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Donne

sciopero
EventiIn primo piano

Lotto Marzo a Napoli: sciopero globale delle donne

scritto da L'Interessante

sciopero

A Napoli, così come in moltissime città di Italia e nel mondo, l’8 Marzo diventerà una giornata in cui sperimentare diverse pratiche e forme di blocco della produzione capitalistica e della riproduzione sociale. Attueremo nell’arco di un intera giornata forme di sciopero, pratiche di sospensione, di sovversione, di sottrazione e riappropriazione, e vivremo un 8 Marzo di lotta.

Una giornata di lotta globale, quindi, in cui tutte le forme  di oppressione e subalternità ritroveranno il loro spazio di esistenza partendo dalla centralità del soggetto donna e femminista, reinventando le forme di sciopero, per opporci alle molteplici forme di violenza che assorbono le nostre vite nella loro totalità.

Per un giorno scioperiamo, sia dal lavoro pagato che da quello che siamo costrette a fare gratis. Ci riprenderemo le strade , con i nostri corpi, i nostri desideri e i nostri bisogni, attraversando la città tutt* insieme.

Al grido di “SE LE NOSTRE VITE NON VALGONO, ALLORA SCIOPERIAMO, l’8 Marzo ci fermiamo e interromperemo ogni attività produttiva e riproduttiva partiremo la mattina con momenti dislocati nella città e ci ritroveremo alle 17:00 a piazza Dante per partire tutt*in un corteo musicale; attraverseremo le strade della città di sera quando ci vorrebbero docili, impaurite ed isolate.

Il corteo sarà inoltre accompagnato da animazione per le/i bambine/i.

Oltre a scioperare nel tuo luogo di lavoro, per rendere visibile lo sciopero riproduttivo:

● durante tutta la giornata vestiti di nero e fucsia

● sciopera dai lavori di cura, dal lavoro domestico, da tutte quelle attività che ogni giorno ti senti costretta a fare in quanto donne o in base al ruolo di genere in cui ti senti costretta.

Ci sono molti modi per partecipare alla giornata dell’8 Marzo:

● puoi diffondere a lavoro i Volantini e i materiale con i motivi dello sciopero, scaricabili dal blog di Non Una di Meno

● puoi appendere alle finestre striscioni che sostengono lo sciopero

● puoi vestirti di nero e con una fascia o un accessorio fuxia, i colori scelti per rappresentare la protesta

● puoi spargere la voce sui social con gli hashtag #LOTTOMARZO #NONUNADIMENO #SIAMOMAREA

● puoi scendere in piazza riappropriandoti degli spazi pubblici con il tuo corpo insieme a tante altre donne ore 18.00 Piazza Dante partenza Corteo/Street Parade

 

 Lo sciopero: tutti gli appuntamenti di Napoli

● ore 6.00: Blocchi dislocati in città e in periferia

● ore 12:00 Facoltà di Lettere e Filosofia, dell’Università degli studi di Napoli, Federico II, Via Porta di Massa, 1, 80133 Napoli.

Lettera alle/ai docenti “L’8 Marzo liberiamo la didattica dal maschilismo”. Link: https://www.facebook.com/notes/non-una-di-meno-napoli/l8-marzo-liberiamo-la-didattica-dal-maschilismo/1364257503635342

●ore 17:00 Piazza Dante

SE LE NOSTRE VITE NON VALGONO, NOI SCIOPERIAMO

Corteo/Street Parade

 

******************************************************************************

 

 Constatiamo ogni giorno quanto la violenza sia fenomeno strutturale delle nostre società, strumento di controllo delle nostre vite e quanto condizioni ogni ambito della nostra esistenza: in famiglia, al lavoro, a scuola, negli ospedali, in tribunale, sui giornali, per la strada… per questo il prossimo 8 marzo sarà uno sciopero in cui riaffermare la nostra forza a partire dalla nostra sottrazione: una giornata senza di noi. Resteremo al sole delle piazze a goderci la primavera che arriva anche per noi a dispetto di chi ci uccide per “troppo amore”, di chi, quando siamo vittime di stupro, processa prima le donne e i loro comportamenti; di chi “esporta democrazia” in nostro nome e poi alza muri tra noi e la nostra libertà. Di chi scrive leggi sui nostri corpi; di chi ci lascia morire di obiezione di coscienza. Di chi ci ricatta con le dimissioni in bianco perché abbiamo figli o forse li avremo; di chi ci offre stipendi comunque più bassi degli uomini a parità di mansioni…

Dopo la grande manifestazione del 26 e l’assemblea partecipatissima del 27 novembre a Roma, e dopo l’ appuntamento nazionale, del 4 e il 5 febbraio che abbiamo animato a Bologna, ci attende un’altra sfida.

Le forme tradizionali del lavoro e della lotta si combineranno con la trasformazione del lavoro contemporaneo – precario, intermittente, frammentato – e con il lavoro domestico e di cura, invisibile e quotidiano, ancora appannaggio quasi esclusivo delle donne, ancora sottopagato e gratuito. Sarà uno sciopero dai ruoli imposti dal genere in cui mettere in crisi un modello produttivo e sociale che, contemporaneamente, discrimina e mette a profitto le differenze.

 

A cento anni dall’8 marzo 1917, torneremo in strada in tutto il mondo, a protestare e a scioperare contro la guerra che ogni giorno subiamo sui nostri corpi: la violenza, fisica, psicologica, culturale, economica. Se le nostre vite non valgono, allora ci fermiamo!

 

A COSA SERVE LO SCIOPERO:

 

Lo sciopero è in primo luogo una forma di lotta che si fonda sul blocco della produzione e sull’astensione dal lavoro con l’obiettivo di produrre un danno economico e di rendere tangibile il ruolo del lavoro nella produzione.

 

Mutuiamo lo sciopero come pratica fondamentale per segnalare la nostra sottrazione da una società violenta nei confronti delle donne: per questo lo sciopero sarà articolato sulle 24 ore e riguarderà ogni nostra attività, produttiva e riproduttiva, ogni ambito, pubblico o privato, in cui discriminazione, sfruttamento e violenza su ognuna di noi si riaffermano. Se delle nostre vite si può disporre (fino a provocarne la morte) perché ritenute di poco valore, vi sfidiamo a vivere, produrre, organizzare le vostre vite senza di noi. Se le nostre vite non valgono, noi ci fermiamo.

Uno sciopero per ribaltare i rapporti di forza, per mettere al centro le nostre rivendicazioni, la necessità di trasformare relazioni, rapporti sociali e narrazioni. In casa, a scuola, sui luoghi di lavoro, nelle istituzioni. Uno sciopero che ha nel piano femminista antiviolenza la sua piattaforma e il suo programma di lotta e di trasformazione scritto dal basso.

