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Mafia

Je suis Charlie
AttualitàIn primo pianoParliamone

Je suis Charlie, ma ora chi è Charlie?

scritto da L'Interessante

Charlie

Di Vincenzo Piccolo

Eravamo tutti Charlie Hebdo, qualche tempo fa

Quando la catastrofe non era in casa nostra, quando il sangue non aveva macchiato le nostre pareti. Eppure, oggi, Charlie Hebdo non ha voluto essere il Lazio, non ha voluto essere le marche, nell’Abruzzo e nell’Umbria. E mentre il sangue di 300 persone è stato paragonato al sugo delle lasagne, il vignettista si chiede se il terremoto, prima di tremare, ha gridato “Allah Akbar”. Beh no! Non l’ha fatto. Non si è giustificato prima di tagliare l’Italia in due. Non ha cercato di limitare la nostra libertà spargendo sangue, come il terrorismo ha fatto con loro. Il periodico settimanale di satira, questa volta superato il significato di quest’ultima, pur di far notizia. La risposta alle critiche della rete, poi, è stata come rigirare il coltello nella piaga. I problemi sono tanti, questo è vero, ma non serve Charlie Hebdo per ricordarceli. Li stiamo già pagando con sangue, sudore e lacrime.

Je suis Charlie, ma ora chi è Charlie? was last modified: settembre 6th, 2016 by L'Interessante
6 settembre 2016 0 commenti
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Ciao Paolo
AttualitàIn primo piano

Ciao, Paolo. Non solo il 19 Luglio

scritto da L'Interessante

Ciao, Paolo.

L’isola una nube di morte, la Sicilia perbene è un boato di rabbia, la giustizia perde un altro po’ di coraggio e la mafia si convince di aver vinto. Ancora. Il 19 Luglio 1992, il procuratore aggiunto, Paolo Borsellino, muore ammazzato da cosa nostra. Era una domenica, una giornata divisa in due fra il dovere e la rarità. Abituato ad una vita inchinata alla lotta contro la mafia, rassegnata a ritmi serrati, quelli che gli costarono, spesso, equilibri familiari sull’ orlo del baratro , il giorno della sua morte, Borsellino si era concesso una tregua dalla  vocazione. Nessun bunker, niente maxi processo.

L’eccezione cominciò di mattina presto. Era abituato ad anticipare l’alba per fottere il mondo con due ore d’anticipo. Si recò prima a Villagrazia, per dedicarsi alla moglie, Agnese, e a due dei suoi tre figli, Manfredi e Lucia. La più piccola, Fiammetta, si trovava  in Thailandia per una vacanza con  amici di famiglia . Rivide qualche amico, ormai gliene erano rimasti pochi, e fece un giro in barca, per poi ritornare, dopo pranzo, a Palermo. Avrebbe dovuto accompagnare sua madre dal medico, non erano in molti a sapere quando, poi, non si è mai verificato, ma chi ha attentato la sua vita ne stava, chiaramente, vigilando le peculiarità già da un po’.

Il giudice Borsellino, ha cominciato a morire almeno due settimane prima della strage che lo ha consacrato eroe italiano senza tempo. L’auto bomba che, insieme alla sua, frantumò la vita di:

Agostino Catalano (caposcorta), Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e a cadere in servizio), Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina, fu fatta esplodere dinanzi all’abitazione di Via D’amelio, a pochi passi dalla casa materna e a fianco alle auto della scorta.

Ciò che ci restituiscono le immagini di quel giorno, è un frantumo di carcasse ancora in fiamme e corpi fantasma investiti dalla cenere. Giornalisti che tentano di fare notizia e gli addetti ai lavori che, se danno di matto, forse, non è solo perché intralciati nel tentativo di ricomposizione del luogo, ma anche per la morte di chi , dopo la scomparsa di Rocco Chinnici e Giovanni Falcone, era speranza e fortezza contro il terrorismo mafioso.  “Sono autorizzato a filmare”, dirà un cameramen invitato ad allontanarsi dalla scena del crimine, mentre chi lo respinge gli accosta all’orecchio urla di ira: “ ma cosa vuole filmare, corpi mutilati, vuole filmare?”

