradimenti, seguiti dai Comunisti con il 13,54% e dai liberaldemocratici con il 13,28%, mentre i partiti minori di opposizione non sono riusciti a superare la soglia di sbarramento. I risultati complessivi mostrano un calo di affluenza al voto, con una percentuale del 47,84%, ma il Presidente Putin si è detto comunque soddisfatto e commentando l’esito ha dichiarato “La gente si fida di noi per il bene del Paese e ha capito che le promesse non costano nulla. Davanti a noi abbiamo delle sfide da affrontare, problemi da risolvere. Si tratta di un risultato buono. L’affluenza non è stata alta, ma comunque positiva”. In effetti, le problematiche che il parlamento dovrà affrontare in futuro non sono di certo trascurabili, a partire dalla svalutazione del Rublo rispetto alle altre valute estere, passando alla crisi economica, alle sanzioni, alla guerra in Siria e alle incrinate relazioni con Unione Europea e Stati Uniti d’America.
Per la prima volta nella storia, i cittadini della Repubblica di Crimea, passata alla Federazione Russa a seguito del referendum indetto nel 2014, hanno partecipato alle votazioni, ragion per cui non sono mancate proteste e scontri ideologici soprattutto con gli Stati Uniti che non riconoscono la legittimità del voto, continuando a considerare la Crimea parte integrante dell’Ucraina. A quanto pare il governo russo dovrà continuare a fare i conti anche con la “questione ucraina”.