 

COME SCIOPERARE L’8 MARZO

 

Non esiste una sola forma di sciopero da sperimentare l’8 marzo. Esistono condizioni di lavoro e di vita molto diverse. Lo sciopero coinvolgerà lavoratrici dipendenti, precarie, autonome, intermittenti, disoccupate, studentesse, casalinghe. Indipendentemente dal nostro profilo, siamo coinvolte in molteplici attività produttive e riproduttive che sfruttano le nostre capacità e ribadiscono la nostra subalternità.

 

Per praticare concretamente il blocco delle attività produttive e riproduttive, elenchiamo solo alcune possibilità: l’astensione dal lavoro, lo sciopero bianco, lo sciopero del consumo, l’adesione simbolica, lo sciopero digitale, il picchetto…

Lo sciopero si rivolge principalmente alle donne, ma ha più forza se innesca un supporto mutualistico con gli altri lavoratori, le reti relazionali e sociali, chi assume come prioritaria questa lotta. Vogliamo trovare soluzioni condivise e collettive come è avvenuto in Polonia in cui molti uomini, mariti, compagni, padri, fidanzati, fratelli, nonni, amici, hanno svolto un lavoro di supplenza nello svolgimento di attività normalmente svolte dalle donne.

 

Le assemblee cittadine di Non Una di Meno e i tavoli di lavoro tematici, territoriali e nazionali, saranno il luogo privilegiato in cui costruire e immaginare le forme dello sciopero a partire dalle vertenze, dalle specificità del territorio e dalle reti attivate, attraverso iniziative pubbliche di confronto e di approfondimento in avvicinamento all’8 marzo. Sarà comunque utile immaginare strumenti che facilitino lo scambio di idee e proposte, la costruzione di immaginario, utilizzando il blog e campagne social.

L’obiettivo è andare oltre l’evocazione e il simbolico e praticare concretamente il blocco delle attività produttive e riproduttive da parte del maggiore numero possibile di persone.

 

Abbiamo fatto appello ai sindacati per la convocazione di uno sciopero generale per l’8 marzo così da permettere la possibilità di adesione al più ampio numero di lavoratrici dipendenti e a chi gode del diritto di scioperare.

Se sei precaria e non ti è garantito il diritto di scioperare, puoi chiedere un permesso (per esempio per andare a donare il sangue) e astenerti dal lavorare. Per chi lavora in nero o in modo saltuario si possono organizzare iniziative di sostegno materiale e casse di mutuo soccorso.

 

Grande ruolo potranno avere i centri antiviolenza in quella giornata organizzando iniziative e rilanciando il piano femminista contro la violenza a partire dall’esperienza e le competenze di chi opera in questo settore.

La pratica del picchetto può essere utilizzata per un doppio scopo: bloccare gli accessi per bloccare la produzione; praticare presidi di denuncia contro persone, narrazioni e comportamenti violente, svilenti e dannose per le donne (reparti a alta densità di obiettori di coscienza, luoghi di lavoro, testate giornalistiche, …) sul modello dell’escrache argentino.

 

L’8 marzo quindi incrociamo le braccia interrompendo ogni attività produttiva e riproduttiva. Se le nostre vite non valgono, noi scioperiamo.

Lotto Marzo a Napoli: sciopero globale delle donne was last modified: marzo 6th, 2017 by L'Interessante
6 marzo 2017 0 commenti
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femminilità
In primo piano

La femminilità e gli amori malati in “Io che amo solo me”!

scritto da L'Interessante

femminilità


Il rispetto è soprattutto una questione di cultura: “io che amo solo me” è un libro che lo insegna.

Io che amo solo me è il mantra delle donne che ce l’hanno fatta a sfuggire dalle distorsioni che l’amore malato riserva. Ma è anche l’invocazione silente di quelle donne che da questa trappola emotiva ancora si devono liberare, quelle donne che subiscono, quelle donne che si mortificano, quelle donne che non si sentono abbastanza, che restano anche quando l’unica scelta accettabile sarebbe andar via. Elemento di congiunzione di tutte le storie che animano questa antologia “terapeutica” che intervalla parole e immagini, utile guida comportamentale per le donne ma anche per qualche maschio intemperante, è la molteplicità scandita dall’intercultura, e il senso del viaggio che non sempre rappresenta un ritorno, anzi talvolta diventa salvifico proprio perché è in se stesso un congedo. Le donne che si amano spesso tacciono eppure sanno parlare; sanno parlare d’amore, di vita condivisa, di tempo intimo, di forza e fragilità insieme, di colori e raffigurazioni, di luci e di ombre. Le donne che si amano sono quelle che all’improvviso, un giorno come tanti che però fa la differenza, interrompono il silenzio della solitudine e si ripetono a gran voce che la rinascita è finalmente reale.

La femminilità e gli amori malati in “Io che amo solo me”! was last modified: marzo 6th, 2017 by L'Interessante
5 marzo 2017 0 commenti
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CTS
CulturaIn primo pianoTeatro

ANCORA UN DOPPIO APPUNTAMENTO NEL WEEKEND TEATRALE AL CTS

scritto da L'Interessante

CTS

ANCORA UN DOPPIO APPUNTAMENTO NEL WEEKEND TEATRALE AL CTS

LE DONNE PROTAGONISTE DEI DUE SPETTACOLI AL PICCOLO CASERTANO

Il Piccolo Teatro Cts di via Louis Pasteur 6 a Caserta (zona Centurano) anche per questa settimana ripropone tre giorni di spettacoli. Precisamente per venerdì 18 novembre alle ore 21 è previsto lo spettacolo presentato dalla compagnia Sin Hombre in ”SUDiamo l’anima”, ideazione, scrittura e regia di Maria Iannotta con Viviana Venga, Simona Cipollaro, Mario Bellafonte, Luigi De Simone, Carmine Iannotta e Rino Principe Abate, musiche e parole originali di Mario Bellafonte in arte Bema, luci, audio e grafica di Cesare Napolitano, scene di Archeos. Mentre per sabato 19 alle ore 21 e domenica 20 novembre alle 19 verrà presentato “Aspettando che spiova”. In scena Gianluca d’Agostino nelle vesti di interprete, regista e autore dello spettacolo, con lui Luigi Credendino.