“È finito tutto.” pronuncerà la voce rotta del dottore Antonio Caponnetto, preso alla sprovvista da un inviato Rai, tre o quattro sospiri, qualche secondo di silenzio, e il cronista rimarca l’interrogativo: “perché è finito tutto, dottor Caponnetto? “ a quel punto l’amico e collega di Falcone, prima, e Borsellino, poi, afferra il microfono con una veemenza commossa, quasi a volersi  avvicinare alla rabbia provata in quel momento. Si morde tre o quattro sillabe dalla bocca, e poi aggiunge “Non mi faccia dire altro, per favore, non mi faccia dire altro.”

Paolo Borsellino ha sempre saputo di morire, ucciso dalla mafia. Ha vissuto, assieme ai suoi compagni di coraggio e paura, tra un attentato fallito e l’altro. “ Convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano”, gli disse il collega  Ninni Cassarà , mentre, alla fine del Luglio 1985, si recavano insieme sul luogo in cui era stato ucciso il dottor Montana. In quel momento, e non soltanto, il giudice Borsellino incontrò la consapevolezza della paura, ma l’aveva accettata. Sapeva che il suo lavoro comportava un rischio tanto grosso come la negazione della vita per mano di altri, ma non fu mai un motivo valido per dire basta, neanche quando dovette superare la morte di Falcone, deceduto fra le sue stesse braccia. Dopo il decesso dell’amico di sempre, quello cresciuto con lui nello stesso quartiere, diventato  collega di segreti, privazioni personali ed inchieste, aveva temuto una drastica perdita di entusiasmo, per poi ritrovarlo – come da lui stesso dichiarato – in una forte dose di rabbia per quanto accaduto.

 “ Credo profondamente nel lavoro che ho scelto. So che è necessario che io lo faccia, come è altrettanto opportuno che altri ci credano insieme a me. So che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuarlo a fare, senza lasciarci condizionare dalla sensazione, o financo, della certezza  che tutto questo può costarci caro.” Aveva detto in una delle sue più celebri interviste.

Non ricordiamo solo la strage, perché non ha senso celebrare la morte se vivere non è una priorità. Di Paolo Borsellino abbiamo voluto scovare la normalità delle ore precedenti la sua fine, per sottolineare che non esistono eroi, ma uomini qualunque con un coraggio straordinario.

  Ciao, Paolo.

Michela Salzillo

Ciao, Paolo. Non solo il 19 Luglio was last modified: marzo 9th, 2017 by L'Interessante
21 luglio 2016 0 commenti
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giovanni falcone
AttualitàIn primo piano

Falcone che pur morto, vive ancora

scritto da L'Interessante

Giovanni Falcone

Era un sabato di ventiquattro anni fa. Il sabato della giustizia in lutto, il giorno di una Capaci sconvolta, di una Sicilia spaccata in due.

Quel 23 maggio a perdere la vita, in un agguato commissionato da Cosa Nostra, furono Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. L’anno era il 1992.

 Come in un unico ingoio strozzato dalla cenere, le Fiat croma blindate furono sminuzzate per sempre dall’atrocità senza ritegno della Sicilia impronunciabile: la faccia oscura che primeggia sul resto, quella che alimenta verità, contraddizioni e pregiudizi.

Il coraggio di Falcone, la sua legittima paura sempre ammessa, morì e sopravvisse in un solo istante, quello in cui l’edizione straordinaria del TG1 annunciò l’accaduto quasi in diretta.

 Ciò che i giornali ritrassero il giorno dopo, fu un paese letteralmente sconvolto dai duecento chili di tritolo che annientarono centinaia di metri di asfalto, assieme ai sogni di libertà e reazione seminati dal pioniere più incorruttibile dei tempi.

Orrore, ucciso Falcone, titolava il Corriere della Sera, mentre La Stampa parlava di “Patria in pericolo”

Sono questi stessi annunci che oggi si agirono come fotocopie digitalizzate dal tempo e la modernità, per commentare memoria e risentimento. C’è la voce che si schiera dalla parte di chi rimpiange simili paragoni di audacia e chi invece lo ritiene un atteggiamento populistico inutile.

Il ricordo non è un click e la memoria è certamente qualcosa di più complesso di un link. È Una questione di coscienza, come  è chiaro che se non ci si sente parte di quella strage, è impossibile sentire sull’addome il peso dello scoppio, ma come Falcone stesso diceva:” chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola.”

Dunque, se esiste una minima possibilità di non annegare in ciò che è stato taciuto, noi de l’interessante la cogliamo volentieri.

Ciao Giovanni.

Michela Salzillo

 

Falcone che pur morto, vive ancora was last modified: marzo 9th, 2017 by L'Interessante
23 maggio 2016 0 commenti
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