Queste le note di regia per ”SUDiamo l’anima”. La scena si apre con un confessionale al centro, una luce bianca, fioca, lo illumina, intorno è tutto buio. Il confessore (B) è già dietro la tendina del confessionale, non appare mai. Ai lati del confessionale delle panche di legno, si intravedono delle sagome sedute. Tutte le sagome sono caratterizzate da una corda legata alla caviglia, e sono tutti vestiti di nero, con al polso una maschera bianca, inespressiva. Suona la campanella che dà inizio alla funzione. Si illumina la prima panca, leggermente di rosso, caldo, c’è seduto un ragazzo, molto giovane apparentemente, ha una chitarra in mano, l’accorda. È un viaggio nell’entroterra campano, è tutto lasciato all’immaginazione, molte le cose taciute, lasciate all’interpretazione propria. Si tratta di quel pezzo di Campania che tutti nominano ma nessuno conosce veramente. Quando si pensa al Sud, viene in mente solo il sole, anche se la pioggia è la protagonista indiscussa. Il tentativo è quello di raccontare come si vive veramente quaggiù, che nonostante le brutture, si sopravvive, che spesso ci si affida alla fede bugiarda, che a volte non si vede più la luce e ci si lascia andare, o che a volte l’ignoranza prevale e che si chiede perdono per dei peccati che forse non si ha nemmeno commessi. Che si suda davvero l’anima, ma che non si sa bene a chi chiediamo perdono. Che forse è meglio che questi peccati li teniamo per noi.

Ecco alcune considerazioni a margine dello spettacolo “Aspettando che spiova”. Il testo di questa pièce è inedito. Il progetto nasce innanzitutto da un desiderio di fare teatro insieme e dall’esigenza di creare qualcosa di proprio a 360°. C’è un attore con una propensione alla drammaturgia, il quale scrive per sé e per altri attori che ha incontrato nei diversi contesti e coi quali vorrebbe lavorare ancora. La scrittura nasce per l’attore e non è l’attore che deve adattarsi al testo. Nel caso specifico di questo spettacolo, gli attori hanno seguito il lavoro preliminare alla messa in scena ancora più da vicino, eseguendo un ciclo di letture di alcune bozze, durante la fase di costruzione del testo, per aiutare l’autore a trovare nuove idee e suggestioni. Infatti, il risultato finale è figlio dei dibattiti nati durante queste letture. Lo spettacolo vuole essere una critica disillusa al teatro, in una maniera, ci si prefigge, nuova, inedita, innovativa; ma è anche un gioco. La scrittura ha come presupposto l’intento di creare, piuttosto che dei personaggi plausibili, un insieme di occasioni per gli attori che si muovono dentro quelle parole e quei rapporti.

Queste le note di regia. Un temporale è lo sfondo della performance. Serve a creare il clima, l’atmosfera di tensione e di malumore di fondo, ancor prima che avvenga tutto. Il diluvio è metafora di un mondo che si avvia verso il capolinea. Il presagio di una catastrofe, di qualcosa che è più grande e che non si potrà mai gestire. La regia sarà essenziale, si ricreerà l’effetto climatico con il supporto tecnico di audio e luci. Per quanto riguarda la scena, si immagina un teatro che perde. Qua e là recipienti di varie dimensioni a raccogliere le gocce che il soffitto non riesce a trattenere. Si immagina che ci sia una specie di tetto o qualcosa del genere sulle teste degli attori, dal quale ogni tanto cada a terra un po’ d’acqua piovana accumulatasi.

ANCORA UN DOPPIO APPUNTAMENTO NEL WEEKEND TEATRALE AL CTS was last modified: novembre 18th, 2016 by L'Interessante
18 novembre 2016 0 commenti
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donne
CulturaIn primo pianoTv

Donne pentite, un tempo regine

scritto da L'Interessante

Donne

di Maria Rosaria Corsino

Giovedì 10 Novembre alle ore 10 nella Sala degli Angeli dell’Università Suor Orsola Benincasa la proiezione di alcuni estratti della serie tv “Camorriste”, prodotta da A+E Networks Italia e reduce da un grande successo di pubblico sui canali Sky Crime Investigation e History Channel, sarà l’occasione di un convegno sulle “Camorriste 2.0”, organizzato per avviare una riflessione multidisciplinare ed inter istituzionale sui nuovi ruoli delle donne all’interno delle organizzazioni di stampo camorristico.

Al convegno, organizzato in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli, l’Associazione di ex detenuti napoletani EX DON, la Fondazione Pol.I.S e la società di produzione televisiva Media Mediterranea, prenderanno parte Giuseppe Borrelli, coordinatore della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, Paolo Colangeli, autore della serie “Camorriste”, Nino Daniele, Assessore alla Cultura del Comune di Napoli,Mariavaleria del Tufo, Pro Rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa,Marco Demarco, direttore della Scuola di Giornalismo “Suor Orsola Benincasa”,Simona Di Monte, sostituto procuratore presso la Corte di Appello di Napoli,Geppino Fiorenza, presidente del Comitato scientifico della Fondazione Pol.I.S,Pietro Ioia in rappresentanza dell’Associazione di ex detenuti napoletani EX DON,Sherin Salvetti, general Manager A+E Networks Italy, Isaia Sales, docente di Storia delle mafie al Suor Orsola e la scrittrice e regista Anne Veron.

La parola alle Donne

Donne che narrano in prima persona la propria storia, senza nessun filtro e nessuna mediazione, che offrono una visione narrativa del tutto nuova, facendo luce sul ruolo, ancora poco conosciuto, delle donne nelle organizzazioni camorristiche. La nuova serie tv di A+E Networks Italia (in onda su Crime Investigation e History Channel) ci offre l’occasione di indagare quattro universi femminili, quattro donne molto diverse tra loro, quattro regine dei clan, a volte madri, a volte figlie, a volte amanti di potenti boss, che hanno affiancato i propri uomini e li hanno poi sostituiti al comando della cosca quando se li sono visti portare via dalla giustizia.

Quattro donne di spicco della camorra raccontano la loro irresistibile ascesa all’interno del clan e ci offrono uno spaccato del tutto inedito delle motivazioni e dei meccanismi che spingono una donna ad assumere ruoli chiave nell’organizzazione criminale. Donne che hanno guidato interi clan, che hanno gestito traffici, droga, racket, rifiuti, appalti, che hanno deciso della vita e della morte, che hanno perfino ordinato omicidi e che, a volte, li hanno commessi in prima persona, ma sempre in nome e per nome della fedeltà e protezione dei propri cari e della propria famiglia.

Camorriste loro malgrado. Camorriste per nascita, per amore, per fedeltà ai figli, alla famiglia. Hanno vissuto ascese improvvise e rapidissime al comando di clan potenti e rispettati. Hanno governato, creato alleanze con altre donne, combattuto come leonesse per le necessità del clan, sono state tradite e hanno finito per tradire. Poi, un giorno, l’istinto che ha fatto loro scegliere la difesa degli affetti privati sopra di tutto e nonostante tutto, si è incrinato. Agguati, fughe, strazianti separazioni dai propri cari, fino all’unico approdo in grado di mettere fine a quell’esistenza criminale: l’incontro con la legge.

Donne pentite, un tempo regine was last modified: novembre 10th, 2016 by L'Interessante
10 novembre 2016 0 commenti
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Donne
AttualitàIn primo pianoParliamone

SAMSUNG E TELEFONO ROSA INSIEME PER LE DONNE VITTIME DI VIOLENZA DOMESTICA

scritto da L'Interessante

Donne

di Maria Rosaria Corsino

 

Dopo aver concluso il periodo d’accoglienza nei centri anti-violenza, alcune donne si trovano in grosse difficoltà economiche, senza un lavoro e con una famiglia da mantenere. Ecco perché, molte di loro tornano sui loro passi.

 

TELEFONO ROSA: IL PRIMO SPOT CONTRO LA VIOLENZA REALIZZATO DALLE DONNE CHE L’HANNO SUBITA

Da sempre vicino alle donne, Samsung sceglie Telefono Rosa come partner della nuova campagna sociale Women run the show: 10 donne accolte dal Telefono Rosa sono le protagoniste del progetto che si pone come obiettivo il loro reinserimento nel mondo del lavoro. Samsung ha offerto loro dei corsi di formazione professionale in linea con le loro passioni, e l’opportunità unica di pensare, realizzare ed interpretare il nuovo spot del Telefono Rosa.

Hanno trovato il coraggio di denunciare e ora sono determinate ad aiutare tutte le donne che subiscono violenza fisica e psicologica tra le mura di casa, per incoraggiarle a credere che ricominciare da zero è possibile. Alina, Flavia, Giusy, Grecia, Irina, Kathy, Latifa, Laura, Mounia e Urszula hanno realizzato ed interpretato il nuovo spot del Telefono Rosa che invita tutti a riconoscere i segnali di una donna vittima di violenza domestica.

 

VIOLENZA SULLE DONNE: ALCUNI DATI

In Italia sono oltre 6 milioni le donne che hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza, numero che rappresenta circa il 31% delle donne tra i 16 e i 70 anni. In genere sono i partner (attuali o ex) che commettono le violenze più gravi: il 62,7% degli stupri è commesso infatti da un partner attuale o precedente.

 

 

 

SAMSUNG IN CAMPO PER LE DONNE

 

Samsung ha deciso di attivarsi direttamente e, insieme a Telefono Rosa, ha individuato 10 protagoniste in tutta Italia, pronte a rinascere e a diventare un esempio vincente per milioni di donne che hanno vissuto un’esperienza simile. Queste donne sono state accompagnate in un percorso personalizzato, che ha consentito loro di reintegrarsi nella società attraverso corsi di formazione certificati, per acquisire competenze in linea con le loro reali attitudini e predisposizioni e con le richieste del mercato, favorendo così la realizzazione del loro potenziale e opportunità di lavoro. Ma non solo. Sebbene Samsung riconosca come il lavoro sia un aspetto fondamentale per assicurare a queste donne l’indipendenza economica necessaria a garantire un luogo sicuro ai propri figli, e a non ricadere nella rete del proprio carnefice, è anche consapevole che il percorso di reintegro deve partire anche dal recupero della propria autostima, dimensione altrettanto importante. Ecco perché Samsung, con Telefono Rosa, ha aiutato queste coraggiose donne attraverso un percorso motivazionale e di coaching, curato e perfezionato in ogni sua fase, finalizzato ad infondere la forza e la fiducia tolte a queste persone e necessarie per ripartire, a cui si affianca un supporto concreto in tutte quelle attività pratiche (per esempio baby-sitting durante la presenza ai corsi, pagamento dell’affitto di casa e delle utenze) che una mamma deve riuscire a conciliare con il proprio lavoro. Un progetto che ha avuto anche il plauso delle Istituzioni tanto da aver ricevuto il Patrocinio del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri presente all’evento con Michele Palma, Consigliere del Dipartimento per le Pari Opportunità e del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Traguardo importante perché è proprio dalla collaborazione tra Istituzioni, Associazioni e Aziende possono nascere iniziative concrete per contrastare questo fenomeno, che in Italia ha colpito fino ad ora già 6 milioni di donne.

 

 

SAMSUNG E TELEFONO ROSA INSIEME PER LE DONNE VITTIME DI VIOLENZA DOMESTICA was last modified: ottobre 29th, 2016 by L'Interessante
29 ottobre 2016 0 commenti
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Anna Politkovskaja
Cultura

Anna Politkovskaja: ricordo di una donna sola

scritto da L'Interessante

Anna Politkovkaja

Di Erica Caimi

Mosca, 7 ottobre 2006. Anna Politkovkaja rientra nella sua abitazione dopo aver fatto la spesa al supermercato. Parcheggia la macchina davanti al portone d’ingresso del palazzo in cui abita  e inizia a scaricare il bagagliaio, prende le prime buste ed entra nell’ascensore, senza accorgersi di essere seguita. Sale al settimo piano, entra nel suo appartamento, lascia la spesa e scende nuovamente per ritirare le ultime borse. Non appena le porte dell’ascensore si aprono, a piano terra,  un uomo le punta addosso una pistola e le scarica addosso quattro colpi di pistola in rapida successione, poi le si avvicina e la finisce con un colpo alla nuca.  Omicidio su commissione, probabilmente. Sì, perché le circostanze che hanno portato alla sua morte, ancor oggi non sono state totalmente chiarite. Nessuna idea sull’identità del mandante.

Una prima sentenza emessa nel 2009 ha assolto per insufficienza di prove gli unici imputati del delitto, appurando, però, la matrice cecena. Nel 2014 il tribunale di Mosca ha ribaltato il verdetto condannando all’ergastolo Rustam Makhmudov, ritenuto il killer materiale, e suo zio Lom-Ali Gaitukayev, l’ideatore. Ibragim e Dzhabrail Makhmudov sono stati condannati rispettivamente a dodici e quattordici anni di carcere, mentre l’ex-dirigente della polizia di Mosca, Sergej Khadzhikurbanov, che ha partecipato alla preparazione dell’omicidio, ha ricevuto una pena pari a vent’anni.

Chi era Anna Politkovskaja?

Anna Politkovskaja è nata a New York nel 1958, figlia di due diplomatici ucraini che lavoravano alle Nazioni Unite. Nel 1980 si laurea in giornalismo a Mosca, dove conosce e sposa Aleksandr Politkovskij. Dopo qualche anno comincia a lavorare a uno dei più grandi quotidiani dell’Unione Sovietica, l’Izvestija, che lascerà per passare alla piccola stampa indipendente, approdando dapprima alla Obshaja Gazeta, poi nel 1999 al bisettimanale d’inchiesta Novaja Gazeta. Fin dalla sua fondazione, la Novaja Gazeta è un progetto editoriale di stampo indipendente ed estremamente critico nei confronti della classe politica post-sovietica pubblicando diverse inchieste che coinvolgevano esponenti del governo e dell’economia russa. Oggi ha una tiratura cartacea di 80.000 copie, esce tre volte alla settimana e ha un bollettino di 5 giornalisti uccisi per inchieste e opinioni scomode.

Anna ha saputo raccontare con intelligenza alcuni tra momenti più difficili della storia contemporanea russa: la seconda guerra cecena, le ingiustizie ai danni della popolazione civile cecena per mano dell’esercito russo e della polizia segreta locale, la corruzione tra le alte schiere politiche e militari, gli attentati al teatro Dubrovka, l’incubo alla scuola numero 1 di Beslan, in Ossezia del Nord, l’ascesa degli oligarchi collusi con la mafia e il nonnismo nell’esercito, per citarne alcuni. Sicuramente, non nutriva molta simpatia per Vladimir Putin, ma  nemmeno per Kadyrov, l’attuale presidente ceceno. Molti dei suoi libri, pubblicati tutti all’estero, come ad esempio “La Russia di Putin” , non vogliono essere saggi politici, bensì una raccolta di esperienze di vita di persone comuni che sono inciampate nella storia, testimonianze reali che macchiano indirettamente la politica attuale e che per questo sono rimaste escluse dalla stampa ufficiale, filtrata dal potere. La sua critica a Putin si fa più ampia e sottile, perché il politico, a dispetto di quanto si dica in Italia o nella stampa occidentale, gode di ampio consenso a casa propria. La sua popolarità è frutto di un’attività politica che mira a risvegliare l’orgoglio nazionale russo, rimasto latente negli anni post-Perestrojka e che si riflette nella forma mentis di Putin. Per la giornalista, criticarlo significa prima di tutto criticare la coscienza collettiva del russo di oggi, di cui Putin si fa semplicemente portavoce ufficiale.

Se si crede che Anna Politkovkaja sia famosa tanto in occidente quanto in Russia si sbaglia di grosso, perché in patria è sconosciuta ai più e le ragioni si possono facilmente intuire. Le tematiche da lei affrontate nei suoi libri o nei suoi articoli le hanno tolto il privilegio della notorietà e resa una “reietta”  nel mondo giornalistico. In Russia, l’esclusione dalla ribalta è la nuova forma di limitazione alla libertà di pensiero e di opinione, secondo cui chi osteggia l’opinione di maggioranza, difficilmente riuscirà a trovare uno spazio per esprimersi, poiché tutte le reti “ufficiali” gli saranno precluse.

Eredità

La preziosa eredità di Anna è racchiusa in questo frammento, tratto da una delle sue ultime lettere “Impedire a una persona che fa il suo lavoro con la passione di raccontare il mondo che la circonda è un’impresa impossibile. La mia vita è difficile, certo, ma è soprattutto umiliante. A 47 anni non ho più l’età per scontrarmi con l’ostilità e avere il marchio di reietta stampato sulla fronte . Non parlerò delle altre gioie del mio lavoro, l’avvelenamento, gli arresti, le minacce di morte telefoniche e on-line. Naturalmente gli articoli che mi presentano come la pazza di Mosca non mi fanno piacere. Vivere così è orribile. Vorrei un po’ più di comprensione. Ma la cosa più importante è continuare a fare il mio lavoro, raccontare quello che vedo”.  

La morte, per quanto tragica, sa trasformare la persone in simbolo e il suo fare giornalismo ci ha lasciato un messaggio prezioso, un memorandum che dovrebbe accompagnare ogni aspirante. Anna viveva la sua professione come vocazione sbocciata da un terreno di solida libertà intellettuale non prostituita da influenze politiche o condizionamenti di alcun genere e i risultati della sua attività sono riscontrabili nell’onestà imparziale con la quale elaborava e raccontava le vicende di cui si occupava. Una posizione libera e proprio perché non assoggettabile faceva paura. Se a ciò si aggiunge il coraggio di una donna che non ha mai avuto timore di schierarsi in prima linea, firmare i propri articoli di denuncia con nome e cognome, offrirsi come moderatrice durante gli attentati e testimoniare in prima persona ai processi contro militari di alto rango e criminali di guerra, si capiscono ancor meglio i tratti della sulla sua personalità. Il suo era un giornalismo non carrierista dal cuore umano, quello che sa ascoltare le storie dei cittadini comuni, talvolta esclusi dalla stampa ufficiale per trasformarle in denunce sociali, senza sensazionalismi o speculazioni personali, testimonianze scomode di un momento storico che completano il quadro inserendo tutti i protagonisti. Un giornalismo che ascolta e racconta, perché la discussione e la denuncia sono il primo passo verso il miglioramento.

Anna Politkovskaja: ricordo di una donna sola was last modified: ottobre 7th, 2016 by L'Interessante
7 ottobre 2016 0 commenti
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Fertility
AttualitàIn primo pianoParliamone

Fertility Day: la Lorenzìn toppa su tutta la linea

scritto da L'Interessante

Fertility Day

Articolo di Michela Salzillo

Vignetta di Giuseppe La Micela

Non c’è proprio pace per la Lorenzin, neppure nel giorno che santifica la fertilità femminile, quella che lei stessa, in qualità di Ministro della Salute, ha voluto omaggiare il 22 settembre a partire da oggi. Tutta colpa delle campagne pubblicitarie e dei manifesti promozionali inerenti la causa, non di certo delle sue intenzioni, almeno così dice lei.

A chi mette in discussione i moniti delle locandine che hanno anticipato il fertility day, la “Beatrice nazionale” si difende passando la staffetta delle responsabilità al dirigente della comunicazione istituzionale del ministero della Salute

 Da ieri, insieme all’ultima polemica sul tema, piovono risentimenti e promesse. Le ultime dichiarazioni del Ministro, infatti, lasciano intendere che, a seguito di un secondo flop diventato subito virale, sia stato deciso il licenziamento di colui il quale si sarebbe occupato della divulgazione del materiale informativo. Nessuna approvazione, dunque, da parte della Lorenzin che, desolata, si sarebbe ritrovata a dover bocciare due opuscoli nel giro di pochissimo tempo. Dopo la prima campagna ritirata perché sessista, il Ministro, o chi per lei, ne ha diffusa una razzista per poi ritirare anche quella. Ma ripercorriamo le immagini nel dettaglio:

 l’ultima trovata pubblicitaria che, ipoteticamente, avrebbe dovuto incitare ad attuare metodi di prevenzione alla sterilità, è sfociata in una vera e propria classificazione di razza. La brochure in questione, infatti, si intitolava“ Stili di vita corretti per la prevenzione della sterilità e dell’infertilità” e presentava in copertina due gruppi di persone, ognuno dei quali associato a uno stile di vita. Nel primo gruppo , quello delle “buone abitudini da promuovere”, c’erano solo persone bianche e sorridenti ; nel secondo, invece, c’erano dei ragazzi neri, che fumano, con i capelli lunghi, mentre una scritta cita “i cattivi “compagni” da abbandonare”.

Ora, è vero che il pregiudizio è negli occhi di chi guarda, ma all’evidenza non si può sostituire un’interpretazione che non esiste. È come quando nella campagna precedente si sceglie di associare l’immagine di una donna che regge la clessidra alla presunta bellezza senza tempo, continuando sulla linea di una predisposizione  alla  fertilità che, invece, non conosce il sempre. All’epoca, il Ministro si giustificò dicendo che certi concetti mirano a provocare, soprattutto quando si cerca di contrastare determinati tabù. Ad oggi, l’intento sembra essere riuscito solo per metà, visto che pur essendoci stata un’attenzione particolare alla tematica, non siamo sicuri che abbia esattamente corrisposto l’intento degli ideatori della campagna.

 Il Ministro ha dovuto fare i conti con non poche polemiche in queste settimane, soprattutto da parte di quelle donne che, lamentando una società in cui il lavoro sembra essere diventato un privilegio, considerano il sogno di essere madri un  miraggio da rimandare. C’è chi dice che dove mangiano in due, si sfamano pure in tre, ma in questo caso potremmo asserire  che non è solo questione di sopravvivenza più o meno possibile. Avere un lavoro che sia stabile si concilia con la serenità, e  prima di un concepimento, forse, sarebbe opportuno lottare per ottenerla.

I figli non scelgono di venire al mondo, decidiamo noi per loro, e l’esigenza di inanellare generazioni future preme su doveri che in realtà non esistono. Una donna non dovrebbe sentirsi obbligata a definirsi madre, non dovrebbe considerarlo un dovere se non vuole o non può. Non dovrebbe essere quella  che deve accontentarsi di un uomo perché “a una certa età” bisogna realizzarsi. Si può essere complete anche in assenza di pargoli da crescere. L’ istinto materno non è una legge, può anche non esistere, e in alcun modo dovrebbe passare il messaggio che questo possa rappresentare un problema.

Esistono, da nord a sud, tredicenni che partoriscono bambini in tutta normalità, perchè “se succede il guaio” è vietato non farlo. L’Italia è così: su carta, è un paese laico, dove non  si può scegliere di non concepire se si rimane incinta , perché se fai un errore, ti devi prendere la responsabilità pure del secondo. Come dire, meglio due vite infelici che una libera che “commette peccato”.Il potenziale uomo modello da scegliere come marito, poi, è sempre il  medico in cravatta, ché i musicisti con i rasta, soprattutto se sono neri, alimentano la chiacchiera. Nulla contro di loro, ma meglio di no.  Non che valga per tutti, si tratta di una estremizzazione voluta, ma questa forma mentis esiste, e dovremmo tenerlo bene a mente, tutti.

 Va bene promuovere il diritto alla maternità, ma non per questo bisogna screditare chi sceglie  altre strade. Perfetto il discernimento fra buone e cattive abitudini, ma bisognerebbe farlo senza andare a minare la credibilità di conquiste che fanno ancora fatica a cantare vittoria.

Fertility Day: la Lorenzìn toppa su tutta la linea was last modified: settembre 22nd, 2016 by L'Interessante
22 settembre 2016 0 commenti
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Femminicidio
AttualitàIn primo pianoParliamone

Femminicidio? Chiamiamolo “Women-icidio”, così fa meno paura!

scritto da L'Interessante

Femminicidio

Di Michele Calamaio

Uccise. Da mariti, fidanzati o spasimanti, ma pur sempre violentate. Da rapinatori o da uomini semplicemente violenti, per motivi futili o per far dimenticare loro il volto della bellezza del mondo, ma ancora e continuamente maltrattate.  Da un mondo che non prestava loro la giusta attenzione verso l’eccessivo buonismo visto negli occhi di chi invece non merita neanche un pizzico di quella stessa tolleranza , da una pesantezza che non ha fatto altro che aumentare nel tempo un carico enorme sulla schiena di combattenti anche fin troppo martoriate da una guerra mai realmente terminata, ma pur sempre falcidiate da una incomprensione da parte delle autorità a dir poco “eterna”. Ed è così che Isacc Asimov affermava che <<la violenza è soltanto l’ultimo rifugio degli incapaci>>, consapevole che la stessa, compromessa a tal punto da sembrare qualcosa di più grande e troppo “impossibile” da superare, tocca il limite massimo della sua decenza nel momento in cui <<si distrugge l’energia essenziale della vita su questo pianeta e si forza quanto è nato per essere aperto in modo fiducioso, caloroso e creativo>>; di parere simile, ma con connotazioni alquanto diverse, era Giles Vigneault, il quale sosteneva a voce alta l’incapacità dell’essere umano di mettere un freno deciso e determinato a quell’istinto animalesco che per secoli ha segnato l’inizio di un “inferno umano”, fatto appunto di una <<tenebra che non può scacciare la tenebra stessa>> e di un ammortizzatore mai davvero messo alla prova nella sua opera di “rinascita” dalle ceneri di una “virilità poco virile”. Ma se questo spettacolo macabro messo in scena in un contesto altrettanto raccapricciante non accenna ad insegnare quel “rispetto” necessario a rafforzare la figura femminile e persiste nel ritagliarsi “minuti di silenzio” che alimentano una malattia oramai ancorata nell’”istinto ignorante” dell’essere umano, come può il rosso essere ancora il colore dell’amore senza trasformarsi in “viola tumefatto”?

Negli ultimi dieci anni sono 1740 i casi di Femminicidio, un numero tanto spaventoso quanto estremamente vicino ad una realtà troppo diabolica per essere giustificata: si parla di movente passionale?

<<Allora se l’è cercata>>, sosterrebbe l’”unanimità maschilista” pronta a difendere più che condannare il <<crimine più grande della debolezza maschile>>; si tratta di pura istintualità non gestibile? <<Non aveva scelta>>, azzarderebbe il cuore di chi non ha accennato un secondo a nascondere <<le prove di un amore sbagliato>>, coerente con l’illusione di una guarigione ridotta alle briciole; si prospetta un aumento di omicidi? <<E’ il momento di dire basta>>, imporrebbe decisamente la voce della coscienza, la stessa con la quale un tragico bilancio può essere fermato, una feccia di fattori negativi al coinvolgimento attivo della paura può essere diminuita, un baluardo della “giustizia femminile” può essere finalmente aggiornato alle tempistiche moderne, ghettizzando un problema da affrontare alle radici e da combattere fino alla sua punta dell’iceberg.

Così, se la speranza di avere un “anno di tregua”, in mezzo ad un vortice troppo grande per essere interrotto, era viva nelle storie di tutte le superstiti che hanno raccontato di una vita irrimediabilmente perduta ma ancora capace di essere trasformata da quei piccoli miracoli quotidiani che solo l’amore vero può dare, quella che ne è uscita trionfante ancora una volta è stata l’amarezza di essersi arresi di nuovo <<al rosso del sangue, piuttosto che a quello della dignità>>. I volti sembrano volatilizzarsi mentre il colpo di una pistola scatta, le lacrime di disperazione si credono inutili nel momento stesso in cui una mazza colpisce quello che solo la fantasia criminale potrebbe arrivare a distruggere, gli occhi tremanti volano già in paradiso, perché rimanere su una terra che non li merita viene considerato un peccato troppo grande da colmare con il perdono: <<Quante ancora ne devono morire perché il Governo si renda conto che le risorse economiche, i mezzi e le attività di contrasto alla violenza di genere sono del tutto insufficienti? Quante donne, ragazze, madri, figlie, sorelle, amiche dobbiamo vedere massacrate da ex, diventati mostri e assassini, prima che vengano prese decisioni e attuate politiche attive idonee ad un problema sociale enorme come quello della violenza sulle donne?>> denuncia Gabriella Moscatelli, presidente di Telefono Rosa, che lancia l’hashtag #quanteancora per evitare uno scempio divenuto oramai imminente. Assuefazione alla “droga delle mani pesanti”? Non proprio; persone “normali” reinventate <<assassini rosa>> di una realtà commestibile solo per l’arretratezza sociale? Forse; donne diventate martiri di una guerra non loro? Decisamente si: come ha spiegato Fabio Piacenti, presidente dell’Eures, l’Istituto di ricerche economiche e sociali che da anni dedica al fenomeno un Osservatorio ad hoc, negli ultimi dieci anni <<le donne uccise nel nostro Paese sono state 1.740 suddivise nel 71,9% in omicidi familiari, 67,6% in uccisioni legate a problematiche coppia e 26,5% per mano di un ex>>, consolidando una striscia negativa di eventi che, nel gergo popolare, “farebbe un baffo alla parità dei sessi”. Il dato che tuttavia risulta essere più grave nella totalità di questo “dramma”, dipinto con tinte storiche e che risale all’alba dei tempi ma che ha davvero poco da invidiare alle sue origini greche, è la spaventosa gamma di età “picchiate” da questo fenomeno anormale: tra i 16 e i 70 anni, infatti, il 31% delle donne è stato abusato sessualmente e psicologicamente, determinando un’ascesa degna dei migliori film horror. I recenti casi mortali di Lucca e Caserta riaccendono il dibattito politico e alimentano la fiamma di una speranza ancora non del tutta morta: <<Le leggi ci sono e i centri antiviolenza devono tornare ad avere al più presto i finanziamenti necessari>> afferma il presidente del Senato Piero Grasso, che affida il suo pensiero alla possibilità concreta di cambiamento, una metamorfosi tanto positiva quanto necessaria affinché, da una parte le donne si travestano da “paladine della giustizia” e denuncino una strage fatta di odio e brutalità, e dall’altra gli uomini stessi <<si rivoltino contro questa infamia capitale>>. La soluzione? <<Stare insieme, convertendo questa “libertà vigilata” in una sfida quotidiana>>, dove uomini e donne non si appartengano per “diritto di sangue”, ma si scelgano ogni giorno, liberamente. I casi più recenti hanno raccontato la vicenda inverosimile di un “happy ending” impossibile agli occhi della realtà alternativa del banco degli imputati: se ammazzare una ragazza di Pordenone con quattro colpi di pistola è normalità per un ex fidanzato, allora viviamo nella pura anarchia sociale; se strangolare una studentessa universitaria romana di 22 anni e poi bruciarla viva è semplice routine per il suo ex convivente, allora c’è da porsi qualche domanda in più;  se uccidere una venticinquenne a coltellate dall’ <<embolo partito>> di un uomo incapace di accettare la fine di una relazione, allora l’inizio dell’Apocalisse è davvero tracciato. L’appello che risuona nei timpani otturati delle famiglie vittime di questa tragedia è sempre lo stesso, una medesima implorazione verso il sentimento nobile dell’amore che non trova più pace, un’ emozione che da troppo tempo, purtroppo, è stata macchiata con la prospettiva irrealizzabile dell’indulgenza e scambiata con la follia dei coltelli, con la bugia delle pistole e con il disprezzo verso il rispetto della dignità umana: <<non insegnate ai vostri figli che l’amore è tutto, non lo fate perché insegnate la menzogna; insegnate loro il rispetto per gli altri e alle vostre figlie il rispetto per loro stesse, perché 70 donne morte per mano del proprio uomo solo nei primi sette mesi dell’anno è pura follia, perché ad armare la mano degli uomini sono le donne che troppo amore danno e che poco amore si vogliono>>. Provare a tagliare la coda al lupo è possibile, evitare che si cibi del male che più ama è concretizzabile, ma state attente, perché se è vero che fidarsi rappresenta la vera unica soluzione ad un nuovo cambiamento, un nuovo percorso tutto in salita ma fatto di speranza viva e presente, “non fidarsi è meglio”: è buona consuetudine ricordare che “il lupo perde il pelo, ma non il vizio!”.

Femminicidio? Chiamiamolo “Women-icidio”, così fa meno paura! was last modified: agosto 16th, 2016 by L'Interessante
16 agosto 2016 0 commenti
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taxi
CuriositàIn primo piano

Taxi Rosa: parliamo di cose belle

scritto da L'Interessante

taxi rosa

La cultura del lamento e l’attenzione al disservizio, sembrano essere diventate prime occupazioni parecchio ambite fra i più. Non che la situazione dell’Italia in genere aiuti a comportarsi in maniera differente, è innegabile, infatti, che in materia di efficienza il nostro Paese abbia molto da invidiare al resto d’Europa. Da nord a sud, l’idea comune dell’arretratezza ha però risucchiato qualsiasi forma di entusiasmo, anche minuscola, per le idee che meriterebbero più incoraggiamento e partecipazione.

Oggi vi parlerò di un’iniziativa tanto interessante quanto sottovalutata.

È molto probabile che non tutti siano a conoscenza del progetto taxi rosa: la sperimentazione, partita a febbraio del 2016, mirava ad una maggiore garanzia di sicurezza per le donne che sono solite muoversi in città da sole, specie nelle ore notturne, mettendo a disposizione un’auto pubblica d’eccezione

Nato grazie ad un’iniziativa del servizio Pari Opportunità del Comune di Napoli, il progetto prevedeva la distribuzione di 3000 voucher a tutte le cittadine che ne avrebbero fatto richiesta. I tagliandi avrebbero potuto essere utilizzati per le corse da effettuare dalle 19:00 alle 6:00 del mattino.

Le donne che avrebbero voluto farne uso, si sarebbero rivolte al Centro Donna di via Concezione a Montecalvario con in tasca un modulo, scaricabile dal sito del comune di Napoli, per ottenere facilmente l’autorizzazione al servizio. Ogni voucher contrassegnava un valore, discusso sin dall’inizio, pari a 5 euro, per una richiesta massima e non superiore a cinque buoni.

Un discreto proposito, insomma, se non fossimo costretti a parlarne al passato e con non poche polemiche da raccogliere fra le opinioni dell’utenza.

Stando alle testimonianze di alcune donne, che hanno sposato e rincorso i benefici del servizio sin dalla nascita del progetto, usufruirne è stato parecchio difficile. Oltre tutte le polemiche nate relativamente al costo dei biglietti, alle richieste limitate e l’ufficializzazione del servizio, ridotta ad un’unica zona, escluse le province, pare che le prenotazioni fossero state bloccate già da febbraio, mese di avvio dell’iniziativa.

Per giustificarne lo pseudo fallimento, nonostante il servizio dovrebbe essere ancora in vigore, c’è chi si appella al fatto che gli esperimenti possono anche non riuscire, senza necessariamente avere un capro espiatorio a cui far ricorso.

Sarà! Ma per evitare che si continui a diffondere un senso di sfiducia e dissesto civico, sarebbe meglio tutelare i progetti per cui si spendono fondi ed energia. Altrimenti la condanna al disinteresse e la certezza che altrove sarà sempre meglio che qui sarà una triste vittoria assicurata.

Michela Salzillo

Taxi Rosa: parliamo di cose belle was last modified: aprile 28th, 2016 by L'Interessante
28 aprile 2016 0 commenti
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Guappecartò
CulturaEventi

Guappecartò: da Parigi a Caserta, passando per la capitale

scritto da L'Interessante

Guappecartò

Martedì 22 marzo scorso si è tenuto nell’accogliente ed elegante scenario del teatro Sala Uno sito in piazza Porta di S.Giovanni in Roma, il concerto AMAY Live dell’unsamble Guappecartò e la cantante  NERIPE’ con la partecipazione del pianista e compositore Stefano PIRO.
Il ricavato della serata è stato devoluto in beneficenza alla Casa Internazionale Delle Donne che opera in Roma. Infatti il clou del programma è stato costituito da nove canzoni dedicate a nove grandi donne della storia: Rose Parks, Marie Curie , Frida Kahlo, Margherita Hack, Aung San Suu Kyi, Saffo, Samantha Cristoforetti, Leyma Gbowee e Kikki.
I nove brani, di “struggente bellezza” per dirla con le parole di uno dei brani eseguiti -Un fiore nascosto-, sono stati composti dal maestro Stefano Piro e la stessa NERIPE ‘e co-arrangiati dagli stessi autori e i GUAPPECARTO’.

Guappecarto’: tutta l’Italia in un gruppo

Il lettore potrebbe chiedersi come mai si parla di questo evento su una testata giornalistica che ha nei suoi intendimenti quello di parlare di ciò che succede a CE-NA (Caserta e Napoli). Il motivo è molto semplice: del gruppo GUAPPECARTO’ fanno parte due ragazzi di S.Maria C.V., Pierluigi D’Amore (Braghetta) al basso e Marco Sica(O’ malamente) violino.  Ma non mancano le altre regioni d’Italia: Frank Cosentino alla chitarra è di Udine, Claudio de Vecchio – detto Dottor Zingarone – alla Fisarmonica è di Matera, Natale La Riccia – Batterista detto ‘O Professore – è di Foggia.
I ragazzi hanno cominciato a suonare per strada. Ma si sono formati artisticamente a Parigi dove sono stati “portati” dall’attrice transalpina Madeleine Fischer. La loro musica raccoglie l’inflessione di vari generi (folk mediterraneo, sudamericano, musica tzigana, tango argentino, jazz fino alla musica classica) che però sfociano poi in uno stile particolare e spontaneamente genuino grazie all’uso sapiente e virtuosistico degli strumenti, suonati talora in modo del tutto personale e spettacolare. Il tutto produce un effetto unico e suggestivo che trascina  ed entusiasma. La critica francese, infatti, li indica come coloro che riescono a fare ballare il pubblico sulle sedie. Il che avviene  effettivamente  durante i loro concerti.
Anche l’altra sera il pubblico ha vissuto le stesse emozioni , con una piacevolissima novità: la presenza sul palco del pianista Stefano Piro e della stupenda voce di NERIPE’, poliedrica artista a tutto tondo (è infatti anche attrice e danzatrice) che ha interpretato in maniera sublime i nove bellissimi brani emozionandosi ed emozionando. La sua voce potente, ma nello stesso tempo calda e dolcissima, si è fusa mirabilmente con le particolari sonorità dei “Guappi” producendo un effetto suggestivo e commovente grazie anche alle struggenti melodie ben adattate ai delicati testi.
Apprezzabile, significativo e al contempo  discreto il contributo delle coriste: le giovanissime Marina Ladduca e Sabrina Fiorella. Molto gradevoli anche le presentazioni dei vari brani fatte dalla stessa NERIPE’.
A fine serata gli artisti ci hanno confidato che c’è stato un intenso lavoro di quasi tre anni per la realizzazione del concept album “AMAY” che promuoveranno nel corso della prossima estate in vari festival e manifestazioni. Con i GUAPPECARTO’ l’appuntamento più vicino è quello di giovedì 24 marzo allo storico Jarmusch Club di Caserta.

Domenico Magliocca

Guappecartò: da Parigi a Caserta, passando per la capitale was last modified: marzo 24th, 2016 by L'Interessante
24 marzo 2016 0 commenti
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